Una estesa campagna promozionale presenta gli integratori a base di fitoestrogeni come una possibile alternativa "naturale" alla terapia estrogenica sostitutiva nei disturbi legati alla menopausa. Su quali basi scientifiche si fonda tale affermazione?
I fitoestrogeni sono composti chimici di origine vegetale con una struttura bifenolica simile a quella degli estrogeni. Isoflavoni, lignani e cumestani sono i gruppi di fitoestrogeni più noti. Gli isoflavoni si trovano in percentuale elevata nella soia (la loro concentrazione si riduce però notevolmente nei derivati come la farina o il latte di soia) ma sono presenti anche nei fagioli, nei ceci, nei cavoli, negli spinaci, nei cereali e nel luppolo. Genisteina e dadzeina sono gli isoflavoni ritenuti dotati di più elevata attività e più studiati. Ricchi di lignanisono i semi di lino ma li contengono anche i cereali, i legumi, le verdure e i frutti; i cumestani si trovano principalmente nel trifoglio rosso e nei germogli. Una volta assunti con gli alimenti, dove sono presenti sotto forma di precursori inattivi, i fitoestrogeni vengono scissi nell'intestino ad opera della flora batterica e assorbiti quindi in forma attiva. Si legano ai recettori per gli estrogeni pur se con una affinità di gran lunga inferiore rispetto al 17 beta-estradiolo.
L'interesse per i fitoestrogeni è nato da studi epidemiologici che hanno evidenziato nelle popolazioni asiatiche una incidenza più bassa, rispetto alle popolazioni occidentali, di tumore, di malattie cardiovascolari e, nelle donne, di disturbi correlati alla menopausa. Fra i vari fattori che, presumibilmente, potrebbero dar conto di queste differenze rientrano fattori genetici, dietetici e culturali.
L'osservazione che, nelle persone di origine asiatica trasferitesi negli Stati Uniti, l'incidenza di malattie degenerative "occidentali" diviene, nell'arco di 1 o 2 generazioni, simile a quella delle popolazioni residenti ha portato a ridimensionare il ruolo dei fattori genetici e a rivolgere l'attenzione ai fattori dietetici. Confrontando l'alimentazione delle popolazioni asiatiche con quella degli occidentali, una delle differenze più significative riscontrate risultava essere il maggior consumo di soia. Poiché la soia è ricca di fitoestrogeni, sono iniziate le ricerche per valutare i potenziali benefici di queste sostanze nella donna in menopausa in base all'ipotesi che possano agire da modulatori selettivi dei recettori per gli estrogeni, con azioni positive a livello dell'apparato cardiovascolare, dell'osso e sui sintomi menopausali ma senza gli effetti negativi a livello del seno e dell'utero. Gli studi di farmacologia di base hanno confermato per questi composti azioni biologiche molto complesse. I fitoestrogeni sembrano possedere sia attività estrogenica che antiestrogenica, dipendendo il prevalere dell'una o dell'altra azione dalla quantità di estrogeni endogeni circolanti e da caratteristiche soggettive come il sesso, lo stato menopausale, la quantità e tipo di recettori estrogenici (alfa e beta) presenti nel tessuto bersaglio. Gli effetti variano non solo a seconda del fitoestrogeno studiato, ma anche del tessuto e della specie (occorre perciò molta cautela nell'estrapolare all'uomo dati ottenuti nell'animale). Il primo studio indicante una debole attività estrogenica per i fitoestrogeni risale al 1990; lo studio ha dimostrato un aumento dell'indice di maturazione delle cellule vaginali, ritenuto un indicatore dell'attività estrogenica.
Sono efficaci sulla sintomatologia climaterica?
I sintomi vasomotori, tipici della menopausa e del periodo pre-menopausale, rappresentano la motivazione principale che spinge la maggior parte delle donne a rivolgersi al medico. Gli studi condotti per valutare l'efficacia dei fitoestrogeni nel controllo di questi sintomi sono stati pochi e con risultati discordanti. La differenza emersa nella frequenza di comparsa delle vampate fra fitoestrogeni e placebo (40-45% vs. 25-30%) si traduce, dal punto di vista pratico, in una vampata di meno al giorno! Nessun effetto positivo invece è stato dimostrato sulla secchezza vaginale né su altri sintomi spesso presenti in menopausa come i disturbi dell'umore, ansia, cefalee, né sulla qualità di vita in generale, laddove questa è stata valutata.
La più bassa frequenza di vampate nelle donne asiatiche potrebbe essere dovuta al fatto che questo sintomo non viene riferito al medico (ad esempio per motivi culturali) anziché ad una prevalenza realmente inferiore.
