E' utile praticare la profilassi antibiotica nei portatori di diverticoli per la prevenzione della diverticolite?
Mauro Miselli
La diverticolosi è una condizione di frequente riscontro nei paesi industrializzati.
La prevalenza della malattia aumenta con l'aumentare dell'età: probabilmente più del 50% degli anziani ne è affetto, anche se solo una minoranza (20% circa) manifesta il quadro clinico caratteristico.
Lo sviluppo dei diverticoli è presumibilmente correlato ad uno spasmo della muscolatura intestinale; il conseguente aumento della pressione determina una estrusione della mucosa nei punti più deboli della mucosa stessa (zone di penetrazione delle piccole arterie).
Nei pazienti asintomatici, nei quali la presenza di diverticoli sia stata rilevata casualmente all'esame endoscopico o radiografico, non esistono ragioni che in qualche modo giustifichino l'adozione di provvedimenti terapeutici né la necessità di un follow-up particolare. I pazienti sintomatici in genere lamentano disturbi addominali non specifici come crampi e gonfiore, talora accompagnati da stitichezza e diarrea.
In alcuni casi il dolore localizzato nel quadrante inferiore dell'addome, più spesso sul lato sinistro, risulta aggravato dall'assunzione di alimenti e alleviato dalla defecazione o dalla espulsione di gas intestinali. Per definizione questi pazienti non manifestano sintomi acuti intensi e protratti nè segni di infiammazione e di infezione come febbre o neutrofilia, indicanti l'esistenza di una diverticolite. Quest'ultima rappresenta una evenienza temuta, anche se rara: a causa della ritenzione di feci nel sacco diverticolare si possono infatti verificare una erosione e una infiammazione/infezione secondarie con le complicanze correlate (perforazione, ascesso, peritonite, fistole e sanguinamento).
In questi casi si deve "trattare" necessariamente l'infezione con un antibiotico, per via orale (nei pazienti meno gravi) o per via endovenosa.
In numerosi studi non controllati, una dieta ricca di fibre è stata in grado di produrre un miglioramento soggettivo dei sintomi intestinali nei pazienti portatori di diverticoli del colon.
Tuttavia, la mancanza di un gruppo di controllo trattato con placebo rende questi risultati poco affidabili. I due soli studi controllati, randomizzati, in doppio-cieco, della durata rispettivamente di 3 e 4 mesi1-2, che hanno valutato l'utilità di una dieta ricca di fibre vegetali (crusca in particolare) sono arrivati a conclusioni discordanti: alla attenuazione dei disturbi registrata nel primo studio ha fatto seguito una efficacia analoga al placebo nel secondo. Comunque, sulla base dell'osservazione che l'assunzione di alimenti troppo raffinati e poveri di scorie può costituire un fattore predisponente all'insorgenza della diverticolosi, è prassi comune consigliare una dieta ad elevato contenuto di fibre.
La raccomandazione, pur in presenza di dati non univoci, appare ragionevole anche in virtù dei potenziali benefici ottenibili in termini di salute generale3. Nessuno studio clinico controllato ha dimostrato l'utilità dei farmaci antispastici (anticolinergici) nel ridurre i sintomi intestinali3.
Sulla possibilità di prevenire la comparsa di episodi di diverticolite o le sue complicanze con l'impiego profilattico di antibiotici non assorbibili (es. neomicina, neomicina+bacitracina, paromomicina, rifaximina) non esistono studi clinici adeguati.
Il farmaco più frequentemente prescritto a questo scopo è la rifaximina. Nell'unico studio controllato, in doppio-cieco, condotto su 168 pazienti con diverticoli, la rifaximina, somministrata al dosaggio di 400mg x2/die per 7 giorni al mese e associata ad una dieta integrata con fibre vegetali (2g/die di glucomannano) ha comportato un miglioramento significativo dei sintomi addominali (gonfiore e dolore) rispetto al placebo (68,9% vs 39,5%)4.
