Il bevacizumab è un anticorpo monoclonale con attività antiangiogenetica che ha indicazione nel trattamento di patologie oncologiche e non. Tra le prime trova particolare impiego nella fase metastatica dei tumori del colon e del retto, del rene e del polmone. In Europa il bevacizumab è attualmente indicato, in associazione al paclitaxel, nel trattamento di prima linea del tumore recidivato localmente o metastatico della mammella. Tale indicazione era inizialmente più ampia, infatti fino a dicembre 2010 il bevacizumab poteva essere utilizzato anche in associazione con docetaxel. L'autorizzazione all'uso di bevacizumab + paclitaxel da parte delle Autorità regolatorie, è avvenuta nel 2007 e 2008 rispettivamente per EMA ed FDA, sulla base di un solo studio, in cui l'associazione di bevacizumab a paclitaxel aveva mostrato un miglioramento della Progression free survival (PFS).
L'approvazione nel 2008 di tipo "accelerata" (per farmaci per bisogni clinici non soddisfatti in patologie che pongono in pericolo la vita) fu concessa dalla FDA al bevacizumab sulla base dei risultati di uno studio 2, che non aveva come esito principale la sopravvivenza globale (OS), ma la PFS (Progression Free Survival ovvero sopravvivenza libera da malattia), un esito surrogato di incerta valenza di per sé sulla qualità di vita e sulla predittività rispetto alla sopravvivenza. Lo studio mostrava un beneficio discreto o, per i più entusiasti, molto incoraggiante o addirittura sorprendente (circa 6 mesi di aumento). Come si legge nell'ottimo rapporto - firmato personalmente dal direttore della FDA Margaret Hamburg per spiegare le ragioni del ritiro della indicazione 3-la PFS è considerata sì accettabile al momento della registrazione ma richiede ulteriori conferme e dipende chiaramente dalla sua entità e non dalla significatività statistica per sé - " se un miglioramento della PFS può rappresentare un beneficio clinico … dipende dalla entità dell'effetto (magnitude of effect) e dal rapporto beneficio-rischio del nuovo trattamento rispetto alle terapie esistenti". In altre parole, la FDA ha ribadito come la valutazione di un farmaco non stia semplicemente nell'avere raggiunto uno specifico end-point (come in questo caso una differenza significativa di PFS) né nell'avere superato un certo valore soglia (3 mesi o 6 mesi o 12 mesi) ma è una decisione più complessa che dipende sia dall'entità della riduzione ma anche dal rapporto beneficio-rischio complessivamente analizzato per il farmaco. Inoltre la decisione FDA ha tenuto conto della incoerenza tra i vari studi che, anziché confermare un effetto importante di miglioramento della PFS, hanno dato luogo a stime molto diverse: una delle novità del sistema GRADE è stato l'aver introdotto la dimensione della incoerenza tra gli studi disponibili come criterio per ridurre la qualità complessiva delle evidenze e questo criterio era stato alla base della prudenza, o meglio della raccomandazione negativa, formulata dal gruppo regionale GReFO. Nello studio registrativo infatti l'aggiunta di bevacizumab alla chemioterapia con paclitaxel aveva portato, nelle donne con carcinoma mammario metastatico, HER2- non precedentemente trattate con chemioterapia per la malattia avanzata, un miglioramento della PFS di 5.5 mesi rispetto al solo paclitaxel. Il profilo di sicurezza dell'associazione bevacizumab + paclitaxel, inoltre, non risultava completamente chiarito. Dal punto di vista metodologico lo studio presentava alcuni limiti, come la conduzione in aperto, importante per la valutazione della PFS, sebbene mitigata dalla presenza di una valutazione indipendente 4. Altro limite era costituito dal numero significativo di scansioni mancanti per la valutazione radiografica della progressione (che riguardava circa il 10% dei pazienti); un'analisi di sensitività, eseguita successivamente, sull'effetto dei dati mancanti sulla PFS ha mostrato un effetto positivo del bevacizumab ma con una notevole variabilità nella stima dell'incremento della PFS da 5.5 a 2.4 mesi. Alla luce di queste evidenze il bilancio tra i benefici e i rischi espresso dalla commissione oncologica della FDA (ODAC) risultava diviso (con una votazione sfavorevole di 4 a 5 con una maggioranza di componenti che giudicava le informazioni disponibili non in grado di definire un bilancio favorevole). Nonostante le valutazioni della commissione tecnica sul bilancio benefici/rischi non fossero coerenti, la FDA nel 2008 ha approvato il bevacizumab nel tumore mammario metastatico in prima linea, richiedendo però alla ditta produttrice di fornire dati di conferma sull'entità della sua efficacia.
