Aree di ricerca sui farmaci in RSA:alcune riflessioni
Ines Basso,Paola Di Giulio
Le RSA ritornano all’attenzione di IsF per due motivi complementari.
a) Il primo, già posto in evidenza in un contributo precedente1, per approfondire, con la formulazione di domande esplicite, i problemi che incrocia la farmacoterapia in questi contesti: alla buona conoscenza farmacologica dei singoli trattamenti, corrispondono situazioni cliniche ed assistenziali complesse, per comorbidità e carenze gravi di personale, che ne rendono molto difficile un uso lineare, come pretenderebbero le tante linee guida2,3. b) Il secondo motivo è per un saluto-augurio di benvenuto alle prospettive di una nuova logica di cooperazione tra i diversi attori dell’universo assistenziale (vedi pag 8), che sicuramente avrebbe uno spazio privilegiato di applicazione-sperimentazione-innovazione proprio negli scenari coincidenti con quello delle RSA.
La proposta qui formulata è chiaramente solo esemplificativa di situazioni cliniche riconducibili ad un’attenzione “attiva”, di ricerca, al di là dell’informazione e del “controllo”, posta in evidenza da un campione di infermieri che hanno risposto ad un questionario.
I primi quattro scenari proposti sono “orientati” a problemi/farmaci ben definiti; il quinto in un certo senso trasversale ai contesti ed alle pratiche, e come tale esemplificativo dell’ambiguità di tante proposte-strategie valutative che si fidano della suggestività di termini come “appropriatezza” per dare l’idea di avere criteri di riferimento validi di per sé ed applicabili generalmente.
1. Di Giulio P, et al. I problemi con le terapie in RSA.IsF 2015;n.3:86. 2. Tognoni G. Ebm vs UBM. Alleanza possibile? Necessaria? IsF 2017;n.1:1. 3. Hughes LD et al. Guidelines for people not for diseases: the challenges of applying UK clinical guidelines to people with multimorbidity. Age Ageing 2013;42:62-9.
Senza alcuna pretesa di esaustività o di completezza, ma solo per avere un’idea sulle domande legate alle terapie (ad esclusione dei problemi legati alla triturazione dei farmaci) che ci si pone in RSA, è stato chiesto ad alcuni infermieri che lavorano in RSA di farci avere le loro domande/aree di ricerca-incertezza. Ne proponiamo una sintesi, con alcuni commenti e una bibliografia minima di riferimento.
Neurolettici e gestione dei disturbi comportamentali nella demenza (BPSD): una terapia con scarse evidenze di efficacia, gravata da rapporto rischio/beneficio spesso sfavorevole e molte volte “dimenticata”. I BPSD sono disturbi fluttuanti nel tempo, spesso gli antipsicotici vengono iniziati e altrettanto spesso non scalati/sospesi (anche quando il problema è controllato).
Esiste un consenso diffuso sul fatto che questi farmaci debbano essere riservati ad alcune situazioni non controllabili, somministrati per tempi limitati e dopo essere ricorsi ad altri trattamenti non farmacologici1,2. I problemi ed i rischi legati a queste terapie sono iper-noti e documentati. Eppure si continua a documentare con desolante ripetitività, che queste molecole continuano ad essere ampiamente utilizzate, dal 12 al 59% dei pazienti con demenza3. È noto che questi trattamenti potrebbero essere sospesi senza problemi e che assieme ai criteri di prescrizione si dovrebbero introdurre criteri per la loro sospensione e la loro somministrazione dovrebbe essere limitata a sottogruppi di pazienti che ne hanno effettivamente bisogno4.
Se il personale è insufficiente, e non ci sono tempi per la sorveglianza dei pazienti, se mancano spazi dove assistere le persone agitate, violente, che gridano e quindi disturbano o possono essere un pericolo per gli altri; se non si fanno piani personalizzati con strategie per evitare di arrivare (almeno in alcune situazioni) agli antipsicotici; se le prescrizioni non vengono fatte a tempo e con rivalutazioni, il problema non è facilmente risolvibile. È stato dimostrato che l’incidenza di prescrizioni dipende anche dalle caratteristiche organizzative e di contesto5.
