Il titolo corrisponde a quello di un editoriale1 che apre un dossier molto significativo di una rivista certo classificabile tra quelle che in modo più affidabile “annunciano” “futuro” all’interfaccia della ricerca di base e della realtà medica (e sociale). La breve “sintesi” delle prospettive che vengono annunciate, e delle speranze che si aprono, è fornita dalla stessa rivista e val la pena di essere letta come quadro di riferimento: “Dagli organoidi agli studi di popolazione, la salute mentale ha incominciato a rompere e sgranare misteri da lungo tempo inviolati … : questo mese Nature Medicine e Nature Neuroscience presentano, in modo coordinato, contributi diversi che propongono un quadro riassuntivo dei risultati delle prospettive della comunità scientifica nel campo dei disordini neuropsichiatrici”.
Gli orizzonti che sono considerati più suggestivi e promettenti non si possono certo riassumere in questa sede. Il campione bibliografico che si propone come Riquadro vuole facilitare una lettura complessiva (come uno sguardo sinottico) su questo scenario, ben esteso a tante riviste ed interlocutori.
- O'Donovan MC. The implications of the shared genetics of psychiatric disorders. Nat Med 2016; 22:1214-1219. doi: 10.1038/nm.4196. Epub 2016 Oct 26.• Marín O. Developmental timing and critical windows for the treatment of psychiatric disorders. Nat Med 2016;22:1229-1238. doi: 10.1038/nm.4225. Epub 2016 Oct 26.
- Quadrato G, et al The promises and challenges of human brain organoids as models of neuropsychiatric disease. Nat Med. 2016;22:1220-1228. doi: 10.1038/nm.4214. Epub 2016 Oct 26.
- Wager TD, et al. Imaging biomarkers and biotypes for depression. Nat Med 2017;23:16-17. doi: 10.1038/nm.4264.
- Duman RS. Sex-specific disease-associated modules for depression. Nat Med2017;23:1015-1017. doi: 10.1038/nm.4391.
- Estes ML, et al. Maternal immune activation: implications for neuropsychiatric disorders. Science 2016;353:772-7. doi: 10.1126/science.aag3194.
- de la Torre-Ubieta L, et al. Advancing the understanding of autism disease mechanisms through genetics. Nat Med 2016;22:345-61. doi: 10.1038/nm.4071.
- Thinking big in mental health. Nat Med 2018;24:1 doi: 10.1038/nm.4471.
- Wetsman N. Inflammatory illness: Why the next wave of antidepressants may target the immune system. Nat Med 2017; 23: 1009-12.
- The Lancet Summit: Inflammation and Immunity in Disorders of the Brain and Mind, Barcelona, Nov. 15-17, 2018 – Abstracts by May 18, 2018.
È evidente un muoversi che può essere giudicato “a vasto raggio”, o “a tentoni”: tanto va delle speranze di grandi risultati, per tutto: dai “big data”, che incrociano e scavano tutte le connessioni possibili tra database biomolecolari, genetici, socio-amministrativi; a scenari di precision medicine; a meccanismi d’azione che non lasciano fuori nulla, ma che, per infiammazione ed immunologia, evocano fortemente (tanto da suscitare perplessità) “trends” comuni ad oncologia e malattie cardiovascolari.
Lasciando alla curiosità e/o interesse di chi legge l’approfondimento (e la verifica che quanto qui si afferma non è espressione di un bias “ideologico”, ma solo, inevitabilmente, personale), si può tranquillamente dire che questi “orizzonti” dicono solo che non abbiamo nulla di nuovo da aspettare in questa direzione sul breve-medio periodo: nonostante quanto dicono gli ultimi due rimandi del riquadro: si sta pensando in grande in salute mentale, e per fine 2018 c’è perfino un Summit di Lancet che ci aspetta.
Che cosa c’è, ora, e per domani, a disposizione? Partiamo dalla depressione, che un articolo che promette un aggiornamento “ragionevole” ricorda essere (… è una autocitazione di un autore in questo campo globalmente invasivo: perciò molto autorevole!) il primo problema della salute mentale2.
