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Proprietà farmacologiche
Denosumab è il primo rappresentante di una nuova classe di farmaci dotati di attività anti-osteoclastica. E' stato registrato tramite procedura centralizzata europea nel trattamento dell'osteoporosi in donne in post-menopausa e della perdita ossea associata a terapia di deprivazione androgenica in uomini con cancro prostatico 1. Negli Stati Uniti, l'unica indicazione approvata del denosumab è il trattamento dell'osteoporosi menopausale: la FDA ha infatti respinto la richiesta di registrazione del farmaco nel trattamento della perdita ossea in pazienti in trattamento ormonale ablativo e nella prevenzione della perdita ossea in donne con carcinoma mammario 2.
Denosumab è un anticorpo monoclonale umano (IgG2) diretto contro il RANKL (receptor activator of nuclear factor kappa B) al quale si lega con elevata affinità e specificità, prevenendo l'attivazione del suo recettore, RANK, presente sulla superficie degli osteoclasti e dei loro precursori 1,3. Il blocco della interazione tra RANKL e RANK inibisce la formazione, la funzionalità e la sopravvivenza degli osteoclasti, riducendo in tal modo il riassorbimento osseo sia a livello corticale che trabecolare 1,3.
Dopo somministrazione sottocutanea, le concentrazioni plasmatiche di denosumab raggiungono il massimo in 10 giorni e rimangono sufficientemente elevate da inibire il riassorbimento osseo per almeno 6 mesi 3. Dopo 9 mesi dall'ultima iniezione, i marcatori del turnover osseo raggiungono i livelli pre-trattamento 3.
Efficacia clinica
Osteoporosi postmenopausale
Verso placebo Uno studio controllato, in doppio cieco, della durata di 3 anni, ha incluso 7.868 donne in postmenopausa, di età compresa tra 60 e 90 anni, con ridotta densità minerale ossea (valori di T-score della colonna lombare e del collo femorale compresi tra -2,5 e -4), un quarto circa delle quali aveva una storia di fratture vertebrali 4. Le donne sono state randomizzate a denosumab 60 mg per via sottocutanea ogni 6 mesi o a placebo; la misura di esito principale era rappresentata dalle nuove fratture vertebrali, sia cliniche (sintomatiche) che morfometriche (rilevabili solo radiograficamente). End point secondari erano le fratture non vertebrali e di femore. Le donne con altre patologie o in trattamento con terapie in grado di influenzare il metabolismo osseo (es. bifosfonati) sono state escluse. Nel corso dello studio, tutte le pazienti hanno ricevuto una supplementazione di calcio (≥ 1 g/die) e vitamina D (≥ 400 UI/die). Dopo 3 anni, denosumab ha ridotto significativamente rispetto al placebo l'incidenza di nuove fratture vertebrali (totali 2,3% vs 7,2%; sintomatiche 0,8% vs 2,6%), di femore (0,7% vs 1,2%) e non vertebrali (6,5% vs 8,0%).
Verso acido alendronico Uno studio randomizzato, in doppio cieco, ha confrontato il denosumab (60 mg per via s.c. ogni 6 mesi) con l'acido alendronico (70 mg per via orale ogni settimana) in 1.189 donne con osteoporosi postmenopausale e T score del collo femorale e lombare inferiori a - 2 5. Dopo 12 mesi, denosumab si è dimostrato statisticamente superiore all'alendronato nell'aumentare la densità minerale ossea (end point primario) in varie sedi scheletriche, ma le fratture cliniche (rilevate come eventi avversi) non hanno avuto una incidenza diversa tra i due gruppi (4% con denosumab vs 3,2% con alendronato).
Un altro studio in doppio cieco ha incluso 504 donne con osteoporosi postmenopausale (valori di T-score compresi tra -2 e - 4) trattate con acido alendronico per almeno 6 mesi 6. Tutte le donne hanno assunto 70 mg di acido alendronico una volta alla settimana per un mese dopodiché sono state randomizzate ad alendronato o a denosumab (60 mg per via s.c. ogni 6 mesi). Dopo 12 mesi, il passaggio a denosumab è stato più efficace nell'incrementare la densità minerale ossea rispetto al proseguimento della terapia con acido alendronico (BMD del collo femorale + 1,90% vs + 1,05%), ma l'incidenza delle fratture cliniche (anche in questo caso registrate tra gli effetti indesiderati) non è risultata statisticamente differente nei due gruppi (3,2% con denosumab vs 1,6% con alendronato).
