Può la cura delle malattie del fegato partire dall'intestino?
Un modello di ricerca traslazionale
Marica Cariello, Carlo Sabbà, Antonio Moschetta Dipartimento Interdisciplinare di Medicina Interna, Università degli studi di Bari "Aldo Moro"
Gli acidi biliari sono prodotti del catabolismo del colesterolo e vengono sintetizzati nel fegato e rilasciati nell’intestino dopo un pasto. La loro funzione è quella di favorire la solubilizzazione, la digestione e l’assorbimento di grassi, colesterolo e vitamine liposolubili. La maggior parte degli acidi biliari è riassorbita a livello dell’ileo e trasportata al fegato per essere nuovamente secreta nella colecisti1. Alterazioni nel metabolismo degli acidi biliari sono associate a gravi patologie epatiche come la colestasi e l’epatocarcinoma. L’omeostasi degli acidi biliari è finemente regolata dal recettore nucleare Farnesoid X Receptor (FXR). I recettori nucleari sono la più grande famiglia di fattori di trascrizione presente nel genoma umano ed hanno la caratteristica di indurre l’espressione dei geni target una volta attivati dai loro “ligandi” endogeni. La maggior parte di questi recettori sono già target terapeutici, come i PPARs, attivati da ligandi chimici nella cura dell’ipertrigliceridemia e del diabete mellito o come i recettori degli estrogeni, antagonizzati da ligandi chimici nella cura del tumore della mammella. FXR è il recettore nucleare che viene attivato dagli acidi biliari primari, acido colico e chenodesossicolico, che rappresentano i primi prodotti di degradazione del colesterolo nel fegato. La sintesi degli acidi biliari, dunque, avviene nel fegato a partire dal colesterolo e la concentrazione degli stessi acidi biliari è in grado di regolare la loro sintesi attraverso un meccanismo di feedback negativo di cui FXR è l’attore principale.
A livello epatico, infatti, FXR riduce la conversione del colesterolo in acidi biliari diminuendo l’espressione dell’enzima chiave di questo processo: il citocromo P450A1 (CYP7A1)2,3. Inoltre, il recettore nucleare promuove la secrezione della bile inducendo l’espressione di due geni: bile salt export pump (ABCB11) e multidrug resistant protein 2 (ABCB4) che trasportano rispettivamente gli acidi biliari e la fosfatidilcolina a livello canalicolare4. Infatti, studi su topi omozigoti knock-out per ABCB11 hanno mostrato un’alterazione radicale del flusso di bile con una riduzione di circa il 30% del trasporto di acidi biliari. Allo stesso tempo, l’analisi fenotipica di topi omozigoti knock-out per ABCB4 ha rilevato la completa assenza dei fosfolipidi nella bile ed una riduzione del 50% negli animali eterozigoti. Entrambi modelli murini mutati presentano le caratteristiche di colestasi, infiammazione, fibrosi e suscettibilità ad epatocarcinoma. Studi su mutazioni riguardanti ABCB11 ed ABCB4 nell’uomo hanno dimostrato che sono responsabili rispettivamente della colestasi intraepatica familiare (PFIC) di tipo II e III. La concomitante attivazione dipendente da FXR di ABCB11 e ABCB4 ha un importante valore fisiologico poiché la citotossicità degli BA è ridotta grazie alla loro secrezione nella bile insieme ai fosfolipidi. La rilevanza traslazionale di questi studi è data dal fatto che mutazioni nei geni ABCB4 e ABCB11 sono causa di patologie rare come le colestasi familiari progressive a prognosi severa che vedono oggi come unico trattamento nelle forme più gravi il trapianto epatico e che hanno evoluzione verso epatocarcinoma già in giovane età. La potenziale identificazione di nuovi farmaci in grado di ridurre la concentrazione tossica degli acidi biliari nel parenchima epatico attraverso per esempio la attivazione di FXR o la secrezione dell’ormone intestinale FGF19 (vedi in basso) potrebbe rappresentare una rivoluzione nella cura di queste patologie orfane di terapia.
A livello intestinale, FXR stimola il riassorbimento ed il riciclo degli acidi biliari. In particolar modo, gli acidi biliari legandosi ed attivando FXR inducono l’espressione del fibroblast growth factor 15/19 (rispettivamente nel topo e nell’uomo), un ormone che secreto nella vena porta è in grado di raggiungere il fegato, determinando una riduzione dell’espressione di CYP7A14, e quindi di guidare il feedback negativo intestino-fegato nella regolazione pluriorgano del pool totale degli acidi biliari stessi. La scoperta di questo ormone intestinale, o enterochina, che nell’uomo si chiama FGF19 ha aperto nuove strade non solo nella conoscenza della patogenesi di una serie di condizioni legate ad infiammazione e fibrosi epatica indotte da acidi biliari ma anche nella potenziale capacità terapeutica tanto che analoghi dello stesso ormone FGF19 sono in studi di fase 3 per la cura di patologie epatiche come colestasi e steatoepatite.
