Il medico di medicina generale si trova quotidianamente a dovere gestire direttamente o indirettamente problemi endocrinologici, patologie spesso croniche, generalmente molto ben curabili.
All'inizio, infatti, è il medico di base che coglie gli elementi clinici per la diagnosi che formulerà nel proprio ambulatorio o con l'aiuto dello specialista, ma è soprattutto nel successivo periodo di monitoraggio della evoluzione della malattia che il medico di famiglia si trova nella necessità di affrontare anche estemporaneamente problemi intercorrenti di tutti i giorni (dall'infezione, alla dispepsia, al banale dolore), che si innestano su situazioni cliniche di endocrinopatie già inquadrate ed in trattamento cronico.
La lunga durata delle terapie di numerose malattie endocrine, e delle tireopatie in particolare, fa sì che, magari dopo un primo inquadramento specialistico, il paziente faccia sempre più frequentemente riferimento al proprio medico di famiglia per il monitoraggio degli effetti della terapia o della evoluzione della patologia.
Già in altri documenti, elaborati da autorità riconosciute e Società Scientifiche, sono state esposte le linee-guida per il trattamento dell'ipertiroidismo e dell'ipotiroidismo1-4 e per l'impiego ottimale dei test diagnostici5-7. Il presente lavoro ha lo scopo di calare queste indicazioni nella realtà della medicina di base, fornendo gli elementi pratici essenziali ai fini dell'inquadramento terapeutico delle tireopatie più diffuse e soprattutto del successivo monitoraggio del loro trattamento cronico.
Le terapie croniche delle tireopatie
L'attenzione particolare per una ottimizzazione del monitoraggio della cura di base delle tireopatie deriva da una serie di dati oggettivi:
la prevalenza della patologia tiroidea che ricade nell'area di intervento del medico di medicina generale (es. la sola patologia iperplastica -il gozzo- è frequentissima8 e colpisce circa il 9-10% della popolazione generale in Italia e verosimilmente oltre il 15% in Emilia Romagna) con conseguente elevato impiego delle terapie: basti pensare che la l-tiroxina si colloca all'undicesimo posto nell'elenco dei farmaci maggiormente prescritti in Italia.
La necessità di un monitoraggio di lunghissima durata di diverse tireopatie (es. le patologie autoimmuni o quelle neoplastiche).
Il frequente ricorso a metodiche d'indagine non sempre appropriate per rispondere al quesito specifico o per prendere decisioni cliniche rilevanti. Da alcune indagini prescrittive emergono anomalie quali richieste simultanee di ormoni totali e frazioni libere, oppure "batterie" comprendenti parametri ininfluenti per la soluzione del quesito clinico specifico (es. dosaggio ripetuto di anticorpi antitiroidei o analisi della calcitonina o del PTH nel monitoraggio delle neoplasie tiroidee papillari o follicolari).
L'elevato costo delle metodiche utilizzate per le indagini endocrinologiche.
Un discorso a parte meritano le interferenze farmacologiche per la possibilità di indurre:
anomalie dei risultati dei test diagnostici (con possibili conclusioni diagnostiche errate);
reali quadri di disfunzione tiroidea (con possibili patologie secondarie ai farmaci impiegati).
Il ruolo del medico di famiglia in questo contesto è molto importante; anche se la terapia dell'endocrinopatia viene gestita dallo specialista, le interferenze possono provenire da farmaci di pertinenza non specialistica (es. antisettici, antibiotici, FANS). L'interesse di questo argomento è tale da meritare una trattazione più approfondita in un articolo specifico; in questa sede verranno pertanto solo citate le interazioni più frequenti.
Esempi quotidiani delle numerose insidie diagnostiche, che è utile conoscere, sono gli effetti dei contraccettivi orali e della gravidanza sui livelli totali degli ormoni tiroidei9che simulano un ipertiroidismo, oppure gli effetti dell'amiodarone (es. Cordarone) che aumenta frequentemente il TSH senza per questo indurre una reale situazione di ipotiroidismo10.
