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Proprietà farmacologiche
Da alcuni decenni utilizzato per il trattamento della psoriasi, al momento non è noto l’esatto meccanismo d’azione attraverso cui il farmaco esercita gli effetti terapeutici nella sclerosi multipla (SM). Gli studi preclinici indicano che il dimetilfumarato attiva la via di trascrizione del fattore nucleare Nrf2 (fattore nucleare 2 eritroide 2 - correlato). Nei pazienti con SM, il farmaco provoca la sovraregolazione (upregulation) dei geni antiossidanti Nrf2-dipendenti (ad es. NAD(P)H deidrogenasi, chinone 1; [NQO1]). Negli studi preclinici e clinici, il farmaco ha dimostrato proprietà anti-infiammatorie e immunomodulatorie. Infatti, in modelli preclinici, il dimetilfumarato, ed il suo metabolita monometilfumarato hanno ridotto significativamente l’attivazione delle cellule del sistema immunitario ed il successivo rilascio di citochine pro-infiammatorie in risposta a stimoli infiammatori. Negli studi di fase 3 la conta linfocitaria media è diminuita del 30% circa rispetto al valore basale nel corso del primo anno, con una successiva fase di stabilizzazione. Tuttavia, non è noto il meccasimo attraverso il quale il farmaco provochi tale linfopenia1-3.
Efficacia clinica
L’efficacia del dimetilfumarato è stata dimostrata in due studi randomizzati, in doppio cieco, controllati con placebo, della durata di 2 anni, DEFINE e CONFIRM, nei quali sono stati arruolati 2.651 pazienti affetti da SM recidivante-remittente2,3. Non sono stati inclusi pazienti con forme progressive di SM. I criteri di inclusione prevedevano, tra gli altri, una disabilità neurologica valutata alla scala EDSS (Expanded Disability Status Scale) compresa tra 0 e 5 incluso, e almeno 1 recidiva durante l’anno precedente la randomizzazione o, almeno una lesione captante gadolinio (Gd+) alla RMN Encefalo effettuata entro 6 settimane dalla randomizzazione. Nello studio CONFIRM è stato incluso un braccio di confronto a singolo cieco (rater-blinded) di trattamento con glatiramer acetato3. Rispetto al placebo, i soggetti trattati con dimetilfumarato hanno presentato una riduzione significativa della proporzione di soggetti con ricaduta a 2 anni (end-point primario dello studio DEFINE) e del tasso annualizzato di ricaduta (ARR) a 2 anni (end-point primario dello studio CONFIRM)2, 3. Una analisi post-hoc ha permesso di dimostrare, in un sottogruppo di pazienti con alta attività di malattia, un effetto consistente del trattamento sulle ricadute4.
Effetti indesiderati
Le reazioni avverse più comuni (incidenza ≥10%) per i pazienti trattati con dimetilfumarato sono state il rossore (flushing) e disturbi gastrointestinali (diarrea, nausea, dolore addominale, dolore addominale superiore). Il flushing ed i disturbi gastrointestinali si verificano con maggiore frequenza agli inizi della terapia, soprattutto durante il primo mese. Tuttavia, nei pazienti soggetti a rossore ed eventi gastrointestinali, questi possono continuare a verificarsi in modo intermittente anche dopo il primo mese di terapia. Negli studi clinici controllati con placebo e non controllati, 2.468 pazienti in totale hanno ricevuto dimetilfumarato e sono stati seguiti per periodi fino a 4 anni con un’esposizione complessiva equivalente a 3.588 anni-persona. L’esperienza negli studi clinici non controllati è coerente con l’esperienza negli studi clinici controllati con placebo1-3. Recentemente è stato segnalato un caso di Leucoencefalopatia Multifocale Progressiva (PML) in un paziente trattato con dimetilfumarato. La PML è una rara infezione cerebrale causata dalla riattivazione del virus JC. È associata all’immunodepressione ed all’esposizione ad alcune terapie come ad esempio il natalizumab, anticorpo monoclonale indicato per il trattamento della SM. Il paziente che ha sviluppato la PML durante il trattamento con dimetilfumarato non era stato in precedenza trattato con natalizumab. L’AIFA raccomanda particolare attenzione al monitoraggio della conta linfocitaria dei pazienti in trattamento con dimetilfumarato.