Non sono disponibili studi che abbiano confrontato l'efficacia di denosumab nella prevenzione delle fratture con quella di qualsiasi bifosfonato orale o parenterale.
Trattamento della perdita ossea in pazienti con cancro prostatico
Uno studio randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo, ha arruolato 1.468 pazienti (di età compresa tra 48 e 97 anni) con cancro della prostata non metastatico in trattamento con terapia ormonale ablativa e con aumentato rischio di frattura, definito come età >70 anni o <70 anni con T-score inferiore a -1 a livello della colonna vertebrale, del collo femorale o pregressa frattura osteoporotica (20% dei pazienti) 7. Tutti i pazienti assumevano quotidianamente almeno 1g di calcio e 400 UI di vitamina D. Rispetto al trattamento con placebo, denosumab (60 mg s.c. ogni 6 mesi) ha incrementato in misura statisticamente significativa la densità minerale ossea in tutti i siti scheletrici misurati a 3 anni, del 7,9% a livello della colonna vertebrale, del 5,7% a livello del femore totale e del 4,9% a livello del collo femorale (misure di esito principali). L'incidenza cumulativa di tutte le fratture (7,2% con denosumab vs 5,2% con placebo) è invece risultata statisticamente non differente. L'incidenza di fratture vertebrali rilevate tramite radiografia programmata è stata più bassa con denosumab (1,5% vs 3,5%), ma il report dello studio non indica se questa riduzione si sia tradotta in un minor numero di fratture cliniche.
Effetti indesiderati
Il profilo di sicurezza del denosumab deriva dall'analisi dei dati relativi a circa 13.000 pazienti, quasi 11.000 dei quali rappresentati da donne con osteoporosi postmenopausale, 252 da donne con tumore del seno e da 1.468 da uomini con cancro della prostata 1. Denosumab è un anticorpo monoclonale e come tale può avere un impatto negativo sul sistema immunitario aumentando il rischio di infezioni e tumori.
Infezioni In uno studio di prevenzione dell'osteoporosi (n=332 donne), le infezioni che hanno richiesto l'ospedalizzazione sono state più frequenti nel gruppo denosumab che in quello placebo (4,9% vs 0,6%) 1. In un altro studio di definizione della dose (n=406), le infezioni richiedenti l'ospedalizzazione hanno interessato il 3,2% dei pazienti trattati con denosumab contro nessuno dei pazienti trattati con placebo o alendronato 1. Complessivamente, l'incidenza di infezioni gravi è risultata del 4,3% con denosumab contro 3,4% con placebo. Nella maggior parte dei casi, le infezioni si sono manifestate a distanza di 6-12 mesi dalla prima somministrazione di denosumab e sono consistite principalmente in polmoniti, infezioni del tratto urinario, celluliti, appendiciti e diverticoliti 1 (nei pazienti oncologici in terapia di deprivazione androgenica, l'incidenza di diverticolite è stata 1,2% con denosumab e 0% con placebo) 7. In nessuno degli studi si è osservato un aumento delle infezioni opportunistiche.
Tumori La potenziale cancerogenicità non è stata valutata nell'animale sul lungo termine 3. Negli studi clinici di più ampie dimensioni realizzati in donne osteoporotiche, l'incidenza di nuovi tumori è stata 4,7% con denosumab e 4,2% con placebo. Il maggior numero di neoplasie osservate nei pazienti con cancro della prostata trattati con denosumab è stata attribuita principalmente alla maggiore incidenza di condizioni benigne non-specifiche, in particolare di tumori a cellule basali 1. Il follow up degli studi arriva ad un massimo di 3 anni, un periodo troppo breve per poter valutare il rischio di cancro. Il dato rilevato in uno studio di confronto con l'acido zoledronico (somministrati entrambi una volta al mese), effettuato su 1.190 pazienti con cancro prostatico avanzato resistente alla terapia ormonale ablativa e con metastasi ossee, non è comunque confortante 8. Dopo 3 anni, denosumab, utilizzato ad un dosaggio più alto di quello registrato (120 mg) e ad una frequenza più ravvicinata, si è associato ad una incidenza di nuovi tumori doppia rispetto a quella registrata con l'acido zoledronico (2% vs 1%) 8.
