Agli addetti ai lavori e forse non solo a loro è ben noto il dibattito su Avastin® (bevacizumab, Roche) e Lucentis® (ranibizumab, Novartis), venuto alla ribalta dei grandi media1,2 con una sentenza dell’Autorità Antitrust italiana3 e già ampiamente trattato da testate medico-scientifiche4 e da bollettini di informazione sui farmaci5,6.Un breve riassunto è necessario per chi non sia al corrente di questa storia:
La Società Oftalmologica Italiana, una delle parti in causa della vertenza presso l’Antitrust, stima che siano oltre 100.000 i pazienti che in Italia, quando l’uso di bevacizumab non era consentito, non hanno avuto accesso al trattamento con ranibizumab per il prezzo elevato e le conseguenti difficoltà da parte delle regioni di mettere a loro disposizione il farmaco17. Non siamo in grado di valutare se quest’ordine di grandezza sia verosimile; tuttavia, se questo fosse di 10 o anche cento volte inferiore, dovrebbe allarmare i decisori di un Sistema Sanitario Nazionale che non garantisse un trattamento efficace a un numero comunque elevato di pazienti, per una malattia che porta inesorabilmente alla cecità. Nella maggior parte dei paesi UE l’uso intravitreale di bevacizumab nella DMLE non è rimborsato a causa delle rispettive legislazioni sugli usi off-label. In seguito alla vertenza giudiziaria italiana, nel luglio 2014 in Francia l’Assemblea Nazionale ha approvato una legge che ha aperto all’uso di bevacizumab nella DMLE18. Queste decisioni sono coerenti con le raccomandazioni delle linee-guida disponibili19,20 e con la posizione espressa dall’OMS, che ha incluso l’uso di bevacizumab nella DMLE nella sua lista di farmaci essenziali (Essential Medicines List o EML)21. Ranibizumab non compare nella EML perché giudicato non più efficace e sicuro di bevacizumab e con un prezzo notevolmente maggiore22. Lo stesso vale per gli altri due farmaci registrati per la DMLE, pegaptanib e aflibercept.
Valutazioni di sicurezza di bevacizumab intravitreale
Una recente revisione sistematica Cochrane, che ha sintetizzato i dati di 9 studi randomizzati indipendenti di confronto tra bevacizumab e ranibizumab nella DMLE (per un totale di 3665 pazienti), ha evidenziato come la sicurezza dei 2 farmaci sia sovrapponibile per gli indicatori valutati a eccezione di un aumento assoluto dell’1,3%, con l’uso di bevacizumab, di eventi gastrointestinali che hanno richiesto ricovero23. Dall’analisi dello studio CATT (tra gli studi disponibili quello con la casistica più ampia, al quale si devono più della metà degli eventi gastrointestinali e dove i pazienti studiati avevano un’età media di 80 anni)24 risulta che tali eventi riguardano non solo emorragie gastriche ma anche nausea e vomito, senza che peraltro sia chiaro quali siano le rispettive frequenze; risulta inoltre che tali eventi sono inaspettatamente più comuni nel caso di utilizzo al bisogno rispetto all’utilizzo regolare (mensile), ciò che fa emergere dubbi sulla plausibilità del dato. Per quanto riguarda la rilevanza di questo risultato, il lieve aumento assoluto corrisponde a un aumento relativo molto più ampio – dell’82% in più – ma occorre tener conto soprattutto dell’aumento assoluto se si vuole avere un’idea dell’impatto nella pratica clinica, a maggior ragione se si considera che la frequenza degli eventi è molto bassa. La Revue Prescrire, storico bollettino francese indipendente di informazione sui farmaci che costituisce un modello per molte altre testate, ha realizzato a sua volta una valutazione dei dati disponibili sulla sicurezza dei 2 farmaci nella DMLE, selezionando 6 dei 9 studi della revisione Cochrane (escludendo rispetto a quest’ultima 2 RCT non ancora pubblicati e un piccolo trial del 2010)25. Le valutazioni fatte in questa revisione non si discostano da quelle della revisione Cochrane, che peraltro è stata ampiamente citata: la sicurezza dei due farmaci è sovrapponibile, se si eccettua la lieve differenza negli eventi gastrointestinali che determinano ricovero. Gli editorialisti di Prescrire concludono tuttavia che tra i due farmaci è da preferire ranibizumab, sia per le differenze negli eventi gastrointestinali, sia per i rischi di contaminazione dovuti alla preparazione galenica di bevacizumab per uso intravitreale (a partire dalle fiale per uso oncologico). La notevole differenza di prezzo tra i due farmaci non è considerata di per sé un fattore decisionale, anche se bisognerebbe “agire per rendere questo prezzo ragionevole”.