Sarebbe utile, soprattutto per produrre dati da usare anche per interventi di formazione mirati, conoscere le convinzioni degli operatori sanitari e dei familiari. Gli antipsicotici vengono somministrati per i motivi più svariati (aggressività, psicosi, rabbia, tristezza) e in molti casi i farmaci indicati dovrebbero essere altri6.
Formare infermieri in contesti ad alto turnover di personale non è una strategia vincente; modificare le pratiche prescrittive in contesti in cui ci sono tanti medici di riferimento diventa complesso. Peraltro l’uso di warning per sottolineare la pericolosità del farmaco e far porre maggiore attenzione sulla prescrizione in Italia non si è rivelato efficace7, quindi gli interventi dovrebbero essere articolati, e coinvolgere non solo i medici.
C’è una variabilità nelle prescrizione di antipsicotici tra contesti diversi? Quali sono gli interventi utili per la riduzione della prescrizione di antipsicotici nei nostri contesti? Utilizzare il numero di pazienti in trattamento con antipsicotici come indicatore di qualità dell’assistenza può modificare la pratica? La riduzione dell’uso di antipsicotici si associa alla riduzione di eventi avversi quali cadute, ictus, decessi? (ovviamente si dovrebbe valutare che non si associ ad un aumento della prescrizione di altri farmaci con effetti sedativi…).
Si tratta di un’area dove ci si dovrebbe concentrare sulle strategie per modificare le pratiche, e su strategie di presa in carico di questi pazienti (peraltro già note, anche se mancano prove di efficacia8) ma soprattutto sulla loro applicabilità, sostenibilità ed efficacia.
Bibliografia
1. Yoanna D, et al. Antipsychotics to treat agitation or psychosis in patients with dementia. JAMA 2017;318:1057-8. 2. Declercq T, et al. Withdrawal versus continuation of chronic antipsychotic drugs for behavioural and psychological symptoms in older people with dementia (Review). Cochrane Database of Systematic Reviews 2013, Issue 3. Art. No.: CD007726. DOI: 10.1002/14651858.CD007726.pub2. 3. Lepore V. Cinque scenari per cinque e molti di più… farmaci. Assist Inferm Ric 2013;32:28-34. 4. Janus SI, et al. Psychotropic drug prescriptions in Western European nursing homes. Internat Psychogeriat 2016;28:1–16. 5. Cioltan H, et al. Variation in use of antipsychotic medications in nursing homes in the United States: A systematic review. BMC Geriatrics 2017;17:32. DOI 10.1186/s12877-017-0428-1. 6. Bonner AF, et al. Rationales that providers and family members cited for the use of antipsychotic medications in nursing home residents with dementia. J Am Geriatr Soc 2015;63:302–8. 7. Sultana J, et al. The effect of safety warnings on antipsychotic drug prescribing in elderly persons with dementia in the United Kingdom and Italy: a population-based study. CNS Drugs 2016;30:1097–1109. 8. Richter T, et al. Psychosocial interventions for reducing antipsychotic medication in care home residents. Cochrane Database of Systematic Reviews 2012, Issue 12. Art. No.: CD008634. DOI: 10.1002/14651858.CD008634.pub2.
Legato alle terapie in RSA c’è il problema delle Adverse Drug Reactions (ADR), che vengono scarsamente segnalate, nonostante attese e presenti in RSA, soprattutto per la presenza di politerapie1. Non manca agli infermieri la capacità di segnalazione, e alcune esperienze condotte nel passato in RSA indicano che, quando l’attenzione si sposta dal farmaco al problema inatteso del paziente, le ADR (o potenziali) vengono riconosciute2, anche se i pazienti segnalano più ADR rispetto agli infermieri3. Spesso le ADR non si riconoscono perché non si conoscono i potenziali effetti collaterali dei farmaci, ed è praticamente impossibile conoscere le interazioni, se non quelle più note e dei farmaci somministrati più di frequente.
Somministrazione in RSA di farmaci con effetti anticolinergici. Consapevolezza dei medici e degli infermieri dei loro effetti farmacologici.