Nello studio condotto nei pazienti con cancro prostatico, i casi di cataratta sono risultati quattro volte superiori con denosumab rispetto al placebo (4,7% vs 1,2%) 7. Altri eventi avversi manifestatisi con maggiore frequenza rispetto al placebo sono stati i rash cutanei (2,9% vs 2,2%) e l'ipocalcemia (lieve e transitoria) 1.
Una valutazione della istologia ossea effettuata dopo 1-3 anni di trattamento su 237 biopsie ha dimostrato che l'architettura dell'osso è normale, senza evidenti difetti di mineralizzazione, osso lamellare o fibrosi midollare 1. I risultati delle biopsie ossee hanno indicato che denosumab provoca una più marcata riduzione degli osteoclasti e degli osteoblasti rispetto ad alendronato 1. Come altri farmaci dotati di attività anti-riassorbitiva come i bifosfonati, denosumab può causare osteonecrosi della mandibola. La maggior parte dei casi si è verificata in pazienti oncologici in stadio avanzato (nello studio di confronto diretto, l'incidenza di osteonecrosi della mandibola è stata doppia rispetto ad acido zoledronico, 2% vs 1%)8, ma alcuni casi sono stati riportati anche in donne con osteoporosi postmenopausale 1,3. Nel corsi degli studi clinici non sono stati osservati anticorpi neutralizzanti diretti verso denosumab.
Dosaggio
60 mg come iniezione sottocutanea singola ogni 6 mesi.
Costo
Il costo di un trattamento annuo con denosumab (60 mg ogni 6 mesi) è di 625 euro. Un analogo trattamento con farmaci impiegati in alternativa all'alendronato orale ha un costo di 660 euro con lo stronzio ranelato (2 g per os/die) e di 445 euro con il raloxifene (60 mg per os/die).
1. The European Medicines Agency (EMA) CHMP Assessment Report for Denosumab (Prolia). 18/03/2010, EMEA/HC/001120. www.emea.europa.eu.
2. "Amgen catches a break with early US FDA approval of Pratio" 2 June 2010. www.scriptintelligence.com.
3. Prolia. Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto (RCP).
4. Cummings SR et al. Denosumab for prevention of fractures in postmenopausal women with osteoporosis. N Engl J Med 2009; 361:756-65.
5. Brown JP et al. Comparison of the effect of denosumab and alendronate on bone mineral density and biochemical markers of bone turnover in postmenopausal women with low bone mass: a randomized, blinded, phase 3 trial. J Bone Miner Res 2009; 24:153-61.
6. Kendler DL et al. Effects of denosumab on bone mineral density and bone turnover in postmenopausal women transitioning from alendronate therapy. J Bone Miner Res 2010; 25:72-81.
7. Smith MR et al. Denosumab in men receiving androgen-deprivation therapy for prostate cancer. New Engl J Med 2009; 361:745-55.
8. Fizazi K et al. Denosumab versus zoledronic acid for treatment of bone metastases in men with castration-resistant prostate cancer: a randomized, doubleblind study. Lancet 2011; 377:813-22.
Data di Redazione 12/2011
Il denosumab è un anticorpo monoclonale che bloccando la formazione degli osteoclasti e riducendo il riassorbimento osseo aumenta la densità minerale ossea. Iniettato per via sottocutanea ogni 6 mesi, si è dimostrato superiore al placebo nel ridurre l'incidenza di fratture in donne osteoporotiche in post-menopausa, ma non si sa come si rapporti in termini di efficacia preventiva e sicurezza con i bifosfonati, farmaci di riferimento in questa indicazione. Inoltre, le incognite sui rischi di infezioni gravi e di cancro (legati alla interferenza negativa sul sistema immunitario) e l'assenza di vantaggi nei confronti delle alternative ai bifosfonati lo relegano a ultima risorsa terapeutica in caso di intolleranza o fallimento delle terapie consolidate attualmente disponibili.
I possibili benefici clinici nei pazienti con cancro della prostata in terapia ablativa androgenica non sono documentati: dopo 3 anni di trattamento denosumab non riduce l'incidenza di fratture cliniche e ha un profilo di tollerabilità peggiore dei bifosfonati (anche per quanto riguarda l'incidenza di osteonecrosi della mandibola).