Stefano Ricci Servizio Aziendale per le Malattie Cerebrovascolari, USL 2 Perugia
La decisione di affrontare questo argomento deriva dal fatto che l'ictus rappresenta una patologia orfana e come tale oggetto di ricerca. In ambito cardiologico l'rt-PA è un farmaco ben documentato nel trattamento dell'infarto miocardico acuto, ma molto controverso per un analogo problema arterioso nel distretto cerebrale. Il suo stesso iter di autorizzazione costituisce un'area controversa tra la medicina basata sulle evidenze, la pratica clinica e i modelli di discussione dei processi registrativi di cui Informazioni sui Farmaci si è già occupata altre volte.
E' un fatto ormai noto, anche al di fuori dell'ambito strettamente specialistico, che negli Stati Uniti la "prestigiosa" Food and Drug Administration (FDA) ha approvato l'uso deII'rt-PA entro 3 ore dall'insorgenza di un ictus ischemico. Tale autorizzazione deriva dai risultati di uno studio americano, pubblicato sul New England Journal of Medicine nel 19951. Lo studio, definito in sigla NINDS, formato in realtà da due studi separati, analizzati insieme, ha arruolato complessivamente 624 pazienti. I risultati hanno suggerito un beneficio sostanziale, dell'ordine di 160 pazienti (IC 87/234) in più in grado di sopravvivere liberi da handicap ogni 1.000 trattati. Tuttavia, gli studi condotti al di fuori degli Stati Uniti non sono stati in grado di ottenere risultati analoghi, nè con streptochinasi né con rt-PA2-6, perlomeno se si fa riferimento all'analisi primaria prespecificata prevista dai singoli protocolli. Ciò ha comportato la mancata concessione dell'autorizzazione all'uso dell'rt-PA in Europa, anche se vi sono eccezioni in singoli Paesi. Prima di commentare le varie realtà europee, è opportuno verificare più in dettaglio quali evidenze siano disponibili sull'uso della trombolisi nell'ictus ischemico acuto.
Qualche "dettaglio" sullo studio NINDS
Analizzando i risultati, si possono fare le seguenti considerazioni:
nel gruppo di pazienti trattati con rt-PA, 81 su 312 avevano ricevuto ASA nei giorni immediatamente precedenti, rispetto a 57 su 312 nel gruppo di controllo (OR 1,57; IC 1,05-2,34). Questo dato si presta ad una duplice interpretazione, a seconda dell'opinione di partenza sulla trombolisi; infatti si può legittimamente sostenere che il risultato dello studio è sottostimato, in quanto il pre-trattamento con ASA costituisce un fattore di rischio per emorragie (vedi esperienza del MAST Italia), ma si può anche affermare altrettanto legittimamente che l'ASA può aver avvantaggiato il gruppo trattato, poiché gli eventi sono stati di per sé meno gravi. Quello che non si dovrebbe affermare è che esiste una controindicazione all'uso della trombolisi in pazienti pre-trattati con ASA, perché il NINDS dimostra proprio il contrario!
33 pazienti su 312 trattati presentavano una sindrome lacunare, rispetto a 20/312 controlli (OR 1,73; IC 0,93-3,21); questo sbilanciamento può aver influenzato il risultato a favore dell' rt-PA, per la nota miglior prognosi dei pazienti lacunari. A questo proposito è interessante notare come nel paragrafo "materiali e metodi" non sia indicato alcun criterio TC di esclusione dallo studio.
Infine, anche se mancano i dettagli del risultato, la prognosi del gruppo "placebo" in termini di Rankin (relativa, però, alla sola 2a parte dello studio) indica un recupero pressoché completo neI 26% dei casi, ed una prognosi accettabile nel 52%. Verrebbe da domandarsi se si tratta di una popolazione sovrapponibile a quella che ogni giorno ci capita di trattare nelle nostre corsie: a titolo esemplificativo, nello studio IST7 la prognosi del gruppo non trattato indicava un recupero pressoché completo nel 20% e una prognosi accettabile nel 40% dei pazienti.
Queste considerazioni, insieme col limite indiscutibile del basso numero di casi trattati, e quindi con la possibilità che il NINDS abbia ottenuto un risultato positivo soltanto per il gioco del caso, hanno indotto molti cImici ad un atteggiamento prudente e non così ottimistico come quello assunto dalla FDA.
Poiché inoltre i due trials europei2,3 sulI'rt-PA non hanno, almeno formalmente, prodotto risultati positivi, pare ragionevole affidarsi ad una accurata revisione sistematica della materia, quale quella disponibile nella Cochrane Library8. La revisione Cochrane
L'ultima revisione della Cochrane, a cura di Joanna Wardlaw e coll, include i dati relativi a 17 studi, per un totale di 5.216 pazienti. I pazienti complessivamente arruolati corrispondono ad un decimo di quelli inclusi negli studi sulla trombolisi nell' infarto miocardico acuto, prima che questa fosse accettata universalmente come terapia di elezione. Vale la pena di ricordare che nell'ischemia coronanca gli studi fisiopatologici avevano fissato un limite utile per il trattamento a tre ore, ma la metanalisi ha potuto invece dimostrare che la vera finestra terapeutica per i pazienti era almeno di 12 ore! Senza entrare nel dettaglio delle molte analisi disponibili, che possono peraltro essere agevolmente consultate su Internet8, si riportano qui alcune conclusioni pratiche relative al solo rt-PA (8 trials, 2.889 pazienti in totale)9.
