Lo pneumococco (P) (Streptococcus pneumoniae) è un batterio capsulato, tipicamente extracellulare, del quale sono stati finora identificati più di 90 sierotipi, alcuni dei quali dotati di reattività immunologica crociata e riuniti quindi in uno stesso sierogruppo1. Soltanto una piccola quota di questi sierotipi è responsabile della maggior parte delle infezioni da P nell'uomo; quelli isolati più frequentemente sono solitamente i sierotipi indicati con il numero più basso. È da rilevare, tuttavia, che la distribuzione dei sierotipi responsabili di malattia nell'uomo appare fortemente diversificata a seconda di importanti variabili quali: area geografica, età, etnia, patologie preesistenti1.
L'epidemiologia
Le infezioni da pneumococco rappresentano in tutto il mondo un problema rilevante di sanità pubblica. L'O.M.S valuta che queste infezioni causino la morte di almeno un milione di bambini ogni anno, principalmente nei paesi in via di sviluppo, e che, nei paesi industrializzati, costituiscano un grave problema soprattutto per le persone con fattori di rischio specifici (tabella 1)2. Ai fini della valutazione di efficacia dei vaccini antipneumococcici (come vedremo tra poco), è utile considerare la classificazione delle infezioni da P. illustrata in tabella 2. Il peso nel favorire le infezioni invasive da P. non è lo stesso per tutti i fattori di rischio (tabella 3). Il rischio legato all'etnia è rilevante per alcune razze: la razza bianca caucasica appare tra le meno colpite, mentre alcune razze degli Indiani d'America hanno un'incidenza di malattia da 10 a 30 volte superiore. Rischi elevatissimi sono costituiti dall'anemia a cellule falciformi e dall'infezione da HIV, alle quali è legata un'incidenza aumentata di circa 100-200 volte. La frequenza a strutture per l'infanzia aumenta il rischio di 2-3 volte3; risulta invece un fattore protettivo l'allattamento al seno3.
Per quanto riguarda l'otite media acuta (OMA), i dati disponibili in letteratura riguardano soprattutto gli Stati Uniti, ma è noto ad ogni medico che la diffusione di questa patologia è altissima. Per quanto attiene l'Italia, dati non pubblicati - inseriti dall'Azienda produttrice del vaccino (Prevenar della Ditta Wyeth Lederle) nel file tecnico di registrazione - ma coerenti con i dati disponibili in altri paesi3, ne stimano l'incidenza sotto i 5 anni di età in 45.000/100.000 bambini all'anno, pari ad oltre 1.100.000 episodi complessivi in quella fascia d'età. Lo P. è responsabile del 30-60% degli episodi di OMA e, più spesso degli altri germi (Haemophilus influenzae, Moraxella catarrhalis), determina colonizzazione resistente anche alla terapia antibiotica e conseguenti recidive. Le complicanze infettive gravi delle OMA - come meningite e sepsi- sono complessivamente rare nei paesi industrializzati e dovute in più della metà dei casi allo P.
Riguardo la polmonite, i dati epidemiologici italiani sono esigui per diversi motivi: la frequente benignità del quadro clinico porta infatti raramente al ricovero ospedaliero e agli accertamenti radiologici e microbiologici. Inoltre questi ultimi risultano di discreta complessità e vengono effettuati raramente in modo completo e soddisfacente. Mentre non vi sono dati attendibili sull'incidenza della polmonite, vi sono stime (non italiane) sulla responsabilità dello P., che risulterebbe implicato in circa la metà (con ampie variazioni nei diversi studi, dal 17% al 75%) dei casi di polmonite nei bambini di età inferiore ai 6 anni giunti ad ospedalizzazione. Le infezioni invasive sono molto meno comuni dell'OMA e della polmonite. Nonostante ciò, le infezioni invasive nei bambini riconoscono lo P. come una delle cause principali.
In Italia, i casi di meningite batterica segnalati ogni anno all'Istituto Superiore di Sanità sono andati progressivamente aumentando dai 620 casi del 1994 ai 1.029 del 19994, riflettendo il miglioramento della completezza di informazione. Lo P. è stato il patogeno più frequentemente identificato tra i casi di meningite batterica segnalati tra il 1994 e il 1999 (32% dei casi), seguito da Neisseria meningitidis e da Haemophilus influenzae. Nel 1999 le meningiti segnalate da P. sono state 299, ma il dato è sicuramente approssimato per difetto, come provato da confronti con altri sistemi di sorveglianza nazionali e regionali. Stando comunque ai dati disponibili, l'incidenza della meningite da P. risulta complessivamente pari a 0,5 per 100.000 abitanti, con valori maggiori nell'anziano (29% dei casi) e nel bambino. L'incidenza nella fascia d'età 0-4 anni è di 1,2 per 100.000, concentrata soprattutto nel primo anno di vita, nel quale supera i 3 casi/100.000, per scendere sotto l'1/100.000 negli anni successivi (Istituto Superiore di Sanità, dati non pubblicati). In pratica, ogni anno in Italia vengono notificati circa 30 casi di meningite da P. nei bambini di età inferiore a 5 anni. La letalità della meningite da P. in Italia è stimata attorno al 15%, ma non sono rare le sequele neurologiche invalidanti (15-30% dei casi).