L’importanza di FXR nella riduzione della sintesi degli acidi biliari è stata dimostrata mediante studi condotti su topi FXR knock-out, i quali mostrano incremento del pool di acidi biliari, aumento dell’espressione di citochine pro-infiammatorie, resistenza all’apoptosi ed iper-proliferazione cellulare in grado di determinare lo sviluppo di epatocarcinoma spontaneo all’età di 12-16 mesi5. Il modello murino over-esprimente FXR solo a livello intestinale (iVP16FXR) è invece protetto dalla colestasi in quanto l’attivazione del recettore nucleare nell’intestino riduce la sintesi degli acidi biliari a livello epatico e ne aumenta lo smaltimento intestinale attraverso proprio l’asse intestino fegato guidato dall’ormone FGF15/196. Infatti, l’attivazione intestinale del recettore FXR è in grado di proteggere dai tumori epatici ripristinando la pathway di FGF15/19 ed incrementando la detossificazione degli acidi biliari. In particolar modo, l’attivazione di FXR nell’intestino protegge anche il fegato riducendo infiammazione, proliferazione e deposizione di collagene7. Quindi, FXR è un modulatore negativo dell’infiammazione epatica e dell’elevata crescita delle cellule del fegato. Pertanto, la modulazione farmacologica di FXR e dell’asse FGF15/19 nell’intestino potrebbe bona fide rappresentare un’ottima opzione terapeutica per i pazienti con tumore del fegato e colestasi.
L’attivazione di FXR come opzione terapeutica per colestasi ed epatocarcinoma
La colestasi è una malattia del fegato caratterizzata da un alterato o ridotto flusso biliare dovuto ad un difetto nel processo di formazione o di transito della bile che colpisce gli epatociti o i colangiociti provocando un’ostruzione fisica dei dotti biliari. L’interruzione della circolazione entero-epatica e l’accumulo di acidi biliari tossici giocano un ruolo chiave nel danno epatico associato alla colestasi, determinando morte cellulare ed infiammazione e promuovendo lo sviluppo di tumori epatici, come in pazienti affetti da forme gravi di colestasi intraepatica familiare che sviluppano epatocarcinoma in giovane età. L’epatocarcinoma rappresenta il più comune tumore del fegato ed una delle principali cause di morte con più di 695.000 decessi annui nel mondo. Epatite B e C, epatopatia alcolica, malattie metaboliche del fegato come la steatoepatite non alcolica, l’emocromatosi e la mancanza di α1-antitripsina rappresentano i principali fattori di rischio per lo sviluppo di cirrosi e successivo epatocarcinoma8. Nonostante l’evoluzione delle terapie chirurgiche e non, per il trattamento di questa patologia sono necessarie ulteriori opzioni terapeutiche. In questo scenario, gli agonisti di FXR potrebbero rappresentare una classe di farmaci con un elevato potenziale terapeutico per i pazienti affetti da colestasi ed epatocarcinoma indotto da elevate concentrazioni di acidi biliari.
Agonisti sintetici e semi-sintetici di FXR, con un’elevata affinità per questo recettore nucleare, sono stati testati con successo in modelli animali di colestasi ed epatocarcinoma. Studi iniziali condotti su modelli murini di colestasi trattati con l’agonista di FXR, GW4064, hanno dimostrato che questo composto è in grado di ridurre l’espressione dei geni necessari alla sintesi e al trasporto degli acidi biliari, ma la sua bassa emivita ne ha ridotto l’utilità clinica9. In aggiunta, l’attivazione farmacologica di FXR determina l’aumento dell’ormone FGF19, riducendo la sintesi epatica di acidi biliari e proteggendo quasi totalmente dal danno epatico. In modelli murini, però, l’over-espressione di FGF19 è stata associata di per sé allo sviluppo di epatocarcinoma. Infatti l’ormone FGF19 ad alte concentrazioni e somministrato cronicamente si è dimostrato in grado di essere tumorigenico. Recentemente, infatti, per studiare il potenziale potere terapeutico di FGF19 è stata disegnata una variante non tumorigenica di FGF19, in grado di ridurre la produzione di acidi biliari nell’uomo, mantenendo tutte le azioni pro-metaboliche ma senza la funzione protumorale dovuta all’attivazione di strade recettoriali specifiche nel fegato. In modelli murini di colestasi, questo peptide è in grado di migliorare il danno epatico riducendo l’espressione di CYP7A1 e il pool di acidi biliari, candidandosi anche come potenziale farmaco per il trattamento della colestasi intraepatica familiare. In trial clinici di fase I e II già conclusi, la somministrazione della variante di FGF19 non tumorigenica ha determinato una riduzione degli acidi biliari senza apparenti effetti collaterali10.