Nei pazienti trattati, le emorragie cerebrali fatali sono aumentate (33 casi in più per 1.000 pazienti, lC 22-45); la mortalità totale è anch'essa aumentata, ma in maniera statisticamente non significativa (19 casi ogni 1.000 pazienti trattati; lC 6-43). Sorprendentemente, limitando l'analisi ai pazienti trattati entro 3 ore, il dato si inverte (12 casi in meno, IC 61-38). Poiché ci si aspetterebbe un effetto lineare, e non un cut-off che ha "del magico", è verosimile che questa inversione sia solo apparente e legata ai piccoli numeri.
Il numero di pazienti morti o sopravvissuti con handicap al follow up è diminuito con l'uso di rt-PA: 55 in meno (IC 19-91) ogni 1.000 pazienti trattati a 6 ore, 140 in meno (IC 77-203) a 3 ore. Vi è però da precisare che esiste eterogeneità tra gli studi, non solo come era da attendersi quando nell'analisi si includono gli studi con altri trombolitici, ma anche in relazione ad altri fattori, quali l'uso concomitante di ASA ed eparina, la gravità dell'ictus, e, di nuovo, il gioco del caso per i piccoli numeri presenti in alcuni studi; occorrono maggiori informazioni per poter stimare con certezza l'effetto del trattamento.
Gli studi europei sull'rt-PA hanno ottenuto formalmente risultati negativi. Ciò significa che, se si ripete l'analisi con criteri più comuni (includendo il valore 2 della Rankin tra gli outcomes favorevoli), il risultato finale può cambiare e divenire positivo, ma non influenza l'esito della metanalisi, che tiene conto anche del dato grezzo.
Le conclusioni della revisione Cochrane sono le seguenti: i dati disponibili non consentono tuttora di individuare quale paziente specifico potrebbe giovarsi della trombolisi, e quale altro dovrebbe invece evitarla. Vi è un rischio precoce, ma questo sembra essere superato dal vantaggio successivo; tuttavia l'eterogeneità dei risultati dimostra incontrovertibilmente la necessità di acquisire ulteriori e più concreti dati per rispondere ai dubbi tuttora presenti (sui quali si tornerà poi). Nel frattempo, (e sicita testualmente) "in pazienti aftamente selezionati che si ricoverano in tempi molto brevi, alcuni clinici possono rittenere appropriato utilizzare la trombolisi".
Raccomandazioni e uso attuale
Partendo da quest'ultima affermazione cercheremo di capire chi debba o possa usare oggi la trombolisi, e in quale contesto.
NegliStati Uniti, dove esiste l'autorizzazione della FDA all'uso dell'rt-PA entro 3 ore, è stato calcolato che meno del 4% dei pazienti con ictus ischemico riceve tale trattamento10.
In Italia11, è stato fatto un calcolo relativo al numero di pazienti trattabili e "salvabili" con rt-PA: il dato non si discosta da quello statunitense, in quanto, su 100.000 ictus, 4.700 potrebbero essere trattati, e 517 beneficerebbero del trattamento. In realtà, sembra trattarsi di una visione ottimistica, poiché il dato reale proveniente dal Centro Italiano più attivo in materia indica una percentuale trattata del 2,6% (D. Toni, dati personali).
Chi dovrebbe trattare i pazienti? Chi ha partecipato agli studi? Chi conosce bene l'rt-PA (i cardiologi)? Chi conosce bene l'ictus? (non necessariamente un neurologo)? Forse, nell' interesse dei pazienti, la risposta corretta dovrebbe essere: chi vede e tratta ogni giomo l'ictus. Del resto, questo è quanto oggi accade per la trombolisi nell'infario miocardico. Tuttavia è evidente che esiste un gap tra questa necessità e la realtà pratica, e che un fattore indispensabile per ridurre questo gap è l'acquisizione di maggiori informazioni sull' effetto della trombolisi "nel mondo reale".