Esistono più di 600 farmaci con effetti anticolinergici4. Nonostante gli effetti collaterali dei farmaci anticolinergici siano noti e documentati5, le conoscenze degli operatori sono scarse. In uno studio su 96 operatori sanitari (medici e infermieri) che lavoravano in urologia, geriatria e sul territorio, avevano le conoscenze più elevate i nurse practitioner, seguite dagli urologi. Le conoscenze erano comunque basse6. Uno studio inglese ha documentato un aumento delle prescrizioni di farmaci con effetti anticolinergici7 e dato che possono avere effetti cumulativi, il problema diventa rilevante per la sicurezza dei pazienti. Non c’è una vera domanda di ricerca, pur in presenza di un problema importante (ADR), sul quale sono stati scritti numerosi articoli. La domanda riguarda piuttosto le strategie organizzative e i cambiamenti di pratiche da attivare per garantire la sicurezza dei pazienti, di cui anche gli infermieri sono responsabili.
Numerosi lavori documentano l’utilità di avere un farmacista per migliorare sia la de-prescrizione che l’identificazione di ADR8-9, ma si incontrano difficoltà ad introdurre sistematicamente queste figure ed attività di revisione delle terapie. Sarebbe pertanto utile investire nell’informatizzazione delle prescrizioni in RSA per perfezionare, con il coinvolgimento degli infermieri, sistemi elettronici con alert che identifichino e segnalino in tempo reale le terapie doppie, le associazioni di farmaci a rischio di interazioni maggiori e controindicate, le discrepanze nelle terapie. Gli attuali sistemi sembrano ridurre l’incidenza di farmaci incongrui o di omissioni10.
Bibliografia 1. Arnoldo L, et al. Monitoring polypharmacy in healthcare systems through a multi-setting survey: should we put more attention on long term care facilities. J Public Health Res 2016;5:745. 2. Saiani L, et al. I problemi legati a farmaci e presidi in RSA e distretto. 1° parte. Informazioni sui Farmaci 2007; 31:116-121; 2° parte. Informazioni sui Farmaci 2007; 31: 137-42. 3. Dilles T, et al. Elseviers MM.Resident and nurse reports of potential adverse drug reactions. Eur J Clin Pharmacol 2015;71:741-749. 4. Magin PJ, et al. Anticholinergic medicines in an older primary care population: a cross-sectional analysis of medicines’ levels of anticholinergic activity and clinical indications. J Clin Pharm Ther 2016; 41:486–492. 5. Fox C, et al. Effect of medications with anticholinergic properties on cognitive function, delirium, physical function and mortality: a systematic review. Age Ageing 2014;43:604–15. 6. Araklitis G, et al. Anticholinergic prescription: are healthcare professionals the real burden? Int J Urogynecol 2017; 28:1249-56. Age and Ageing 2014; 43: 515–521 7. Sumukadas D, et al. Temporal trends in anticholinergic medication prescription in older people: repeated cross sectional analysis of population prescribing data. 8. Gheewala PA, et al. Impact of the pharmacist medication review services on drug-related problems and potentially inappropriate prescribing of renally cleared medications in residents of aged care facilities. Drugs Aging 2014;31:825-35. 9. Pruskowski J, et al. The DE-PHARM Project: A pharmacist-driven deprescribing initiative in a Nursing Facility. Consult Pharm 2017;32:468-478. 10. Mekonnen AB, et al. Impact of electronic medication reconciliation interventions on medication discrepancies at hospital transitions: a systematic review and meta-analysis. BMC Medical Informatics and Decision Making 2016; 16:112.
Il controllo di molti sintomi e problemi viene fatto soprattutto con farmaci. Una delle situazioni ad alto rischio di abuso o somministrazione inappropriata dei farmaci è la gestione dei disturbi del sonno.
La gestione dei disturbi del sonno in RSA: uso dei sedativi e ipnotici, dosaggi e efficacia e possibili alternative.
