Si tratta di un agente chelante del ferro utilizzabile per via orale. Allo stato attuale delle conoscenze, l'impiego del deferiprone dovrebbe essere limitato al trattamento dell'accumulo di ferro nei pazienti affetti da talassemia maggiore che non tollerano o non possono utilizzare la deferoxamina (Desferal).
Gli studi condotti (su casistiche ridotte, alcuni con carenze di impostazione, altri nell'ambito di un programma di uso compassionevole) non hanno infatti chiarito completamente quali siano la sua reale efficacia e sicurezza.
A dati di efficacia, equiparabile a quella della deferoxamina, sul breve e sul lungo periodo, fanno riscontro altri dati tendenti a dimostrare una minore capacità di ridurre la ferritina ematica e una progressiva perdita dell'efficacia col passare del tempo, associata ad una aumentata concentrazione epatica di ferro.
La possibilità che il deferiprone comporti un aumento dei casi di fibrosi epatica evidenziata da uno studio, non è stata successivamente confermata.
Gli effetti indesiderati sono soprattutto gastrointestinali (nausea, vomito). La neutropenia (5,4%) e l'agranulocitosi (0,6%) associate all'uso del farmaco richiedono un controllo settimanale dei neutrofili.
Le incertezze che permangono sulla efficacia e tollerabilità del deferiprone consigliano uno stretto monitoraggio del trattamento.
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