Nell'arco di due anni sono diventati i FANS più utilizzati: il messaggio di una minore gastrolesività del celecoxib e del rofecoxib ha rapidamente fatto breccia modificando le abitudini prescrittive (induzione da parte degli specialisti? pressione degli informatori? abdicazione alle richieste dei pazienti?). Ma sono veramente antinfiammatori più sicuri? Il dibattito sulla letteratura internazionale è acceso, non solo in relazione agli effetti gastrointestinali. Le controversie nella valutazione del profilo di sicurezza di questi farmaci riguardano soprattutto la possibile tossicità cardiovascolare e renale a conferma di come sia difficile definire il profilo di sicurezza dei nuovi principi attivi.
I Dati
Apparato gastrointestinale
Due sono gli studi di ampie dimensioni che hanno valutato, assieme all'efficacia, il rischio di complicazioni gastrointestinali associato all'impiego dei COX-2 inibitori: lo studio CLASS (Celecoxib Long-term Arthritis Safety Study) e lo studio VIGOR (Vioxx Gastrointestinal Outcomes Research)1,2. Nello studio CLASS, costituito da due studi separati, il celecoxib è stato confrontato con l'ibuprofene e con il diclofenac; i risultati ottenuti con i due antiinfiammatori tradizionali sono stati riuniti e analizzati: complessivamente, 3987 pazienti con osteoartrosi e artrite reumatoide hanno assunto celecoxib (400 mg due volte al giorno), 1985 ibuprofene (800 mg tre volte al giorno) e 1996 diclofenac (75 mg due volte al giorno). Lo studio è durato 13 mesi ma sono stati pubblicati solo i dati dei primi 6 mesi di osservazione. La differenza fra i due gruppi nell'incidenza delle complicanze dell'ulcera (sanguinamento del tratto gastrointestinale superiore, perforazione, ostruzione), che rappresentavano l'end point primario dello studio, non è risultata statisticamente significativa: su base annua, infatti, l'incidenza di ulcere complicate nel gruppo di pazienti che assumeva celecoxib è stata dello 0,76% (11 eventi su 1441 pazienti anno) vs. un'incidenza dell'1,45% (20 eventi su 1384 pazienti-anno) nel gruppo che assumeva un FANS non selettivo. Tuttavia, valutando come end-point composito sia le complicanze dell'ulcera che le ulcere gastroduodenali sintomatiche, la tollerabilità del celecoxib è risultata significativamente superiore rispetto a quella dei FANS tradizionali, con un'incidenza su base annua del 2,08% (30 eventi su 1441 pazienti-anno) con il celecoxib vs. 3,54% (49 eventi su 1384 pazienti-anno) con i FANS tradizionali.
Il fatto che non sia emersa alcuna differenza fra i due gruppi in termini di incidenza di complicanze dell'ulcera sembra essere dovuto ad una più alta incidenza di ulcere complicate nei pazienti che assumevano celecoxib rispetto a quella attesa sulla base degli studi precedenti3. Ulteriori analisi hanno dimostrato che questo aumento di complicanze era probabilmente da attribuirsi all'impiego concomitante di aspirina a basse dosi. Infatti, l'incidenza su base annua delle complicanze dell'ulcera e delle ulcere gastroduodenali sintomatiche nei pazienti che non assumevano aspirina a basse dosi era significativamente inferiore con il celecoxib che con i FANS non selettivi (0,44% o 5 eventi su 1143 pazienti-anno vs. 1,27% o 14 eventi su 1101 pazienti-anno rispettivamente) mentre nei pazienti che assumevano aspirina l'incidenza annuale non era significativamente diversa (4,7% o 14 eventi su 298 pazienti-anno in quelli che assumevano celecoxib vs. 6% o 17 eventi su 283 pazienti che assumevano FANS tradizionali).
Inoltre, indipendentemente dall'assunzione o meno di aspirina, l'incidenza complessiva dei sintomi gastrointestinali è risultata solo leggermente inferiore col celecoxib rispetto ai FANS tradizionali, così come la percentuale di sospensioni dal trattamento per intolleranza gastrointestinale.