La batteriemiada P. è relativamente frequente nel bambino e rara nell'adulto. In alcuni casi la batteriemia si complica con meningite (circa il 3% dei casi non trattati)5. Tuttavia, quasi tutti i bambini guariscono e non vi è accordo sul fatto che la mancata somministrazione di terapia antibiotica aumenti il rischio di complicanze gravi5. I dati europei appaiono comunque nettamente inferiori a quelli statunitensi: ad esempio, in Danimarca, nella popolazione al di sotto dei due anni, è stata registrata un'incidenza di 32,5/100.0006, a fronte dei 166,9 casi/100.000 registrati negli U.S.A.7. Non esistono dati italiani relativi alla diffusione della batteriemia: ammettendo per l'Italia un'incidenza pari a quella danese, si avrebbero circa 320 casi di batteriemia all'anno in bambini al di sotto dei due anni di età. I sierotipi responsabili delle infezioni invasive variano nel tempo e nelle diverse aree geografiche. In Italia, i sierotipi riscontrati nei 147 campioni di liquor (1/3 di tutte le meningiti pneumococciche segnalate) pervenuti all'Istituto Superiore di Sanità dal 1997 al 1999, corrispondono per l'80% a quelli contenuti nel vaccino coniugato 7 valente8, ma l'esiguità numerica dei pazienti di età inferiore o uguale a 5 anni (25 sui 147 totali) e la loro distribuzione fortemente disomogenea sul territorio nazionale non permettono una valutazione precisa del fenomeno.
Il vaccino
Il vaccino antipneumococcico (VA) disponibile da alcuni anni è quello polisaccaridico, di cui questo Bollettino ha già scritto; contiene 23 antigeni capsulari e, pur avendo dimostrato efficacia variabile nella protezione dalle infezioni invasive, ha l'oggettivo limite di non poter essere utilizzato prima dei due anni di età, poiché gli antigeni polisaccaridici in esso contenuti non sono in grado di stimolare una risposta immunitaria T-dipendente. Recentemente sono stati allestiti e sperimentati vaccini antipneumococcici coniugati con un carrier proteico (una variante non tossica di tossina difterica, detta CRM 197) contenenti 5, 7, 9 e anche 11 antigeni, che, analogamente a quanto avvenuto per il vaccino anti-Hib, sono capaci di indurre una risposta immunitaria fin dai primi mesi di vita. Essi determinano inoltre una diminuzione dei portatori sani di P. corrispondenti ai sierotipi contenuti nel vaccino, che potrebbe quindi avere un effetto protettivo anche sulla comunità. In occasione della sperimentazione di un vaccino 9 valente, è stato riscontrato il contemporaneo aumento della colonizzazione del nasofaringe da parte di sierotipi diversi da quelli contenuti nel vaccino. Questo rilievo è oggi difficilmente interpretabile: potrebbe trattarsi di un aumento assoluto di sierotipi in grado di provocare infezioni invasive, così come di un aumento relativo semplicemente evidenziato dalla scomparsa di quelli presenti in passato e di scarso rilievo clinico9. Occorreranno ulteriori informazioni per comprendere meglio il fenomeno. Nel febbraio 2000 è stato immesso in commercio negli Stati Uniti un vaccino antipneumoccico coniugato 7 valente, poi introdotto nel calendario vaccinale di quel paese con la raccomandazione del suo utilizzo in tutti i bambini dai 2 mesi di età. Lo stesso vaccino è in commercio anche nel nostro paese dai primi mesi del 2001. I 7 sierotipi contenuti nel vaccino sono quelli che causano con maggior frequenza infezioni invasive da pneumococco nei bambini di età inferiore ai 6 anni negli Stati Uniti: 14, 6B, 19F, 18C, 23F, 4 e 9V. L'immunogenicità appare elevata: dopo tre dosi, la sieroconversione per tutti i sette antigeni sfiora il 100% dei bambini. Tuttavia non sono note alcune importanti informazioni: se la protezione compaia anche prima della terza dose nel primo anno di vita, né quale sia il titolo anticorpale minimo protettivo nei confronti della malattia invasiva. La somministrazione simultanea con altre vaccinazioni riduce lievemente la risposta anticorpale ad alcuni vaccini in uso nell'infanzia, in particolare alla tossina difterica, pertussica e all'IPV, tuttavia senza conseguenze sostanziali. Come per altri nuovi vaccini destinati a molte persone, i