Quando il prezzo può diventare un fattore decisionale
Il costo elevato di una terapia efficace non dovrebbe di per sé impedire la sua disponibilità, e in questo ci sentiamo assolutamente in sintonia con Prescrire. Tuttavia nel caso della DMLE esiste un’alternativa al trattamento con ranibizumab (o con pegaptanib o aflibercept). In particolare, le differenze nella sicurezza di bevacizumab e ranibizumab sono davvero marginali. Per quanto riguarda i rischi legati alla sterilità delle preparazioni, un’analisi sulle segnalazioni di eventi avversi presenti nel database dell’OMS rivela che esistono anche casi di endoftalmite legati a somministrazione di ranibizumab (e pegaptanib)26. I casi di endoftalmite relativi a bevacizumab riguardano spesso interi gruppi di pazienti trattati lo stesso giorno in uno stesso centro dove non erano state seguite adeguate norme per la preparazione del farmaco in condizioni di sterilità27-29. I rischi legati alla preparazione galenica sono sostanzialmente assenti nel caso si seguano regole codificate effettuando la preparazione stessa in ambiente ospedaliero ove sia garantita la sicurezza e sterilità della preparazione magistrale. La principale differenza tra bevacizumab e ranibizumab è nel loro prezzo, che secondo noi in questo caso non è un elemento da trattare ottimisticamente con l’auspicio di poterlo “rendere più ragionevole”. Questa conclusione sembra piuttosto semplicistica soprattutto perché non è accompagnata da una analisi delle complesse barriere che ostacolano la riduzione di prezzo di un farmaco la cui commercializzazione è supportata da enormi interessi economici. Una semplice riflessione in questo senso, e uno sguardo a quanto accaduto in altre situazioni simili a questa, porta a concludere che il principale elemento che influisce sul prezzo dei farmaci non sembra essere la capacità negoziale degli Stati, quanto piuttosto la disponibilità di più alternative terapeutiche in concorrenza tra loro. È accaduto anche con il prezzo di ranibizumab, che è stato ridotto quando è stato reso disponibile dal punto di vista normativo l’uso off-label di bevacizumab. Gli accordi tra Roche e Novartis scoperti dall’Autorità Antitrust italiana erano appunto orientati a inibire la concorrenza tra i due farmaci, per poter indirizzare verso l’uso del farmaco più costoso e mantenerne un prezzo elevato.
Perché quindi il prezzo nel caso della DMLE è un fattore che dovrebbe determinare la scelta del trattamento? Se dalla parte di ranibizumab ci possono essere (con tutti i dubbi di cui si diceva) l’1,3% di ricoveri per problemi gastrointestinali in meno e non ci sono i rischi teorici dovuti alla preparazione galenica, dalla parte di bevacizumab c’è la possibilità concreta di evitare quelle che probabilmente sono parecchie centinaia o forse migliaia di casi di pazienti non trattati per ragioni legate alla sostenibilità per le Regioni dei costi legati alla acquisizione di ranibizumab. A proposito di un altro argomento di stretta attualità: anche se le regioni avessero maggiori risorse per acquistare ranibizumab, quanti pazienti in più potrebbero essere guariti dall’epatite C se gli 1,2 miliardi che il ministero della Salute ha stimato come eccesso di spesa in 3 anni legato all’uso di ranibizumab (invece che bevacizumab)10 venissero usati per acquistare i nuovi antivirali diretti? In altri termini, il costo opportunità di Lucentis® - cioè, le possibilità di utilizzo alternativo delle risorse impiegate - è elevatissimo. È ovvio che i limiti ai fondi per la sanità (quali che essi siano, ma sono particolarmente evidenti in periodi di crisi come questo) rendono queste cifre particolarmente rilevanti, soprattutto considerando che esse riguardano un farmaco che ha una alternativa altrettanto efficace e sicura, ma molto meno costosa. Nella sua nuova lista di farmaci essenziali l’OMS ha fatto propria la filosofia di promuovere l’accesso a farmaci efficaci e sicuri, anche se costosi, che non abbiano alternative, continuando però a privilegiare i farmaci più economici quando vi siano alternative terapeutiche senza differenze di efficacia e sicurezza tali da giustificare l’uso di farmaci più costosi. In base a questa filosofia, la EML include farmaci costosissimi che non hanno alternative altrettanto efficaci e sicure - come i nuovi antivirali diretti per l’epatite C - mentre non include ranibizumab, che ha una valida alternativa - il bevacizumab appunto, inserito nella lista21. In conclusione, secondo noi va salvaguardato il principio di favorire l’accesso a farmaci efficaci e sicuri per tutti. Il limite nelle risorse disponibili rappresenta un problema da affrontare usando tutti i mezzi disponibili: nell’impianto normativo che dovrebbe tutelare il diritto alla salute, nella definizione dei fondi per l’assistenza sanitaria, nella capacità negoziale per stabilire il prezzo dei farmaci e nella capacità di promuovere la concorrenza come meccanismo per selezionare le cure migliori e favorire il controllo dei loro prezzi. Il problema della sostenibilità delle cure va però affrontato anche con una buona dose di pragmatismo, in modo trasparente, mettendo da parte eccessi di ottimismo riguardo alla capacità di ottenere consistenti riduzioni nei prezzi dei farmaci. Nel caso della terapia della DMLE, le differenze nella sicurezza suggerite dai non pochi studi disponibili sembrano piuttosto incerte e davvero marginali, soprattutto se confrontate con i rischi concreti di cecità per molti pazienti per mancato accesso ai farmaci. Avastin ® rappresenta una delle alternative nella terapia della DMLE; dovrebbe anzi essere quella da favorire, per garantire il trattamento a tutti i pazienti affetti e per poter trasferire i notevoli risparmi che si possono ottenere verso altre aree terapeutiche e di assistenza sanitaria, considerato che… la coperta è sempre – e sarà sempre più - corta.
Bibliografia