Nel 2009 sono stati presentati all'autorità regolatoria i risultati di due studi, AVADO 5 e RIBBON-1 6, condotti entrambi in doppio cieco, sulla stessa tipologia di pazienti e con gli stessi endpoints ma con schemi chemioterapici diversi. I due studi hanno fallito nel confermare l'entità del beneficio in termini di PFS evidenziato nel primo studio registrativo. In particolare, la revisione dello studio AVADO da parte della FDA ha evidenziato che l'associazione di bevacizumab a docetaxel non modificava la OS e il miglioramento in termini di PFS era inferiore a 1 mese 3. Nel secondo studio l'aggiunta di bevacizumab associato a capecitabina, taxani o antracicline, ha mostrato un aumento della PFS pari a 2.9 mesi con capecitabina e di 1.2 mesi con antracicline o taxani (risultato presentato complessivamente per le due categorie di farmaci) e nessun cambiamento di sopravvivenza. In entrambi gli studi sono stati confermati gli eventi avversi legati al bevacizumab in particolare proteinuria (2%) e ipertensione (3%) 7,8.
Gli studi progettati per confermare l'efficacia del farmaco dopo l'approvazione accelerata, pur raggiungendo risultati statisticamente significativi, non hanno confermato l'entità della PFS precedentemente ottenuta con bevacizumab (5.5 mesi) e hanno invece mostrato benefici clinicamente poco rilevanti. Alla luce del modesto e variabile beneficio clinico e a fronte degli importanti eventi avversi farmaco-specifici, l'ODAC (la commissione oncologica della FDA), all'unanimità, non ha ritenuto opportuno mantenere la registrazione dell'indicazione nel carcinoma mammario indipendentemente dallo schema terapeutico associato poiché il bilancio benefici/ rischi era sfavorevole.
Nel dicembre 2010 l'FDA ha ritirato l'approvazione all'utilizzo del farmaco nel tumore della mammella, indipendentemente dal chemioterapico in associazione.
L'Autorità regolatoria europea ha registrato l'indicazione del bevacizumab nel trattamento di prima linea del tumore mammario metastatico, prima in associazione a paclitaxel 9 (2007) e successivamente in associazione a docetaxel 10 (2009) sulla base dei risultati dei due studi E2100 2 e AVADO 5.
In seguito all'aggiornamento (nel 2010) dei dati degli studi di conferma, AVADO e RIBBON-1 7,8 che avevano evidenziato alcune incertezze sul profilo di efficacia e sicurezza del bevacizumab, la Commissione europea ha richiesto al CHMP dell'EMA di revisionarne il profilo benefici/rischi al fine di decidere se mantenere o modificare le indicazioni registrate. I dubbi erano stati sollevati in relazione al fatto che:
- i nuovi dati su taxani + bevacizumab mostravano un beneficio in PFS notevolemente più piccolo di quello osservato nel primo studio registrativo;
- si osservava un trend negativo per la sopravvivenza nel gruppo bevacizumab + docetaxel;
- gli eventi avversi gravi di grado >3 non erano trascurabili (frequenza >5% per neutropenia febbrile, diarrea,eritrodisestesia palmo plantare, ipertensione).
Nel dicembre 2010 il CHMP conclude la sua revisone del bilancio benefici/rischi del bevacizumab associato a paclitaxel definendolo positivo 11. Per quanto riguarda l'associazione con docetaxel, la revisione dello studio AVADO ha mostrato un risultato in PFS più basso rispetto al precedente ottenuto con paclitaxel, considerato al di sotto dei limiti della rilevanza clinica. Il dossier EMA 12 riporta inoltre un potenziale peggioramento della sopravvivenza con bevacizumab+docetaxel che sebbene non statisticamente significativo mostra un andamento delle curve che si incrociano a 24 mesi. Pur ritenendo che queste curve di sopravvivenza non avessero sufficienti pazienti per stimare con sicurezza un eventuale peggioramento, andavano nella stessa direzione del trend negativo evidenziato in una sottoanalisi dello studio RIBBON-1. Tali andamenti che mostrano un maggior numero di decessi nel gruppo di pazienti trattate con bevacizuamb non sono molto incoraggianti. Il CHMP, quindi dopo la presentazione di questi dati ha concluso che l'insufficiente beneficio clinico mostrato in termini di PFS, associato alla impossibilità di escludere un potenziale effetto peggiorativo sulla sopravvivenza (oltre ai noti eventi cardiovascolari come proteinuria e ipertensione legati a bevacizumab nel tumore della mammella) concludeva che il bilancio benefici/rischi di bevacizumab+docetaxel non era positivo e che l'indicazione d'uso in associazione a docetaxel dovesse essere cancellata 12.