Che un gap ci sia, accompagnato da una buona dose di incertezza, è documentato da altri due fatti:
- i ben noti criteri TC, adottati ormai da tutti i Centri "specialistici", non erano stati usati per nulla nello studio NINDS! Anzi, nel NINDS, i pazienti con segni precoci hanno beneficiato maggiormente della trombolisi;
- le "regole" per I' utilizzo dell'rt-PA differiscono da Paese a Paese (ma ècredibile? è accettabile?): in Austria il trattamento è prescrivibile solo in una Stroke Unit, secondo i criteri NINDS, ma non a pazienti con deviazione coatta dello sguardo o con segni precoci alla TC. In Germania, invece, vengono esclusi i pazienti con età superiore a 75 anni e con pregresso trattamento con ASA (ma non erano quelli che nel NINDS avevano ottenuto il maggior beneficio?). In Danimarca, infine, il trattamento non è permesso e vengono chiuse le Stroke Unit per acuti, non essendo disponibile, a giudizio delle Autorità Sanitarie locali, alcun trattamento specifico da somministrare in tali strutture! Vi è quindi grande incertezza e anche, se si può dire, una discreta confusione. Che fare ora? I problemi aperti
Nel 2002, in Europa ci saranno 1.800.000 ictus ischemici. La licenza americana all'rt-PA è basata su meno di 1.000 pazienti, e la metanalisi su meno di 6.000. Non sorprenderà quindi il fatto che siano assai numerose le domande ancora senza risposta (o con risposte ancora parziali) relative all'uso della trombolisi nei pazienti "reali": se ne riporteranno di seguito alcune9.
L' uso dell' ASA al momento dell' ictus aumenta i pericoli della trombolisi?
C'è un limite di età?
Quali caratteristiche cliniche e/o radiologiche indicano il grado di probabilità di beneficio o di rischio del trattamento (gravità dell'ictus, visibilità precoce dell' infarto, presenza di atrofia o leucoaraiosi, altri dati dell'anamnesi, l'età, ecc.)?
Qual'è il limite reale della finestra terapeutica nei singoli pazienti e come si può conoscerlo?
L'assenza di una occlusione arteriosa significa che la trombolisi non serve?
Quale ambiente assistenziale è richiesto per somministrare con sicurezza la trombolisi?
Cosa si deve fare prima e durante la trombolisi per quanto riguarda il controllo della pressione arteriosa?
I benefici sul breve periodo si mantengono a lungo termine?
Quale farmaco, quale dose e quale modalità di somministrazione è migliore?
Qual' è il rapporto costo-efficacia di questo trattamento?
Cosa pensano i potenziali pazienti e coloro che hanno avuto un ictus circa i rischi ed i benefici della trombolisi, e quanto queste opinioni sono influenzate dall'età?
In sostanza, si può concludere che disponiamo di un trattamento promettente ma potenzialmente pericoloso, di cui sappiamo ancora troppo poco sul piano pratico perché possa avere un reale impatto sulla patologia che ci interessa. Che fare allora? La risposta, se si pensa ai progressi della terapia medica negli ultimi 20 anni, sembra ovvia: occorre uno studio controllato, randomizzato, pragmatico, di ampie proporzioni, che includa la maggior varietà possibile di pazienti con ictus ischemico acuto, e che verifichi l'effetto dell'rt-PA in un'ampia gamma di ospedali che ricoverano pazienti con ictus, in modo che, se il farmaco si dimostrerà efficace, la possibilità di giovarsene sia uguale per tutti i pazienti. Uno studio di questo tipo è iniziato da poco e ci si augura che i suoi risultati possano realmente portare ad una modifica della pratica clinica corrente, come è successo per altri grandi studi multicentrici. L' Internationai Stroke Trial 3 (IST 3)
L'IST 312 si propone di includere 6.000 pazienti con ictus ischemico acuto, entro 6 ore, e di randomizzarli a rt-PA (0,9 mg/kg) o a placebo. L'outcome sarà valutato a 7 giorni (mortalità precoce) ed a 6 mesi (mortalità più disabilità), come è già stato fatto per l'IST2 e come si sta facendo per l'IST 2 -FOOD. I requisiti minimi per poter pensare di trattare con trombolisi un paziente con ictus sono così riassumibili:
capacità di diagnosticare correttamente l'ictus e la sindrome clinica;
capacità di escludere chiaramente una emorragia come causa dell'ictus;
capacità di escludere i pazienti ad alto rischio per complicazioni emorragiche;
disponibilità di una organizzazione tale da poter somministrare il farmaco come da protocollo, verificare eventuali eventi avversi ed interrompere la somministrazione in caso di trasformazione emorragica. Come si vede, tali requisiti sono riscontrabili diffusamente, e consentiranno una vasta implementazione del trattamento.
La risposta alla domanda iniziale
L'autorizzazione Europea alla trombolisi venosa nella fase acuta dell'ictus va subordinata alla verifica della sua efficacia su larga scala e alla praticabilità nei diversi centri perché esistono perplessità circa la reale diffusibilità del trattamento. Per questo l'atteggiamento più responsabile è quello di arruolare quanti più pazienti possibile alla sperimentazione in corso. Nello stesso tempo, i Centri che lo ritengono potranno continuare, previa approvazione dei loro organi regolatori, ad usare la trombolisi anche al di fuori dello studio citato, in casi selezionati.
Corrispondenza: Informazioni sui Farmaci 2002, n.4
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