Si tratta di un problema “antico”, noto, e per il quale esistono già numerosi rimedi e indicazioni che spingono all’uso dei farmaci come ultima risorsa1 “Il futuro del trattamento dell’insonnia dovrebbe concentrarsi su interventi non farmacologici, sul trattamento delle comorbidità e sull’uso di terapie quali le benzodiazepine e i non-BzRAs (agonisti dei recettori non benzodiazepinici: zaleplon, zolpidem e zopiclone), come ultima risorsa”2. I disturbi del sonno si presentano in modo diverso (difficoltà ad addormentarsi, limitata durata del sonno, risvegli notturni, sonnolenza durante il giorno) e dovrebbero essere trattati in modo diverso. Purtroppo gli ipnoinducenti vengono prescritti come risorsa importante per la gestione del sonno, anche perché è complesso disassuefare una persona che è già abituata ad assumerli. La prescrizione di molti farmaci “passa” anche attraverso la segnalazione degli infermieri. Lavori qualitativi (quindi su campioni limitati) mettono in luce la scarsa conoscenza di chi prescrive (ma probabilmente i risultati potrebbero essere estesi anche a chi somministra questi farmaci)3. Gli interventi educativi per controllare la prescrizione sono stati fatti prevalentemente sui medici (e sulla popolazione)4. Anche in questo caso, le vere domande di ricerca riguardano le strategie e le condizioni su come modificare le pratiche correnti e applicare alla pratica le indicazioni/raccomandazioni della ricerca.
Bibliografia 1. Alessi C, et al. Insomnia (primary) in older people. BMJ Clin Evid 2015 May 13;2015. pii: 2302. 2. Schroeck JL, et al. Review of safety and efficacy of sleepMedicines in OlderAdults. ClinTher 2016;38:2340–2372 3. Flick U, et al. “And mostly they have a need for sleeping pills”: Physicians' views on treatment of sleep disorders with drugs in nursing homes. J Ag Stud 2012; 26:484-94 4. Bourcier E, et al. A systematic review of regulatory and educational interventions to reduce the burden associated with the prescriptions of sedative-hypnotics in adults treated for sleep disorders. PLoS ONE 2018;13(1):e0191211. https://doi.org/10.1371/journal.
Un altro dei problemi ricorrenti, non solo in RSA ma in tutti i contesti dove sono presenti anziani è la gestione della stipsi. È un altro dei problemi noti, per cui esistono già risposte, anche se non utili per tutti i pazienti.
La gestione della stipsi in RSA
È noto che la prevalenza della stipsi aumenta con l’età (ne è affetto il 50% degli ultra ottantenni1). In uno studio svedese su 2.970 ospiti di RSA ne era affetto il 67%2. Negli anziani il problema principale è lo sforzo nella defecazione e la riduzione della frequenza delle evacuazioni; è stata valutata l’efficacia dell’uso degli osmotici (polietilenglicole e lattulosio) ma non ci sono indicazioni sufficienti per l’uso degli agenti formanti massa, emollienti, stimolanti e procinetici3. Le raccomandazioni (di buon senso) sono quelle di raccogliere l’anamnesi, per descrivere i sintomi e segni di eventuali cause secondarie; rivedere le terapie per ridurre la dose e dove possibile sostituire i farmaci con un eventuale effetto costipante3. I farmaci disponibili non sono equivalenti, hanno diversi meccanismi di azione, effetti e profilo beneficio/rischio e mancano studi che ne abbiano confrontato gli effetti, anche se vengono prescritti per le stesse indicazioni; si deve tenere anche conto se l’uso è occasionale o cronico4. È noto che la risposta dei pazienti è eterogenea: in genere i pazienti non sono soddisfatti né dell’efficacia delle fibre, ma nemmeno della capacità dei lassativi classici di risolvere il problema e i sintomi correlati4.
Come per i disturbi del sonno, è importante distinguere i diversi tipi di stipsi (dissinergia nella defecazione, che risponde al biofeedback; rallentamento della motilità del colon, che risponde ai procinetici). Il trattamento deve tener conto della presenza di flatulenza, gonfiore addominale, dolore…. Numerosi agenti possono migliorare la stipsi ma peggiorare gli altri problemi (ad esempio fibre e lassativi osmotici possono peggiorare il gonfiore addominale; altri farmaci possono avere attività antinocicettiva e migliorare il dolore addominale).
Il trattamento della stipsi continua a rimanere problematico, pur in presenza di numerosi trattamenti efficaci4. La presa in carico dovrebbe essere personalizzata. Purtroppo, spesso, a causa della carenza di personale viene data priorità alle attività di routine, trascurando la valutazione e la gestione del bisogno di eliminazione5.