Rispetto alla richiesta di autorizzazione per l'associazione di bevacizumab + capecitabina, il CHMP, a dicembre 2010, alla luce dei modesti risultati in PFS ottenuti nello studio RIBBON-1, non confermati nel RIBBON-2 (trattamento di 2° o 3° linea), ha considerato il profilo benefici/rischi non favorevole anche in considerazione della disponibilità di altri trattamenti più efficaci e ben tollerati; pertanto l'EMA ha deciso di non approvarne la registrazione.
Il CHMP ha infine concluso di mantenere l'indicazione all'utilizzo di bevacizumab associato a paclitatexel anche se i dati dello studio RIBBON-1 mostrano un aumento di PFS di solo 1,2 mesi.
Nel 2010 il panel GReFO ha prodotto una raccomandazione sull'utilizzo del bevacizumab nel trattamento di prima linea del tumore metastatico della mammella. La prima valutazione sulle evidenze disponibili ha portato il panel a formulare una raccomandazione negativa debole sull'utilizzo di bevacizumab in associazione a taxani (paclitaxel o docetaxel), indicazioni allora registrate, con una percentuale di utilizzo atteso bassa, intorno al 5-10% dei pazienti affetti da tumore mammario metastatico in prima linea. Il Panel, analogamente a quanto avvenuto nella commissione tecnica della FDA, si è diviso nell'esprimere il bilancio tra benefici e rischi (6 componenti hanno giudicato il bilancio benefici/rischi incerto e 5 sfavorevole). La forza della raccomandazione è stata definita sulla base di 9 votazioni negative deboli e 6 negative forti. Le motivazioni della raccomandazione negativa esplicitate dal panel già alla prima valutazione delle evidenze (principalmente sulla base degli studi E2100 e AVADO, poiché il RIBBON-1 era disponibile solo in abstract) riguardavano l'incoerenza tra gli studi disponibili in termini di entità della PFS osservata. L'aumento della PFS, infatti, appariva in uno studio sorprendente (aumento di 5.9 mesi di PFS nel gruppo bevacizumab) e nell'altro in cieco clinicamente non rilevante (circa 2 mesi di PFS nel gruppo bevacizumab). Inoltre, il Panel sottolineava che in nessuno studio l'aggiunta di bevacizumab migliorava la sopravvivenza globale mentre la tossicità farmaco-specifica rimaneva confermata e tale da modificare il rapporto beneficio-rischio.
La raccomandazione negativa e la bassa percentuale di utilizzo atteso del bevacizumab erano giustificate dalla eterogeneità dei risultatati degli studi; il Panel infatti riteneva, già allora, che l'aggiunta di bevacizumab alla chemioterapia nel tumore della mammella non comportasse un reale vantaggio, soprattutto in una patologia in cui si incontrano entità con differente comportamento biologico e per la quale vi sono a disposizione molte alternative terapeutiche efficaci. A seguito delle nuove valutazioni sul profilo di efficacia e sicurezza rese disponibili dalle autorità regolatorie, FDA ed EMA, e delle modifiche alle indicazioni autorizzate EMA/AIFA a dicembre 2010, il Panel GReFO ha revisionato il documento, pur essendo già in linea con le osservazioni FDA ed EMA. La raccomandazione sull'utilizzo di bevacizumab, divenuta esclusivamente in associazione a paclitaxel, è stata modificata, quasi all'unanimità, da negativa debole a negativa forte (10 votazioni negativa forte, 1 negativa debole) restringendo la percentuale di utilizzo atteso al di sotto del 5% dei pazienti affetti da tumore mammario metastatico in prima linea. In altre parole il panel ha ribadito la raccomandazione a non utilizzare il farmaco nella maggior parte dei pazienti, limitandone l'uso, solo in associazione con paclitaxel, ad una sottopopolazione di pazienti HER2 negativi e recettori ormonali negativi non candidabili a una polichemioterapia 13.