Le interferenze con il funzionamento della tiroide sono abbastanza frequenti, ma spesso clinicamente irrilevanti. La somministrazione di prodotti contenenti iodio, per via orale (es. amiodarone), o topica [es. antisettici come il povidone-iodio (es. Betadine)], è in grado di produrre quadri sia di ipo- che di iper-funzione tiroidea anche gravi, soprattutto in pazienti portatori di tireopatie iperplastiche, nei quali questi prodotti andrebbero utilizzati valutandone questo potenziale rischio11.
L'impiego acuto di farmaci ad elevata affinità di legame con le proteine plasmatiche (ASA, diclofenac, penicilline, ecc.) può spiazzare l'ormone legato rendendone improvvisamente disponibili quote libere12. Questi effetti raramente assumono rilevanza clinica ed ancor più raramente giungono all'osservazione dello specialista, ma in particolari circostanze (es. terapie soppressive con dosi elevate di l-tiroxina in soggetti cardiopatici) possono avere effetti clinici imprevedibili.
Considerando le problematiche di prima diagnosi estranee ad una rivista diretta a tematiche terapeutiche, verranno qui considerate alcune situazioni cliniche frequentemente incontrate nella pratica quotidiana dal medico di famiglia
La richiesta sistematica acritica di analisi di molteplici parametri si traduce in:
- nessun beneficio clinico per il paziente
- rischio di individuazione di false anomalie
- intralcio nelle procedure diagnostiche essenziali
- dispersione ingente di risorse
L'attenzione particolare per una ottimizzazione del monitoraggio della cura di base delle tireopatie deriva da una serie di dati oggettivi:
la prevalenza della patologia tiroidea che ricade nell'area di intervento del medico di medicina generale (es. la sola patologia iperplastica -il gozzo- è frequentissima8 e colpisce circa il 9-10% della popolazione generale in Italia e verosimilmente oltre il 15% in Emilia Romagna) con conseguente elevato impiego delle terapie: basti pensare che la l-tiroxina si colloca all'undicesimo posto nell'elenco dei farmaci maggiormente prescritti in Italia.
La necessità di un monitoraggio di lunghissima durata di diverse tireopatie (es. le patologie autoimmuni o quelle neoplastiche).
Il frequente ricorso a metodiche d'indagine non sempre appropriate per rispondere al quesito specifico o per prendere decisioni cliniche rilevanti. Da alcune indagini prescrittive emergono anomalie quali richieste simultanee di ormoni totali e frazioni libere, oppure "batterie" comprendenti parametri ininfluenti per la soluzione del quesito clinico specifico (es. dosaggio ripetuto di anticorpi antitiroidei o analisi della calcitonina o del PTH nel monitoraggio delle neoplasie tiroidee papillari o follicolari).
L'elevato costo delle metodiche utilizzate per le indagini endocrinologiche.
Un discorso a parte meritano le interferenze farmacologiche per la possibilità di indurre:
anomalie dei risultati dei test diagnostici (con possibili conclusioni diagnostiche errate);
reali quadri di disfunzione tiroidea (con possibili patologie secondarie ai farmaci impiegati).
Il ruolo del medico di famiglia in questo contesto è molto importante; anche se la terapia dell'endocrinopatia viene gestita dallo specialista, le interferenze possono provenire da farmaci di pertinenza non specialistica (es. antisettici, antibiotici, FANS). L'interesse di questo argomento è tale da meritare una trattazione più approfondita in un articolo specifico; in questa sede verranno pertanto solo citate le interazioni più frequenti.
Esempi quotidiani delle numerose insidie diagnostiche, che è utile conoscere, sono gli effetti dei contraccettivi orali e della gravidanza sui livelli totali degli ormoni tiroidei9che simulano un ipertiroidismo, oppure gli effetti dell'amiodarone (es. Cordarone) che aumenta frequentemente il TSH senza per questo indurre una reale situazione di ipotiroidismo10.
Le interferenze con il funzionamento della tiroide sono abbastanza frequenti, ma spesso clinicamente irrilevanti. La somministrazione di prodotti contenenti iodio, per via orale (es. amiodarone), o topica [es. antisettici come il povidone-iodio (es. Betadine)], è in grado di produrre quadri sia di ipo- che di iper-funzione tiroidea anche gravi, soprattutto in pazienti portatori di tireopatie iperplastiche, nei quali questi prodotti andrebbero utilizzati valutandone questo potenziale rischio11.