Un altro studio pubblicato si riferisce ad una "esperienza" clinica personale di alcuni medici della ditta produttrice di una specialità a base di rifaximina e va pertanto considerato un contributo puramente aneddotico5.
Il terzo è uno studio retrospettivo effettuato su una coorte di pazienti portatori di diverticoli, ricoverati una prima volta in ospedale per una complicazione acuta. I pazienti non sottoposti originariamente ad intervento chirurgico sono stati divisi in due gruppi, quello dimesso con la prescrizione di un antibiotico orale non assorbibile (neomicina + bacitracina, paromomicina o rifaximina) da assumere ciclicamente (una settimana al mese), l'altro dimesso senza prescrizione. Lo studio ha seguito la storia naturale dei pazienti nell'arco di 25 anni, valutando nel corso del tempo l'incidenza di nuove complicazioni della diverticolosi nei due diversi gruppi.
Nei pazienti trattati con un antibiotico si è osservato un "trend statisticamente significativo" (!) a favore della riduzione del rischio di nuovi ricoveri in ospedale6. Sotto il profilo strettamente metodologico, per poter contare su informazioni più solide si dovrebbero impostare studi controllati, randomizzati, prospettici che però partano da un presupposto teorico plausibile. La "sterilizzazione" dell'intestino con impiego di antibiotici non assorbibili dovrebbe trovare la sua giustificazione nel fatto che l'eliminazione dei batteri possa prevenire la diverticolite e le complicanze ad essa associate. Una simile ipotesi necessiterebbe, tra l'altro, di un utilizzo a lungo termine o a tempo indefinito di antibiotici; appare infatti altamente improbabile pensare di poter "sterilizzare" l'intestino con una terapia antibatterica ciclica. Poiché, tuttavia, non è la presenza di batteri a causare lo sviluppo dei diverticoli né la diverticolite, ma è la rottura della barriera mucosa di uno o più diverticoli, dovuta a vari fattori, non esiste il razionale per questo approccio terapeutico, né ovviamente per la realizzazione di studi adeguati. E', semmai, la rottura della mucosa che va prevenuta, quando possibile, con le misure dietetiche citate in precedenza. Inoltre, l'impiego cronico, sia pure intervallare, di antibiotici comporta inevitabilmente un rischio elevato di comparsa di resistenze batteriche con potenziale danno aggiuntivo per il paziente nel caso in cui dovesse verificarsi una complicanza infettiva.
A questa carenza di conoscenze "evidence based", nel nostro paese fa tuttavia riscontro la diffusa pratica di prescrivere gli antibiotici non assorbibili, a cicli di trattamento (una settimana al mese) nei pazienti con diverticolosi sintomatica. Tale approccio terapeutico non solo risulta poco giustificabile od addirittura potenzialmente dannoso, ma non viene neppure menzionato nelle più recenti, e autorevoli, linee guida dell'American College of Gastroenterology sulla malattia diverticolare3.
Bibliografia 1. Brodribb AJM. Treatment of symptomatic diverticular disease with a high fibre diet. Lancet 1977; 1: 664-5. 2. Ornstein MH et al. Are fiber supplements really necessary in diverticular disease of the colon? A controlled clinical trial. BMJ 1981; 282: 1353-6. 3. Stollman NH et al. On behalf of the Practice Parameters Committee of the American College of Gastroenterology. Diagnosis and management of diverticular disease of the colon in adults. Am J Gastroenterol1999; 94: 3110-21. 4. Papi et al. Efficacy of rifaximin in the treatment of symptomatic diverticular disease of the colon. A multicentre double-blind placebo-controlled trial. Aliment Pharmacol Ther 1995; 9: 33-9. 5. Giaccari S et al. Long-term treatment with rifaximin and lactobacilli in post-diverticulitic stenoses of the colon. Riv Eur Sci Med Farmacol 1993; 15: 29-34. 6. Porta E et al. The natural history of diverticular disease of the colon: a role for antibiotics in preventing complications? A retrospective study. Riv Eur SciMed Farmacol 1994; 16: 33-9.