Aprile 2010 - Revisione Luglio 2011 A cura del Gruppo Regionale Farmaci Oncologici (GReFO)
Contesto clinico
In Italia, l'incidenza di tumore della mammella nelle donne è di 139/100.000/anno e la mortalità è di 32/100.000/ anno. Tale incidenza è in aumento ma la mortalità è in calo su tutto il territorio nazionale. Il tumore duttale invasivo o infiltrante rappresenta il tipo istologico più comune e comprende dal 70 all'80% di tutti i casi, seguito dal carcinoma lobulare. Il tumore della mammella è una malattia eterogenea e pazienti con tumori apparentemente simili per caratteristiche clinicopatologiche possono necessitare di un percorso clinico diverso. I fattori ad oggi validati che si sono dimostrati importanti dal punto di vista prognostico ed utili per la scelta del trattamento sono: le dimensioni del tumore, lo stato dei linfonodi ascellari, il grading istologico, il tipo istologico, lo stato dei recettori ormonali, l'età della paziente (<35 aa: prognosi peggiore) e la sovraespressione di HER2 (presente in ~20-30% dei tumori mammari). La quasi totalità delle pazienti a cui viene diagnosticato un tumore della mammella può andare incontro ad un trattamento radicale, dal momento che solo il 7% risulta metastatico all'esordio. Però nell'arco dei 10 anni successivi il ~30% delle pazienti con linfonodi ascellari negativi alla diagnosi (N-) ed il 70% di quelle con linfonodi ascellari positivi (N+) presenteranno una ripresa di malattia. Allo stato attuale delle conoscenze il trattamento della malattia metastatica è essenzialmente palliativo, con poche pazienti lungo sopravviventi (<20% a 5 anni, 2-3% a 10 anni). In presenza di recettori ormonali positivi e malattia poco aggressiva (es. solo metastasi ossee) il trattamento di prima scelta può essere l'ormonoterapia (premenopausa: LHRH-a, Tamoxifene; postmenopausa: inibitori dell'aromatasi, fulvestrant). Qualora la malattia si manifesti più aggressivamente con metastasi viscerali multiple o "life-threatening", in pazienti giovani con metastasi viscerali, o con recettori ormonali negativi, la prima scelta può essere la polichemioterapia (a base di antracicline, taxani ed alcaloidi della vinca) più attiva della monochemioterapia, anche se un aumento delle risposte obiettive raramente si traduce in un miglioramento della sopravvivenza globale, che viene influenzata dai trattamenti attuati alla progressione nelle linee successive.
Quesito Clinico
Nei pazienti con tumore mammario metastatico è raccomandabile la chemioterapia di prima linea con bevacizumab in aggiunta a paclitaxel?
Sintesi dei benefici e dei rischi (dati disponibili a luglio 2011)
Gli studi registrativi del bevacizumab sono tre 4-9-10 condotti in una popolazione con caratteristiche sovrapponibili, donne con neoplasia mammaria recidivata localmente o metastatica, HER2-, non precedentemente trattate con chemioterapia per la malattia avanzata. Di seguito si riporta una tabella sintetica dei 3 studi rispetto all PFS, l'esito principale. Per quanto riguarda la sopravvivenza globale (OS), in nessuno studio sono state osservate differenze statisticamente significative fra i bracci di trattamento con bevacizumab e i gruppi di controllo. La tossicità registrata a carico di bevacizumab è in linea con quanto osservato in altri studi, in particolare per ipertensione, proteinuria e sanguinamenti (epistassi). Rispetto a paclitaxel, bevacizumab ha registrato un aumento statisticamente significativo di eventi ischemici cerebrovascolari (1.9% vs 0.0%, P=0.02) e cefalea (2.2% vs 0.0%, P=0.008)a.
La qualità delle evidenze
E' stata giudicata MODERATA per motivi di incoerenza tra gli studi disponibili in termini di entità del beneficio dimostrato sulla PFS. Seppur l'aumento della PFS con bevacizumab è risultato statisticamente significativo in tutti gli studi, l'entità della differenza è variabile, discreta nello studio in aperto (circa 6 mesi), modesta negli studi in cieco (1-3 mesi)(vedi tabella).