Questa analisi per sottogruppi, pur con tutti i limiti propri di tali analisi, dimostra che, nei pazienti in trattamento con aspirina a basse dosi come profilassi per la cardiopatia ischemica (che si potrebbe definire "una comorbidità in competizione"), l'aspirina ha quasi totalmente annullato il vantaggio offerto dal celecoxib in termini di sicurezza gastrointestinale rispetto ai FANS tradizionali4. Ciononostante, gli autori dello studio traggono le conclusioni che, nel corso dei 6 mesi di trattamento, il celecoxib ha causato meno ulcere sintomatiche e complicanze dell'ulcera rispetto all'ibuprofene e al diclofenac. Queste conclusioni non solo sono in contraddizione con i dati pubblicati1, ma sono state anche confutate dall'FDA in base alle informazioni sullo studio in suo possesso5,6. Come riportato nel sito internet dell'FDA, il rapporto dello studio CLASS pubblicato differisce dal protocollo originale sotto molti aspetti (nelle misure di esito primarie, nell'analisi statistica, nella durata). In particolare, il rapporto pubblicato rappresenta una selezione dell'analisi combinata dei soli primi 6 mesi dei due diversi protocolli di più lunga durata (il primo, un confronto fra celecoxib e diclofenac della durata di 12 mesi e, il secondo, un confronto di 16 mesi fra celecoxib e ibuprofene). I dati non pubblicati dimostrano che, alla 65a settimana, il numero di complicanze dell'ulcera indotte dal celecoxib è simile a quello dell'ibuprofene e del diclofenac e che il rischio relativo di ulcere complicate e di tutti gli effetti gastrointestinali gravi dopo 12-16 mesi è più alto che dopo 6 mesi suggerendo che, per il celecoxib, il rischio di effetti indesiderati gravi aumenta in caso di trattamento a lungo termine.
Questa importante informazione sullo studio CLASS, purtroppo, non essendo stata pubblicata, è sconosciuta ai più (contrariamente a quanto è avvenuto per i dati che si riferiscono ai primi 6 mesi!) e questo bias di pubblicazione può essere fuorviante sia per i medici che per i pazienti.
Nello studio VIGOR, 8076 pazienti con artrite reumatoide sono stati randomizzati a rofecoxib 50 mg/die o a naproxene 500 mg due volte al giorno. L'end-point primario dello studio era la comparsa di un effetto gastrointestinale confermato clinicamente (perforazione gastroduodenale o ostruzione, sanguinamento gastrointestinale superiore e ulcera gastroduodenale sintomatica).
Complessivamente, 177 pazienti, 56 che assumevano rofecoxib (n = 4047) e 121 naproxene (n = 4029), hanno manifestato effetti gastrointestinali clinicamente confermati. In 53 di questi pazienti l'evento era complicato (16 col rofecoxib, 37 col naproxene). Questo significa che, durante un follow-up mediano di 9 mesi, gli eventi gastrointestinali confermati sono stati 2,1 ogni 100 pazienti-anno con rofecoxib e 4,5 ogni 100 pazienti-anno con naproxene (RR = 0,5; 95% CI = 0,2-0,8). L'incidenza di ulcere complicate (perforazione, ostruzione e sanguinamento) è stata rispettivamente 0,6 per 100 pazienti-anno e 1,4 per 100 pazienti-anno (RR = 0,4; 95% CI = 0,2-0,8).
Va evidenziato inoltre che gli effetti indesiderati che hanno portato con maggiore frequenza alla sospensione del trattamento, escludendo gli end-point gastrointestinali primari, sono stati la dispepsia, il dolore addominale, la nausea, i disturbi epigastrici e la pirosi gastrica; inoltre i pazienti che hanno sospeso il trattamento per uno di questi cinque effetti indesiderati del tratto gastrointestinale superiore sono stati significativamente meno numerosi nel gruppo trattato con rofecoxib (3,5%) che nel gruppo trattato con naproxene (4,9%).
Apparato cardiovascolare
Fra i tanti interrogativi che questi nuovi farmaci hanno sollevato, destano preoccupazione quelli relativi al loro potenziale effetto protrombotico.
I COX-2 inibitori infatti agiscono inibendo la sintesi della prostaciclina nella parete vascolare ma non la produzione del trombossano nelle piastrine. Pertanto essi, teoricamente, possono aumentare il rischio di eventi cardiovascolari spostando la bilancia dell'emostasi verso una condizione protrombotica. Non è chiaro, però, se questa ipotesi abbia implicazioni pratiche.
Le informazioni su questo potenziale effetto indesiderato provengono dai due grandi studi già menzionati (CLASS e VIGOR), da una analisi cumulativa dei dati relativi alla sicurezza cardiovascolare dei pazienti che hanno partecipato a tutti gli studi sul rofecoxib effettuati dalla ditta produttrice ai fini registrativi, della durata minima di 2 settimane e, infine, dalle segnalazioni riportate al sistema di farmacovigilanza degli Stati Uniti7.