Gravidanza
Attualmente non sono disponibili dati sull’uso del dimetilfumarato nelle donne in gravidanza. Gli studi condotti negli animali hanno dimostrato la tossicità riproduttiva, pertanto, al momento, il dimetilfumarato non è raccomandato durante la gravidanza e nelle donne in età fertile che non fanno uso di contraccettivi appropriati1.
Bibliografia
1. TECFIDERA. Riassunto delle caratteristiche del prodotto (RCP).
2. Gold R et al. Placebo-controlled phase 3 study of oral BG-12 for relapsing multiple sclerosis. N Engl J Med 2012 Dec 13; 367(24):2362.
3. Fox RJ et al. Placebo-controlled phase 3 study of oral BG-12 or glatiramer in multiple sclerosis. N Engl J Med 2012 Sep 20; 367(12):1087-97.
4. Bar-Or A et al. Clinical efficacy of BG-12 (dimethyl fumarate) in patients with relapsing-remitting multiple sclerosis: subgroup analyses of the DEFINE study. J Neurol 2013 Sep; 260(9):2297-305.
Data di Redazione 03/2015
Dimetilfumarato è un nuovo farmaco orale per il trattamento di prima linea dei pazienti con SM recidivante-remittente.
Negli studi clinici ha dimostrato di essere in grado di ridurre il rischio di ricadute dei pazienti con SM recidivante-remittente fino al 50%.
Se questo dato venisse confermato da studi di confronto con i classici farmaci di prima linea già in uso, ne sancirebbe la superiorità in termini di efficacia. Il profilo di sicurezza complessiva è buono, tuttavia particolare attenzione va posta al monitoraggio della conta leucocitaria ed alla gestione degli eventi avversi precoci (flushing e disturbi gastrointestinali), che potrebbero determinare una sospensione precoce della terapia.
L’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) ha emanato una nuova raccomandazione per medici e pazienti al fine di minimizzare i rischi di leucoencefalopatia multifocale progressiva (PML) nei pazienti con sclerosi multipla trattati con dimetilfumarato. La PML è un’infezione cerebrale rara causata dal virus John Cunningham, che è molto comune nella popolazione generale ed è normalmente innocuo. Tuttavia, nei soggetti immunocompromessi può portare alla PML, con sintomi che possono essere simili a quelli di una riacutizzazione della sclerosi multipla e può provocare grave disabilità o morte.
Ad oggi si sono verificati 3 casi di PML in pazienti che in precedenza non avevano assunto altri farmaci noti per essere associati a tale rischio. Questi casi si sono verificati dopo un lungo periodo di trattamento in soggetti che avevano livelli molto bassi di linfociti, un tipo di globuli bianchi. È inoltre noto che una piccola percentuale di pazienti trattati con dimetilfumarato sviluppa una severa riduzione dei linfociti. Nel novembre 2014, dopo aver ricevuto la segnalazione del primo caso di PML, l’EMA ha iniziato una valutazione di questo rischio.
Attualmente, l’Agenzia Europea per i Medicinali raccomanda che venga eseguito un esame emocromocitometrico completo prima di iniziare il trattamento con dimetilfumarato e ogni 3 mesi durante il trattamento. Deve poi essere eseguita una risonanza magnetica nucleare basale come riferimento (di norma entro 3 mesi). Se durante il trattamento i linfociti scendono a livelli molto bassi per più di 6 mesi, il medico dovrebbe considerare l’interruzione del trattamento. Se viene continuato, i pazienti devono essere attentamente monitorati.