Il collegamento è esplicito con l’invito/speranza ad uscire dall’ombra e allo scoperto citato nella sezione precedente. Contenuti? “Dobbiamo parlare della depressione: tanto: ragionevolmente, per rassicurare ognuno di coloro che ne sono afflitti che è al cuore della nostra attenzione”. Nuovo? Trasparente. Non si ha molto da offrire.
La conferma non è difficile, purtroppo. Ed in modo metodologicamente impressionante. Un trial di non inferiorità tra stimolazione elettrica non invasiva ed escitalopram (in cerca di dosi, sul breve periodo, eseguito a San Paolo del Brasile, ma pubblicato sul NEJM3) dice che di fatto la nuova frontiera ha lo stesso effetto positivo (?), ma certo più effetti collaterali del vecchio farmaco. Da leggere, per l’arroganza e l’irresponsabilità, l’editoriale del NEJM che commenta il trial: non sappiamo come funziona, né come possa servire la stimolazione elettrica, ma val la pena di provare: e se “il diavolo fosse solo la dose”?4.
Purtroppo nulla di nuovo anche in una delle trendy review-metanalisi su tutto lo spettro di disordini mirate a domandarsi se, non importa con che criteri e per quali sottogruppi di pazienti/patologie, sospendere gli AD fa bene o fa male dopo, in media, un anno.
Sembra “bene continuare: ma i dati sono pochi”, e “la cronicità non può essere considerata solo per un anno” o gli “odds” di relapse sono forti: 3,11 (IC: 2,49 – 3,89), ma questa evidenza multipatologica dispersa su 28 studi per poco più di 5.000 pazienti, raccolti lungo più di 20 anni, non è certo molto utilizzabile, se non per avere una buona attenzione ai pazienti reali ed ai loro contesti5.
Più solidamente rappresentativi dei timori di una sottoinformazione esistente sui rischi suicidari, soprattutto, ma non solo in adolescenti6, e più in generale per effetti indesiderati7 sono al contrario i due contributi provenienti dal BMJ.
Niente di nuovo nell’ambito psicosi: un ennesimo trial di non inferiorità, su una popolazione con sintomi negativi8 dice che il nuovo arrivato, cariprazina, non ha vantaggi sul farmaco di riferimento (risperidone: ma chi lo ha scelto?). Dice tuttavia, lo stesso trial, un’altra, più strutturale, non-novità: per includere 500 pazienti, per un’assunzione ridicolmente corta di 6 mesi, ci sono voluti 66 centri in 11 paesi e due anni di tempo: la rappresentatività contestuale, di cure, di culture, di approcci è stata, come si vede, rispettata. L’editoriale che accompagna è molto dolce nel titolo9, molto radicale (nella sua ovvietà) nel contenuto: domanda infatti: ma che senso ha continuare ad usare scale più o meno “validate” per verificare come va la vita di queste popolazioni? A 40 anni dalla 180, e dai tempi in cui era il diritto-capacità di autonomia la “misura di esito” sul lungo periodo, dei pazienti (in Italia, ma non solo, perfino in coorti dell’OMS e Svizzera e …), la “saggezza” della chiusura dell’editoriale non sembra molto d’accordo con la ottimistica definizione di orizzonti proposta come titolo a questa parte del dossier: “… non abbiamo risposte, ma se la ricerca psichiatrica trovasse finalmente un modo fondamentalmente diverso per misurare gli esiti, l’eterno dibattito sui trattamenti potrebbe, chissà, avere fine”. Si potrebbe a questo punto concludere.