L'impiego acuto di farmaci ad elevata affinità di legame con le proteine plasmatiche (ASA, diclofenac, penicilline, ecc.) può spiazzare l'ormone legato rendendone improvvisamente disponibili quote libere12. Questi effetti raramente assumono rilevanza clinica ed ancor più raramente giungono all'osservazione dello specialista, ma in particolari circostanze (es. terapie soppressive con dosi elevate di l-tiroxina in soggetti cardiopatici) possono avere effetti clinici imprevedibili.
Considerando le problematiche di prima diagnosi estranee ad una rivista diretta a tematiche terapeutiche, verranno qui considerate alcune situazioni cliniche frequentemente incontrate nella pratica quotidiana dal medico di famiglia
La terapia dell'ipotiroidismo: criteri generali e monitoraggio
La terapia dell'ipotiroidismo si basa normalmente sulla somministrazione orale della l-tiroxina sodica sintetica (Eutirox). L'impiego degli estratti tiroidei di origine animale o della d-tiroxina è da considerarsi obsoleto13,14.
La somministrazione di triiodotironina (TiTre cpr da 5 e da 20 mcg) è da riservarsi alla preparazione alla scintigrafia o alla somministrazione di radioiodio nei pazienti affetti da carcinoma e a poche altre particolari situazioni cliniche di pertinenza specialistica.
Inizio della terapia dell'ipotiroidismo
Prodotto consigliato: l-tiroxina sodica (Eutirox)
Dose terapeutica nell'adulto: 0,8-2mg/kg iniziando da dosi tanto più basse quanto più è grave il deficit (si inizia da 1/4 della dose prevista, nei casi più gravi).
Preparazioni disponibili in Italia (dal 1999): Eutirox 25, Eutirox 50, Eutirox 75, Eutirox 100, Eutirox 125, Eutirox 150
La dose sostitutiva di l-tiroxina (che si usa in tutti i casi di difetto di funzione tiroidea, anche dopo tiroidectomia) è legata al peso corporeo, ma risulta estremamente variabile, sia per le diverse richieste di differenti stati di deficit funzionale (facilmente desumibili in base alle indagini), sia per le ampie diversità (queste non prevedibili) nella quota di assorbimento della dose somministrata che oscilla tra il 40 e l'80% della dose ingerita. La dose richiesta è molto maggiore nel neonato e decresce progressivamente nel bambino, nell'adulto e nell'anziano. La dose nell'adulto oscilla tra gli 0,8 mcg ed i 2 mcg/kg : questa ampia variabilità interindividuale, unita ai potenziali rischi del troppo rapido ripristino dell'eutiroidismo (aritmie, ischemia-infarto del miocardio), motiva ampiamente la necessità di iniziare la terapia con dosi minori di quelle ritenute terapeutiche soprattutto nei soggetti cardiopatici o di età superiore ai 50 anni. Questa cautela è tanto più importante quanto maggiore è la durata e la gravità del difetto ghiandolare, per cui nei pazienti con grave ipotiroidismo si consiglia di partire da una dose di circa 1/4 della dose calcolabile in base al peso, sicuramente inefficace, per poi salire molto gradualmente con minimi incrementi di 12,5 mcg, o al massimo di 25 mcg, ogni 15 giorni, sino a raggiungere la dose che normalizza il TSH. Nei pazienti con deficit modesto (subclinico) o di breve durata, basta iniziare da una dose dimezzata per 15 giorni per poi passare alla dose piena.
Si consiglia abitualmente una unica somministrazione al giorno, da effettuare il più possibile lontano dai cibi, soprattutto se ricchi di scorie. Il momento preferito è il mattino appena alzati, almeno 20 minuti prima della colazione. Colestiramina, antiacidi, sucralfato e preparati a base di calcio, riducono sensibilmente l'assorbimento della l-tiroxina 14,15.
