Gentile Redazione,
la lettera del dr. Bonati, sottolineando la discrepanza tra l'attitudine prescrittiva di antiasmatici dei pediatri italiani e le linee guida terapeutiche internazionali, sollecita la comunità scientifica e non solo pediatrica ad affrontare un problema che, a mio modesto parere, è poco conosciuto e forse sottostimato e che va al di là della strategia di marketing delle industrie farmaceutiche: la prescrizione farmacologica come atto conclusivo della visita medica. E' vero, e ne siamo tutti testimoni, che la pressione dell'industria farmaceutica aumenta anno dopo anno e gli ambulatori dei medici di base sono sempre più pieni di "Informatori del farmaco" e nel nostro caso anche di dietetici ma è altresì vero, che l'industria occupa una nicchia che la nostra categoria, per una serie di fattori, le offre su un piatto d'argento; per dirla con la saggezza delle mie parti "lega l'asino dove vuole il padrone". Quali sono secondo me, questi fattori?
Formazione universitaria teorico-pratica insufficiente
Nel mio corso di laurea ho sostenuto un solo esame di farmacologia, al quarto anno, dopo lo studio della fisiologia e della patologia generale. Gli esami successivi, di patologia/clinica medica e tutte le altre "cliniche" prevedevano nei loro programmi una parte terapeutica ma questa era sottovalutata rispetto alla parte nosografica e diagnostica. Nel corso di specializzazione, nel mio caso Pediatria, il programma di studio non prevedeva nessun esame di farmacologia se escludiamo il fatto dei dosaggi dei farmaci pro-kg di peso.
Tirocinio post-laurea inadeguato o insufficiente
All'università abbiamo visto le patologie non comuni e per l'organizzazione delle scuole di specializzazione non sempre è avvenuta la rotazione dei reparti e delle sub-specialità ; in ospedale, per chi come me ha fatto anche il tirocinio post laurea retribuito, si faceva quello che decideva il primario senza alcuna forma di discussione o di partecipazione, e abbiamo cominciato a conoscere i "rappresentanti". Per noi poi approdati alla Pediatria di famiglia, nessuna specifica formazione se non quella autodidatta a spese dei nostri piccoli pazienti. A tutt'oggi, estate 2001, nonostante i nostri ACN prevedano un aggiornamento obbligatorio ormai da qualche decennio, la mia ASL, NA 5 Regione Campania, non ha mai organizzato un corso di aggiornamento obbligatorio per i pdf.
Pressione/lusinghe delle ditte farmaceutiche
Una volta nel proprio ambulatorio, mano a mano che crescevano gli assistiti aumentavano anche le visite degli informatori che, come tutti sanno, sono condite da gadgets che vanno dalla penna a..... Dal 23 settembre 1991 al 22 marzo i 992 ho registrato le visite degli Informatori per una mia personale curiosità (dati mai pubblicati ma a disposizione di chiunque). In 125 giorni lavorativi ho ricevuto 79 visite da 43 ditte. Ho ricevuto, senza chiederli, 26 gadget, dalle penne al libro di Pediatria ambulatoriale, passando per i fazzolettini di carta, dentifrici, abbassalingua etc etc. Tutti, senza eccezioni, hanno lasciato campioni dei loro prodotti senza alcuna richiesta da parte mia. Ed io ero e per fortuna ancora lo sono, considerato un "non prescrittore"! Nessuno mi ha detto qualcosa che non conoscevo già. Da qualche anno, si sono stancati, e vengo visitato solamente da pochi affezionati, diventati ormai miei amici. Tra loro nessuna ditta di latti.
Isolamento professionale
Molti dei pediatri di base sono come si dice "isolati" nel proprio ambulatorio, senza condivisione immediata o supervisione anche indiretta da parte dei colleghi. Inoltre esiste anche un elemento di concorrenza tra i vari pediatri e se il non precrittore è circondato da prescrittori diventa difficile (ma non impossibile) resistere anche per paura (a volte legittima a volte no) di perdere i pazienti. Nella mia realtà, inoltre, esiste una grande concorrenza "privata" e lottiamo per non prescrivere su ricettario nazionale farmaci, quasi sempre inutili, prescritti per "accontentare" le mamme ansiose e forse forse per giustificare gli esosi onorari.
