Andrea Cipriani Dip. di Medicina e Sanità Pubbl., Sez. di Psichiatria Università di Verona
Corrado Barbui Dip. di Medicina e Sanità Pubbl., Sez. di Psichiatria Università di Verona
Introduzione
Negli ultimi anni il mercato degli antidepressivi si è progressivamente ampliato sia in termini di nuovi composti disponibili nel trattamento della depressione sia in termini di nuove indicazioni per farmaci già in commercio. Tra queste ultime vi è quella, sempre più insistente, che suggerisce l'utilizzo degli antidepressivi in specifici disturbi dello spettro ansioso come, per esempio, il disturbo d'attacchi di panico o il disturbo ossessivo-compulsivo, ed anche in disturbi più sfumati, dai confini meno netti, molto frequenti nella popolazione generale, come il disturbo d'ansia generalizzato e, soprattutto, l'insonnia.
Per contrastare i problemi d'insonnia vi sono presidi non farmacologici ed interventi farmacologici. Tra questi ultimi, le benzodiazepine rappresentano il trattamento d'elezione in quanto molto efficaci in tempi rapidi. Le benzodiazepine, tuttavia, sono gravate da effetti indesiderati e dal rischio di dipendenza e abuso. Questi problemi si manifestano soprattutto nei pazienti che le utilizzano da molto tempo e negli anziani. Spesso, sono proprio i soggetti anziani ad utilizzare a lungo le benzodiazepine moltiplicando così i rischi associati al loro impiego. Per questo motivo, nella pratica clinica dei medici di medicina generale, si è progressivamente affermata l'abitudine di gestire i problemi di insonnia dell'anziano mediante un trattamento farmacologico alternativo alle benzodiazepine, per esempio mediante la somministrazione di antidepressivi in generale e, tra questi, del trazodone in particolare1.
Scopo di questo articolo è rivedere sistematicamente la letteratura oggi disponibile alla ricerca di evidenze scientifiche (revisioni sistematiche e studi clinici randomizzati) che valutino l'efficacia e la tollerabilità del trazodone nel trattamento dell'insonnia nei pazienti con età superiore ai 65 anni.
Insonnia: definizione ed epidemiologia
Secondo una definizione molto generale, l'insonnia può essere considerata come la percezione di sonno inadeguato e può essere suddivisa in tre categorie:
difficoltà a prendere sonno
difficoltà a mantenere il sonno (caratterizzata da risvegli notturni)
difficoltà a riposare durante il sonno (sonno non ristoratore)2.
Da un punto di vista nosografico, invece, l'insonnia è ricondotta a quattro categorie: disturbo primario del sonno; disturbo del sonno in relazione con disturbo mentale; disturbo del sonno secondario a patologia medica organica e disturbo del sonno indotto da farmaci3.
A sua volta, poi, secondo un parametro temporale, l'insonnia viene classificata come transitoria (episodica), di breve durata (giorni o qualche settimana) o cronica (mesi o anni)3. La frequenza, la durata e la gravità del disturbo del sonno in un paziente con un quadro cronico di insonnia, inoltre, possono variare nonostante la relativa stabilità della causa sottostante4. Sebbene episodi occasionali di sonno disturbato siano comuni e senza effetti a lungo termine, l'insonnia cronica può intaccare la qualità di vita e il funzionamento quotidiano, causare disturbi cognitivi o del tono dell'umore e aumentare durante il giorno il rischio di incidenti domestici, stradali e sul lavoro5. Da tempo è noto come le lamentele legate al sonno siano frequenti soprattutto tra le persone anziane6. In uno studio condotto dal National Institute of Aging per valutare la frequenza di cinque comuni disturbi legati al sonno (difficoltà all'addormentamento, difficoltà a svegliarsi o risveglio troppo precoce, bisogno di un riposo pomeridiano, sensazione di mancato riposo notturno) in un campione di 9.000 persone di età superiore ai 65 anni, meno del 20% dei partecipanti ha avuto solo raramente o addirittura mai alcun tipo di disagio, mentre oltre la metà ha riportato almeno uno dei disturbi citati, riferendolo presente per gran parte del tempo. Una percentuale tra il 23% e il 34% del campione aveva i sintomi dell'insonnia e tra il 7% e il 15% raramente o mai si sentiva riposato dopo il risveglio mattutino. In un'analisi multivariata si è visto come i sintomi lamentati fossero associati ad un aumentato numero di sintomi respiratori, disabilità fisiche e sintomi depressivi7. I processi patologici comunemente visti negli anziani contribuiscono significativamente all'insorgenza dei disturbi del sonno nei pazienti geriatrici: si è visto infatti che, in strutture di lungo degenza, fino a due terzi dei residenti ha problemi di questo genere8,9. Alcuni ricercatori, nel tentativo di fornire una stima attendibile dell'utilizzo di farmaci ipnoinducenti tra la popolazione senile, hanno trovato che il 34% delle persone ospedalizzate fa uso di questo tipo di composti, mentre tra le persone sopra i 65 anni che vivono da sole, l'assunzione di benzodiazepine riguarda il 12% delle donne e il 9% degli uomini10,11.