Ipotiroidismo primario in terapia sostitutiva
- Da richiedere TS
- Obbiettivo : mantenere il TSHa valori normali
- Nota: Il raggiungimento di livelli troppo bassi di TSH espone ad effetti indesiderati. Utile lo stoccaggio del siero per dosaggio della fT3 solo in caso di rilievo di TSH soppresso per individuare un eventuale sovradosaggi
Nel follow-up della terapia dell'ipotiroidismo da cause tiroidee (il cosiddetto ipotiroidismo primario) è sufficiente la determinazione del solo TSH.
Solo in caso di situazioni particolari si può rendere utile la determinazione della sola T4 o T3 libera (fT4 o fT3), per esempio nei pazienti affetti da ipotiroidismo centrale13, oppure la fT3 quando il TSH risulta soppresso nei pazienti affetti da ipotiroidismo e gozzo per verificare un eventuale sovradosaggio della cura.
Soprattutto quando si determina l'fT4, è importante che il prelievo non venga eseguito subito dopo la assunzione della dose terapeutica, che induce per oltre un'ora livelli di ormoni tiroidei spesso oltre il limite di norma.
Il riscontro di un TSH normale è sufficiente per potere ritenere adeguata la dose della terapia sostitutiva1, indipendentemente dai livelli di ormoni liberi o totali che potrebbero portare a conclusioni erronee o decisioni terapeutiche rischiose. Frequentemente, nei pazienti in terapia sostitutiva con l-tiroxina, si trovano livelli leggermente ridotti di fT3, se rapportati agli intervalli della norma per i soggetti sani: porsi come obiettivo la normalizzazione di questo parametro espone a volte al rischio di sovradosaggio1.
Ipotiroidismo centrale in terapia sostitutiva
- Da richiedere : fT3 (o f T4)
- Obbiettivo: mantenere f T3 (o fT4) a valori normali
Non è infrequente incontrare pazienti che non sono compensati con le formulazioni di tiroxina disponibili in commercio e presentano per esempio valori soppressi di TSH con 75 mcg/die ed elevati con 50 mcg. La lunga emivita della l-tiroxina ne consente somministrazioni differenziate a giorni alterni (es. 50 mcg i giorni pari e 75 mcg i giorni dispari) od anche nell'arco della settimana (es. 75 mcg lunedì e venerdì, 50 mcg gli altri giorni) mantenendo ugualmente un compenso costante sui livelli del TSH.
L'andamento dei livelli degli anticorpi antitiroidei [anti-tireoglobulina (Tg) od anti-tireoperossidasi (TPO)] non è dato diagnostico per la funzione tiroidea ma ha solo un rilievo etiopatogenetico, potenzialmente utile in fase di inquadramento riguardo un possibile coinvolgimento autoimmune. Il riscontro di variazioni dei livelli anticorpali in risposta alla terapia non fornisce indicazioni pratiche ai fini delle scelte terapeutiche.
Il controllo del TSH nei pazienti ipotiroidei in trattamento cronico oramai stabilizzato dovrebbe essere ripetuto a cadenza annuale14. Controlli anticipati si rendono utili in caso di anomalie cliniche oppure in caso di eventi che possono modificare le dosi richieste della terapia (gravidanza, trattamenti concomitanti con altri farmaci, es. con amiodarone o barbiturici). Dopo la modifica della dose di tiroxina (soprattutto se si tratta di un aggiustamento minimo) è fondamentale attendere prima di ricontrollare il livello del TSH: il tempo minimo di controllo è di 1 mese, quello ottimale è dopo 3-4 mesi. Monitoraggio della terapia dell'ipertiroidismo
La terapia medica della tireotossicosi può essere diversa a seconda della patogenesi (morbo di Basedow, gozzo multinodulare tossico, adenoma tossico, tiroidite, ecc.) ed a seconda della situazione clinica del paziente1-3. Essa si basa essenzialmente sul blocco della sintesi degli ormoni tiroidei con il supporto, il più delle volte temporaneo, della somministrazione di sostanze in grado di bloccare la dismissione degli ormoni (ioduri, corticosteroidi o litio) o di impedirne il metabolismo (corticosteroidi e beta-bloccanti) o l'azione periferica (beta-bloccanti). Il prodotto più frequentemente utilizzato in Europa è il metimazolo (in Italia, Tapazole, è l'unico in commercio) mentre nei paesi anglosassoni si tende a dare la preferenza al propiltiouracile. La somministrazione del metimazolo avviene in 1-3 dosi giornaliere, preferibilmente dopo i pasti per migliorarne la tollerabilità gastrica.
