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Proprietà farmacologicheNitisinone è il primo farmaco approvato nel trattamento della tirosinemia ereditaria di tipo 1 (HT-1)1. La registrazione da parte dell’EMA risale a più di 7 anni fa, ma in Italia il farmaco è di recente commercializzazione (in altri paesi è disponibile da anni). La HT-1 è una malattia dovuta al deficit dell’enzima fumarilacetoacetato idrolasi che rappresenta la tappa finale della degradazione metabolica della tirosina. Il nitisinone inibisce in modo competitivo la 4-idrossifenilpiruvato diossigenasi, un enzima che precede la fumarilacetoacetato idrolasi nel percorso catabolico della tirosina. Inibendo il normale catabolismo della tirosina, il nitisinone impedisce l’accumulo di intermedi maleilacetoacetato e fumarilacetoacetato che si convertono nei metaboliti tossici succinilacetone e succinilacetoacetato, dotati di proprietà alchilanti responsabili del danno epato-renale e, per il loro effetto mutageno, della degenerazione neoplastica del fegato. Il succinilacetone inibisce, inoltre, la sintesi della porfirina e provoca l’accumulo dell’acido d-aminolevulinico. Non sono stati eseguiti studi formali sull’assorbimento, la distribuzione, il metabolismo e l’eliminazione del nitisinone. In 10 volontari sani, dopo la somministrazione di una singola dose di 1mg/kg, l’emivita terminale nel plasma è stata di 54 ore2.
Efficacia clinicaLa tirosinemia di tipo 1 (HT-1) è una malattia metabolica ereditaria che ha una incidenza di circa 1:100.000 nati vivi3. Su questa base, si calcola che nel nostro paese ci siano 5 nuovi casi all’anno4. La comparsa dei sintomi avviene per lo più nel corso delle prime settimane o mesi di vita nel contesto di una grave insufficienza epatica, con ascite, ittero e manifestazioni emorragiche. In una minoranza dei pazienti (20%) la malattia si presenta in una forma cronica con segni clinici più aspecifici (vomito cronico, anoressia, scarsa crescita) che possono ritardare la diagnosi3,4. Tutti i pazienti, sia quelli con esordio acuto che quelli con forma cronica, sviluppano una degenerazione cirrotica con rischio molto alto di carcinoma epatico. Frequentemente è presente una disfunzione renale di tipo generalizzato (sindrome di Fanconi con glicosuria, aminoaciduria e fosfaturia). Il coinvolgimento renale può causare rachitismo ed episodi acuti di polineuropatia di tipo porfirico (causati dall’accumulo di acido d-aminolevulinico) che si manifestano con parestesie dolorose e paralisi progressiva.
Le prime descrizioni cliniche della tirosinemia di tipo 1 risalgono agli anni sessanta, ma solo nel 1977, grazie alla dimostrazione di elevate concentrazioni urinarie di succinilacetone è stato possibile identificare il difetto biochimico a livello dell’ultimo enzima della degradazione della tirosina4. La malattia ha una trasmissione di tipo autosomico recessivo ed il gene che codifica per la fumarilacetatoacetato fumarasi è stato localizzato sul cromosoma 154. La dimostrazione di elevate concentrazioni urinarie di succinilacetone e di acido d-aminolevulinico è sufficiente per fare diagnosi di HT-13,4. Obiettivo del trattamento è di ridurre o abolire la produzione di succinilacetone e degli altri metaboliti tossici. La dieta a basso contenuto di fenilalanina e tirosina costituisce l’approccio di base alla malattia. Il ridotto apporto di proteine naturali richiede la supplementazione con miscele di aminoacidi prive di fenilalanina e tirosina. La dieta permette di migliorare la funzionalità epatica e la crescita, ma non impedisce la progressione delle complicanze croniche e tumorali della malattia e non è in grado di prevenire le crisi neurologiche. Nonostante la dieta, la maggior parte dei bambini, se non trattata, muore durante la prima infanzia. Il trapianto di fegato ha rappresentato l’unico trattamento efficace sino agli inizi degli anni ‘90, quando c’è stato un cambiamento radicale nell’approccio terapeutico con l’introduzione del nitisinone [2-(2 nitro-4-trifluoromethylbenzoyl)-1,3 cicloesandione (NTBC)]. Il nitisinone, dapprima studiato come erbicida, è stato poi abbandonato perché responsabile di lesioni oculari nei ratti. La tossicità attribuita agli alti livelli di tirosina ematica ha fatto scattare l’idea di impiegarlo per inibire il catabolismo della tirosina nei bambini affetti da tirosinemia di tipo 15. Il nitisinone non è stato valutato in studi comparativi, ma questo è comprensibile considerando la rarità