Il rapporto tra infermieri e farmaci è da sempre ambivalente: da un lato la somministrazione della terapia è una funzione esecutiva (la terapia viene prescritta dal medico), che però occupa una parte importante della giornata di un infermiere - il “giro terapie” scandisce la vita del reparto e dei pazienti. Dall’altro richiede responsabilità, capacità di valutazione del paziente, valutazione critica e giudizio, e quindi autonomia da parte degli infermieri, soprattutto in contesti quali le Residenze Sanitarie Assistenziali e l’assistenza domiciliare, in cui manca una costante presenza del medico, e quindi la gestione quotidiana delle terapie è affidata a pazienti (parenti, badanti) con la supervisione dell’infermiere. Situazioni quali la somministrazione di farmaci al bisogno, lasciano ampi spazi di autonomia perché prevedono la decisione di ricorrere o meno ad un farmaco in base alla valutazione del problema del paziente.
È indubbio (ed esiste una nutrita legislazione e casistica), che gli infermieri abbiano responsabilità legali nella somministrazione delle terapie e sono ritenuti a rispondere degli errori di somministrazione o delle somministrazioni improprie. Nei corsi di infermieristica la regola delle 7G (giusto farmaco, dose, via di somministrazione, orario, persona, registrazione e controllo) è uno dei contenuti di base dell’insegnamento della somministrazione della terapia.
Si parla ancora molto poco di farmacovigilanza (funzione importante della sorveglianza infermieristica), dove gli infermieri, nonostante la presenza continuativa in reparto, il contatto quotidiano nella somministrazione dei farmaci, hanno un ruolo potenzialmente importante ma ancora poco visibile: nel 2013 solo il 3% delle reazioni avverse riportate all’AIFA era stata segnalata da infermieri1, anche se esperienze pilota italiane2-3 indicano che le capacità di segnalazione degli infermieri sono comparabili a quelle dei medici4-5 e che, in un contesto in cui si allerta l’attenzione, anche attraverso la formazione (infatti uno dei problemi legati alle sottosegnalazioni è anche la mancanza di conoscenze6-7), le segnalazioni aumentano.
L’insegnamento della farmacologia, nella maggior parte dei corsi per infermieri, ricalca quanto viene fatto nei corsi di medicina: i contenuti vengono affrontati a partire dalle diverse classi di farmaci, i farmaci non sempre collegati alla patologia o al problema vengono utilizzati, da soli o in combinazione. Gli aggiornamenti sui farmaci sono l’eccezione.
Una formazione (soprattutto post base) che, anziché partire dal farmaco, parta dal problema per arrivare poi al farmaco (che è una delle possibili risposte) è la condizione indispensabile per mettere il paziente al centro dell’attenzione e dare ai trattamenti farmacologici il ruolo di una risorsa che può via via prevenire evitare, controllare il problema, ma anche essere causa di problemi, e deve essere una delle possibili strategie (e non l’unica) combinata con altri trattamenti/risposte. Il farmaco va considerato una variabile dipendente non solo dalla diagnosi ma dal progetto complessivo di intervento e di presa in carico dei problemi8.
È emblematico in questo senso il controllo dei sintomi, dal dolore, che prevede un trattamento personalizzato e non solo per protocolli standard, alla gestione di sintomi complessi, spesso mal definiti, quali ad esempio l’agitazione, dove il farmaco (in particolare gli antipsicotici) diventa la risposta più frequente, anche se la meno raccomandata e quella che crea più problemi9. È noto infatti che la prescrizione di antipsicotici e sedativi, in particolare per gli anziani in RSA (ma non solo) passa attraverso la segnalazione degli infermieri e la capacità/volontà/tempo di controllare il problema.
L’agitazione può dipendere dal mancato riconoscimento di un dolore non controllato (l’applicazione sistematica di protocolli per il dolore ha infatti ridotto i casi di agitazione in RSA10); dalla mancata capacità degli infermieri di interpretare una domanda/bisogno del paziente; da un evento improvviso che agita il paziente (rumori nella stanza accanto, il mancato arrivo di un parente…): se c’è il tempo, la volontà di capire, se si conosce il paziente, le risposte possono essere rispettivamente un analgesico, l’allontanamento della causa di disturbo, il riorientamento, il dialogo.… altrimenti la risposta più semplice (ma non necessariamente la migliore) è la somministrazione di un sedativo o di un antipsicotico.
La correttezza di una terapia, come anche la sua efficacia e sicurezza, dipendono infatti sia da fattori clinici e legati al farmaco, ma soprattutto da variabili associate al paziente ed al suo contesto: l’informazione, la capacità di assunzione, la convinzione dell’efficacia, la necessità di sorveglianza e supporto: assistenza domiciliare, bassa autonomia dei pazienti, coinvolgimento di familiari e badanti, con aggiustamenti importanti delle terapie.
L’ospedale non è necessariamente la sede a più elevata concentrazione di farmaci per paziente: ad esempio nelle RSA11 ed anche a domicilio ci sono pazienti anziani, complessi, che assumono numerose terapie. I pazienti domiciliari sono proprio quelli con maggiore bisogno di sorveglianza, perché le prescrizioni, non sempre coordinate di terapia da parte del medico e degli specialisti, rischiano di creare più problemi della stessa patologia12.
Quali competenze e conoscenze devono avere gli infermieri per la gestione della terapia e soprattutto cosa è una competenza adeguata, varia molto da contesto a contesto. La formazione di base fornisce, appunto, le basi, sulle quali la competenza va poi costruita.
Abbiamo provato a domandarci quale formazione/aggiornamento possa essere utile per un approccio diverso alla farmacologia/gestione delle terapie da parte degli infermieri, soprattutto di coloro che lavorano a domicilio e in RSA. La raccolta di domande, interrogativi e casi è in corso in questi giorni. I temi e le schede che saranno presentate nei prossimi numeri partono proprio dalle esigenze di formazione e dalle domande poste dalla pratica.
L’obiettivo è di proporre degli aggiornamenti snelli, che partono dai problemi dei pazienti e da casi, e che inquadrano il ruolo del farmaco tra le possibili risposte, mettendo in luce soprattutto il ruolo di sorveglianza e integrazione che deve fare qualunque operatore sanitario che si trova ad assistere, soprattutto a domicilio e in RSA, pazienti complessi, con più problemi, esposti a più terapie.
Bibliografia
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Data di Redazione 03/2015