Nello studio VIGOR, una analisi ad interim aveva evidenziato un eccesso di effetti cardiovascolari in un gruppo di pazienti arruolati. La commissione per il monitoraggio dei dati e della sicurezza ha perciò raccomandato di attribuire gli eventi cardiovascolari in cieco: 45 pazienti trattati col rofecoxib e 20 trattati col naproxene hanno manifestato gravi effetti indesiderati di tipo trombotico fra cui infarto miocardico, angina instabile, trombo cardiaco, arresto cardiaco (resuscitato), morte improvvisa o inattesa, ictus ischemico e attacchi ischemici transitori. L'incidenza di infarto del miocardio è stata dello 0,1% nei pazienti che assumevano naproxene e dello 0,4% in quelli che assumevano rofecoxib, una differenza clinicamente significativa, dovuta soprattutto alla elevata incidenza di infarto miocardico in quel 4% della popolazione arruolata che aveva il più alto rischio di infarto miocardico, pazienti per i quali sarebbe stata indicata l'aspirina a basso dosaggio. Considerando invece i pazienti senza indicazioni al trattamento con aspirina come profilassi secondaria, la differenza fra i due gruppi nell'incidenza di infarto miocardico non è risultata significativa. La mortalità complessiva e la mortalità per cause cardiovascolari è risultata simile fra i due gruppi.
Per contro, nello studio CLASS, non è stata osservata alcuna differenza nell'incidenza di eventi cardiovascolari maggiori fra il celecoxib e i FANS non selettivi. Tuttavia, ai pazienti era concesso utilizzare aspirina a basse dosi (20% dei pazienti arruolati) e questo può averli protetti da eventuali effetti indesiderati cardiovascolari. Ciò che è stato osservato nello studio VIGOR potrebbe essere dovuto tanto ad un significativo effetto protrombotico del rofecoxib quanto ad un effetto antitrombotico del naproxene, dovuto ad un suo marcato effetto antiaggregante piastrinico. Per chiarire questo aspetto, si è confrontata l'incidenza annuale di infarto miocardico dello studio VIGOR e dello studio CLASS con quella rilevata in pazienti trattati con placebo, che avevano fattori di rischio cardiaco simili, arruolati in tre metanalisi di 4 studi sull'impiego dell'aspirina in prevenzione primaria7,8. L'analisi dei dati ha dimostrato un aumento degli eventi cardiovascolari per il rofecoxib e per il celecoxib dello 0,24% e dello 0,30% rispettivamente rispetto al placebo, suggerendo un potenziale protrombotico per entrambi i COX-2 inibitori. Questi risultati, però, hanno ricevuto pesanti critiche per il fatto di aver confrontato popolazioni di pazienti arruolate in studi diversi9-15. Sembrano più attendibili i risultati di una recente analisi che ha valutato l'insieme di tutti i dati dei singoli pazienti degli studi clinici registrativi16. Sono stati valutati gli eventi cardiovascolari raccolti nel corso di 23 studi, confrontando i pazienti che avevano assunto rofecoxib con quelli che avevano assunto placebo, naproxene o altri FANS non selettivi (diclofenac, ibuprofene e nabumetone). La misura principale di esito è stato l'end point combinato utilizzato dall'Anti-platelet Trialist Collaboration, che comprende morte per cause cardiovascolari, per cause emorragiche, per cause sconosciute, infarto miocardico e ictus non fatale. Sono stati analizzati più di 28.000 pazienti, che rappresentano oltre 14.000 pazienti-anno a rischio. Il rischio relativo per un end-point è stato 0,84 (95% CI = 0,51-1,38) quando il rofecoxib è stato confrontato col placebo; 0,79 (95% CI = 0,40-1,55) quando il rofecoxib è stato confrontato con un FANS non selettivo; 1,69 (95% CI = 1,07-2,69) quando il rofecoxib è stato confrontato con naproxene. Da questi dati non è emersa alcuna dimostrazione che il rofecoxib sia associato ad un eccesso di eventi cardiovascolari né rispetto al placebo né rispetto ai FANS non selettivi. La differenza esistente fra il rofecoxib e il naproxene dimostra invece come il naproxene sia associato ad un ridotto rischio di eventi cardiovascolari. Nonostante i dati facciano pensare che ciò possa essere dovuto agli effetti antipiastrinici di questo FANS, né i risultati del VIGOR né questa analisi offrono una dimostrazione sufficiente del potenziale beneficio cardioprotettivo del naproxene. Sono necessarie quindi maggiori informazioni sugli effetti cardiovascolari degli inibitori selettivi della COX-2 e delle loro combinazioni con antiaggreganti piastrinici.
