Introduzione
Gli antinfiammatori non steroidei (FANS) sono tra i farmaci più frequentemente utilizzati in medicina e il loro numero è progressivamente cresciuto così da costituire una delle categorie terapeutiche più ricche di alternative. Si può calcolare che oggi il medico possa operare la sua scelta su oltre 20 principi attivi diversi. Appare logico perciò chiederci in base a quali criteri possono essere selezionati i FANS da impiegare nella pratica clinica e come si possano utilizzare al meglio. Questo articolo cercherà di rispondere a tali domande in modo soddisfacente. Parlare di impiego razionale dei FANS significa ammettere che esiste (o può esistere) un impiego "non razionale". Quest'ultimo può essere identificato in base alla discrepanza rilevabile tra ciò che viene prescritto e ciò che invece si dovrebbe prescrivere in base ad una attenta valutazione:
delle indicazioni supportate da prove di efficacia convincenti;
delle caratteristiche dei singoli composti;
delle caratteristiche del paziente cui viene prescritto il FANS;
delle modalità di impiego;
dei costi.
Purtroppo non è facile per il medico compiere una così attenta e approfondita valutazione ogni qual volta si trova a dover prescrivere un FANS. Questo per varie ragioni, ma, probabilmente, soprattutto per una mancanza di tempo per riflettere e per una imprecisa conoscenza delle problematiche che l'impiego dei FANS pone nella pratica del medico di medicina generale. Un modo efficace per riflettere e prendere coscienza dei limiti nelle nostre conoscenze può essere quello di cercare di dare una risposta ad una serie di domande, poste a noi stessi nel momento in cui prescriviamo un FANS (vediTabella 1). Così facendo le scelte tra i vari farmaci disponibili e il loro utilizzo verrebbero ricondotti in un ambito di valutazione razionale dei dati scientifici in nostro possesso.
Proviamo perciò a rispondere nel modo più preciso possibile ai quesiti più rilevanti e a ripercorrere così insieme il ragionamento clinico che sta alla base delle scelte e dell'impiego dei FANS. 1. Il farmaco è necessario?
Non deve meravigliare che il primo e più importante quesito riguardi la reale necessità della prescrizione. Infatti il ricorso al farmaco rappresenta una scelta di necessità solo quando non esistano o non siano praticabili o siano manifestamente inferiori alternative terapeutiche non farmacologiche. Infatti l'impiego di un farmaco comporta sempre un margine di rischio che, ove possibile, è bene evitare. L'esempio dell'osteoartrosi è in proposito calzante. Una gran parte delle prescrizioni di FANS si rivolge al trattamento del dolore articolare connesso a forme di osteoartrosi (anca, ginocchio, rachide, in modo particolare). Orbene, esistono dati di studi cImici controllati e indicazioni tratte da linee guida attendibili che dimostrano come, per molti pazienti che soffrono di dolore da osteoartrosi (specie quelli senza consistente componente flogistica), l'impiego di un FANS non risulta essere la prima opzione terapeutica, essendo il paracetamolo, un semplice analgesico, spesso ugualmente efficace e meglio tollerato (Tabella 2) Non solo, ma esistono in questo caso anche approcci farmacologici (fisioterapici, ortopedici) in grado di ridurre in modo consistente la necessità di ricorso immediato ai FANS. Ciò non significa pensare di poter rinunciare all'impiego dei FANS nell'osteoartrosi sintomatica, ma solo ricondurli ad un impiego più giustificabile e meno esteso con consistenti vantaggi sul piano della sicurezza d'uso. Ad esempio, la semteplice riduzione della popolazione esposta ai FANS comporterebbe una rilevante riduzione del rischio di effetti indesiderati gastrointestinali.
