Sei qui: Home Page / Area farmacista / Biblioteca / Informazioni sui farmaci / Consulta la Rivista / Anno 2011 / Numero 5-6 del 2011 / Ofatumumab
Proprietà farmacologiche
Ofatumumab è un anticorpo anti-CD20 (come il rituximab) registrato dall'Agenzia Europea dei Medicinali nel trattamento dei pazienti affetti da leucemia linfatica cronica refrattari alla fludarabina e all'alemtuzumab 1. Ofatumumab è un "farmaco orfano", autorizzato con procedura definita "approvazione condizionata", a significare la limitatezza dei dati a disposizione e la necessità per la ditta produttrice a fornire ulteriori prove a dimostrazione della efficacia del farmaco.
Ofatumumab è un anticorpo monoclonale umano (IgG1) che si lega in modo specifico all'antigene CD20 espresso sui linfociti B maturi e ne causa la lisi attraverso l'attivazione della via del complemento 2. Trattandosi di una proteina, la via metabolica attesa è la degradazione a piccoli peptidi e singoli aminoacidi da parte di enzimi proteolitici ubiquitari 2.
Efficacia clinica
La leucemia linfatica cronica rappresenta la forma di leucemia più frequente negli adulti: più del 75% dei casi viene diagnosticato dopo i 60 anni. E' caratterizzata da una espansione clonale di linfociti B maturi che interessa i linfonodi e gli altri tessuti linfoidi con progressiva infiltrazione del midollo osseo e comparsa di questi elementi cellulari nel sangue periferico. L'evoluzione clinica della malattia è estremamente variabile e negli stadi più avanzati (stadiazione clinica di Binet) l'aspettativa di vita è ridotta 3. La progressione verso l'insufficienza midollare si associa ad una sopravvivenza breve. Sebbene la leucemia linfatica cronica abbia un andamento progressivo, alcuni pazienti possono rimanere asintomatici per anni; in questi casi viene generalmente adottata la strategia della vigile attesa ("watchful waiting"). Nei pazienti con sintomi (stanchezza, astenia, anoressia, perdita di peso, febbre, sudorazione notturna), lo scopo usuale del trattamento è palliativo. Il trapianto di midollo osseo rappresenta l'unico trattamento potenzialmente curativo, ma comporta rischi elevati di complicazioni fatali 3. Nel trattamento di prima linea viene generalmente impiegata la fludarabina (da sola o associata a ciclofosfamide). Se la terapia fallisce, la prognosi è infausta e la sopravvivenza mediana è di soli 6-9 mesi 3. Alemtuzumab e rituximab costituiscono possibili opzioni di seconda linea 4.
La valutazione dell'efficacia clinica di ofatumumab si basa su una analisi ad interim pianificata di uno studio di fase III in corso (la cui conclusione è prevista per marzo 2012), a braccio singolo, non randomizzato, identificato con la sigla Hx-CD20-406, realizzato su 154 pazienti con leucemia linfatica cronica non responsivi a fludarabina e alemtuzumab o non candidabili al trattamento con alemtuzumab per linfadenopatia massiva (bulky) 4.
L'analisi di efficacia ha riguardato solo 59 pazienti (dei 154 inclusi nello studio) refrattari alla terapia con fludarabina e alemtuzumab; refrattarietà veniva definita come fallimento a raggiungere almeno una risposta parziale al trattamento con fludarabina (≥ 2 cicli) e con alemtuzumab (≥ 12 dosi) o progressione della malattia entro 6 mesi dall'ultima dose di fludarabina o alemtuzumab. Ofatumumab è stato somministrato mediante 12 infusioni endovenose nell'arco di 6 mesi; dopo una dose iniziale di 300 mg, a distanza di una settimana sono stati utilizzati 2.000 mg/settimana per le 7 settimane successive; dopo 4 settimane 2.000 mg ogni 4 settimane. I 59 pazienti, in prevalenza maschi, avevano una età media di 64 anni, erano in uno stadio intermedio o avanzato di malattia (stadio B o C secondo la classificazione di Binet) e avevano ricevuto in media 5 terapie precedenti, incluso il rituximab (57%). In questi pazienti, il tasso di risposta complessivo (overall response rate), che rappresentava la misura di esito principale, è risultato pari al 58%. La durata mediana della risposta è stata di 7,1 mesi; la sopravvivenza libera da progressione (progression-free survival) 5,7 mesi e la sopravvivenza globale (overall survival) 13,7 mesi.
