Quando si parla di vitamina D si fa riferimento alla vitamina D2 (ergocalciferolo) presente nei vegetali e alla vitamina D3 (colecalciferolo) che è contenuta negli alimenti di origine animale e viene sintetizzata dalla cute per effetto dei raggi UV. Le principali fonti alimentari di vitamina D sono in ordine decrescente l'olio di fegato di merluzzo che ne è ricchissimo, i pesci grassi (es. salmone, tonno), le uova e il latte; tra i latticini solo i formaggi più grassi ne contengono quantitativi accettabili. La sintesi endogena parte da un precursore cutaneo che sotto l'azione dei raggi UV viene trasformato in vit. D3; tale conversione è influenzata da età (diminuisce con l'aumentare dell'età), durata dell'esposizione solare, fattori ambientali, razza (soggetti di pelle nera necessitano di una esposizione 10-50 volte superiore a quelli di pelle bianca). Le creme protettive riducono sino al 95% l'assorbimento di raggi UV, ma per l'uso limitato nel tempo si possono considerare ininfluenti ai fini della produzione di vit. D e sono sempre da raccomandare in età pediatrica per evitare i rischi legati all'esposizione solare. Le vit. D2 e D3, trasportate al fegato, vengono qui convertite in 25-OH-D e nuovamente idrossilate nel rene sino alla formazione di 1,25-OH-D che è l'ormone finale attivo sul metabolismo del calcio. Il modo più affidabile per stabilire l'eventuale carenza di vitamina D è la misurazione dei livelli di 25-OH-D nel plasma. Nell'adulto vengono considerati normali valori compresi tra 50 e 80 nmol/l, nei lattanti e nei bambini le concentrazioni plasmatiche di 25-OH-D devono essere ≥ 50 nmol/l (25 ng/ml). Il rachitismo è un esempio di grave deficit di vit. D, ma la carenza può presentarsi anche con convulsioni ipocalcemiche, crescita insufficiente, letargia, irritabilità e predisposizione alle infezioni respiratorie (la vit. D agisce anche sulle difese immunitarie cellulari e umorali). Nell'adulto vi sono prove che la vit. D possa giocare un ruolo importante nel mantenere l'immunità innata e la sua carenza sembra aumentare il rischio di malattie autoimmunitarie, cardiovascolari, infettive e neoplastiche. Una recente metanalisi di 6 studi (su oltre 800 bambini e adolescenti) ha concluso che l'integrazione con vit. D aumenta la densità ossea nei soggetti con bassi livelli plasmatici di vit. D, mentre non produce benefici in soggetti con livelli normali. La somministrazione di 100 UI di vit. D fa aumentare di 1 ng/ml il 25-OH-D, per cui nel bambino occorrerebbero da 400 a 1.000UI/die, mentre nell'adolescente e adulto almeno 2.000 UI/die. Il colecalciferolo è il composto più adatto per l'integrazione orale (più efficace e con effetto più rapido rispetto alla via intramuscolare); è preferibile anche ai derivati idrossilati che hanno una emivita più breve e presentano maggior rischio di sovradosaggio. Le preparazioni disponibili sono Dibase (1 goccia = 250 UI) e Tridelta.
Chi trattare?
Le Note commentate sono elaborate da un gruppo interdisciplinare* all'interno del quale trovano larga rappresentanza medici di medicina generale e pediatri. Non si tratta di un aggiornamento dello stato delle conoscenze né il punto di vista della medicina generale su un argomento clinico-assistenziale d'attualità o dibattuto nella letteratura scientifica. L'originalità di queste Note risiede nel modo con cui un gruppo di MMG percepisce e affronta i problemi aperti che emergono dall'incrocio critico tra i dati di mercato, la promozione delle ditte produttrici e i risultati degli studi. Le motivazioni che di volta in volta sottendono la scelta del tema provengono da fattori contingenti locali o da iniziative/progetti specifici.
* Busani Corrado, Chiari Corrado, Davoli Daniela, Ferretti Alessandra, Ferretti Tiziano, Gandolfi Alberto, Gigliobianco Andrea, Marconi Bettina, Miselli Mauro, Navazio Alessandro, Pellati Morena, Riccò Daniela, Viaroli Mario