Terapia dell'ipertiroidismo con antitiroidei
Metimazolo (Tapazole)
2,5-60 mg iniziando dalle dosi più elevate da adattare in base alla situazione clinica. In Italia è disponibile solo Tapazole cpr 5 mg.
All'esordio della malattia, di norma si utilizzano dosi maggiori che vengono poi ridotte in base alla evoluzione clinica e degli esami.
Nel monitoraggio immediato della terapia medica dell'ipertiroidismo la richiesta del TSH è solitamente inutile in quanto soppresso nelle fasi iniziali del trattamento. In genere è sufficiente la sola tiroxina libera (fT4), che è l'indice più sensibile della attività tiroidea, il dosaggio dell'fT3 può essere un utile complemento di indagine in quanto, soprattutto nelle fasi iniziali della terapia medica, esiste una risposta più precoce per la fT4 e più lenta per la fT3.
Nei pazienti in trattamento con propiltiouracile (non disponibile in Italia, ma impiegato in caso di intolleranza al metimazolo e, più spesso, nelle pazienti gravide) è frequente il riscontro di una fT3 ridotta rispetto al corrispondente valore di fT4 per un blocco della trasformazione da tiroxina a tri-iodotironina.
Ipertiroidismo in trattamento recente (fino a 2 mesi) con antitiroidei
- Da richiedere: fT3 fT4
- Obbiettivo: riportare fT3 ed f T4 a valori normali
- Nota: Il TSH nelle prime fasi (primi 2-3 mesi) della terapia è normalmente soppresso e non deve quindi essere richiesto
L'obbiettivo delle prime fasi della terapia è di portare i livelli di ormoni tiroidei nei limiti di norma. Questo effetto di normalizzazione almeno fino al secondo-terzo mese non è possibile per il TSH, la cui sintesi a livello ipofisario risulta inibita per lunghi periodi, anche dopo il ripristino di una funzione tiroidea accettabile3. Il dosaggio del TSH nella fase immediatamente successiva alla istituzione della terapia, può condurre alla erronea interpretazione della persistenza di una situazione di tireotossicosi, e non dovrebbe essere effettuato, per evitare decisioni terapeutiche errate.
Nei pazienti in trattamento con terapia antitiroidea da oltre 3 mesi, la determinazione del TSH, oltre all'fT4, può essere in grado di svelare un sovradosaggio della terapia antitiroidea; il riscontro di livelli elevati di TSH anche in presenza di ormoni tiroidei normali è segnale di sovradosaggio della terapia antitiroidea e ne richiede la riduzione.
Ipertiroidismo in trattamento protratto (oltre 3 mesi)
- Da richiedere: TSH, fT4
- Obbiettivi: mantenere TSH ed fT4 a valori normali
- Nota: In caso di TSH elevato anche in presenza di fT4 normale si deve sospettare un sovradosaggio della terapia antitiroidea
Per il monitoraggio delle terapie protratte con antitiroidei, si rende necessario un controllo ogni 3-4 mesi o anche più frequente in caso di anomalie cliniche o di malattie ad evoluzione rapida.
Il suggerimento della determinazione regolare di un'emocromocitometria per identificare il raro effetto indesiderato della agranulocitosi da antitiroidei (si calcola 1/1.000 trattati) non ha alcun rilievo pratico in quanto tale evenienza si manifesta in tempi brevissimi e non ha alcuna utilità un esame eseguito nel paziente asintomatico; l'indicazione degli esperti è di istruire il paziente a ricorrere al medico di famiglia in caso di iperpiressia, stomatite e/o sintomi sospetti per reazione allergica; il medico sospenderà la cura e richiederà in quei specifici casi l'esame della conta leucocitaria.
Monitoraggio della terapia del gozzo non tossico (eutiroideo)
L'iperplasia tiroidea rappresenta una situazione clinica molto frequente.
Una volta esclusane la pertinenza chirurgica e dimostrato lo stato di eutiroidismo, l'approccio terapeutico al problema dell'iperplasia tiroidea semplice o nodulare è tuttora controverso14, 16-17 .