Vale la pena, per ragioni di completezza:
b) sottolineare lo stato sempre precario delle “evidenze” relative a screening, intensità, durata, sicurezza, efficacia delle più diverse forme di depressione, (più o meno complicata, con o senza co-morbidità) nelle persone anziane11-12.
c) “la speranza” (… non c’è molto di più) di umanizzare il trattamento con antipsicotici nel delirio di fine vita13 e nella demenza14;
d) la perplessità rispetto ad un trial pubblicato molto bene, ma per lo meno curioso dal punto di vista metodologico [sia per i farmaci utilizzati/confrontati, (aripiprazolo vs bupropione), che per le misure di esito] che sembra voler ri-introdurre la vecchia (ma usatissima, per quel che si dice e si documenta nei dati amministrativi, che certamente sottostimano il problema) “tradizione”, perfettamente infondata, di combinare “in chi non risponde”, o come espressione di “personalized medicine” antidepressivi ed antipsicotici.
Il trial è sostanzialmente “negativo” ma, “può” darsi, “sintomatico”, predittivo di revival15;
e) la preoccupazione di sapere che nelle “società povere” si vogliono fare trial per verificare, prima di garantire, se è giusto e non costa troppo farsi carico del diritto fondamentale dei pazienti ad essere presi sul serio16;
f) la brillante prospettiva, per problemi del costo dei salari a umani, di far parlare dei propri problemi mentali alle macchine17.
P.S. Può essere utile sottolineare ancora una volta che la selezione dei riferimenti è “biased”.
Si è fatta una sola verifica: il monitoraggio di una rivista che incrocia la psichiatria con l’attenzione al suo incrociarsi con la comunità, per esplorare se e quando in quel contesto, c’erano novità utili per la gestione intelligente di farmaci nella pratica assistenziale. La risposta, al di là di una speranzosa selezione/analisi di trenta potenziali articoli di “Community Mental Health”, è stata tanto deludente da non valer la pena essere riportata.
Bibliografia 1. Mental health horizons. Nature Medicine 2016;22:1213. 2. Patel V. Talking sensibly about depression. PLoS Med 2017;14(4):e1002257. doi:10.1371/journal.pmed.1002257. 3. Brunoni AR, et al. Trial of Electrical Direct-Current Therapy versus Escitalopram for Depression. NEJM 2017;376:2523-33. 4. Lisanby SH. Noninvasive Brain Stimulation for Depression – The Devil Is in the Dosing. NEJM 2017;376:2593-4. 5. Batelaan NM, et al. Risk of relapse after antidepressant discontinuation in anxiety disorders, obsessive-compulsive disorder, and post-traumatic stress disorder: systematic review and meta-analysis of relapse prevention trials. BMJ 2017;358:j3927. 6. Sharma T, et al. Suicidality and aggression during antidepressant treatment: systematic review and meta-analyses based on clinical study reports. BMJ 2016;352:i65. 7. Moncrieff J. Misrepresenting harms in antidepressant trials. BMJ 2016;352:i217. 8. Contention physique en psychiatrie: souvent excessive. Rev Prescrire 2017;37:457-461. 9. Leucht S, et al. Schizophrenia, primary negative symptoms, and soft outcomes in psychiatry. Lancet 2017;389:1077-8. 10. Stein MB, et al. Treating Anxiety in 2017. JAMA 2017;318:235-6. 11. Thase ME. Recommendations for Screening for Depression in Adults. JAMA 2016;315:349-350. 12. Kok RM, et al. Management of Depression in Older Adults. JAMA 2017;317:2114-2122. 13.Pandharipande PP, et al. Humanizing the Treatment of Hyperactive Delirium in the Last Days of Life. JAMA 2017;318:1014-5. 14. Yohanna D, et al. Antipsychotics to Treat Agitation or Psychosis in Patients With Dementia. JAMA 2017;318:1057-8. 15. Mohamed S, et al. Effect of Antidepressant Switching vs Augmentation on Remission Among Patients With Major Depressive Disorder Unresponsive to Antidepressant Treatment. JAMA 2017;318:132-145. 16. Neugebauer R. Randomized Clinical Trials to Evaluate Mental Health Interventions in Resource-Poor Societies. JAMA 2016;316:2601. 17. Miner AS, et al. Talking to Machines About Personal Mental Health Problems. JAMA 2017;318:1217-8.