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Proprietà farmacologiche
Il plerixafor è un derivato del biciclam registrato tramite procedura centralizzata europea per l’impiego in associazione al fattore stimolante le colonie di granulociti (G-CFS) per la mobilizzazione delle cellule staminali emopoietiche nei pazienti con linfoma o mieloma multiplo prima della chemioterapia ad alte dosi e del trapianto autologo di cellule staminali1. Il farmaco antagonizza reversibilmente il recettore per le chemochine CXCR 4 bloccando il legame del suo legante affine, il fattore derivato dalle cellule stromali-1α (SDF-α), definito CXCL12 2. L’inibizione del CXCR4 induce il rilascio di cellule progenitrici pluripotenti e mature nella circolazione sistemica dal midollo osseo2. Dopo somministrazione per via sottocutanea, plerixafor raggiunge le concentrazioni ematiche massime in 30-60 minuti. Parzialmente legato alle proteine plasmatiche (58%), non viene metabolizzato e viene eliminato immodificato principalmente con le urine (70%). L’emivita di eliminazione è di 3-5 ore 2. Nei pazienti con clearance della creatinina di 20-50 ml/min è necessario ridurre la dose di plerixafor di un terzo a 0,16 mg/kg/die2 .
Efficacia clinica
La chemioterapia ad alte dosi consente di superare i meccanismi di resistenza alla chemioterapia convenzionale, con un aumento dei tassi di sopravvivenza nel mieloma multiplo e una possibile guarigione in alcuni sottotipi di linfoma non-Hodgkin. I fattori stimolanti le colonie di granulociti (G-CSF – Granulocyte-Colony Stimulating Factor), o chemochine, sono i farmaci utilizzati più comunemente per mobilizzare le cellule staminali nel sangue periferico per il prelievo prima della chemioterapia ad alte dosi. Come fattore di crescita viene in genere usato il filgrastim che stimola il rilascio di cellule progenitrici di CD34+ (sinonimo di cellula staminale) dal midollo, riducendo il numero di raccolte necessarie per il trapianto. L’efficacia di plerixafor è stata valutata in 2 studi clinici randomizzati, controllati verso placebo, in doppio cieco, condotti l’uno su 298 pazienti con linfoma non-Hodgkin 3, l’altro su 302 pazienti con mieloma multiplo4. In entrambi gli studi, i pazienti avevano un’età superiore a 18 anni e avevano una diagnosi confermata tramite biopsia e un performance status di 0 o 1 secondo i criteri dell’Eastern Cooperative Oncology Group (ECOG). Sono stati esclusi i pazienti sottoposti a trapianto autologo o allogenico e quelli che avevano tentato o fallito una precedente raccolta di cellule staminali. Tutti i pazienti sono stati trattati ogni mattina con 10 mg/kg di G-CSF per un massimo di 8 giorni. Dopo 4 giorni, i pazienti sono stati randomizzati a ricevere plerixafor (240 mcg/kg) o placebo somministrati la sera prima dell’aferesi. Le sedute di aferesi sono continuate sino all’ottenimento di un numero minimo di CD34+ uguale o superiore a 5 e 6 x106 cellule/kg necessario per poter effettuare il trapianto. I pazienti che non arrivavano alla soglia ottimale di CD34+ venivano avviati ad una fase in aperto nella quale, dopo 7 giorni di pausa, venivano sottoposti ad un altro trattamento con plerixafor e G-CSF (rescue procedure). L’end point primario era rappresentato dalla percentuale di pazienti che riuscivano a raggiungere il numero target di cellule CD34+ (≥5 x 106 nel linfoma non-Hodgkin 3, ≥6 x 106 nel mieloma multiplo4) entro un numero predefinito di giorni di aferesi (≤43 e ≤24). Nei due studi, le differenze nel raggiungimento dell’end point primario sono risultate statisticamente significative a favore del plerixafor: 59% contro 20% nei pazienti con linfoma non-Hodgkin3 e 72%contro 34% nei pazienti con mieloma multiplo 4. Statisticamente significativa è risultata anche la differenza nella mobilizzazione di un numero di cellule CD34+ ≥2 x 106, il minimo richiesto per procedere alla chemioterapia ad alte dosi: 87% contro 47%3 e 95% contro 88%4. Nel primo studio, 62 pazienti con linfoma non-Hodgkin (10 nel gruppo plerixafor e 52 nel gruppo placebo) non sono stati in grado di mobilizzare il numero target di CD34+ e non essendo candidabili al trapianto hanno avuto accesso al trattamento in aperto con plerixafor + G-CSF (rescue procedure). Di questi 62 pazienti, 37 (60%) hanno ottenuto una raccolta ≥2 x 106 cellule di CD34+ in meno di 4 giorni di aferesi3. Nel secondo studio, i 7 pazienti con mieloma multiplo scarsi mobilizzatori (tutti del gruppo placebo), una volta entrati nella procedura di soccorso hanno raggiunto il valore soglia di CD34+ entro 4 giorni di aferesi4. A 12 mesi, la sopravvivenza globale non è risultata diversa tra il gruppo plerixafor e il gruppo placebo, ma va detto che si trattava di un end point esplorativo non previsto dal protocollo dei due studi1. L’agenzia regolatoria ha ristretto le indicazioni d’impiego di plerixafor ai pazienti con scarsa mobilizzazione cellulare, dopo un precedente tentativo di mobilizzazione cellulare non riuscito1. La decisione si è basata sull’analisi condotta su 580 pazienti