Tipo studio | TRT | CTR | Efficacia sulla PFS | |||
bevacizumab+Paclitaxelc (n.347 pz) | Paclitaxel c(n.326 pz) | assoluta | relativa | |||
RCTa di fase III, in aperto (673 pz) | 11,8 mesi | 5,9 mesi | 5,9 mesi | HR=0,60 P<0,001 | ||
Tipo studio | TRT (1) | TRT(2) | CTR | Efficacia sulla PFS | ||
bevacizumab (7,5 mg/Kg) +docetaxel (n.247 pz) | bevacizumab(15 mg/Kg) + docetaxel (n.248 pz) | pb+docetaxel (n.241 pz) | assoluta | relativa | ||
RCTb di fase III, in doppio cieco (736 pz) | 9 mesi | 10.1 mesi | 8.2 mesi | n.s. (Beva 7.5 vs CTR) | HR=1.03 (0.77-1.37) | |
1.9 mesi (Beva 15vsCTR)* | HR=0.75 (0.62-0.91) | |||||
Tipo studio | TRT(1) | CTR (1) | TRT (2) | CTR(2) | Efficacia sulla PFS | |
bevacizumab(15 mg/Kg) +capecitabina (409 pz) | capecitabina+pb (206 pz) | bevacizumab (15 mg/Kg) + Tax/antra (415 pz) | Pb+Tax/ antra (207 pz) | assoluta | relativa | |
RCT c di fase III, in doppio cieco (1237 pz) | 8.6 mesi | 5.7 mesi | 9.2 mesi | 8 mesi | 2.9 mesi (corte capecitabina) | HR=0.68 (0.56-0.84) |
1.2 mesi (corte tax/antra |
HR=0.64 (0.52-0.79) | |||||
Note: *analisi a settembre 2008; °paclitaxel (90 mg/m2) ai gg 1,8 e 15, ogni 28 gg; ∆ docetaxel:(100 mg/m2) ogni 21 gg;# capecitabina: (1000 mg/m2)ai gg 1e 14 ogni 21 gg; • paclitaxel-albumina:260 mg/m2 ogni 3 sett; ~ antra: i più comuni schemi chemioterapici a base di antracicline Legenda: n.s.: non significativa; TRT: trattamento; CTR: controllo; tax: taxani; antra: antracicline [a] E2100-Miller NEJM 2007 [b] AVADO (BO17708)- Miles D et Al. JCO 2010 [c] RIBBON-1 (AVF3694g)- Robert NJ et Al. JCO 2011 |
1. De Palma et Al. Developing Clinical Recommendations for Breast,Colorectal, and Lung Cancer Adjuvant Treatments Using the GRADESystem: A Study From the Programma Ricerca e Innovazione EmiliaRomagna Oncology Research Group. J Clin Oncol. 2008; 26:10331039.
2. Miller et Al. Paclitaxel plus Bevacizumab versus Paclitaxel Alone forMetastatic Breast Cancer. N Engl J Med 2007; 357: 2666-76.
3. Hamburg MA. FDA. Docket N.FDA-2010-N-0621. Proposal to withdraw approval for the breast cancer indication dor Avastin (Bevacizumab). Novembre 2011.
4. Gray et Al. Independent Review of E2100: A Phase III Trial of Bevacizumab Plus Paclitaxel Versus Paclitaxel in Women With Metastatic Breast Cancer. J Clin Oncol. 2009: 4966-4972.
5. Miles D. et Al. Randomized, double-blind, placebo-controlled, phaseIII study of bevacizumab with docetaxel or docetaxel with placebo asfirst-line therapy for patients with locally recurrent or metastatic breastcancer (mBC): AVADO. J Clin Oncol (ASCO Meeting Abstracts) 2008; 20: LBA1011.
6. Robert N. J. Et Al. RIBBON-1: Randomized, double-blind, placebocontrolled, phase III trial of chemotherapy with or without bevacizumab (B) for first-line treatment of HER2-negative locally recurrentor metastatic breast cancer (MBC). J Clin Oncol (Meeting Abstracts)2009; 27: 1005.
7. Miles D. et Al. Phase III Study of Bevacizumab Plus Docetaxel Compared With Placebo Plus Docetaxel for the First-Line Treatment of Human Epidermal Growth Factor Receptor 2–Negative Metastatic BreastCancer. J Clin Oncol. 2010; 28:3239-3247.
8. Robert N. J. Et Al. RIBBON-1: Randomized, double-blind, placebocontrolled, phase III trial of chemotherapy with or without bevacizumab (B) for first-line treatment of HER2-negative locally recurrentor metastatic breast cancer (MBC). J Clin Oncol 2011; 29:1252-1260.
