Anche questa volta i vari “inciampi” che hanno prodotto l’uscita ritardata di questo numero di IsF, hanno contribuito a dargli alcune caratteristiche decisamente interessanti dal punto di vista dei contenuti e delle indicazioni più metodologiche e culturali. Questa nota editoriale ne vuole fornire una “lettura in continuo”, a sostegno della fondatezza del titolo, che promette qualcosa che è ormai così raro nel campo dei farmaci, come novità che hanno senso.
Il messaggio più complessivamente importante, e che trasmette in tempo reale qualcosa che tocca direttamente l’universo culturale e funzionale dell’informazione sui farmaci si trova immediatamente dopo la Bussola: per la prima volta nella storia dell'ISDB la continuità sostanziale nei percorsi di cura tra responsabilità, competenze, ruoli infermieristici, medici e farmaceutici/farmacologici si traduce in una pubblicazione collaborativa che dal mese di gennaio caratterizzerà le pubblicazioni di Prescrire. È una proposta provocatoria che vale anche per la realtà italiana, sulla quale varrà la pena di ritornare a lavorare.
Lungo questa linea di “novità” che non hanno come oggetto/strumento nuove conoscenze su nuovi farmaci, ma qualcosa che ne definisce gli ambiti di sviluppo, la responsabilità, la gestione culturale ed istituzionale, si propone il contributo collegiale del gruppo di esperti che lavorano nell’ambito delle emergenze-urgenze: è decisamente una finestra di futuro. Un tema che da decenni (!!) si dibatte a livello normativo-giuridico – quello del se, come, quando, da parte di chi si deve richiedere/ottenere un “consenso informato” per ricerche/sperimentazioni con pazienti impossibilitati a darlo – viene ricondotto ai suoi termini reali di riferimento: il diritto dei pazienti (tutte/i: e specificamente quelle/i più a rischio di interventi non “controllati”) di essere soggetti con gli stessi diritti sia nell’assistenza che nella ricerca. La proposta – fatta da chi cura, e non da chi “norma” – è quella di “riconoscere” la realtà, prima di definirne regole a priori, e di fatto restrittive, non garanti, di garanzia di vita e/o di presa in carico responsabile.
La terza “novità” che si incontra in questo filo conduttore è in un certo senso più “classica” in quanto propone uno scenario di ricerca di base nel suo trasformarsi in proposte terapeutiche. L’importanza metodologica di questa connessione esplicita tra ricerca di base e registrazione è quella di fornire contestualmente i due poli della medicina traslazionale: per fornire un’idea da una parte della velocità dei processi innovativi, ma dall’altra anche della “relatività” dei risultati clinici che si possono ottenere pur in presenza di conoscenze molto più rilevanti in ricerca di base. La chiara percezione di questo dato di fatto è tanto più importante in un tempo così spesso dominato da scenari di “precision medicine”, e di terapie universalmente personalizzate, che sembrano a portata di mano, e soprattutto in grado di cambiare sostanzialmente la storia di malattia e di vita di tutte/i coloro che hanno il problema.
Il dossier ospitato da questo numero sulle strategie terapeutiche per la salute mentale è quello che, a sua volta, sviluppa un aspetto della innovazione in farmacologia/clinica/epidemiologia che molto raramente viene trattato: la “scoperta”, e l’esplicitazione, che quando il mercato non riesce a trovare o a vendere vere (o false) novità, la medicina ha talmente perso una sua “identità” primaria di responsabilità della presa in carico dei problemi e delle persone da non essere in grado (o non avere il coraggio) di immaginare/produrre ricerche più di fondo: che magari vedono nella partecipazione dei cittadini e di organismi indipendenti i protagonisti e/o le/gli alleate/i più importanti, sia per essere custodi-ricercatori innovativi di efficacia, magari nelle popolazioni più fragili-orfane, sia per essere garanti di sicurezza e soprattutto di trasparenza.
Ed è ulteriormente importante ritrovare, per concludere questo percorso di riflessione, un collegamento stretto tra il primo e l’ultimo punto che si sono sottolineati: cooperazione, alleanze, complementarietà tra attori molto diversi, ma convergenti in una progettualità di indipendenza, e perciò di trasparenza, nell’informazione è oggi la conditio sine qua non per non essere fagocitati (e digeriti, senza lasciar traccia) da un mercato informativo che sembra onnivoro, ma che non vuole render conto a nessuno.