Domanda senza risposta
Eccoci all'ormai tradizionale appuntamento d'estate (IsF 2010; 34:45) con proposte di attenzione-letture che permettano di prendere distanza dal tema "farmaci" per mettere a fuoco e prendere sul serio i contesti più generali che si vivono nella medicina. Non c'è dubbio peraltro – visto che la vita non è fatta solo, né prevalentemente, di problematiche (professionali, culturali, politiche) sanitarie – che il quadro di riferimento ancor più obbligatorio e pertinente di quest'anno (al di là della sua apparente estraneità di contenuti e di implicazioni) è quello della "crisi", che ha occupato ed occupa, a tempo pieno, non solo le cronache, e gli immaginari, ma contesti più vicini di vita e lavoro. Questa osservazione – materialmente ovvia – non è, di fatto estranea rispetto agli obiettivi ed ai contenuti dichiarati sopra come centrali per queste riflessioni e proposte. Il contesto "di crisi", nazionale e globale, pone infatti una domanda di fondo (non nuova: ma che ha una nuova urgenza-profondità): quale è il senso, la credibilità, la praticabilità di darsi obiettivi e strumenti di razionalizzazione-ragionevolezza in un settore sempre più strategico come quello sanitario (per i suoi incroci con la società, ancor più che con contenuti, problemi, risultati specificamente di salute-medicina) in un contesto politico, economico, culturale (nazionale ed internazionale) che propone-impone ossessivamente come criterio di comportamento l'arroganza di negare le evidenze, di giocare con i dati, di travestire con etichette di rigore e pianificazione le decisioni più arbitrarie e meno giustificabili? Al di là della sua lunghezza, è chiaro che la domanda non ha risposta. Non è tuttavia evitabile né marginale: è anzi la lente (di ingrandimento? di deformazione? di comprensione?) attraverso cui leggere quanto segue. N.B.: Le referenze sono tutte scelte da riviste molto serie, di riferimento, ai massimi livelli di impact factor. I riassunti che si propongono non sono provocatori, né ironici: sono assolutamente fedeli. Verificateli. Non dovrebbero avere bisogno di commenti. Certo vorrebbero provocare la lettura dei testi: o almeno dare l'idea concreta delle loro implicazioni complessive per cercare una risposta alle domande poste.
Parole-sguardi di disincanto
Evidenza/e - La originaria ambivalenza, e ricchezza delle definizioni e delle problematiche che accompagnano questo termine è sempre più centrale nella letteratura. Il contrasto non è per i metodi e gli aspetti tecnici del "produrre evidenze". Il nodo da sciogliere è molto più semplice e di fondo: che fare delle evidenze (della EBM e simili), quando è evidente che la loro rilevanza nella realtà delle pratiche è sostanzialmente precaria, per le ragioni più diverse? Le letture che si propongono per questa e le altre parole chiave sono una piccola guida, a contesti diversi in cui questa domanda non è per nulla retorica: a) le evidenze sembrano sempre più essere scavalcate dalle politiche, che "preferiscono la non-definizione dei problemi, non si preoccupano degli errori che fanno perché li assumono come normali, e non contano le ingiustizie (che per definizione hanno a che fare con persone e non con cose) perché la loro evidenza non è basata su evidenze scientifiche controllabili" 1; b) usare evidenze per produrre risultati evidentemente rilevanti per la salute pubblica senza preoccuparsi delle cause a monte della non-salute, è come la vecchia storia dell'ubriaco che cerca la chiave sotto il lampione, semplicemente perché solo lì c'è la luce 2; c) di fatto, nessuno di quelli che producono, teorizzano, discutono le evidenze è interessato a politiche-pratiche, in cui sia possibile verificare le stesse evidenze in termini di costo-efficacia 3; d) gli esempi di [non]indipendenza-[non]intelligenza delle Agenzie regolatorie non aiutano a far passi in avanti 4,5; e) la logica generale dell'informazione, che si preoccupa non di evidenze-basate-su-dati, ma lavora su messaggi-che-producono-consumi è sempre più la lente [in] [dis] formativa che ha peso sull'opinione pubblica (di cui i medici sono la componente più importante perché attivamente collaborante alla dis-informazione) 6,7; f) per ragionare seriamente su uno scenario reale, sulla base di una epidemiologia molto solida in termini di osservazione di tempi e della rappresentatività delle popolazioni, è bene leggere la storia che mette in rapporto obesità, diabete, complicanze renali, ruolo di farmaci antidiabetici e degli ACE-inibitori negli USA 8; non solo per un confronto diretto tra evidenze di efficacia e non-trasferibilità di misure di outcome, ma come modello per prendere sul serio la [ri]formulazione di prescrizione (V. questo n. di IsF, su Nota 13).
