E' verosimile che, se ci si mettesse d'impegno (o in modo programmatico), tutti i numeri di un giornale che cerca di fare dignitosamente informazione sui farmaci potrebbero essere letti ed utilizzati non solo come strumenti di aggiornamento, ma come occasione per una rilettura più complessiva (metodologica, culturale, istituzionale) del mondo dei farmaci. Informare comporta di fatto un gioco di incroci di punti di vista, ed un ascolto/lettura non solo dei fatti e dei dati, ma un esercizio di ricollocazione della informazione stessa nel suo contesto di origine e nello stesso tempo in quella degli interlocutori. Così come è venuto formulandosi, l'indice di questo numero del Bollettino propone una vera e propria provocazione ad una lettura-utilizzazione non solo (nè prevalentemente?) informativa. Per esplicitare quanto sta dietro le annotazioni che precedono (e dare un'idea di concretezza, forse di interesse concreto, ed eventualmente anche di sviluppo metodologico) è utile procedere in due tappe.
La prima è una riscrittura dell'indice di questo Bollettino, che ne traduce i contenuti in concetti che, senza forzature e senza bisogno di commento, rappresentano già una specie di sintesi di alcune tematiche oggi prioritarie.
Le difficili (ipotetiche?) nicchie (cliniche? di mercato? di speranza?) delle novità (documentate? ancora in lista d'attesa?) (es.Balsalazide, Levetiracetam)
Raccomandazioni e pratiche, possibilità e limiti, risultati ed implicazioni della ricerca "indipendente" (Lo studio CURE)
Come vivere (senza stupirsi e senza intrappolarsi) in tempi in cui i "referenti" possono esssere la "variabile di confondimento" (I Glitazoni)
Terapie cronicamente incerte per popolazioni clinicamente ed epidemiologicamente in cambiamento permanente (rt-PA nell'ictus)
Essere orfani di conoscenze controllate espone al richio di un eccesso di adozioni "ad esito ignoto" (Corticosteroidi in età pediatrica)
La seconda è una focalizzazione su alcune idee che sembrano di particolare attualità.
1. Bussola
Nel mondo dell'informazione le rubriche che registrano ciò che di nuovo arriva al mercato sono obbligatoriamente al primo posto. Questo numero offre un quadro che può apparire particolarmente riduttivo, per numero di molecole commentate, e per problemi trattati. Sono proprio queste caratteristiche tuttavia ad avere un ruolo di bussola: i "passi in avanti terapeutici" (oggetto di un documento ISDB che sarà oggetto di commento sui prossimi numeri) sono eventi rari. Ciò che tuttavia è ancor più interessante notare è che i problemi clinici "indicati" hanno di fatto un loro grado di orfanità, ed i farmaci proposti dichiarano di volervi porre "parzialmente" rimedio. Ed è perfettamente giusto che le risposte siano parziali: i passi sono sempre parziali rispetto al cammino, ed ancor più rispetto all'arrivo. La bussola ci dice però che il problema sta altrove: nella dissociazione fra intenzioni e risposte: per la limitatezza intrinseca dei farmaci "nuovi"? per la metodologia carente degli studi? per la strategia di second'ordine dei piani di ricerca complessivi? perché, in fondo, non importa così tanto risolvere i problemi, e bisogna fare il minimo necessario perché arrivino al mercato? perché è ciò che passa il convento in questi tempi-lunghi-di dichiarata-crescente efficienza aziendale, e minimizzazione dei contenuti?
2. Novità
Il commento ai risultati dello studio CURE (rispetto al quale dichiaro evidentemente il mio "conflitto di interessi", essendone stato uno dei partecipanti) rimanda ad una lunga storia di un capitolo di terapia/profilassi che sarebbe interessante raccontare per esteso. Interessa qui sottolineare la sua attualità per una serie di ragioni, che si possono solo elencare, immaginando che i commenti sono impliciti e chiari:
la novità dei risultati è certa, per indicazioni e rilevanza;
la si è ottenuta "rischiando" la nuova terapia "on the top" di quella che era considerata la strategia antagonista o simmetrica; il trial è un pro-memoria della praticabilità e della resa della logica di indipendenza di "sponsorship, authorship, ecc." che è stato oggetto di commento recente nella letteratura internazionale: alleanza, con patti chiari, tra finanziamento(importante) industriale, ed autonomia-partecipazione dei ricercatori;
in stretta continuità (anche di protagonisti) con lo studio HOPE, il trial è parte di una storia di sviluppo di conoscenza-risposta in cui un trial rimanda all'altro (dal SOLVD al HOPE; dal CAPRIE al CURE), con un'articolazione di ipotesi scientifiche, ma ancor più con una continuità culturale ed organizzativa di reti di ricerca: il farmaco è "parte" di una strategia, non ne è il protagonista da cui tutto dipende;
la novità è "in più" rispetto a quanto già è disponibile: fino a quando si andrà avanti "aggiungendo"? il CURE si aggiunge (in fondo) anche all'HOPE? e...? e con che costi? con che compliance? con NNT sommati, o articolati o da ridistribuire per profili di rischio?
