Tirofiban e eptifibatide sono nuovi antiaggreganti piastrinici che, antagonizzando il legame del fibrinogeno e del fattore di von Willebrand ai recettori delle glicoproteine IIb/IIIa presenti sulla superficie delle piastrine, impediscono l'aggregazione piastrinica [con lo stesso meccanismo d'azione dell'acbiximab (Reopro)].
L'effetto antipiastrinico di tirofiban ed eptifibatide permane per circa 4 ore contro le 24-48 ore dell'abciximab. Vengono impiegati per infusione endovenosa: il tirofiban alla dose di 400ng/kg/min per 30 minuti, seguiti da 100ng/kg/min per almeno 48 ore; l'eptifibatide alla dose di 2 mcg/kg/min sino a 72 ore, preceduta da un bolo di 180mcg/kg.Nei pazienti candidati a interventi di rivascolarizzazione coronaria percutanea (es. angioplastica con o senza impianto di stent), gli inibitori selettivi dei recettori IIb/IIIa, associati all'aspirina e alla eparina, si sono dimostrati in grado di ridurre l'incidenza di morte e di infarto miocardico a 30 giorni e a 6 mesi.Nel trattamento delle sindromi coronariche acute e nell'infarto non Q, l'efficacia di questi antiaggreganti piastrinici risulta meno evidente e il loro ruolo preciso è ancora in via di definizione.
Sulla base dei trial più importanti sinora condotti, la popolazione di pazienti che può ottenere i benefici maggiori dal trattamento è quella con angina instabile associata ad almeno uno dei seguenti fattori: troponina positiva, scompenso in atto, ischemia ricorrente, instabilità emodinamica, aritmie maggiori, angina precoce post-infartuale, pregresso by-pass coronarico. Non esistono confronti diretti tra tirofiban ed eptifibatide, né ragioni per ritenere che l'uno sia superiore all'altro. Nell'infarto miocardico acuto è attualmente in fase di studio la loro associazione a dosi ridotte di fibrinolitico per migliorare la riperfusione coronarica.
Tutti gli antagonisti della glicoproteina IIa/IIIb aumentano leggermente il rischio di emorragie maggiori.
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