dati di immunogenicità sono disponibili però su campioni di popolazione limitati e sono auspicabili ulteriori ricerche. Il vaccino si è dimostrato altamente efficace nel proteggere dalle infezioni invasive (85 - 100%)11, mentre l'efficacia nella prevenzione dell'0MA11,12 è risultata bassa su tutti gli episodi di otite (6-7%). Per quanto riguarda le otiti, i dati sono leggermente migliori se si considerano gli episodi recidivanti (9-22%).Gli altri dati disponibili sono più ottimistici ma hanno meno corrispondenza con il reale impatto della vaccinazione, come la riduzione delle sole otiti da P. (34%) o delle otiti causate dai soli sierotipi contenuti nel vaccino (57 - 65%) e da quelli cross-reagenti con questi ultimi (51%). Gli aspetti relativi alla sicurezza appaiono buoni 11,13. Le reazioni più comuni sono quelle locali o comunque lievi (arrossamento, gonfiore, dolore nella sede di inoculo, febbre oltre i 38°C, irritabilità, sonnolenza, sonno agitato). Meno comunemente compaiono febbre oltre i 39°C e rash cutanei. Tra le reazioni rare (meno dello 0,1%) si hanno convulsioni ed episodi di ipotonia-iporesponsività.
Conclusioni
È evidente il grande interesse in ambito pediatrico di poter disporre di un vaccino antipneumococcico coniugato, vista la maggior frequenza e gravità delle infezioni invasive nei primi 2 anni di vita, ma la valutazione dell'appropriatezza del suo utilizzo nel nostro paese, sia a questo scopo che per la prevenzione delle otiti medie, richiede attenta riflessione. Negli Stati Uniti, come abbiamo visto, i sierotipi che con maggior frequenza (80%) provocano infezioni invasive sono i sette contenuti in questo nuovo vaccino10; in alcuni paesi dell'Europa occidentale gli stessi sierotipi risultano responsabili del 60-80% delle infezioni invasive nei bambini14. La forte variazione nella distribuzione dei sierotipi verificatasi dall'inizio degli anni 80 alla fine degli anni 90, in Spagna15, conferma però la possibilità di una loro diversa rappresentazione nel tempo. La decisione degli Stati Uniti di utilizzare questo vaccino su larga scala si è basata sull'elevata incidenza di infezioni invasive nei primi mesi di vita dovute ai sierotipi in esso contenuti e sul forte risparmio economico determinato dalla diminuzione, se pur modesta in percentuale, del numero assoluto di episodi di otite media pari a più di un milione di episodi10. Per quanto riguarda il nostro paese, invece, gli elementi attualmente disponibili non depongono a nostro avviso per l'inserimento di questo vaccino nel calendario delle vaccinazioni di massa dei nuovi nati sia esso per la prevenzione delle infezioni invasive o delle otiti medie, soprattutto a causa del costo elevato del vaccino, circa L. 75.000 a dose alle Aziende USL, pari a L. 300.000 per ogni vaccinato nel primo anno di vita. A fronte di un investimento nazionale annuo di 150 miliardi, necessario per la vaccinazione di tutti i nuovi nati, si riuscirebbe soltanto ad evitare un numero esiguo di eventi sfavorevoli (decessi o reliquati cronici), sicuramente inferiore a quello di un analogo investimento in altri settori della prevenzione. È da tener presente infatti che nella pratica, con la vaccinazione di massa non si avrebbe la certezza di riuscire a prevenire tutti i casi, per diversi motivi tra i quali:
non tutte le infezioni invasive sono causate dai sierotipi contenuti nel vaccino;
non è noto se dopo la prima o la seconda dose vi sia già protezione, o se questa inizi soltanto dopo la terza, cioè nel sesto mese di vita.
La vaccinazione dovrebbe invece essere offerta attivamente ai bambini ad altissimo rischio, in particolare quelli affetti da10,16:
immunodeficienze congenite o acquisite
anemia falciforme
asplenia funzionale o anatomica
insufficienza renale o sindrome nefrosica
condizioni associate a immunosoppressione (come trapianto d'organo o terapia antitumorale, compresa la terapia sistemica corticosteroidea a lungo termine)
malattie polmonari croniche (enfisema o fibrosi cistica, ma non asma)
fistole liquorali
diabete mellito
epatopatie croniche
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