con linfoma o mieloma ammessi all’uso compassionevole del farmaco tra maggio 2008 e agosto 2009 in 13 paesi europei, dopo il fallimento di un tentativo di raccolta con G-CSF da solo o preceduto da chemioterapia5. Nel programma di uso compassionevole, il fallimento (scarsa mobilizzazione) era definito come una conta di cellule CD34+ <10/μl prima dell’aferesi o una raccolta complessiva ≤2 x 106 di cellule CD34+/kg in un massimo di 7 sedute di aferesi5. I pazienti eleggibili al trattamento dovevano presentare una adeguata funzionalità cardiaca, epatica e renale per effettuare la leucoaferesi, performance status ECOG 0-1, conta leucocitaria >2,5 x 109/l, neutrofili >1,5 x 109/l, piastrine >85 x 109/l, creatinina sierica < 1,5g/dl, test di funzionalità epatica non superiore al doppio del valore massimo di normalità, assenza di epatite B o C attiva5. Complessivamente, l’82% dei pazienti con mieloma multiplo ha raggiunto un numero di CD34+ ≥2 x 106/kg, il 32% ≥5 x 106/kg. Risultati inferiori sono stati ottenuti dai pazienti con linfoma, a raggiungere un numero di CD34+ ≥2 x 106/kg è stato il 65% dei pazienti e il 13% valori≥5 x 106/kg5. Su questa limitazione d’uso hanno probabilmente pesato anche considerazioni di sicurezza. Il recettore CXCR4 a cui si lega plerixafor è presente anche sulle cellule tumorali, per cui nei pazienti con linfoma o mieloma multiplo esiste il rischio teorico che plerixafor, analogamente a quanto avviene con le CD34+, possa promuovere il rilascio di cellule tumorali, causando una contaminazione del prodotto dell’aferesi (destinato al trapianto)2. Al momento non è possibile stabilire la rilevanza clinica di questo rischio.
Effetti indesiderati
Gli eventi avversi più frequentemente rilevati nei due studi di fase III sono stati i disturbi gastrointestinali, in particolare diarrea (32%3 e 18%4vs 4% e 5% nei gruppi trattati con placebo) e nausea (17% e 16% vs 5% e 7%), reazioni nel sito di iniezione, soprattutto eritema (29% e 20%vs 7% e 3%). Altri effetti indesiderati comuni, con una incidenza compresa tra l’1% e il 10%, sono stati vomito, capogiri, cefalea, affaticamento, malessere, artralgia, dolori muscolari e insonnia. La breve durata del periodo di osservazione degli studi non ha consentito di stabilire i rischi connessi alla eventuale mobilizzazione di cellule tumorali da parte di plerixafor. Per questo motivo, in fase di approvazione, l’EMA ha richiesto alla ditta produttrice di estendere il follow dei due studi registrativi a 5 anni per ottenere dei dati a lungo termine e ha imposto la compilazione di un apposito registro1. Secondo la stessa agenzia europea, il profilo di sicurezza complessivo del farmaco è tutt’altro che definito (dubbi su tollerabilità cardiaca, ematologica, neuromuscolare)1.
Costo
Il trattamento standard per la mobilizzazione delle cellule staminali prevede l’uso di filgrastim per 4-5 giorni alla dose di 1 MUI/kg/die. Il plerixafor viene somministrato alla dose di 0,24mg/kg/die per 1-7 giorni. Considerando che negli studi, la durata del trattamento è stata di 2-4 giorni, si può ipotizzare che in un paziente adulto il costo medio sia compreso tra 12.430 e 24.860 €
Bibliografia
1. European Medicines Agency (EMEA). European Public Assessment Report (EPAR) for plerixafor (Mobizil). Procedure No EMEA/H/C/001030. www.emea.europa.eu.
2. Mobizil. Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto (RCP).
3. Dipersio JF et al. Phase III prospective randomized double-blind placebo-controlled trial of plerixafor plus granulocyte colony-stimulating factor compared with placebo plus granulocyte colony-stimulating factor for autologous stem-cell mobilization and transplantation for patients with non Hodgkin’s lymphoma. J Clin Oncol 2009; 27:4767-73.
4. Dipersio JF et al. Plerixafor and G-CSF versus placebo and G-CSF to mobilize hematopoietic stem cells for autologous stem cells transplantation in patients with multiple myeloma. Blood 2009; 113:5720-6.
5. Hubel K et al. European data on stem cell mobilization with plerixafor in non-Hodgkin’s lymphoma, Hodgkin’s lymphoma and multiple myeloma patients. A subgroup analysis of the European Consortium of stem cells mobilization. Bone Marrow Transplant 2012; 47:1046-50.
Data di Redazione 04/2013
Il plerixafor è un inibitore del CXCR4 da utilizzare in associazione ad un fattore di crescita (G-CSF) per la mobilizzazione delle cellule staminali nel sangue periferico in pazienti con linfoma o mieloma multiplo. Rispetto al solo G-CSFC, il trattamento con plerixafor aumenta il numero di cellule mobilizzate e può permettere ad un maggior numero di pazienti di essere sottoposti a chemioterapia ad alte dosi e a trapianto di midollo autologo. I dati di efficacia e le incognite sulle sicurezza (in particolare il rischio di mobilizzazione di cellule tumorali e la conseguente contaminazione del prodotto dell’aferesi destinato al trapianto) hanno indotto le autorità regolatorie a limitarne l’impiego ai soli pazienti nei quali sia fallito un precedente tentativo di mobilizzazione cellulare.