Indicazioni approvate: Monoterapia di prima linea del tumore del colon-retto metastatico. In associazione con docetaxel, per il trattamento di pazienti con tumore mammario localmente avanzato o metastatico dopo fallimento della chemioterapia citotossica. La precedente terapia deve avere incluso un'antraciclina. In monoterapia per il trattamento di pazienti con tumore mammario localmente avanzato o metastatico dopo fallimento di un regime chemioterapico contenente taxani e un'antraciclina o per le quali non è indicata un'ulteriore terapia con antracicline.
Il 5-fluorouracile (5-FU), associato al calcio folinato, rappresenta il trattamento di prima scelta del tumore del colon-retto metastatizzato (aumenta la sopravvivenza mediana di circa 4-6 mesi rispetto alla miglior terapia di supporto). A causa della marcata variabilità interindividuale nell'assorbimento orale, il 5-FU può essere somministrato solo per via endovenosa. La capecitabina è un profarmaco che, dopo assunzione orale, viene trasformato per via enzimatica in 5-FU dalla timidina fosforilasi, maggiormente espressa nelle neoplasie solide rispetto ai tessuti normali. Due studi randomizzati, in aperto, condotti su 1.207 pazienti, hanno confrontato la capecitabina (1.250mg/m2 due volte al giorno per 14 giorni ogni 3 settimane) con l'associazione tra 5-FU (Fluorouracile Teva) e calcio folinato (es. Lederfolin) somministrata secondo il protocollo Mayo Clinic [5-FU (425mg/m2) + calcio folinato (20mg/m2) in bolo endovenoso per 5 giorni consecutivi ogni 4 settimane], dimostrando una sostanziale sovrapponibilità tra i due trattamenti in termini di tempo progressione della malattia (4,7 mesi vs. 4,8) e durata della sopravvivenza mediana (13,1 mesi per entrambi). La capecitabina, a fronte di una minore propensione a causare neutropenia grave (0,7% vs. 7,3%) ha però comportato un maggior numero di casi di eritrodisestesia palmo-plantare (desquamazione dolorosa delle mani e dei piedi, 17,1% vs. 0,5%) e iperbilirubinemia grave (27,3% vs. 8,3%). L'incidenza di diarrea grave è risultata simile coi due trattamenti (12-13%). Circa la migliore tollerabilità ematologica della capecitabina, va detto che il protocollo Mayo è stato largamente sostituito dal Gramont (infusione continua di 5-FU per 2 giorni ogni 2 settimane) che, oltre ad essere superiore in termini di progressione della malattia e regressione del tumore, riduce consistentemente l'incidenza di danni ematologici. L'aggiunta di calcio folinato alla capecitabina non sembra migliorare la risposta tumorale né ritardare la progressione della malattia.
Nei pazienti con carcinoma colon-retto metastatizzato che presentano particolari difficoltà nella somministrazione endovenosa del 5-FU o che preferiscono il trattamento domiciliare, la capecitabina può rappresentare una opzione terapeutica. Occorre, tuttavia, tener conto dell'elevato numero di compresse che si rendono necessarie: un paziente alto 1,70 m e con un peso di 65 Kg (1,7m2) deve assumere 10 compresse al giorno per 14 giorni ogni 3 settimane. La capecitabina non è stata confrontata con l'associazione tegafur+uracile orale, che, sulla base dei dati disponibili, ha la stessa efficacia, ma presenta una casistica d'impiego più consolidata nel tempo.
Recentemente è stato registrato l'uso della capecitabina anche nel trattamento del carcinoma della mammella localmente avanzato o metastatico in associazione con docetaxel, dopo fallimento di chemioterapia citotossica con antracicline o in monoterapia, dopo fallimento di chemioterapia con taxani e un'antraciclina. L'estensione delle indicazioni è avvenuta sulla base dei risultati di uno studio di fase III, in cui 511 donne con carcinoma della mammella avanzato, precedentemente trattate con un'antraciclina, sono state randomizzate a monoterapia con docetaxel o a docetaxel + capecitabina. L'associazione ha rallentato la progressione della malattia in misura superiore rispetto alla monoterapia (tempo progressione medio 6,1 vs. 4,2 mesi) e allungato la sopravvivenza totale di 3 mesi (14,5 vs. 11,5 mesi), senza un aumento rilevante della tossicità. Mancano, tuttavia studi di confronto con altre opzioni terapeutiche, utilizzabili in alternativa alle antracicline, che ne chiariscano il reale ruolo in terapia.
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