L'uso degli estrogeni per il controllo dei sintomi menopausali è efficace e sicuro: nei trattamenti di durata inferiore ai 5 anni non sembrano esservi infatti effetti sfavorevoli sull'insorgenza di tumori. Nell'arco di alcuni mesi, gli estrogeni sono in grado di ridurre la frequenza delle vampate di calore (del 70% circa) e la sudorazione notturna associate alla menopausa, responsabili di insonnia, irritabilità, facile affaticabilità e variazioni dell'umore. Gli estrogeni inoltre migliorano la distrofia genitale, ripristinano la lubrificazione vaginale e riducono l'incontinenza urinaria.
Riducono il rischio cardiovascolare?
Numerosi studi hanno dimostrato che l'assunzione giornaliera di almeno 25 g di soia, unita ad una dieta a basso contenuto di grassi, consente di ottenere importanti riduzioni del colesterolo totale, del colesterolo LDL e dei trigliceridi in soggetti ipercolesterolemici.
Non è ancora chiaro tuttavia se questo beneficio sia da attribuire alla componente isoflavonica o ad altri componenti della soia (tant'è vero che, ad esempio, i prodotti a base di soia utilizzati nei primi studi e nella maggior parte degli studi europei erano sostanzialmente privi di fitoestrogeni), così come non sono ben noti i meccanismi in base ai quali i fitoestrogeni preverrebbero o ridurrebbero l'aterosclerosi migliorando il profilo dei lipidi plasmatici: le varie ipotesi (es. inibizione della sintesi del colesterolo, azione diretta sui recettori estrogenici, aumento della funzionalità tiroidea, ecc.) provengono da studi di laboratorio o studi negli animali. Gli studi clinici che hanno impiegato una supplementazione dietetica di isoflavoni hanno prodotto risultati contrastanti: la variabilità del disegno sperimentale (soprattutto nel tipo e nella quantità di fitoestrogeno utilizzato), dei soggetti arruolati e degli outcome valutati rendono i risultati di scarsa attendibilità.
Alcuni recenti studi clinici randomizzati ridimensionano drasticamente l'effetto cardioprotettivo della terapia ormonale sostitutiva che era emerso da osservazioni epidemiologiche e da studi di laboratorio.
Sono efficaci nella prevenzione dell'osteoporosi?
Al momento sono disponibili solo studi negli animali e scarsissimi dati clinici. Uno studio ha esaminato l'effetto della supplementazione di 40 g di proteine, oltre che sui lipidi plasmatici, anche sulla densità ossea di 66 donne ipercolesterolemiche. Sono state utilizzate proteine di soia ad alto contenuto di isoflavoni (2,25 mg di isoflavoni/g di proteina), proteine di soia a basso contenuto di isoflavoni (1,9 mg di isoflavoni/g di proteina) o proteine derivate da caseina e latte in polvere. Dopo 6 mesi di trattamento si è registrato un aumento della massa e della densità minerale ossea solo a livello delle vertebre lombari e solo nel gruppo che assumeva soia ad alto contenuto di isoflavoni. (Ma, come ben noto, la densità minerale ossea è solo un end-point surrogato; l'obiettivo primario infatti è la diminuzione delle fratture). A sostegno dell'efficacia dei fitoestrogeni sul metabolismo osseo vengono utilizzate per lo più prove indirette derivanti dagli studi sull'ipriflavone (Osteofix, Iprosten), un derivato sintetico che, una volta assorbito, viene convertito per il 10% in dadzeina. L'efficacia del farmaco, emersa da alcuni piccoli studi, viene tuttavia negata dai risultati di un recente studio di ampie dimensioni, controllato con placebo, che ha arruolato 474 donne, trattate con ipriflavone 200 mg/3 die. L'ipriflavone non ha ridotto la perdita ossea né influito sui marker del metabolismo osseo. Il farmaco inoltre ha indotto linfocitopenia in un numero significativo di donne.
