Corticosteroidi e ulcera peptica
La controversia sul potenziale ulcerogeno dei corticosteroidi ha radici lontane. Le segnalazioni aneddotiche di casi di ulcera peptica nei pazienti trattati con corticosteroidi, susseguitesi nel tempo sin dagli anni '60, e studi non controllati hanno fatto pensare ad una relazione causale tra uso di corticosteroidi e comparsa di ulcera peptica. L'osservazione che i corticosteroidi aumentano la secrezione acida e riducono la produzione di muco da parte della mucosa gastrica, ritardando la cicatrizzazione delle lesioni indotte sperimentalmente, ha conferito plausibilità biologica alla associazione tra i due eventi. Che si tratti di un convincimento tuttora radicato lo dimostra la diffusa prescrizione profilattica di gastroprotettori (inibitori di pompa e anti-H2) che attualmente viene fatta nei pazienti che assumono steroidi orali. Solo uno studio clinico controllato, randomizzato potrebbe dimostrare, o escludere, con sicurezza la responsabilità diretta dei corticosteroidi nell'induzione dell'ulcera. L'incidenza di ulcere associate al trattamento corticosteroideo è però così bassa che, per possedere la sufficiente capacità predittiva, lo studio dovrebbe arruolare migliaia di pazienti. Uno studio siffatto risulta però improponibile, sia per gli ingenti costi organizzativi che per motivi etici (finirebbero per essere esclusi dal trattamento pazienti che ne beneficerebbero in modo certo). Nel corso degli ultimi 25 anni si sono però accumulate una serie di evidenze "solide" che consentono di fare il punto sulla situazione (vedi tabella). A partire dal 1976, alcuni importanti studi retrospettivi, tre metanalisi e due studi caso-controllo, hanno di volta in volta affrontato il problema, giungendo a conclusioni solo apparentemente non coincidenti. Se si considera infatti che l'unica metanalisi indicante un aumento del rischio non ha escluso gli studi nei quali i pazienti facevano uso anche di aspirina e altri FANS, nel loro complesso i risultati indicano in modo inequivocabile come i corticosteroidi non siano associati in modo significativo all'insorgenza di ulcere peptiche. In tutte le metanalisi e negli studi caso-controllo si è registrato un leggero incremento nella prevalenza di ulcere nei pazienti trattati, ma questo modesto effetto dei corticosteroidi, oltre che statisticamente non significativo, risulta clinicamente poco rilevante. Se anche disponessimo di un farmaco dotato di una efficacia gastroprotettiva del 100%, sulla base delle stime di rischio emerse nelle due metanalisi che hanno prodotto esiti diversi, per evitare un'ulcera dovremmo sottoporre a trattamento da 100 a 1.000 pazienti. Anche uno studio prospettico, randomizzato, controllato, di grandi dimensioni, sul misoprostolo ha escluso che tra uso cronico di corticosteroidi e comparsa di ulcere e complicazioni gastrointestinali vi possa essere una correlazione causale. Gli stessi studi confermano invece un deciso aumento di rischio (sino a 15 volte superiore rispetto alla popolazione generale) nei pazienti che assumono contemporaneamente corticosteroidi e FANS. Nelle metanalisi, la durata media del trattamento corticosteroideo è stata dì 2-3 mesi, mentre il dosaggio medio giornaliero era ricompreso tra 20 e 40 mg di metilprednisolone o equivalente. Allo stato attuale delle conoscenze si può quindi affermare che l'ulcera peptica è una complicazione rara della terapia corticosteroidea cronica e, sotto il profilo clinico, non giustifica l'adozione di trattamenti profilattici con citoprotettori o antisecretivi, tranne nel caso in cui i pazienti stiano assumendo contemporaneamente un FANS in modo cronico.
Bibliografia
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