9. EMA - Avastin. Scientific discussion EMEA/H/C/582/II/08 (febbraio2007). disponibile all'indirizzo: www.emea.europa.eu/humandocs/Humans/EPAR/avastin/avastin.htm (ultimo accesso novembre2009).
10. EMA - Assessment report for avastin. EMEA/H/C/582/II/0024 ( luglio 2009). Disponibile all'indirizzo: www.emea.europa.eu/humandocs/PDFs/EPAR/avastin/Avastin-H-582-II-24-AR.pdf (ultimoaccesso novembre 2009).
11. EMA - Press release. EMEA/CHMP/815425/2010. European Medicines Agency completes its review of Avastin used in breast cancer(16 dicembre 2010). Disponibile all'indirizzo: www.ema.europa.eu/ema/index.jsp?curl=pages/news_and_events/news/2010/12/news_detail_001166.jsp&mid=WC0b01ac058004d5c1.
12. EMA- Assessment report for avastin. EMEA/H/C/582/A-20/038 (26febbraio 2011) disponibile all'indirizzo:www.ema.europa.eu/docs/en_GB/document_library/EPAR_-_Assessment_Report_-_Variation/human/000582/WC500105601.pdf.
13. Gruppo Regionale Farmaci Oncologi(GReFO).Raccomandazionievidence-based . Bevacizumab nel Tumore mammario metastatico. (I linea di terapia). Aprile 2010; Rev luglio 2010. Disponibileall'indirizzo: www.saluter.it/documentazione/ptr/elaborati/99raccomandazioni-bevacizumab-rev2011/view.
Contesto clinico
Il tumore della prostata è la patologia neoplastica più frequentemente diagnosticata nella popolazione maschile con un'incidenza in crescita (190 casi/100.000 maschi/anno), fenomeno legato sia all'aumentare dell'età anagrafica che ad un maggior ricorso allo screening (PSA). La prevalenza è di 0.79% nel 2010, anch'essa in aumento; l'età mediana alla diagnosi è di 68 anni, e circa il 90% dei nuovi riscontri avviene dopo il 55° anno di età. Rappresenta la terza causa di morte per tumore nella popolazione maschile, con andamento sostanzialmente costante negli ultimi anni.1 Il trattamento ormonale rappresenta la principale strategia terapeutica nelle varie fasi di malattia. Qualora la malattia si dimostri non più ormonosensibile, la chemioterapia di riferimento in prima linea è oggi rappresentata da una monoterapia con docetaxel che ha dimostrato benefici significativi in termini di sopravvivenza e qualità di vita.2-5
Nei pazienti con tumore della prostata metastatico, ormono-refrattario, la cui malattia è progredita durante o dopo un regime chemioterapico a base di docetaxel, con PS 0-1 è raccomandabile l'impiego di abiraterone insieme a prednisone o prednisolone?
Sintesi dei benefici e dei rischi
Lo studio registrativo di abiraterone9, un RCT in doppio cieco, di confronto verso placebo, in pazienti con tumore della prostata ormono-resistente, in seconda linea, in maggioranza con un PS 0-1, ha mostrato un allungamento della sopravvivenza globale di circa 4 mesi (14.8 vs 10.9 mesi; HR 0.65; 95%CI: 0.54-0.77) a favore del gruppo di trattamento. Anche per gli esiti secondari abiraterone ha mostrato un vantaggio rispetto a placebo: PFS (5.6 vs 3.6 mesi; P<0.001), tempo alla progressione del PSA (10.2 vs 6.6 mesi; p<0.001), Response Rate relativo al PSA (29% vs 6%, p<0.001). Gli eventi avversi registrati più frequentemente nel gruppo abiraterone rispetto a placebo sono stati eventi di tipo mineralcorticoide, ipokaliemia, ritenzione idrica ed ipertensione (55% vs 43% p<0.001) e infezioni delle vie urinarie (12% vs 7%, p= 0.002). Il tasso di interruzione del trattamento a seguito di eventi avversi è stato simile nei due gruppi.
La qualità complessiva delle evidenze è stata giudicata dal panel MODERATA (downgrade di 1 punto) in quanto è disponibile un unico studio che ha scelto il placebo come comparator a fronte della disponibilità di trattamenti attivi (mitoxantrone) anche se privi di una dimostrazione di un positivo impatto sulla sopravvivenza globale10.