Molti studi documentano gli effetti positivi della terapia ormonale sostitutiva sulla massa ossea. In termini densitometrici gli estrogeni sono efficaci sia quando vengono somministrati a donne da poco in menopausa sia in donne anziane con osteoporosi documentata. L'efficacia sulla prevenzione delle fratture osteoporotiche è dimostrata da numerosi studi epidemiologici. Questi ultimi, però, possono aver sovrastimato l'effetto protettivo degli estrogeni ma la comunità scientifica tende a considerare sufficienti i dati a favore dell'efficacia protettiva degli estrogeni per la numerosità dei campioni, l'univocità dei risultati e la plusibiltà biologica dell'effetto. La massima protezione nei confronti delle fratture viene garantita nel corso della terapia e si mantiene solo per un breve periodo dopo la sospensione del trattamento. Il rischio di carcinoma dell'endometrio, che aumenta utilizzando i soli estrogeni, viene annullato con la somministrazione contemporanea di dosi adeguate di progestinico. Il lieve aumento del rischio di carcinoma della mammella evidenziato negli studi epidemiologici è direttamente proporzionale alla durata della terapia e diviene evidente per trattamenti superiori ai 5 anni.
Offrono protezione rispetto al tumore del seno?
I dati disponibili sono contrastanti: in vitro, i fitoestrogeni a concentrazioni equivalenti al livello raggiungibile in soggetti con una moderata assunzione alimentare hanno stimolato la crescita cellulare in cellule estrogeno-positive ma non in quelle estrogeno-negative. Per contro, concentrazioni molto alte di fitoestrogeni (probabilmente superiori a quelle raggiungibili con la dieta) hanno inibito la crescita di entrambi i tipi di cellule. La somministrazione di 45 mg/die per 14 giorni prima dell'intervento chirurgico a 48 donne con tumore al seno, candidate all'intervento chirurgico, ha stimolato la crescita dell'epitelio globulare e aumentato i recettori per il progesterone. Due studi caso-controllo (288 e 120 donne) hanno invece dimostrato una riduzione del rischio di sviluppare cancro al seno nelle donne con una elevata assunzione di fitoestrogeni (valutata dall'escrezione urinaria).
Infine, un altro studio ha dimostrato una correlazione inversa fra assunzione di fitoestrogeni e cancro al seno nelle donne in premenopausa ma non in quelle in postmenopausa. Non è chiaro perciò se gli isoflavoni della soia siano in grado di prevenire o, al contrario, di promuovere l'insorgenza di cancro al seno.
Questa condizione di incertezza e l'inconsistenza dei dati disponibili rendono l'integrazione della dieta con i fitoestrogeni particolarmente sconsigliabile.
Secondo alcuni autori, la minore incidenza di cancro del seno nelle donne giapponesi potrebbe essere dovuta ad altri fattori, come ad esempio, il maggiore numero di figli.
Sono sicuri?
Anche se al momento non sono segnalati effetti indesiderati di rilievo, la sicurezza dei fitoestrogeni non è ancora stata dimostrata, in particolare per una assunzione a lungo termine o a dosaggi elevati.
L'assunzione di fitoestrogeni in donne in trattamento con tamoxifene va sconsigliata fino a quando non saranno disponibili maggiori informazioni: i fitoestrogeni potrebbero infatti antagonizzare il desiderato effetto antiestrogenico del farmaco.
Alcuni studi hanno evidenziato che i fitoestrogeni possono influenzare le concentrazioni di tiroxina, insulina e glucagone. Uno degli aspetti più preoccupanti riguarda la potenziale capacità di induzione del tumore del seno.
Conclusione
Le donne in menopausa sono diventate il target di una intensa attività di marketing di integratori dietetici a base di fitoestrogeni ancora prima che la loro possibile efficacia sia stata confermata da studi clinici adeguati.
Al momento non esistono i presupposti per raccomandare l'impiego di questi integratori alle donne che manifestano sintomi menopausali.
Anche se i dati epidemiologici lasciano ipotizzare possibili benefici, non è affatto dimostrato che estrapolando un solo fattore da una cultura alimentare e da uno stile di vita così diversi dai nostri si ottengano gli stessi effetti. Non vi sono prove che l'assunzione di fitoestrogeni (né di dosi massicce di soia e derivati) possa alleviare le vampate, i sudori notturni e altri sintomi come secchezza vaginale, alterazioni dell'umore né che prevenga l'osteoporosi né il tumore del seno. I dati clinici disponibili al momento lasciano ancora aperte troppe domande ma le risposte possono venire solo da ampi studi clinici randomizzati.
Valutare gli effetti, i potenziali benefici e i possibili rischi dei fitoestrogeni sembra tuttavia essere un compito piuttosto complesso per una serie di fattori come ad esempio la variabilità della composizione dei fitoestrogeni della dieta, la variabilità interindividuale nell'assorbimento e nel metabolismo che rendono imprevedibile la bioattività di questi composti. Inoltre la non brevettabilità delle sostanze naturali potrebbe costituire un ostacolo al finanziamento di studi adeguati, come popolazione arruolata e durata.
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