2. L'impiego dei FANS per "quella" indicazione è di comprovata efficacia?
La domanda è pertinente in quanto gli impieghi terapeutici dei FANS sono numerosi ma non tutte le indicazioni risultano sufficientemente documentate in termini di efficacia e/o sicurezza, configurando così un impiego non razionale. Accanto alle note indicazioni in campo reumatologico, esistono infatti tutta una serie di affezioni non reumatologiche che richiedono un trattamento con FANS. Nell'ambito di tali indicazioni può essere giudicata razionale solo la scelta prescrittiva che ha a suo sostegno dati di studi randomizzati, controllati, di ampie dimensioni e disegnati in modo corretto (vediTabella 3). Non sempre però il medico coglie appieno l'importanza di una attenta valutazione delle indicazioni. Nelle Tabelle 4 e 5 vengono forniti due esempi, uno in campo reumatologico e l'altro per altre affezioni, nei quali appare chiara la diversità di documentazione di efficacia e/o sicurezza dei FANS utilizzati a scopo analgesico antinfiammatorio. I due esempi documentano in modo chiaro come ai fini di un utilizzo razionale dei FANS risulti indispensabile una conoscenza dei dati di supporto delle singole indicazioni e una capacità di formulare una diagnosi clinica il più possibile precisa. 3. Quale tra i numerosi FANS disponibili scegliere e perché?
I principali criteri da seguire nello scegliere uno tra i numerosi composti disponibili sono schematicamente riassunti nella Tabella 6. Esaminiamo innanzitutto quelli relativi alle caratteristiche del farmaco, consistenti essenzialmente in una attenta valutazione del rapporto efficacia / tossicità. Esiste ormai una convincente documentazione sul fatto che i FANS vadano considerati tra loro sostanzialmente equivalenti per efficacia quando utilizzati per indicazioni analoghe e con dosi "equivalenti". Le differenze "statisticamente significative" riscontrabili in molti studi di piccole dimensioni per alcuni parametri di valutazione sono quasi sempre casuali e clinicamente non rilevanti. Ciò non deve però fare dimenticare che alcuni FANS sono molto meglio documentati di altri sul piano clinico e questa caratteristica può e deve essere tenuta in considerazione per stabilire una priorità di scelta. Ad esempio, pochi sono i FANS che presentano una documentazione di efficacia adeguata nell'artrite reumatoide giovanile (es. ibuprofene, diclofenac, naproxene) o in campo pediatrico (ibuprofene) o nel trattamento delle coliche biliari e/o renali (es. diclofenac, ketoprofene) mentre per quasi tutti i composti esiste una documentazione d'efficacia nell'impiego "come analgesici" in pazienti con osteoartrosi. Va infine ricordato come esista (anche se non ben documentata) la possibilità che un paziente affetto da osteoartrosi o da artrite reumatoide possa non rispondere al trattamento con un FANS e rispondere positivamente alla terapia con FANS diverso. Tale variabilità di risposta individuale non è ben spiegabile ma può giustificare il medico a scegliere due o tre FANS da utilizzare nella sua pratica clinica. Tutto ciò considerato, appare evidente come sarà la disponibilità di una convincente documentazione specifica per "quella" precisa indicazione a costituire un importante criterio di scelta.
Più rilevante, sempre ai fini di una scelta preferenziale, risulta essere il profilo di tollerabilità dei vari FANS. Quanto importante possa essere questo criterio è intuibile dal solo considerare la Tabella 7 che elenca i FANS ritirati dal commercio per il loro rapporto efficacia / tossicità ritenuto sfavorevole.
I principali effetti indesiderati dei FANS sono ricompresi in due gruppi in rapporto al loro meccanismo fisiopatologico e interessano quasi tutti gli organi ed apparati (vedi Tabella 8). Essendo gli effetti di tipo A correlati al meccanismo di azione dei FANS (inibizione delle cicloossigenasi) essi vanno considerati come effetti di classe, cioè caratteristici di tutti i FANS. Essi sono sicuramente più frequenti di quelli di tipo B ma, ove riconosciuti per tempo, sono anche più facilmente prevedibili e quindi in parte prevenibili. In questi ultimi 2-3 anni il concetto di "effetti di classe", sopratutto per quanto attiene la tossicità gastrointestinale e renale, è stato rimesso in discussione. La scoperta di due differenti ciclo-ossigenasi (Cox 1 e Cox 2), una costitutiva e l'altra inducibile, ha infatti aperto la strada a nuovi FANS potenzialmente meno "tossici": i "Cox 2 selettivi" o "Cox 1 sparing drug". Il bollettino ha già trattato estesamente l'argomento e ad esso rimandiamo chi volesse entrare più nel dettaglio del problema. Basterà qui ricordare come i farmaci Cox 2 selettivi (celecoxib e rofecoxib) si sono dimostrati meno gastrolesivi degli altri FANS ove valutati comparativamente in base ai riscontri endoscopici gastroduodenali (presenza di ulcere e/o erosioni). Questo dato, pur rilevante, non può però essere considerato un parametro completamente affidabile di valutazione della migliore tollerabilità gastrica di questi nuovi farmaci, essendo noto come non ci sia una stretta correlazione tra quadro endoscopico (ulcere/erosioni) e complicanze (perforazione, sanguinamento e ostruzione pilorica) e tra sintomi soggettivi e lesioni endoscopiche. L'endoscopia cioè non può essere considerata parametro surrogato nella valutazione comparativa della gravità della gastropatia da FANS indotta dai vari composti. E' l'incidenza delle complicanze sopra descritte (ulcere complicate) che deve essere valutata.