della malattia e la mancanza di trattamenti efficaci, ad eccezione del trapianto di fegato. L’unico studio disponibile è uno studio osservazionale internazionale non controllato iniziato nel 1991. La dose iniziale di nitisinone (0,6mg/kg) si basava sui dati raccolti su 5 pazienti trattati per 7-9 mesi6, ma è risultata troppo bassa e ed è stata aumentata a 1mg/kg in due somministrazioni dal 1° luglio 1993. Dal 23 febbraio 1991 al 21 agosto 1997 (6,5 anni) sono stati trattati 207 bambini1. Gli effetti sulla mortalità sono stati valutati confrontando i dati provenienti dai controlli storici (108 pazienti) sottoposti alle sole misure dietetiche7. Quando il trattamento con nitisinone è stato iniziato entro i primi 2 mesi di vita, la sopravvivenza a 4 anni è stata dell’88% vs 29% nei controlli della stessa età. Quando il nitisinone è stato iniziato entro i primi 6 mesi dalla nascita, la sopravvivenza a 4 anni è stata del 94% vs il 60%1. Solo un bambino trattato con nitisinone ha avuto crisi neurologiche, mentre nei controlli l’incidenza è stata del 42%. Il trapianto di fegato si è reso necessario nel 13% dei bambini trattati con nitisinone e nel 25% di quelli sottoposti alle sole restrizioni alimentari1. Il tasso è stato di 3,9 per 100 bambini/anno vs 14,6 per 100 bambini/anno nei
controlli non trattati; tradotto in pratica significa evitare un trapianto ogni 10 bambini trattati per un anno. È indubbio che le analisi statistiche basate su confronti storici hanno un valore probatorio scarso, ma le differenze osservate sono di tale entità da suggerire un ruolo importante del nitisinone. Tra il 1991 e il 28 febbraio 2004, i bambini trattati con nitisinone sono stati 5661. Quarantaquattro sono morti e in 29 casi (66%) la causa del decesso è stata l’insufficienza epatica o l’epatocarcinoma. Settanta bambini sono stati sottoposti a trapianto di fegato: 66% per epatocarcinoma, insufficienza epatica o cirrosi, 34% per aumentato rischio di carcinoma epatico. La maggior parte dei bambini con epatocarcinoma era stata trattata con nitisinone dopo l’anno di età. Si è calcolato che, se iniziato prima dei 12 mesi di età, il trattamento con nitisinone è in grado di ridurre il rischio di sviluppo di carcinoma epatocellulare di oltre 13 volte rispetto ai dati storici relativi al trattamento basato esclusivamente sulla dieta.
Effetti indesiderati
Gli eventi avversi più frequenti associati al trattamento con nitisinone sono trombocitopenia (3%) e leucopenia (2%)1. Sono stati inoltre segnalati problemi oculari quali congiuntivite, opacità corneale, cheratite, fotofobia, dolore oculare, ciascuno con una incidenza compresa tra l’1% e il 2%1. Tali disturbi sono risultati usualmente transitori e sono regrediti spontaneamente o con un miglior controllo dietetico (restrizione dell’apporto alimentare di tirosina e fenilalanina). L’1,4% dei bambini ha lamentato prurito e l’1% ha manifestato una dermatite esfoliativa.
1. European Medicines Agency. CHMP European Public Assessment Report (EPAR) for Orfadin (nitisinone). EMEA/H/C/000555. 21 february 2005. www.ema.europa.eu.
2. Orfadin. Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto (RCP).
3. de Laet C et al. Recommendations for the management of tyrosinaemia type 1. Orphanet Journal of Rare Diseases 2013. www.ojrd.com.
4. Spada M. La tirosinemia epatorenale. Medico e Bambino pagine elettroniche 2005. www.medicoebambino.com (accesso dicembre 2013).
5. Lock EA et al. From toxicological problem to therapeutics use: the discovery of the mode of action of 2-(2-nitro-4-trifluoromethylbenzoyl)-1,3 cyclohexanedione (NTBC), its toxicology and development as a drug. J Inherit Metab Dis 1998; 21:498-506.
6. Lindstedt S et al. Treatment of hereditary tyrosinaemia type 1 by inhibition of 4-hydroxyphenylpyruvate dioxygenase. Lancet 1992; 340:813-7.
7. van Spronsen FJ et al. Hereditary tyrosinaemia type 1. A new clinical classification with difference in prognosis on dietary treatment. Hepatology 1994; 20:1187-91.
Data di Redazione 4/2014
Il nitisinone è un inibitore del catabolismo della tirosina che ha dimostrato di avere un impatto importante sulla prognosi dei bambini affetti da tirosinemia ereditaria di tipo 1, una malattia metabolica rara, responsabile di una epatopatia molto grave. Se iniziato tempestivamente, entro i primi 6 mesi di vita, il nitisinone è in grado di aumentare la sopravvivenza a 4 anni del 35%, con un profilo di effetti indesiderati da monitorare, ma più che accettabile.