Evidenze sempre più consistenti, tuttavia, hanno rilevato come con l'aumentare dell'età si modifichi l'architettura stessa del sonno. Mentre adolescenti e giovani adulti dormono in media 8 ore al giorno, con l'invecchiamento il tempo tende a diminuire, fino ad arrivare a meno di 6 ore negli anziani: viene ridotto il sonno profondo ad onde lente (stadi 3 e 4), con un aumento del sonno leggero (stadi 1 e 2)12. Con l'invecchiamento il sonno diventa più frammentato, diminuisce la "sleep efficiency" (il rapporto tra il tempo passato dormendo rispetto al tempo trascorso a letto) e c'è anche una riduzione nella proporzione di sonno REM e non-REM: se un neonato normalmente ha un rapporto tra sonno REM e non-REM attorno al 50%, questo può arrivare al 20% durante la mezza età e ancora meno nell'anziano13-15.
Il trazodone
Il trazodone è una triazolopiridina derivata, con una debole ma specifica attività inibitoria nei confronti della ricaptazione della serotonina a livello sinaptico e con una documentata attività sul sistema nervoso centrale e periferico16,17. Il trazodone possiede anche un'attività rilevante come antagonista degli alfa-adrenocettori (soprattutto alfa1), moderata attività anti-istaminica e quasi nulla attività anticolinergica18 - 21. Queste proprietà farmacologiche spiegano l'utilizzo che ne viene fatto come farmaco ipnoinducente. Queste caratteristiche farmacologiche, tuttavia, rendono pure conto di rilevanti effetti indesiderati: rischio aritmogenico dovuto al blocco degli alfa-adrenocettori (allungamento del QTc), ipotensione ortostatica, diminuzione della frequenza cardiaca, priapismo, sonnolenza diurna e sedazione eccessiva22-27.
Metodi impiegati nel reperimento delle informazioni
Allo scopo di rivedere la letteratura sperimentale sull'efficacia dell'utilizzo del trazodone nell'insonnia dell'anziano, è stata effettuata una ricerca bibliografica sistematica, aggiornata all'aprile 2003.
I seguenti archivi elettronici sono stati impiegati:
1. CINHAL (dal 1982 all'aprile 2003 III settimana) 2. EMBASE (dal 1980 al 2003 XVII settimana) 3. MEDLINE (dal 1966 all'aprile 2003 III settimana) 4. PREMEDLINE (fino al 30 aprile 2003) 5. PsycINFO (dal 1872 all'aprile 2003 IV settimana)
La combinazione di questi termini, una volta rimossi i duplicati, ha portato al risultato di 243 articoli sull'argomento. Non sono state fatte restrizioni né di lingua né di altro tipo nella ricerca.
Risultati
Dalla ricerca condotta, non è stata identificata alcuna revisione sistematica della letteratura né alcuno studio clinico randomizzato, che abbiano valutato efficacia e tollerabilità del trazodone nella terapia dell'insonnia nel paziente anziano. Sono state trovate revisioni narrative, studi retrospettivi e un trial clinico non randomizzato. Questi articoli, per inadeguatezza metodologica, tipologia del campione, differenti obiettivi dello studio o mancanza di gruppo di controllo, non possono essere considerati adeguati e quindi non sono stati inclusi nei risultati28-32.
Commento
L'assoluta mancanza di evidenze sperimentali non consente di esprimere alcun giudizio riguardo l'efficacia e la tollerabilità del trazodone nella terapia dell'insonnia negli anziani. Nonostante l'assenza di dati, il trazodone è molto utilizzato nella pratica clinica sia nei pazienti anziani in genere, sia in gruppi di pazienti con patologie degenerative a carico del sistema nervoso centrale (malattia di Alzheimer)33,34. Oltre ad essere molto utilizzato, è anche un farmaco di cui si scrive molto, come testimoniano i 243 articoli identificati sull'argomento.
Sebbene vi sia il rischio di importanti effetti indesiderati, una possibile ragione che spiegherebbe la diffusione di questa pratica terapeutica potrebbe essere il tentativo di sfruttarne l'azione sedativa, senza correre rischi di assuefazione e dipendenza, tipici di altri farmaci ipno-inducenti (primi fra tutti le benzodiazepine). Se è pur vero che alcuni studi hanno mostrato come un'attività H1 anti-istaminica aumenti la sonnolenza in individui normalmente sani, nessuno studio ha ancora chiaramente stabilito la dose alla quale si manifesta l'effetto ipno-inducente in pazienti che soffrono di insonnia35.
Lo stato attuale delle nostre conoscenze in materia, quindi, non ci consente di considerare il trazodone come farmaco di comprovata efficacia nel trattamento dell'insonnia nel paziente anziano.
Implicazioni cliniche
Il problema della terapia dell'insonnia, soprattutto a lungo termine, nei pazienti anziani, non ha, ad oggi, una soluzione semplice rapida ed efficace che i medici di medicina generale possono utilizzare in pratica. Dell'effetto del trazodone in questi soggetti non è noto nulla, di altri farmaci si conoscono i rischi e i problemi associati al loro uso. Diviene dunque necessario gestire la questione in maniera complessa, considerando un trattamento farmacologico assieme ad altri presidi terapeutici (miglioramento dell'igiene del sonno, interventi non farmacologici, vedi IsF 1998; 22: 91-97)36, per aumentare l'efficacia globale dell'intervento stesso e ridurre al minimo il rischio di complicanze iatrogene.
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