Del tutto recentemente sono stati presentati i risultati di alcuni studi sufficientemente ampi e dal disegno sperimentale accettabile che mostrano come i Cox 2 selettivi possano ridurre anche l'incidenza delle gravi complicazioni. I dati non sono tali da indurre a ritenere che questi nuovi farmaci siano privi di rischio di tossicità gastrointestinale ma probabilmente avvalorano il suggerimento di un loro impiego preferenziale nei pazienti a maggior rischio (vedi Tabella 9). Si rimane in attesa della pubblicazione di questi dati prima di esprimere un giudizio più preciso. Del tutto diverso il quadro riguardante la nefrotossicità. I Cox 2 selettivi non differiscono dai comuni FANS sotto questo aspetto e quindi nel loro impiego vanno predisposte tutte le cautele idonee a ridurre tale tossicità. Potenzialmente rilevante è invece l'assenza di attività antipiastrinica dei Cox 2 selettivi. Ciò può sicuramente portare ad un minor rischio emorragico anche se non è del tutto escludibile un aumentato rischio tromboembolico, come si è rilevato in alcuni studi di confronto tra FANS comuni (es. naproxene) e Cox 2 selettivi. Va infine precisato come anche la scelta tra i comuni FANS possa e debba utilizzare il parametro tossicità gastrointestinale grave quale criterio di scelta dei vari composti. Vi sono infatti dati incontestabili, provenienti da studi epidemiologici, che i FANS non sono tutti uguali sotto l'aspetto della gastrolesività. La Tabella 10 illustra in merito i risultati dei due studi più importanti. Non è chiara la ragione di tale diversità ma probabilmente i fattori in gioco sono più di uno: sia la tossicità intrinseca che la dose usualmente impiegata giocano probabilmente un ruolo importante. Comunque la scelta sulla base della minore gastrolesività non dovrebbe lasciare dubbi di sorta nell'indicare alcuni FANS (es. ibuprofen) come preferibili. Purtroppo i dati di prescrizione non sembrano essere coerenti con questa indicazione. Sulla base di quanto sin qui detto, appare chiaro come l'attenta valutazione del rapporto di efficacia/tossicità costituisca il criterio di scelta fondamentale tra i vari FANS; guardare solo alle caratteristiche del farmaco non garantisce tuttavia una scelta sufficientemente accurata. Infatti il tipo di paziente cui è destinata la prescrizione può modificare tale valutazione in modo sostanziale suggerendo l'opportunità o di evitare del tutto la prescrizione di un FANS o di utilizzare un dosaggio e una durata di terapia particolarmente bassi. Di qui il quesito successivo.
4. Quali fattori di rischio per effetti indesiderati presenta il paziente?
Per le due più frequenti e clinicamente rilevanti forme di tossicità da FANS, cioè quella gastrointestinale (ulcera complicata da emorragia, perforazione e otruzione pilorica) e quella renale (insufficienza renale funzionale) conoscono con sufficiente precisione i fattori in grado di influenzarne frequenza e gravità (vedi Tabelle 9 e 11). Il non tenere nella dovuta considerazione questi fattori di rischio costituisce uno degli errori più frequenti nella pratica quotidiana. Talora sarà necessario accettare di correre un qualche rischio (ad esempio utilizzare un dosaggio elevato o impiegare il farmaco in un paziente anziano o già in trattamento con corticosteroidi, con diuretici o con aspirina) ma, in questi casi, andrà posta la massima attenzione per cogliere per tempo le prime avvisaglie di un effetto indesiderato grave oppure, e qui si introduce la domanda successiva, si metteranno in atto, ove possibile, tutte le precauzioni idonee a contenere l'entità del rischio.
