È noto che la milza interviene con diversi meccanismi, sia immunitari sia aspecifici, sulla difesa dalle infezioni. La funzionalità ridotta o assente della milza può quindi essere responsabile di una maggiore suscettibilità alle infezioni.
Asplenia e iposplenia
Per asplenia si intende la condizione di perdita totale della funzionalità della milza. La funzionalità splenica è assente in caso di splenectomia chirurgica, di asplenia congenita o dopo trombosi dell’arteria splenica. Decisamente più complessa può essere l’identificazione dei casi di iposplenia, cioè di perdita solo parziale della funzionalità splenica. In alcuni casi ci si può accontentare di una diagnosi presuntiva: ad esempio nel caso di pazienti con ripetute crisi emolitiche da anemia a cellule falciformi (spesso responsabili anche di asplenia vera e propria), pazienti con chronic graft-versus-host disease (GvHD) cronica e pazienti trattati con irradiazione della milza. In molti altri casi, come in presenza di sarcoidosi, amiloidosi, infezione da HIV, malaria, celiachia dell’adulto con protratta esposizione al glutine (oggi la causa più frequente di iposplenia), epatopatia alcolica, patologie neoplastiche o cistiche, malattie autoimmuni, la diagnosi di iposplenia richiederebbe approfondimenti diagnostici particolari, tra i quali il gold standard è ritenuto la scintigrafia con globuli rossi marcati. Poiché è evidente che tale metodica non può essere proposta come routinaria, linee guida inglesi recenti invitano a considerare metodiche alternative, ad esempio l’esame del sangue periferico con microscopio a contrasto di fase per rilevare i cambiamenti nelle emazie associati a iposplenismo, o più semplicemente la quantificazione dei corpi di Howell-Jolly nelle emazie (meno sensibile ma decisamente di esecuzione più agevole), o ancora una significativa riduzione del volume della milza rilevata con tecniche di imaging, predittiva almeno nei casi di trapianto di cellule staminali ematopoietiche. Tuttavia, al momento non vi sono indicazioni certe sull’approccio routinario alla diagnosi di iposplenismo. Suggeriamo pertanto le indicazioni preventive riportate nel presente articolo, come del resto quelle della letteratura utilizzata a riferimento, per le condizioni di asplenia e per quelle in cui si abbia un ragionevole orientamento diagnostico verso una grave riduzione della funzionalità splenica.
Il rischio infettivo
La condizione di iposplenia e, soprattutto, quella di asplenia espongono a rischio aumentato di infezioni, anche gravi e con decorso molto rapido. Non si conosce la vera incidenza delle infezioni negli splenectomizzati, ma si stima che il tasso di incidenza nei pazienti che hanno avuto una splenectomia sia dello 0,18-0,42% per anno, con un "lifetime risk" del 5%. Il rischio in assoluto di infezioni gravi negli asplenici è quindi basso, ma è circa 50 volte maggiore di quello in persone con funzionalità splenica conservata. È maggiore nei primi 2 anni dopo l'intervento, ma, seppur a livelli inferiori, perdura tutta la vita. Su frequenza e gravità delle infezioni influiscono anche altri fattori, come età e malattia di base. Ad esempio, il rischio di infezione è massimo nella talassemia major e nell’anemia a cellule falciformi e minimo nella splenectomia post-traumatica; la mortalità è maggiore nei bambini rispetto agli adulti. Il rischio più temibile è quello di infezioni invasive e di sepsi. Il termine OPSI (Overwhelming postsplenectomy infection) è usato per definire sepsi fulminanti, meningite o polmonite dovute soprattutto a germi capsulati quali S.pneumoniae, N.meningitidis e H.influenzae tipo b (Hib) in soggetti asplenici o iposplenici. S.pneumoniae è il microrganismo più frequente (50 - 90% dei casi), senza un sierotipo predominante, seguito da Hib e N.meningitidis. Più raramente sono in causa altri germi (E.coli, P.aeruginosa, S.aureus, streptococchi di gruppo B, Capnocytofaga canimorsus) o protozoi (Babesia spp, Plasmodium spp). Le manifestazioni dell’OPSI costituiscono una vera emergenza medica, di fronte alla quale un immediato sospetto e un immediato trattamento antibiotico sono in grado di ridurre la mortalità. Il decorso clinico delle OPSI può essere misurato in ore piuttosto che in giorni. La mortalità è di circa il 50%, e la maggior parte dei decessi avviene entro le prime 24 ore. Febbre, brivido, porpora cutanea, sindrome settica e stato di shock con disfunzione multiorgano costituiscono il quadro clinico abituale. Ogni paziente con asplenia (o iposplenia importante) anatomica o funzionale che si presenti con febbre elevata, deve essere considerato una emergenza ed ospedalizzato immediatamente. Se ciò non fosse possibile, occorre comunque iniziare una terapia con antibiotici attivi su S.pneumoniae (v. oltre). Non esistono studi controllati sui possibili regimi di trattamento antibiotico empirico in queste circostanze. Le raccomandazioni sulla scelta e il dosaggio di antibiotici sono basate soltanto sull’opinione di esperti, anche in rapporto al profilo locale di resistenza batterica, in modo particolare di S.pneumoniae. Per di più, le indicazioni reperibili in letteratura sono quasi sempre riferite alla gestione ospedaliera, che non rientra tra gli argomenti qui trattati.