Nel sottogruppo di pazienti trattati precedentemente con rituximab, il tasso di risposta è stato del 54% (19 su 35); nei pazienti che presentavano anormalità cromosomiche il tasso di risposta è stato del 41% in quelli con delezione 17 p e del 63% in quelli con delezione 11 q. Nei pazienti (n=79) con linfadenopatia bulky (così definita se con almeno 1 linfonodo > 5 cm) che non avevano risposto alla fludarabina, il tasso di risposta complessivo è risultato del 47% con una sopravvivenza libera da progressione di 5,9 mesi e una sopravvivenza globale di 15,4 mesi. Nei pazienti (n=16) intolleranti o non eleggibili al trattamento con fludarabina e/o intolleranti al trattamento con alemtuzumab, il tasso di risposta complessivo è stato del 56%.
Effetti indesiderati
Nello studio clinico, nell'intera popolazione arruolata, si sono verificate reazioni da infusione nel 44% dei pazienti nel giorno della prima somministrazione (300 mg), nel 29% in occasione della seconda somministrazione e meno di frequente durante le infusioni successive 2. Le reazioni da infusione hanno incluso reazioni anafilattoidi, eventi cardiaci, brividi/rigidità, tosse, sindrome da rilascio di citochine, diarrea, dispnea, affaticamento, ipotensione e ipertensione, piressia, dolore, eruzioni cutanee e orticaria 2.
Un totale di 108 pazienti (70%) ha presentato infezioni batteriche, virali o fungine; in 45 pazienti l'infezione è stata di grado ≥ 3 e in 19 (12%) ha avuto esito fatale 2. Tra i 108 pazienti con conta dei neutrofili normale al basale, 45 (42%) hanno presentato una neutropenia di grado ≥ 3 e 19 (18%) di grado 4. Ci sono stati, inoltre, 2 casi di ostruzione intestinale.
Durante il trattamento e sino a 30 giorni dall'ultima infusione di ofatumumab, nei 59 pazienti refrattari a fludarabina e alemtuzumab si sono registrati 6 decessi: 3 causati da sepsi, 2 da polmonite e uno da sindrome di Richter.
Avvertenze
Da 30 minuti a 2 ore prima dell'infusione di ofatumumab, i pazienti devono essere pre-trattati con un corticosteroide per via endovenosa (dose equivalente a 100 mg di prednisolone), un antistaminico (dose equivalente a 10 mg di cetirizina) e un analgesico/ antipiretico (paracetamolo 1.000 mg). Se la seconda somministrazione viene completata senza una grave reazione avversa al farmaco, nelle successive la dose di corticosteroide può essere diminuita. Il pre-trattamento riduce, ma non elimina il rischio di effetti indesiderati correlati all'infusione. La velocità iniziale della prima e della seconda infusione deve essere di 12 ml/ora; durante l'infusione, la velocità deve essere raddoppiata ogni 30 minuti sino ad un massimo di 200ml/ora. Se la seconda infusione è stata completata senza gravi reazioni avverse correlate all'infusione, le restanti somministrazioni possono iniziare alla velocità di 25 ml/ora che va raddoppiata ogni 30 minuti sino ad un massimo di 400 ml/ora.
Dosaggio
La dose raccomandata è di 300 mg per la prima infusione e 2.000 mg per tutte le infusioni successive. Lo schema di trattamento è di 8 infusioni settimanali consecutive, seguite, 4-5 settimane più tardi, da 4 infusioni mensili consecutive.
Costo
Il costo di un ciclo completo di trattamento con ofatumumab (12 infusioni) è di 27.246 euro.
1. European Medicines Agency. CHMP Assessment Report for Arzerra (ofatumumab). Procedure No. EMEA/H/C/001131. London, 20 January 2010. www.emea.europa. eu.
2. Arzerra. Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto (RCP).
3. Chronic lymphocytic leukaemia. Martindale The Complete Drug Reference. Pharmaceutical Press, London. www.medicinescomplete.com.
4. Parikh SA et al. Frontline chemoimmunotherapy with fludarabine, cyclophosphamide, alemtuzumab, ad rituximab for high-risk chronic lymphocytic leukemia. Blood 2011; 118:2062-8.
5. Wierda WG et al. Ofatumumab as single agent CD20 immunotherapy in fludarabine-refractory chronic lymphocytic leukemia. J Clin Oncol 2010; 28:1749-55.
Data di Redazione 12/2011
Ofatumumab è un anticorpo monoclonale anti-CD20 . Nei pazienti con leucemia linfatica cronica in progressione dopo diverse linee di trattamento (comprendenti fludarabina, alemtuzumab e rituximab) rappresenta un'ultima possibile risorsa terapeutica, gravata però da rischi importanti.