Tornando agli attivatori di FXR, in modelli murini di colestasi, l’acido obeticolico [OCA, o acido 6-ethyl chenodeossicolico (6-ECDCA)] si è dimostrato in grado di ridurre il flusso biliare, migliorando l’outcome della malattia. Nell’uomo questo farmaco ha significativamente e notevolmente migliorato i livelli di fosfatasi alcalina, bilirubina, γ-GT ed ALT in pazienti con colangite biliare primitiva, ma ad alte dosi è stata segnalata la presenza di prurito11.
Il primo agonista di FXR usato nella pratica clinica: l’acido obeticolico
Approvato in Europa nel 2016 e ammesso in Italia nel 2017, l’acido obeticolico (OCA) è attualmente utilizzato per il trattamento della colangite biliare primitiva, una malattia epatica cronica rara che colpisce circa 13.000 persone in Italia. In origine, l’OCA è stato studiato per le sue proprietà anti-colestatiche ed epato-protettive: numerosi studi preclinici e clinici sono stati condotti su questo farmaco per il trattamento di patologie correlate all’epatocarcinoma come l’epatopatia non alcolica (NAFLD) e la steato-epatite non alcolica (NASH). Studi preclinici hanno anche dimostrato che l’OCA è in grado di regolare il metabolismo lipidico e glucidico e di inibire la risposta infiammatoria, determinando anche una riduzione della fibrosi epatica e prevenendo l’insorgenza della cirrosi e della infiammazione intestinale12. Visti i risultati sul ruolo di OCA ed FXR nel metabolismo lipidico e nella fibrosi epatica, oltre agli studi clinici sulla colangite biliare primitiva, sono stati intrapresi studi clinici su pazienti con NAFLD e NASH. Nel primo studio clinico di fase II sono stati arruolati pazienti con diabete di tipo 2 e NAFLD ai quali è stato somministrato placebo o OCA alla concentrazione di 25 mg e 50 mg per 6 settimane13. Questo studio ha dimostrato che il farmaco ha effetti benefici sull’uptake di glucosio epatico e periferico grazie ad un miglioramento dell’insulino-sensibilità. Tuttavia, a causa della breve durata del trattamento non sono stati valutati parametri clinici importanti come l’emoglobina glicata. Inoltre, è stata osservata una significativa perdita di peso dose-dipendente nei pazienti trattati con OCA ed un miglioramento della fibrosi epatica, dimostrando una buona sicurezza e tollerabilità del farmaco13. In seguito ai risultati ottenuti, è stato poi effettuato lo studio FXR Ligand NASH Treatment (FLINT) in cui sono stati arruolati circa 280 pazienti americani affetti da NASH somministrando placebo o 25 mg di OCA per 72 settimane14. I pazienti trattati con OCA hanno mostrato un miglioramento epatico dal punto di vista istologico, caratterizzato da una riduzione della fibrosi, della steatosi e dell’infiammazione lobulare. Inoltre, il trattamento con OCA è stato associato a riduzione del peso corporeo e della pressione sanguigna. Va sottolineato però che il 23% dei pazienti trattati con il farmaco ha manifestato prurito14 e che una certa cautela va mantenuta sugli effetti a carico del metabolismo del colesterolo per l’eventuale aumento della concentrazione dello stesso nel siero dei pazienti. Quindi, lo studio FLINT ha dimostrato che l’OCA è in grado di migliorare le caratteristiche istologiche dei pazienti con NASH ma ulteriori studi sono necessari al fine di chiarire la sicurezza a lungo termine di questo farmaco. Sono peraltro in studio una serie di nuovi composti in grado di attivare FXR e molti di essi hanno struttura chimica differente da quella degli acidi biliari e sono già in fase sperimentale sull’uomo. Pertanto numerosi studi clinici sono in corso sull’uomo sia con composti in grado di attivare FXR, rilevanti in patologie epatiche come colestasi e NASH, sia con analoghi dell’ormone FGF19 che mantengono l’attività prometabolica di questa enterochina ma sono privi dell’attività protumorale.
Al momento la attivazione della regolazione intestinale di FXR e della secrezione dell’ormone FGF19 rappresentano di sicuro una strategia ottimale per proteggere il fegato dall’accumulo di acidi biliari in condizioni di colestasi. La loro riduzione a livello epatico si è poi dimostrata fondamentale per proteggere dall’accumulo di fibrosi e per ridurre la fibrosi stessa una volta diagnosticata in pazienti con NASH. Restano da definire gli effetti a lungo termine di queste terapie e la possibilità di identificare composti o analoghi sempre più target specifici con il minor numero di effetti collaterali. Infine, esiste la speranza che l’effetto antitumorale epatico evidenziato in maniera indiscutibile nei modelli murini possa essere un giorno evidenziato nell’uomo in condizioni a rischio di epatocarcinoma come le colestasi familiari o la stessa NASH. Di sicuro, lo studio dell’asse entero-epatico con la scoperta del ruolo integrato di recettori nucleari come FXR, di enterochine come FGF19 e dello stesso microbiota intestinale rappresenta la scommessa più importante in fisiopatologia e farmacologia.
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