Foglio Informativo per il paziente asplenico scaricabile qui
Prevenzione delle infezioni
La prevenzione delle infezioni è di fatto la prevenzione dell’OPSI. Possiamo contare su diversi strumenti per la prevenzione dell’OPSI, che di seguito analizziamo.
1. Interventi educativi
2. Prevenzione vaccinale
3. Profilassi antinfettiva
4. Interventi organizzativi
1. Interventi educativi Più dell’80% dei pazienti splenectomizzati ignora di avere un’aumentata suscettibilità alle infezioni, nonostante sia documentato che un’adeguata informazione riduce il rischio di complicanze infettive. Occorre quindi che i medici informino bene i pazienti sulle infezioni che possono insorgere dopo la splenectomia o comunque in condizioni di asplenia. In particolare, sarebbe opportuno istruire sia i pazienti sia i conviventi sull’importanza:
• di avvisare il medico o l’odontoiatra della condizione di asplenia;
• di segnalare al medico ogni episodio febbrile, in particolare la segnalazione deve essere immediata in caso di febbre alta e/o associata a brivido e/o a forte compromissione generale;
• di portare sempre con sé un cartellino che riporti la condizione di asplenia;
• di imparare a monitorare attentamente per alcuni giorni l’eventuale insorgenza di infezioni dopo morsi di animali o di insetti, per poterle segnalare al medico e trattarle tempestivamente;
• di limitare al massimo l’esposizione in zone malariche, dato che la condizione di asplenia può rendere la malaria molto grave. Se il viaggio non è evitabile, è raccomandato il rigoroso rispetto di tutte le misure preventive, inclusa la chemioprofilassi.
Nei viaggi o nelle situazioni di non immediato accesso ad un medico e ai farmaci, occorre fare in modo che il paziente abbia sempre con sé un antibiotico attivo sugli pneumococchi. Infatti, nel caso in cui compaia febbre alta, la persona dovrebbe essere sottoposta al più presto (entro qualche ora al massimo) a visita medica. Se ciò non fosse possibile, il paziente deve essere informato che deve iniziare comunque subito la terapia antibiotica. Nel box sono riportati alcuni esempi di primo intervento nei casi in cui non sia possibile l’immediato accesso ad un ospedale.
2. Prevenzione vaccinale Sono fortemente raccomandate le vaccinazioni nei confronti dei capsulati principali responsabili di OPSI: pneumococco, meningococco, Hib. È raccomandata la vaccinazione antinfluenzale stagionale, a causa del rischio di sovrainfezioni batteriche da capsulati. I vaccini raccomandati sono:
• vaccino antipneumococcico coniugato (PCV13): è un vaccino coniugato, attivo contro 13 sierotipi di pneumococchi, utilizzato anche per la vaccinazione dei bambini nel primo anno di vita;
• vaccino antipneumococcico polisaccaridico (PPSV23). Meno efficace di PCV13, ma rivolto contro sierotipi diversi;
• vaccino antimeningococcico tetravalente coniugato con anatossina difterica, contenente i gruppi A, C, W135 e Y di N. meningitidis;
• vaccino antimeningococcico monovalente contro il gruppo B, di recente introduzione in commercio (si è in attesa di indicazioni ufficiali per l’inserimento nel calendario assieme ad altri vaccini);
• vaccino anti Hib: è lo stesso inserito nei vaccini polivalenti utilizzati nel primo anno di vita;
• vaccino antinfluenzale: è il vaccino inattivato, utilizzato nelle campagne di vaccinazione stagionali.