Se la letteratura proveniente da aree ad apporto iodico adeguato mette in dubbio l'effetto della l-tiroxina nella stabilizzazione o nella riduzione delle dimensioni tiroidee, esiste una convergenza di esperienze sufficientemente ampie che mostrano, in aree a moderata carenza di iodio, un effetto della terapia con l-tiroxina sulla iperplasia semplice e sulle lesioni nodulari con dimensioni inferiori a 2 cm. Sono da considerare esclusi dal trattamento con l-tiroxina i gozzi di lunga durata con TSH ai limiti bassi.
La l-tiroxina ha come meccanismo d'azione la "messa a riposo" della tiroide, che viene ottenuta mediante la riduzione dei livelli di TSH, unica sostanza tireostimolante controllabile con la terapia.
Ne deriva che la terapia con tiroxina, in questi casi a differenza dal semplice compenso cui si tende nell'ipotiroidismo dovrebbe mirare al conseguimento di bassi valori di TSH (< 1 mU/L), pur senza elevare i livelli di ormoni liberi a livelli "tossici". Occorrerà quindi monitorare sia il TSH che la fT3.
L'abitudine di eseguire regolari controlli della conta leucocitaria è inutile ai fini del riconoscimento della agranulocitosi da antitiroidei. Più consigliabile l'esecuzione immediata dell'esame in caso di sintomi quali iperpiressia, stomatite o segni cutanei di allergia.
Diverso è il caso nella terapia delle neoplasie differenziate della tiroide in cui si cerca di ottenere valori di TSH così bassi da non essere dosabili. Per questo sono richieste dosi di tiroxina in grado di portare a volte ad effetti collaterali anche gravi sul sistema circolatorio (aritmie, situazioni anossiche) o scheletrico (osteoporosi, soprattutto nelle pazienti in menopausa)18-20 .
La cadenza di controllo consigliata per fT3 e TSH è di 3 mesi nella fase iniziale della terapia mentre, in fase di terapia cronica, il controllo può essere effettuato a cadenza annuale o biennale.
La morfologia tiroidea viene seguita con l'esame ecografico.
L'ecografia tiroidea viene utilizzata ai fini di misurare le dimensioni dei lobi e delle eventuali formazioni nodulari e verificare l'eventuale presenza di noduli non palpabili indovati nel parenchima tiroideo iperplastico. Dopo una prima verifica a 6 mesi, l'ecografia potrà essere eseguita, in caso di risposta favorevole, a cadenza biennale o anche anticipatamente, ma solo in base a sospetto clinico di accrescimento di una o più lesioni21.
L'indagine citologica su agoaspirato, essenziale nell'accertamento iniziale delle lesioni nodulari tiroidee, va ripetuta solo in caso di riscontro di nuove lesioni o di sospetto clinico di neoplasia su lesioni già accertate22.
Iperplasia tiroidea (gozzo) semplice o nodulare in terapia con l-tiroxina
- Esami da richiedere: TSH, fT3, ecografia
- Obbiettivi: mantenere TSH <1 mU\L ed fT3 a valori normali, stabilizzazione o riduzione delle dimensioni della ghiandola e delle lesioni nodulari
- Nota: la comparsa di nuove lesioni nodulari dovrà essere rivalutata con l'esame citologico; il dosaggio della calcitonina deve essere aggiunto nel caso della comparsa di nuovi noduli in pazienti con età > 50 anni o a rischio per carcinome midollare della tiroide
A seconda della presentazione clinica è possibile identificare situazioni cliniche di maggiore o minore sospetto per la presenza di un tumore in base a:
anamnesi positiva per radioterapia in sede cervicale
presenza di neoplasia tiroidea accertata in famiglia
durezza della/e lesione/i
presenza di linfoadenopatie satelliti
presenza di segni compressivi (disfonia, disfagia o dispnea)
recente incremento volumetrico.
L'esecuzione del dosaggio della calcitonina deve essere riservata ai casi di comparsa di nuove lesioni in pazienti di età superiore ai 50 anni, e non dovrebbe essere praticata di routine a tutti i controlli23.