Salute globale
Dire che la globalizzazione è oggi il quadro di riferimento di tutto è ovvietà? banalità? evidenza? trappola? Le letture che qui si propongono sono una mini guida alla "lucidità" evocata nel titolo (non avendone evidentemente la dignità né l'intelligenza letteraria), e perciò alla pazienza di resistere a vivere nell'ambiguità della letteratura scientifica che nonostante i suoi doveri di trasparenza metodologica ama molto i giochi di parole. a) La "crisi" è parola chiave globale. Permette di: • "scoprire" che c'è un legame tra la "crisi" degli aumenti incontrollati dei costi di cibo, energia, speculazioni finanziarie, etc... e quei capitoli, – periferici nella sanità – che sono la fame, l'accessibilità alle cure 9; • ma anche di consolarsi perché la "crisi" delle malattie croniche non trasmissibili (NCD: un acronimo sempre più di successo per la sua "comprehensiveness and indefinition") è certamente superabile se c'è un accordo di cooperazione sulle priorità: deadline, dietro l'angolo, anno 2040 10; b) purtroppo la "crisi" non è "non-comunicabile": tocca, profondamente, tutti gli aspetti della dignità-sostenibilità della vita: la migrazione, diritto umano intoccabile, è sempre di più un capitolo del "trafficking" degli umani 11, fino a creare vere e proprie situazioni di apartheid fin dentro la "fortezza Europa" 12; c) la diminuzione annuale della mortalità materna è meno della metà di quella proposta, attesa, reclamizzata dai MDG (Millenium Development Goals: impegno prioritario, globale, di tutti e dei singoli Stati nel 2000): ma bisogna contentarsi: si fa non quello che si può, ma ciò che è permesso dalla "crisi": anche qui, in fondo, basta spostare di qualche decennio i risultati, e non contare le morti evitabili 13; d) si può anche tollerare che per non essere vittima della "crisi" in termini di indicatori economici, in India, uno dei Paesi leaders dello sviluppo (BRICS) aumenti il tasso selettivo di aborti "femmina", che non è certo un indicatore di civiltà e salute mentale di un paese 14; e) per ragioni di "crisi" bisogna attrezzarsi a ri-formulare le priorità nei sistemi sanitari anche di Paesi di antica tradizione come il Regno Unito 15,16, e/o gli USA: ma senza esagerare, facendo raccomandazioni e buoni propositi, pur sapendo che la buona volontà che si raccomanda non è garanzia di nulla, anzi, è un buon modo per banalizzare i problemi 17,18; e certo non può farsi carico (non si può pretendere troppo!) di quello che il destino assegna, o l'ecoepidemiologia classifica nella "coda estrema a sinistra" delle diseguaglianze sanitarie, come i senza-casa, (che si scopre, e si quantifica, hanno un più alto rischio di morire, per una "fragilità" difficile da gestire) 19; f) è rassicurante tuttavia che: • con investimenti in ricerche osservazionali si possa confermare che avere accesso all'acqua potabile almeno per lavarsi le mani (anche senza avere sempre il sapone, che costa!) continua ad essere una "pratica basata sulle evidenze" per ridurre morbi-mortalità da diarrea 20; • ci si è accorti che a livello globale ci si era dimenticati (letteralmente!) che nei "paesi con meno risorse" anche nella popolazione "numericamente non marginale" tra i 10 e i 24 anni, ci sono seri problemi che dovrebbero essere bene o male di competenza della salute pubblica (violenze, incidenti, "unsafe-sex and pregnancy", malattie infettive, HIV, ...): questi problemi sono così evidenti, che li si è anche potuti quantificare: "frequenze aumentate in proporzione inversa con gli indici di sviluppo umano" 21, 22; g) confrontati con la forza di questa evidenza, sembra proprio [in]giustificata/e [non]-prioritaria la proposta di un gruppo qualificato di esperti di lavorare sodo per produrre una nuova "definizione concettuale" di "health", che integri quella "vecchia", del 1948, dell'OMS: bisogna discuterne, per essere aggiornati a misura del XXI secolo 23: si ri-documenta infatti (se ne sentiva il bisogno!) che c'è il rischio di restare prigionieri nella "trappola-illusione" che curare la salute, e dimenticare la vita (condizioni sociali, conflitti, diseguaglianze...: la "crisi" come normalità, in fondo) sia sufficiente 24.