Tutti i vaccini raccomandati sono caratterizzati da elevata tollerabilità e sicurezza; i vaccini coniugati hanno anche un’altissima efficacia, mentre quello polisaccaridico e quello antinfluenzale hanno efficacia più modesta. I pazienti devono comunque essere informati che i vaccini non conferiscono protezione assoluta dalle malattie invasive batteriche e che devono quindi continuare a prestare attenzione all’eventuale comparsa di febbre. Se l’asplenia è dovuta a splenectomia, quando possibile il calendario dovrebbe essere iniziato prima dell’intervento di splenectomia, a condizione che l’intervallo fra le vaccinazioni e la splenectomia sia di almeno 2 settimane. Il calendario può essere completato dopo la splenectomia. La splenectomia non deve comunque essere rinviata a causa del calendario vaccinale. In alternativa, il calendario vaccinale deve essere iniziato dopo l’intervento, a distanza di almeno 2 settimane da questo. La priorità temporale nell’offerta vaccinale deve essere rivolta alla somministrazione di vaccino antipneumococcico coniugato (PCV13).
3. Profilassi antinfettiva
a. Profilassi antibiotica a lungo termine
Non vi sono prove di efficacia della profilassi antibiotica a lungo termine, e probabilmente per questo motivo non vi è accordo fra i principali documenti di indirizzo internazionali. La profilassi trova il suo razionale nella prevenzione delle infezioni invasive pneumococciche. Potrebbe essere indicata in presenza di fattori aggiuntivi di rischio quali:
• storia di malattia invasiva pneumococcica;
• splenectomia effettuata per tumori ematologici;
• presenza di immunosoppressione farmacologica;
• recente splenectomia (meno di due anni);
• età sotto i 16 anni o sopra i 50 anni.
A nostro giudizio, i primi tre fattori elencati sono quelli che possono maggiormente far propendere per una scelta interventista, per la quale sarebbe comunque raccomandabile la conferma da parte di un infettivologo esperto su questo argomento. Per la scelta dell’antibiotico occorre valutare anche la situazione territoriale di resistenza agli antibiotici. In Emilia-Romagna, ad esempio, la penicillino-resistenza degli pneumococchi è ancora contenuta e quindi, se si opta per la profilassi, può trovare un razionale la scelta di una penicillina per os, ad es. amoxicillina. Le dosi consigliate oscillano fra 250mg e 1g al giorno, in unica somministrazione. L’antibioticoprofilassi occasionale per procedure dentali è sconsigliata.
b. Trattamento precoce dei morsi da animali
In caso di morso di animali (specialmente cani o gatti), trattare immediatamente con antibiotico per l’alto rischio di infezioni disseminate da Capnocytophaga canimorsus. Esempio di trattamento: amoxicillina-clavulanato 1g x 3/die nell’adulto, per 5 giorni.
c. Profilassi antimalarica
Se l’esposizione in zona malarica non è evitabile, è fortemente raccomandata la chemioprofilassi, in associazione alle misure preventive comportamentali.
4. Interventi organizzativi I clinici dei diversi ambiti interessati (medicina generale, malattie infettive, chirurgia, ematologia, ecc.) e i Servizi vaccinali dovrebbero identificare percorsi integrati, utili per informare i pazienti asplenici e promuovere le misure raccomandate: vaccinazioni, educazione sanitaria, strumenti informativi. Occorre informare in modo chiaro ed efficace i pazienti sulle infezioni che possono insorgere dopo la splenectomia, sui sintomi di esordio di infezioni potenzialmente gravi e sulle modalità di primo e tempestivo intervento. Ciascun paziente dovrebbe avere un cartellino sanitario che documenta la condizione di asplenia. Alcuni Autori suggeriscono di portare un braccialetto o un ciondolo per segnalare ai sanitari questa condizione. Nelle cartelle cliniche e nelle cartelle dei medici curanti dovrebbe essere riportata chiaramente l’informazione riguardo ad una pregressa splenectomia o comunque ad una condizione di asplenia.
Conclusioni Nonostante sia ben noto che la condizione di asplenia esponga ad un aumentato rischio infettivo, non sempre c’è altrettanta consapevolezza sugli strumenti oggi disponibili per contenerlo. Ciò che è probabilmente necessario non è solo e non è tanto la conoscenza da parte dei professionisti delle nuove tecnologie, quanto la costruzione di nuovi percorsi, integrati e coerenti, che permettano ai cittadini di fruire delle migliori opportunità di prevenzione e di cura.
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Data di Redazione 4/2014