Isolamento morale
L'azione terapeutica del medico, a maggior ragione del medico di famiglia, è multifattoriale e non si limita o non dovrebbe limitarsi, a quella pre scrittiva e di tipo farmacologico. La capacità di instaurare una relazione (il Prof. L. Baldascini direbbe intima) con il paziente è indispensabile per inquadrare correttamente il disturbo all'interno del sistema più generale della famiglia ovvero di altre realtà (famiglia allargata, famiglie separate) e di conseguenza ridurre l'abuso dei farmaci e/o per favorire l'uso di rimedi naturali. Questa (volontà? di) relazione è basata sulla consapevolezza che l'atto medico è prima di tutto un servizio (e come tale sempre in perdita) fondato sul riconoscimento dell'unicità della vita e sull'uguaglianza di tutte le vite e presuppone una forte tensione morale ed anche una certa quantità di tempo disponibile, ambulatori aperti mattina e pomeriggio, etc. Quando questa tensione, per i motivi più vari, viene offuscata da altre categorie di riferimento, quali il successo, il denaro, l'immagine, tutto diventa più difficile. Bisogna (ri)scoprire, come si diceva una volta e come il Prof. Panizon ha così efficacemente ripetuto nell' editoriale su M&B di maggio 2001, che il nostro lavoro è prima di tutto una missione sia medica che civile.
Che fare allora? Non sono in grado di rispondere efficacemente a questa domanda perché da operatore di primo livello ho imparato a fare più che a progettare e poi penso che questo sia il compito di chi è pagato, ed anche bene, per farlo. Posso suggerire a chi lo volesse, un proverbio, penso arabo, che guida da qualche anno il mio vivere quotidiano: se la città è sporca comincia a spazzare l'uscio della tua casa.
Cordialmente
Costantino Apicella
Pediatra di famiglia
Sorrento
Gentile Redazione,
la lettera di Bonati e colleghi solleva una serie di considerazioni e una tristezza fastidiosa. E' vero, con il beclometasone per via inalatona siamo di fronte, già da qualche anno, ad una nuova moda: quella di trattare il raffreddore e le infezioni respiratorie in generale con cortisonici topici. Ogni nuova moda ha come sua motivazione profonda la necessità delle ditte produttrici di vendere e come sua giustificazione i terribili pericoli che potrebbero derivare dal non adottarla. Venti anni fa, quando ci battevamo contro gli antibiotici inutili, dannosi, con associazioni a dosi fisse, il pericolo paventato era la "complicanza batterica", imprevedibile ed in perenne agguato. Le "suppostine" di Uniplus e le "goccine" di Novalgina erano pubblicizzate come molto più potenti della banale aspirina e del paracetamolo per le mortali complicanze della febbre. Oggi il nemico è il terribile sibilo proveniente dalle trachee e dai bronchi dei nostri infanti, che risuona lugubremente nelle notti insonni delle madri e negli studi affollati dei pediatri. Questo fischietto molesto che si "sente anche senza lo strumento", che fa pensare all'aria che non entra o non esce bene, che va rapidamente abolito anche se non dà fastidio (anche se appena il calibro dei piccoli bronchi crescerà non si sentirà più e anche se con l'asma quasi sempre non c'entra niente). Anche oggi, come 20 anni fa, diciamo che spariamo contro una mosca con un cannone, ma intanto è così. I dati mostrati nella tabella i sono ternficanti: nel corso del primo anno di vita più di 3 bambini su 10 ricevono una prescrizione di corticosteroidi per via inalatoria. Qualcuno di questi bambini può essere definito asmatico? E se si, perché una prescrizione molto più contenuta di beta 2? La Tabella 2mostra che nel nostro paese è permesso ciò che altrove non lo è, mentre la pubblicità falsa e ingannevole allegata è segno che le riviste scientifiche, anche le migliori, per finanziarsi, non entrano nel merito