la novità, quando è tale, non risolve ma mescola un po' di più carte e idee: dice di andare avanti, perché altre domande intelligenza-comprensione trasferibilità sono pronte: se c'è qualcuno disposto ad adottarle, culturalmente e finanziariamente;
questo rimescolamento sfida di fatto, nella pratica, la logica delle linee guida: ma non è questo un invito, permanente, perché anche i 'practitioners"siano, sostanzialmente, persone interessate [soprattutto] a gestire domande e non [solo] risposte?
3. Conflitti
Non c'è bisogno di insistere, in quanto ci si è tornati molte volte. L'importanza della storia dei glitazoni sta nella conferma che non ha più senso vivere sulle "citazioni": "è stato approvato da "; "Lo ha detto il National Institute for Clinical Excellence (NICE)" (o simili).......
Le autorità - istituzionali culturali - non sono, lo si sa, sinonimo automatico di autorevolezza-affidabilità. ll ricorrere - con una periodicità certamente non casuale - del conflitto di interessi e di opinioni (anche) in medicina è tuttavia un problema che pone interrogativi e provocazioni importanti non solo per la gestione dell'informazione (anche) sui farmaci, ma soprattutto per l'impresa complessiva della formazione permanente dei medici. E' un pro-memoria, nient'altro. ll quotidiano della medicina è, come da copione, specchio fedele del quotidiano della realtà.
4. Comunicare
La lettera alle donne sui contraccettivi orali di 3a generazione che - con un procedimento un po' atipico - si propone come chiusura di questo numero è il classico "last but not least". La nota vale anche per questo editoriale. Se queste ultime righe avessero, in un modo o nell'altro, un futuro si possono dimenticare tutte le precedenti.
La lettera rimanda ad una vicenda (documentata nel numero di DsF; v. anche il sito del Ministro) lunga molti anni, e caricata nel suo percorso di tutte le ambiguità ricordate nei punti precedenti: interessi, giochi-ambiguità-contrapposizione di dati, scienza e burocrazia, novità reali e di immagine.... Una decisione è stata finalmente presa, molto soffice, per non spaventare, per non urtare, per non sconvolgere mercati, etiche, comportamenti. E' stata (anche qui, come membro CUF ho conflitti di interesse) una decisione, decisione, alla fine, ragionevole. La discussione sarebbe da fare ad un altro livello, e non c'è qui il tempo di approfondire il tema dei rapporti tra le responsabilità, le tempestività, le diverse enfasi della/e farmacovigilanza/e (la storia recente delle statine insegna: v. Bollettino lnformazione Farmaci del Ministero). Interessa qui, molto, sottollneare che si sceglie di mettere in evidenza la lettera alle donne. Nel quotidiano, la "gente" è già il recettore vero della informazione. Proprio sui contraccettivi, tanto tempo fa, questo Bollettino aveva fatto una prima sperimentazione di linguaggio (IsF 1988; 12:215-30; ibid 291-305). Forse - esperti di informazione controllata e gestori di pratiche quotidiane di diagnosi-prescrizione -dovremmo, seriamente, preoccuparci molto meno di pesare con bilancini più o meno precisi informazioni che, in ogni caso, saranno più o meno biased: è urgente - è già tardi - sperimentare il rigore e la creatività del linguaggio per comunicare alla gente, che ha come end-point l'intelligenza che si produce e la capacità di scelta ed autonomia. E' un campo tutto aperto. Metodologicamente innovativo. Area di cultura "meticcia", che chiede al grigio delle "evidenze" di colorarsi delle domande/incomprensioni/credenze/realtà del quotidiano della gente. Senza stupirsi, o divenire sussiegosi. Siamo noi - esperti e prescrittori - così esposti ad essere presi in giro, lo si è visto sopra, che non ne avremmo proprio nessuna ragione.