Nei pazienti con tumore della prostata metastatico, ormono-refrattario, la cui malattia è progredita durante o dopo un regime chemioterapico a base di docetaxel, con PS > 2 è raccomandabile l'impiego di abiraterone insieme a prednisone o prednisolone?
Per quanto riguarda le evidenze di abiraterone nei pazienti con PS ≥ 2 non sono disponibili ulteriori studi oltre a quello registrativo, in cui pazienti con PS 2 erano eleggibili ma poco rappresentati (10% della popolazione studiata). La qualità complessiva dell'unico studio disponibile nel gruppo di pazienti con PS ≥ 2 è stata giudicata dal panel BASSA (downgrade di 2 punti) per limiti legati al risk of bias e alla trasferibilità in questo setting di pazienti.
Nei pazienti con tumore della prostata metastatico, ormono-refrattario, trattati in precedenza con un regime contenente docetaxel e con PS 0-1 è raccomandabile l'impiego di cabazitaxel insieme a prednisone o prednisolone?
Sintesi dei benefici e dei rischi
Lo studio registrativo di cabazitaxel11, un RCT in aperto, di confronto verso mitoxantrone, in pazienti con tumore della prostata ormono-resistente in seconda linea, ha mostrato nella popolazione studiata con una netta prevalenza di pazienti con PS 0-1, un aumento della sopravvivenza globale di circa 2.4 mesi (15.1 vs 12.7 mesi, HR 0.70, 95%CI 0.590.83). Il cabazitaxel ha mostrato un vantaggio rispetto a mitoxantrone anche in termini di PFS (2.8 vs 1.4 mesi, HR 0.70—95%CI 0.64-0.86), di risposta obiettiva (14.4% vs 4.4%, p=0.0005) e di tasso di risposta del PSA (39.2% vs 17.8%, p=0.0002). Gli eventi avversi riportati più frequentemente per cabazitaxel rispetto a mitoxantrone sono principalmente di tipo ematologico: neutropenia febbrile (7.5% vs 1.3%), anemia di grado 3 (10.5% vs 4.9%) e leucopenia di grado 3 (68.2% vs 42.3%). Fra quelli di tipo non ematologico, la diarrea di grado 3 (6.2% vs 0.3%). La mortalità per eventi avversi, entro 30 gg dalla fine del trattamento, è risultata significativamente più alta nel gruppo cabazitaxel (rispettivamente 5% e 2%), principalmente a seguito di complicanze della neutropenia.
Qualità delle evidenze
La qualità complessiva dell'unico studio disponibile relativamente al gruppo di pazienti con PS 0-1 è stata giudicata dal panel MODERATA (downgrade di 1 punto) per il rischio di bias legato alla conduzione dello studio in aperto.
Nei pazienti con tumore della prostata metastatico, ormono-refrattario, trattati in precedenza con un regime contenente docetaxel e con PS > 2 è raccomandabile l'impiego di cabazitaxel insieme a prednisone o prednisolone?
Per quanto riguarda le evidenze di cabazitaxel nei pazienti con PS > 2 non sono disponibili ulteriori studi oltre a quello registrativo, in cui pazienti con PS 2 erano eleggibili ma poco rappresentati (7% della popolazione studiata). La qualità complessiva dell'unico studio disponibile nel gruppo di pazienti con PS >2 è stata giudicata dal panel BASSA (downgrade di 2 punti) per limiti legati al risk of bias e alla trasferibilità in questo setting di pazienti.
Raccomandazioni GReFO Le raccomandazioni GReFO 6 su abiraterone e cabazitaxel, di seguito riportate, sono state prodotte attraverso una valutazione comparativa dei due farmaci, esprimendo valutazioni e giudizi in modo relativo e non "in modo assoluto" per un farmaco alla volta come avviene solitamente. Ciò è avvenuto poiché entrambi i farmaci si collocano in 2° linea di terapia, dopo docetaxel, per il tumore della prostata metastatico ormono-refrattario ed entrambi hanno dimostrato di migliorare la sopravvivenza globale.