Bibliografia 1. Rey E, et al. A nation-wide study of prevalence and risk factors for fecal impaction in Nursing Homes. PLoS ONE 2014;9(8): e105281. doi:10.1371/ 2. Lämås K, et al. Prevalence of constipation among persons living in institutional geriatric-care settings – a cross-sectional study. Scand J Caring Sci 2017;31;157–163. 3. Gandell D, et al. Treatment of constipation in older people. CMAJ 2013. DOI:10.1503/cmaj.120819. 4. Lacy BE, et al. Treatment for constipation: new and old pharmacological strategies. Neurogastroenterol Motil 2014; 26:749–763. 5. Saga S, et al. Bowel problem management among nursing home residents: a mixed methods study. BMC Nursing 2014;13:35.
I problemi sono sempre collegati tra di loro, e l’inappropriatezza di somministrazione non riguarda solo gli antipsicotici ma anche altre categorie di farmaci (e il giudizio di inappropriatezza può essere diverso in base alle condizioni del paziente, ad esempio se in fase terminale, con demenza avanzata)1, 2.
I farmaci inappropriati in RSA. Non sempre c’è concordanza tra cosa viene considerato inappropriato in teoria (criteri di Beers; Start, Stopp………) e, nella pratica dagli operatori, che per problemi organizzativi, carenza di personale, spesso ricorrono a farmaci con un rapporto beneficio/rischio sfavorevole o non riescono a trovare alternative ai farmaci considerati inappropriati.
Non si sa con certezza quali interventi siano efficaci per cercare di ottimizzare le terapie in RSA3. La presenza di farmaci inappropriati è un problema noto e diffuso1-2, non solo in Italia3-4 e i pazienti in RSA sono più a rischio di ricevere farmaci inappropriati1. Le classi di farmaci “incriminate” e la cui prescrizione dovrebbe essere ridotta sono le benzodiazepine, gli antipsicotici atipici, le statine, gli antidepressivi triciclici e gli inibitori di pompa protonica5. Documentare anche a livello locale cosa viene fatto, quali sono i farmaci inappropriati secondo il giudizio degli operatori e secondo i diversi sistemi di valutazione di inappropriatezza può essere utile per allertare l’attenzione e valutare se e quali farmaci sono realmente inappropriati, quali potrebbero essere sospesi o sostituiti con altri farmaci; quali sostituiti da interventi non farmacologici e a quali condizioni. Produrre un’epidemiologia delle risposte non farmacologiche a problemi trattati con farmaci, e della loro applicabilità ed efficacia sarebbe una ricerca importante non solo per gli ospiti di RSA (vedi ad esempio la gestione della stipsi, del sonno, dei disturbi comportamentali….), ma metterebbe l’infermiere al centro della gestione del paziente con un ruolo attivo e propositivo, e non prevalentemente di distributore di terapie.
Bibliografia 1. Pasina L, et al. La valutazione dell’appropriatezza prescrittiva nell’anziano: pubblicati i nuovi criteri di Beers. Giornale Italiano di Farmacoeconomia e Farmacoutilizzazione 2016;8: 5-15. 2. Elmo A, et al. La prescrizione inappropriata di farmaci in pazienti anziani ospiti di residenza. Giornale di Gerontologia 2010; 58:151-61. 3. Alldred DP, et al. Interventions to optimise prescribing for older people in care homes. Cochrane Database of Systematic Reviews 2016, Issue 2. Art. No.: CD009095. DOI: 10.1002/14651858.CD009095.pub3. 4. Storms H, et al. Prevalence of inappropriate medication use in residential long-term care facilities for the elderly: A systematic review. Eur J Gen Pract 2017; 23:69-77, DOI:10.1080/13814788.2017.1288211. 5. Morin L, et al. Prevalence of potentially inappropriate medication use in older adults living in nursing homes: a systematic review. JAMA 2016;17:862.e1e862.e9. 6. Farrell B, et al. What are priorities for deprescribing for elderly patients? Capturing the voice of practitioners: a modified Delphi process. PLoS ONE 2015;10(4): e0122246. doi:10.1371/journal.