5. Quali precauzioni adottare per ridurre il rischio?
La Tabella 12 riassume sinteticamente i limiti degli approcci preventivi. Appare ovvio come l'approccio preventivo più efficace sia semplicemente quello di ridurre l'esposizione ai FANS della popolazione dei pazienti. Ricondurre cioè l'utilizzo dei FANS alle sole indicazioni di comprovata efficacia e laddove non vi siano alternative terapeutiche migliori. Un aspetto peculiare dell'approccio preventivo è rappresentato però anche dalla possibilità di attuare una prevenzione farmacologica del danno gastrointestinale da FANS. La "gastroprotezione" con farmaci antisecretori (H2 bloccanti o inibitori della pompa protonica o isoprostol) è prassi assai diffusa e probabilmente largamente abusata. L'obiettivo di un impiego profilattico di tali farmaci nei pazienti in trattamento con FANS è infatti quello di ridurre le gravi complicanze (emorragia e perforazione e ostruzione pilorica) conseguenti al loro impiego. Per fortuna dette complicanze sono rare (stimate in 0,4-1,2% pazienti/anno) e v'è ampio consenso che una profilassi farmacologica gastroprotettiva sia da riservare solo ai pazienti ad "alto rischio". Infatti la opportunità di intervenire farmacologicamente per prevenire il grave danno gastrointestinale deve tenere conto dell'entità del rischio del singolo paziente. Infatti se fossimo, a mò di esempio, in presenza di un farmaco in grado di prevenire una grave complicazione nel 50% dei pazienti che ne fanno uso, il numero dei pazienti da trattare per evitare uno di tali eventi (NNT) sarà notevolmente diverso a seconda del rischio stimato per detti eventi. Cioè se il rischio stimato è di 0,4% eventi gravi/anno (basso rischio) l'NNT sarebbe di 500, mentre se il rischio è più elevato (es. 5% eventi gravi/anno, "alto rischio") sarebbe di 40. Una differenza sicuramente rilevante sia sul piano clinico che economico. Premesso quindi che una profilassi farmacologica può essere utile purché commisurata alla entità del rischio di incorrere in gravi complicanze (ulcere complicate), si tratta di chiederci quale forma di profilassi è risultata efficace in base a studi clinici randomizzati. Tra i farmaci già menzionati il solo misoprostol può essere considerato efficace essendo in grado di ridurre l'incidenza delle gravi complicazioni. Purtroppo il farmaco è mal tollerato e molti pazienti interrompono il trattamento per i nuovi effetti indesiderati. Gli H2 bloccanti, anche se utilizzati in modo estensivo non risultano invece efficaci mentre una alterativa al misoprostol potrebbe essere rappresentata dagli inibitori della pompa protonica, meglio tollerati. Va sottolineato però come questi ultimi farmaci siano in grado di ridurre solo l'incidenza di ulcere endoscopicamente documentate rispetto al placebo, ma manchino di dati che dimostrino la loro capacità di ridurre l'incidenza delle complicazioni, manchino cioè l'obiettivo clinicamente più rilevante. In conclusione una scelta razionale di profilassi farmacologica si basa sull'impiego del misoprostol (o degli inibitori della pompa protonica) in seconda istanza, pur con tutti i dubbi espressi, e va riservata ai pazienti ad alto rischio (vedi Tabella 9). Tra i pazienti ad alto rischio andrebbero probabilmente inclusi anche i pazienti già in trattamento con ASA per la prevenzione secondaria di eventi cardio o cerebrovascolari, anche se mancano in proposito studi epidemiologici convincenti. Non trova indicazione invece nei pazienti che fanno uso di Cox 2 selettivi e risulta molto discutibile nei pazienti a basso rischio.
6. Quale la dose, la durata e le modalità di somministrazione ottimali?
Sono aspetti rilevanti di una scelta prescrittiva razionale.
La dose deve essere quella più bassa che risulti efficace. Questo perché, come già ricordato, v'è un rapporto dose/tossicità sia per quanto attiene il danno gastrointestinale (vedi Tabella 10) che per quanto riguarda la tossicità renale.