delle bugie che talvolta pubblicano. La domanda è: perché i pediatri accettano ciò? Perché prescrivono questi farmaci?. Apicella individua nella sua lettera vari motivi: formazione pre- e post-laurea inadeguata, pressione delle ditte farmaceutiche, isolamento e concorrenza tra i pediatri. Personalmente ritengo che in Italia ciò sia possibile perché, dalla fase del profilo regolatorio e della registrazione del farmaco, a quella della pubblicità, a quella della formazione continua a livello aziendale, nessuno esercita il controllo che andrebbe esercitato perché ci si attenga alle evidenze scientifiche. Non sono solo informazioni che servono, ma direttive vincolanti, anche perché la formazione permanente, nelle poche situazioni in cui è aderente ai bisogni reali, influenza i pochi onesti e volenterosi, ma non scalfisce i "prescrittori aggressivi", quelli che non sanno (o non vogliono) attendere, osservare, tornare al letto del mlatao. Penso che una delle sfide per il nostro sistema sanitario nei prossimi anni sia quella di trovare modalità per vincolare i propri operatori al rispetto di comportamenti prescrittivi derivanti da evidenze scientifiche sulle quali esiste un largo consenso.
Alfredo Pisacane
Dipartimento di Pediatria Il Università di Napoli
Gentile Redazione,
la lettera aperta del Dr. Maurizio Bonati e Colleghi al Ministero della Sanità solleva il problema del corretto utilizzo dei cortisonici inalati in età pediatrica ed in particolare del beclometasone nebulizzato, prodotto largamente prescritto il Italia e non commercializzato negli altri principali paesi europei e negli Stati Uniti. Nella lettera viene rilevato come in Italia le indicazioni registrate per l'uso del farmaco sono: "controllo dell'evoluzione della malattia asmatica e delle condizioni di broncostenosi; miti allergiche e vaso-motorie, affezioni infiammatorie e allergiche delle cavità nasali e del tratto rinofaringeo" mentre per le altre specialità medicinali contenenti beclometasone inalatorio (aerosol predosato, polvere, spray nasale) le indicazioni (sia in Italia che all'estero) sono limitate all'asma ed alla mite (allergica o vasomotoria). Il Dr. Bonati sostiene pertanto che l'indicazione all'uso in non meglio precisate "affezioni infiammatorie e allergiche delle cavità nasali e del tratto rinofaringeo" (esclusiva del beclometasone nebulizzato) possa determinare un utilizzo improprio del farmaco. Pur ritenendo del tutto plausibile tale ipotesi, riterrei utile considerare ulteriori aspetti del problema, per una maggiore comprensione dei meccanismi prescrittivi. La laringotracheobronchite (croup) è una patologia di frequente riscontro in età pediatrica, spesso allarmante per l'intensità e la rapida comparsa dei sintomi. Presenta un picco di prevalenza nel secondo anno di vita ed è caratterizzata da tosse "abbaiante", stridore respiratorio e dispnea, a causa di edema subglottideo. Il croup si manifesta prevalentemente nelle ore notturne, nel corso di virosi respiratorie (in particolare da virus parainfluenzale di tipo 1) ed è simile come sintomatologia all'edema laringeo di origine allergica (da farmaci o alimenti) o idiopatico (edema di Quincke). L'insorgenza di laringite ipoglottica in corso di virosi respiratoria è un evento particolarmente temuto dai genitori dei bambini predisposti (si può manifestare parecchie volte nel corso di un inverno), è motivo di forte allarme quando si verifica e determina frequentemente il ricorso al PS., anche se in molti casi si risolve spontaneamente. lì farmaco di elezione per il trattamento di emergenza del croup è l'adrenalina per via aerosolica, tuttavia i possibili effetti collaterali (tachicardia ed altre aritmie) ne limitano l'uso all'ambito ospedaliero. L'alternativa terapeutica disponibile in ambito