Scenari sentinella: la salute mentale
Di questa parola-chiave sono essenziali entrambi i termini che la compongono per 2 ragioni: 1) in una situazione con caratteristiche tanto marcate di "dissociazione" sia tra dati reali e virtuali, che tra problemi veri e soluzioni ferme agli auspici (con caratteristiche sostanzialmente coincidenti tra la società globale e la sanità) è bene confrontarsi con casi concreti: per non sentirsi troppo allucinati, pessimisti od ottimisti; 2) nei suoi aspetti farmacologici o la salute mentale è stata oggetto di recente attenzione in questa sede (IsF 2010; 34:102): non ha bisogno di introduzioni-commenti. a) Pro-memoria di un lavoro molto lucido, proposto da uno degli autori chiave della moderna epidemiologia psichiatrica: "Se non fa memoria delle sue origini e caratteristiche intrinseche, che sono fatte di incertezze e di "non so", che la obbligano a non imporre definizioni-soluzioni, ma ad "accompagnare" la storia dei pazienti con umiltà, la psichiatria sarà sempre a rischio di arroganza, e di conoscenze-illusioni fuorvianti 25; b) dopo tanti anni, tante riforme, tante evidenze la psichiatria (e la general practice) sembrano ancora occupate a confermare-verificare che per la depressione degli anziani, con o senza Alzheimer, i trattamenti farmacologici hanno evidenze di rischio, e di assenza di beneficio 26,27; c) si conferma anche che dis-investire in assistenza psichiatrica produce più ricoveri, più sofferenza, più costi: il termine di eco-epidemiologia, tanto suggestivo, conferma a sua volta che basta una novità cosmetico-verbale per rendere pubblicabile e finanziabile una ricerca: anche perché i risultati producono buona coscienza, ma ne è rigorosamente esclusa l'applicazione 28; d) la risposta – che si dichiara "di futuro" – da parte di riviste al vertice della credibilità scientifica nei campi rispettivi, delle scienze di base e della clinica, è stupefacente, per coerenza con l'atmosfera di allucinazione, distanza, irrilevanza rispetto ai bisogni: è importante tener sempre più conto dei nuovi modelli animali geneticamente modificati 29; è interessante che si possa ri-considerare la resa dell'elettroshock 30.
Persone (pazienti? cittadini? consumatori? pedine?)
a) La proposta di lettura della parola-chiave più importante di tutte non è un esercizio demagogico-polemico-critico: è la traduzione – neppure tanto libera – di un editoriale molto ufficiale (vista la sua collocazione scientifica, e la sua esplicita finalizzazione "politica", nel dibattito sulla riforma "madre di tutte le riforme", come è [stata] quella della sanità negli USA) 31. Non è difficile vedere nei termini in parentesi accompagnati da? altrettanti sinonimi con i quali si potrebbero identificare (a seconda dei punti di vista) "umani" coinvolti, nella crisi: l'editoriale è chiaro: nella crisi le persone possono essere: (raramente) valori (se serve) soggetti-oggetti economici opportunamente pilotati in termini di consumo, (normalmente) pure e semplici pedine di una partita a scacchi? b) Le citazioni che seguono ampliano, in modo incalzante, le domande e le messe in guardia:
c) E' possibile essere pazienti – cittadini - persone, contestualmente, senza separazione di bisogni, identità, ruoli? La letteratura dice che non solo è una possibilità, ma un obbligo se si vuole arrivare a capire qualcosa delle cause, delle conseguenze, della [non] comprensibilità del rapporto tra [non]-salute e vita nelle popolazioni. Dice anche che (e crescentemente o in questi tempi di crisi) ad una conoscenza sempre più precoce dei problemi, corrisponde una volontà altrettanto precisa di non usare i dati che obbligherebbero a cambiare 36-39.
Conclusione
I testi di Saramago citati nel titolo sono fortemente complementari. Basterebbero da soli, non c'è dubbio, sia a livello metodologico, che culturale. L'aggiunta delle letture che suggeriscono alcune delle possibili corrispondenze professionali all'impegno di lucidità (e alla minaccia-realtà di cecità) era dovuta, per essere coerenti con gli obiettivi informativi di IsF. Buona lettura.
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Data di Redazione 06/2011