Una possibile integrazione tra medicina generale ed ospedale?
La Redazione
Questo articolo prende larghi spunti da una rassegna sull'argomento pubblicata su British Medical Journal2002; 325:1408-120.
Wright PJ et al. "Managing acute renal colic across the primary-secondary care interface: a pathway of care based on evidence and consensus
La colica renale acuta rappresenta un evento comune, spesso ricorrente, che ha una incidenza annua di 1-2 casi ogni 1.000 soggetti adulti; considerando l'intero corso della vita, il rischio di colica renale può essere stimato nell'ordine del 10-20% per i maschi e del 3-5% per le femmine.
Si tratta di una emergenza che richiede un'azione rapida ed efficace, ma che difetta di indicazioni precise, documentate, su quali siano i comportamenti più idonei da tenere. Questa incertezza è tipica di tutte le situazioni nelle quali una pratica ospedaliera viene trasferita tout court nella medicina generale. Come spesso succede nelle situazioni di "confine", in assenza di un iter condiviso di trattamento, ogni medico di medicina generale agisce autonomamente sulla base della propria "esperienza". Chiamato urgentemente al domicilio dell'assistito, il medico ha di fronte un paziente che lamenta un dolore lancinante e può trovarsi in difficoltà nel decidere quale farmaco usare, se optare per il ricovero immediato o per una presa in carico diretta che ha contorni vaghi di follow up. In alcuni pazienti, per il resto in buona salute, inviati in ospedale, il dolore si attenua durante il tragitto o subito dopo la dimissione dall'ospedale per l'analgesico somministrato dal medico prima del ricovero a dimostrazione di come, talora, il ricovero sia dettato più da ragioni di opportunità (il timore di dover rivisitare il paziente in caso di fallimento terapeutico) che da una reale necessità. In altri casi vengono richiesti esami strumentali per immagini a troppa distanza dall'episodio acuto che non trovano giustificazione.
La revisione della letteratura più accreditata e la classificazione delle evidenze disponibili sulla base del grado di affidabilità (v.box) possono essere il primo passo per definire le regole essenziali per una buona pratica clinica. Va detto, tuttavia, che buona parte delle raccomandazioni che ne derivano si basa su studi non analitici o sulla opinione di esperti. Inoltre, per le implicazioni dirette che ha sull'ospedale, il trattamento della colica renale non può essere affrontato in modo unilaterale, ma deve essere considerato una occasione per far interagire gli specialisti ospedalieri (urologi e radiologi) e i medici di medicina generale. Quella che segue è una proposta di protocollo che intende sollecitare riflessioni, critiche, e suggerimenti dagli operatori coinvolti nei due diversi livelli assistenziali, in attesa di una verifica sul campo.
Come affrontare l'emergenza
Il paziente che presenta sintomi acuti da colica renale deve essere visitato dal medico entro 30 minuti (raccomandazione di grado D; livello di evidenza 3-4; v. box). In caso contrario deve essere ricoverato presso il pronto soccorso dell'ospedale più vicino. Diagnosi
La diagnosi va fatta sul sintomo dolore che è tipicamente improvviso, intenso, origina da un fianco per poi irradiarsi nell'addome o nella regione genitale (raccomandazione di grado C; livello di evidenza 3-4; v. box).
L'uso di una scala analogica visiva può essere utile, ma la valutazione della gravità del dolore può essere fatta direttamente dal medico di medicina generale. Eventuali altre cause di dolore pelvico da prendere in considerazione, e che richiedono l'ospedalizzazione immediata, sono l'aneurisma dissecante dell'aorta addominale, soprattutto in pazienti con più di 60 anni o una gravidanza ectopica nelle pazienti giovani con un ritardo mestruale (v. box).
Analisi delle urine: si o no?
L'ematuria conferma la diagnosi (raccomandazione di grado C; livello di evidenza 2++; v.box).
In più dell'80% dei pazienti con colica renale acuta, l'analisi delle urine rileva la presenza di sangue. Idealmente, quando sia possibile praticarlo sul posto (con le apposite strisce reattive), l'esame delle urine andrebbe fatto; in assenza di ematuria, vanno prese in considerazione diagnosi alternative. Tuttavia, non sempre è possibile raccogliere un campione di urina (non tutti i pazienti riescono ad urinare) e la presenza di mestruazioni può essere un fattore confondente.