extra-ospedaliero è costituita dai corticosteroidi per via sistemica oppure nebulizzati (per via aerosolica). Questi ultimi hanno dimostrato efficacia pari all'adrenalina nebulizzata nel croup moderatamente grave1 ed il loro ruolo è stato definito da recenti revisioni di letteratura condotte da fonti indipendenti2'3. Il cortisonico di riferimento è la budesonide, per la ragione che nei paesi anglo-sassoni (ove sono stati eseguiti la maggior parte degli studi clinici controllati) questa molecola (e non il beclometasone) è disponibile per nebulizzazione. Non credo vi siano ragioni per ritenere che il beclometasone nebulizzato differisca sostanzialmente dalla budesonide nel trattamento del croup, anche in considerazione della equivalenza dei due farmaci in altre patologie respiratorie, in particolare nell'asma4. Stupisce pertanto che tra le indicazioni del beclometasone per nebulizzazione non figuri la laringotracheobronchite, patologia sicuramente distinta dalle 'affezioni infiammatorie del tratto rinofaringeo" e molto più rilevante in termini clinici. I dati della letteratura sono principalmente riferiti all'uso del corticosteroide nebulizzato nella terapia d'urgenza del croup (in bambini visitati al PS. oppure ospedalizzati) e non all'azione "preventiva" del farmaco sul laringospasmo (qualora venga somministrato precocemente all'esordio della virosi) oppure sulle recidive (qualora il trattamento venga proseguito per alcuni giorni). Ritengo però che sarebbe interessante valutare se da parte dei pediatri di famiglia ne venga fatto uso in tal senso, anche in base all'esperienza clinica personale. L'osservazione che l'impiego del beclometasone è nettamente maggiore nei bambini più piccoli (< 1 anno) rispetto a quelli di 12-13 anni suggerisce infatti che il farmaco sia molto utilizzato nelle virosi respiratorie le quali, nei bimbi più piccoli, inducono frequentemente, a seconda della predisposizione individuale, broncospasmo oppure ostruzione laringea. Nel caso del broncospasmo è stato dimostrato da alcuni Autori che l'uso continuo (profilattico) dei cortisonici malati non impedisce che il sintomo si manifesti in caso di infezioni respiratorie5,6, tuttavia il loro uso è più che giustificato quando il "wheezing" è in atto e può essere effettuato anche ad alti dosaggi quando le esacerbazioni dell'asma sono frequenti ed i cortisonici orali non sono ben tollerati7. Nel caso del croup la letteratura non fornisce indicazioni sull'utilizzo dei cortisonici malati al di fuori della fase acuta, tuttavia sarebbe opportuno sperimentare l'efficacia del loro utilizzo per un periodo più esteso (prima e dopo il laringospasmo) e valutare se l'eventuale loro utilizzo in tal senso (su base empirica) possa influire sugli attuali volumi prescrittivi.
Gianluigi Rossi
Specialista Allergologo
Azienda USL di Reggio Emilia
Bibliografia 1. Fitzgerald D et al. Nebulized budesonide is as effective as nebulized adrenaline in moderately severe croup.Pediatrics 1996; 97:722-25. 2. Budesonide e adrenalina per aerosol nel croup. Drug and Therapeutics Bulletin 1996; 5:23-4. 3. Corticosteroidi nel croup. Drug and Therapeutics BuIletin 2000; 9 : 22-4. 4. Bames PJ. Current issues for establishing inhaled corticosteroids as the anti-inflammatory agents of choice in asthma. J Allergy Clin Immunol 1998; 101 :S427-33. 5. Wilson N et al. Effect of continuous treatment with topical corticosteroids on episodic viral wheeze in preschool children. Arch Dis ChiId 1995; 72:317-20. 6. DoulI IJM et al. Effect of inhaled corticosteroids on episodes oI wheezing associated with viral infection in school age children: randomised double-blind placebo controlled trial. BMJ 1997; 315:858-62. 7. Keeley O. Higher dose inhaled corticosteroids in childhood asthma. BMJ 2001; 322:504-5.