1. AIRTUM working group. La prevalenza dei tumori in Italia. Epidem Prev 2010. 34(S2)
2. European Association of Urology . Guidelines on Prostate Cancer. 2010. disponibile on line all'indirizzo: www.uroweb.org/guidelines/archive/?no_cache=1 (ultimo accesso febbraio 2012)
3. NCCN Clinical Practice Guideline in Oncology. Prostate Cancer. V 1. 2012. Disponibile on line all'indirizzo: www.nccn.org/professionals/physician_gls/f_guidelines.asp
4. Horwich A. et Al. Prostate cancer: ESMO Clinical Practice Guidelines for diagnosis, treatment and follow-up. Annals of Oncology. 2010; 21 (S 5): v129–v133 (ultimo accesso febbraio 2012)
5. AIOM carcinoma della prostata. 2009. Disponibile on line all'indirizzo www.aiom.it/Attivit%E0+Scientifica/Linee+guida/Il+carcinoma+della+prostata/1,346,0 (ultimo accesso febbraio2012)
6. Raccomandazioni GReFO: "Abiraterone e cabazitaxel nel carcinoma della prostata metastatico (II linea di terapia)". In corso di pubblicazione.
7. EMA. Abiraterone (Zitiga®). Public Assessment Report EMA/CHMP/542871/2011. 21 July 2011 Disponibile on-line all'indirizzo: www.ema.europa.eu/ema/index.jsp?curl=pages/medicines/human/medicines/002321/human_med_001499.jsp&mid=WC0b01ac058001d124 (ultimo accesso febbraio 2012)
8. EMA. Cabazitaxel (Javtana ®). Public Assessment Report. EMA/CHMP/66633/2011. 20 January 2011. Disponibile on-line all'indirizzo: www.ema.europa.eu/ema/index.jsp?curl=pages/medicines/human/medicines/002018/human_med_001428.jsp&mid=WC0b01ac058001d124&jsenabled=true (ultimo accesso febbraio 2012)
9. De Bono JS et al. Abiraterone and increased survival in metastatic prostate cancer. N Engl J Med 2011; 364:1995-2005.
10. Tannock IF et al. Chemotherapy with mitoxantrone plus prednisone or prednisone alone for symptomatic hormone-resistant prostate cancer: a Canadian randomized trial with palliative endpoint. J Clin Oncol 1996; 14(6), 1756-1764.
11. De Bono JS et al. Prednisone plus cabazitaxel or mitoxantrone for metastatic castration-resistant prostate cancer progressing after docetaxel treatment: a randomised open-label trial. Lancet 2010;376:1147–54.
Data di Redazione 08/2012
Gruppo Regionale Farmaci Oncologici (GReFO)
Magrini Nicola - Coordinatore Gruppo GREFO (Area Valutazione del Farmaco. Agenzia Sanitaria e Sociale Regionale Emilia Romagna); Ardizzoni Andrea (Oncologia, Az.Osp. di Parma); Banzi Maria Chiara (Oncologia, Az. Osp. ASMN, Reggio Emilia); Boni Corrado (Oncologia, Az. Osp. ASMN, Reggio Emilia); Borghi Athos (Medicina Interna, Az. Osp. Univ. Policlinico, Modena); Cioni Giorgio (Medicina Interna, Ospedale Pavullo, Ausl Modena); Conte Pier Franco (Oncologia, Az. Osp. Univ. Policlinico, Modena); Frezza Giovanni (Radioterapia, Ospedale Bellaria, Bologna); Milandri Carlo, Ibrahim Toni (Oncologia, IRST Meldola -FC); Leoni Maurizio (Oncologia, Ospedale di Ravenna- Ausl Ravenna); Longo Giuseppe (Onco-ematologia, Az. Osp. Univ. Policlinico, Modena – CRF); Manghi Iva (Direzione Sanitaria- Ausl Reggio Emilia); Martoni Andrea Angelo (Oncologia, Az. Osp. Univ. Policlinico S'Orsola-Malpighi, Bologna); Tassinari Davide (Oncologia, Ospedale Infermi - Ausl Rimini – CRF); Valenti Danila (Oncologia e Cure Palliative, Ausl Bologna); Viani Nilla (Dipartimento Farmaceutico, Ausl Modena)
*Il metodo GRADE (Grading of Recommendations Assessment, Development and Evaluation) è nato dall'attività avviata nel 2000 di un gruppo di lavoro internazionale che ha ritenuto necessario mettere a punto un approccio unificato alla produzione di raccomandazioni cliniche in presenza di una molteplicità di sistemi di grading tra loro non sempre coerenti e la cui variabilità mette in serio pericolo la fruibilità dello strumento linee guida/raccomandazioni. Per una descrizione analitica della metodologia GRADE si vedano, sul sito del GRADE working group, gli articoli introduttivi pubblicati su BMJ e la più recente serie di oltre 15 articoli in corso di pubblicazione sul Journal of Clinical Epidemiology.