Esame obiettivo
Un esame ottimale si basa sulla palpazione dell'addome per stabilire la sede di massima dolorabilità per escludere l'eventuale presenza di peritonite e sulla attenta valutazione dei segni vitali (frequenza cardiaca, pressione arteriosa e temperatura corporea) al fine di escludere uno stato di shock e una infezione sistemica (raccomandazione di grado C o D; livello di evidenza 2-; v.box). I pazienti con shock o con febbre devono essere ricoverati rapidamente in ospedale (v. box). Trattamento
Dopo aver visitato il paziente, è necessario somministrare senza esitazione un analgesico onde ottenere una attenuazione del dolore nell'arco di circa mezz'ora (raccomandazione di grado A; livello di evidenza 1-; v. box).
Un controllo completo o accettabile del dolore può essere mantenuto per 6 o più ore. L'iniezione intramuscolare è la via di somministrazione elettiva per un analgesico; la somministrazione orale o rettale sono inaffidabili, mentre la via endovenosa risulta impraticabile al domicilio del paziente. Viene raccomandato l'impiego di un farmaco antinfiammatorio non steroideo (FANS), preferibilmente il diclofenac 75 mg. Nei pazienti in cui il FANS sia controindicato, va impiegato un oppiaceo come la morfina (10mg), eventualmente associata ad un antiemetico (v.flow-chart).
Ricovero in ospedale
I pazienti che non rispondono al trattamento analgesico entro 1 ora devono essere immediatamente ricoverati in ospedale (raccomandazione di grado D; livello di evidenza 4; v. box).
L'effetto dell'analgesico può essere valutato telefonicamente, senza doversi recare una seconda volta al domicilio del paziente. Se il dolore non si riduce nell'arco di 60 minuti è bene ricoverare il paziente in ospedale organizzando il trasferimento per telefono. Nel caso in cui, una volta scomparso, il dolore dovesse ripresentarsi è consigliabile ricoverare il paziente (v.flow-chart). Una soluzione potrebbe consistere nel lasciare al paziente alcune compresse o supposte di analgesico perché le possa utilizzare autonomamente sulla base di precise istruzioni scritte. I pazienti trattati a casa devono essere incoraggiati ad assumere molti liquidi e, se possibile, raccogliere l'urina in un vaso per scoprire la presenza di eventuali calcoli, utili ai fini diagnostici.
Follow up
Dopo un'ora dalla prima visita e dalla somministrazione dell'analgesico, il medico deve mettersi in contatto telefonico col paziente (raccomandazione di grado D; livello di evidenza 4; v.box).
Il paziente va informato di rivolgersi al medico se il dolore peggiora o compaiono sintomi imprevisti o più disturbanti. Nei pazienti nei quali il dolore si risolve, costituiscono parte importante del follow up le indagini che consentono di rispondere ai seguenti interrogativi:
Il calcolo è stato identificato? Se sì, quanto era grande e dov'era localizzato?
Se il calcolo è ancora presente, è necessario un intervento specifico per rimuoverlo?
Se non si è trovata traccia di calcoli, si deve prendere in considerazione una diagnosi alternativa?
Un piano di trattamento concordato tra assistenza primaria e secondaria
Un approccio multidisciplinare concordato tra medicina di base e ospedale può facilitare il trattamento del paziente (raccomandazione di grado D; livello di evidenza 4; v. box).
Si potrebbe prevedere una sorta di percorso accelerato per il medico di medicina generale che gli permetta di sottoporre il paziente ad una ecografia o una TAC spirale entro 7 giorni dall'evento acuto e alla visita dell'urologo entro i successivi 7 giorni in caso venga identificato un calcolo. Copia degli esisti dell'esame strumentale per immagini dovrebbe essere inviata al medico prima della visita dell'urologo.
Le raccomandazioni generali e il modello organizzativo sono piuttosto semplici, ora si tratta di metterli in pratica e di raccogliere tutte quelle informazioni sulla efficacia, la sicurezza e sul grado di praticabilità che sono indispensabili per non farli rimanere solo "buone intenzioni".