La durata ovviamente seguirà lo stesso criterio cercando di limitarla al periodo più breve possibile. Per alcune indicazioni però (es. artrite reumatoide) questo non è attuabile e va ricordato come "il rischio" di tossicità gastrointestinale non si riduca col tempo come da alcuni sostenuto; manchi cioè un fenomeno di adattamento mucosale. Non solo, ma vi sono alcuni dati che suggeriscono la possibilità di comparsa di una insufficienza renale cronica con terapie che si prolungano per molti anni.
Particolare attenzione va posta alle modalità d'uso. Come per tutti i farmaci, ovviamente, anche per i FANS andranno considerate tutte le controindicazioni, awertenze d'uso, effetti indesiderati ed interazioni. Ma in modo particolare va caldeggiato l'impiego prudente e il più limitato possibile della via di somministra-zione parenterale, gravata anch'essa dagli stessi effetti gastrolesivi della via orale e più problematica per la potenziale nefrotossicità. Facilmente il paziente tende ad abusarne e spesso la dose cumu-lativa giornaliera supera i livelli di soglia di sicurezza.
7. Cosa fare se il trattamento è inefficace o mal tollerato?
Se il trattamento risulta inefficace la prima cosa da fare è chiedere se l'indicazione per la quale utilizziamo il farmaco è appropriata. Ove la risposta fosse affermativa si può fare un tentativo ulteriore con un altro FANS a dosaggio massimale. Se anche questo tentativo risultasse inutile, va modificata la strategia terapeutica complessiva. Se invece il trattamento, pur efficace, risulta mal tollerato, si aprono diverse opzioni. Ovviamente il farmaco va sospeso subito in presenza di un evento grave o comunque ricompresso fra quelli di tipo B (veditabella precedente). Se l'effetto indesiderato riguarda la tollerabilità gastrointestinale (dispepsia, dolore epigastrico, pirosi) si può provare a cambiare farmaco, ma qualora i sintomi persistessero, fossero particolarmente gravi o si trattasse di un paziente ad alto rischio, in queste evenienze sarà opportuna una sospensione della terapia e la valutazione della presenza di un'ulcera sintomatica. L'impiego a scopo sintomatico di antiacidi o antisecretivi può talora nsultare efficace ma va praticato solo nei pazienti, a basso rischio o negli altri pazienti, comunque dopo aver verificato l'assenza di una lesione ulcerativa. Conclusioni
Un impiego razionale dei FANS si basa sulla realizzazione di due presupposti principali:
una scelta accurata tra i numerosi composti disponibili, scelta che, a sua volta, si deve basare su una valutazione critica dell'efficacia e della tollerabilità del farmaco;
la conoscenza approfondita delle modalità d'impiego corrette, conoscenza che deve essere trasferita nella pratica clinica quotidiana.
Purtroppo detti presupposti non sono pienamente realizzati. Infatti la scelta del farmaco migliore è troppo spesso condizionata dalla spinta promozionale delle industrie farmaceutiche che spingono all'impiego dell'ultimo "nuovo" FANS e le ormai approfondite conoscenze sulle caratteristiche di efficacia tollerabilità e sulle corrette modalità d'uso, disponibili nella letteratura scientifica, sono spesso trascurate o addirittura contraddette. Non si spiegherebbe altrimenti il fatto che, del tutto recentemente, sia stato ritirato dal commercio, negli USA, l'ennesimo "nuovo" FANS (bromfenac), dopo essere stato prescritto a oltre 2.500.000 pazienti per una durata superiore a quella autorizzata e così causa di grave tossiccità epatica. Né si potrebbe spiegare altilmenti l'ampia prescrizione di H2 bloccanti al fine di prevenire la gastropatia da FANS, quando tale approccio è manifestamente inadeguato o l'impiego pressoché generalizzato di una profilassi farmacologica con misoprostol (o inibitori della pompa protonica) che andrebbe invece riservata ai pazienti "ad alto rischio", come raccomandato da autorevoli lineeguida internazionali. Un impiego razionale dei FANS richiede pertanto il superamento degli ostacoli sopra menzionati ma ciò richiede uno sforzo comune di tutti gli interessati, i medici, i pazienti, l'industria è l'autorità sanitaria di controllo.