La determinazione della tireoglobulina sierica o la ricerca degli anticorpi antitiroidei non hanno alcun ruolo nella strategia di base per il follow-up delle tireopatie iperplastiche.
La scintigrafia tiroidea non dovrebbe di norma essere eseguita durante la terapia con l-tiroxina, la cui funzione è proprio quella di impedire il funzionamento della tiroide e quindi di inibire la captazione del radiofarmaco. Questa indagine viene riservata alle sole condizioni cliniche di tireopatia nodulare24 che facciano presupporre un viraggio verso l'autonomia funzionale (TSH soppresso e ormoni elevati anche con basse dosi della terapia con l-tiroxina); per questo motivo la decisione di eseguire una scintigrafia in terapia soppressiva è normalmente di pertinenza specialistica.
Dopo il primo controllo, eseguibile dopo 6 mesi, la ripetizione dell'ecografia non fornisce risultati attendibili prima di un anno, soprattutto in assenza di segni evolutivi
La ripetizione routinaria dell'esame citologico su lesioni non sospette non è indicata. In caso di sospetto clinico per neoplasia, l'agoaspirazione per esame citologico deve essere richiesta in qualsiasi momento della storia del nodulo tiroideo
La ripetizione routinaria di scintigrafie tiroidee, di dosaggi per tireoglobulina,calcitonina o ricerca degli anticorpi antitiroidei non è indicata nelmonitoraggio delle tireopatie non neoplastiche
Comparsa di dolore nella regione tiroidea
Il dolore in sede tiroidea (spesso irradiato all'orecchio) può essere dovuto a tireopatie flogistiche oppure alla espansione acuta di lesioni nodulari causata da colliquazione o emorragia intralesionale. La presentazione può essere acuta e sovrapposta a tireopatie già in trattamento.
La presenza di dolenzia spiccata, magari spontanea, e di altri segni di compromissione generale può orientare direttamente verso il sospetto di una forma flogistica; la contemporanea comparsa di sintomi di tireotossicosi può far sospettare una dismissione di ormoni tiroidei da lisi follicolare. In ogni caso sono necessari una ecografia e prelievo per TSH, VES, PCR, emocromo25.
Dolore in sede tiroidea Esami da richiedere:
- di base TSH,VES,PCR, anticorpi anti TPO, ecografia
- esame citologico su agoaspirato in caso di espansione di noduli tiroidei
La scintigrafia, normalmente utile per conferme diagnostiche nel sospetto di una tireopatia flogistica, non è indicata durante la terapia.
L'agoaspirato si rende comunque indispensabile nell'eventualità della presenza di lesioni nodulari in espansione, anche a scopo evacuativo.
Conclusioni
L'importanza delle diversità tra le strategie di indagine per differenti situazioni cliniche deve sempre essere sottolineata in quanto è noto che metodiche utilissime per rispondere a un quesito specifico possono essere assolutamente inutili per soddisfare altre esigenze diagnostiche.
La scelta di proporre percorsi diagnostici mirati su situazioni cliniche elementari, privilegiando criteri di qualità ed escludendo decisamente tutti i fattori di confusione derivanti da false indicazioni da indagini inappropriate (es. la richiesta degli ormoni totali in gravidanza o in corso di terapia anticoncezionale che induce frequentemente erronee diagnosi di ipertiroidismo), consente di razionalizzare interventi e risorse, con una più rapida evasione delle richieste di esame ed un rilevante risparmio economico.
Che cosa non fare: esempi di comportamenti inappropriati
- Richiedere sempre "tutti gli esami della tiroide" (la batteria fT3 fT4 TSH è solo raramente indicata)
- Richiedere contemporaneamente ormoni totali ed ormoni liberi.
- Richiedere gli ormoni totali in gravidanza o durante la somministrazione di contraccettivi.
- Ricercare gli anticorpi anti Tg o anti TPO senza il sospetto di una patologia autoimmune (es. nel gozzo nodulare).
- Richiedere sistematicamente l'emocromo nei pazienti in trattamento con antitiroidei.
- Monitorare l'andamento degli anticorpi anti Tg o anti TPO.
- Prescrivere una scintigrafia in tutti i casi di tireopatia.
- Prescrivere una ecografia a intervalli < 12 mesi senza motivazione clinica.
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