Lo spostamento della bilancia emostatica verso una condizione protrombotica potrebbe non essere il solo meccanismo attraverso il quale gli inibitori della COX-2 aumentano il rischio di effetti indesiderati cardiovascolari. Infatti i FANS non selettivi sono in grado di aumentare la pressione arteriosa e antagonizzare l'effetto antipertensivo dei farmaci e di aumentare di conseguenza la morbilità legata all'ipertensione17,18. Il problema è clinicamente rilevante perché l'artrosi e l'ipertensione sono condizioni che spesso coesistono nelle persone anziane e che richiedono entrambe di essere trattate contemporaneamente.
Sugli effetti degli inibitori selettivi della COX-2 sulla pressione arteriosa si hanno poche informazioni. Nello studio VIGOR, più pazienti nel gruppo trattato con rofecoxib sono diventati ipertesi rispetto al gruppo trattato con naproxene. Per il rofecoxib, l'aumento medio della pressione è stato di 4,6/1,7 mmHg rispetto a 1,0/0,1 mmHg di aumento col naproxene7. Vale la pena ricordare che uno studio precedente ha dimostrato come una riduzione di 2 mmHg della pressione diastolica possa determinare una riduzione di circa il 40% dell'incidenza di ictus e una riduzione del 25% dell'incidenza di infarto miocardico19. L'effetto del celecoxib sulla pressione arteriosa è stato valutato in una analisi a posteriori, utilizzando l'archivio delle registrazioni degli effetti indesiderati emersi nel corso degli studi di sviluppo clinico del farmaco su oltre 13.000 soggetti20. L'incidenza di ipertensione dopo assunzione di celecoxib è risultata superiore rispetto al placebo ma simile a quella riscontrata dopo assunzione di FANS non selettivi. Nello 0,8% e nello 0,6% dei pazienti rispettivamente si è avuta comparsa di ipertensione ed esacerbazione di una precedente condizione ipertensiva. Non sono emerse inoltre prove di interazioni farmacologiche fra celecoxib e altri farmaci antipertensivi.
Uno studio recente della durata di 6 settimane, randomizzato, a gruppi paralleli, in doppio cieco ha valutato il profilo di sicurezza cardiorenale del celecoxib (200 mg/die) e del rofecoxib (25 mg/die). Lo studio ha arruolato 810 pazienti ultra 65enni con osteoartrosi che assumevano farmaci antipertensivi21. Gli end-point principali sono stati la comparsa di edema e di cambiamenti nella pressione sistolica e diastolica, misurati all'inizio dello studio e dopo 1, 2 e 6 settimane. La pressione sistolica è aumentata in modo significativo nel 17% dei pazienti trattati con rofecoxib (n=399) e nell'11% di quelli trattati con celecoxib (n=411), una differenza clinicamente significativa in qualsiasi momento dello studio. La pressione diastolica è aumentata nel 2,3% dei pazienti trattati con rofecoxib rispetto all'1,5% di quelli trattati con celecoxib, una differenza clinicamente non significativa. Alla sesta settimana, i valori pressori sono aumentati, rispetto all'inizio dello studio, di 2,6 mmHg con il rofecoxib e diminuiti di 0,5 mmHg con il celecoxib, una differenza altamente significativa. Nel gruppo trattato con rofecoxib i pazienti con edema erano quasi il doppio di quelli nel gruppo trattato con celecoxib. Nonostante abbia alcuni limiti, questo studio offre alcune prove che gli inibitori selettivi della COX-2 differiscono nella loro capacità di modificare la pressione arteriosa.
Apparato urinario
Che un trattamento con COX-2 inibitori possa determinare un danno renale non desta sorpresa. La COX-2 è costituzionalmente espressa a livello renale, soprattutto nelle cellule endoteliali e muscolari lisce vascolari e nelle cellule epiteliali del glomerulo. L'angiotensina II e l'endotelina regolano la sintesi della COX-2 e delle prostaglandine. Inoltre, sembra ragionevole ipotizzare che la dipendenza dalle prostaglandine sintetizzate dalla COX-2 intrarenale aumenti in caso di insufficienza cardiaca, insufficienza epatica, ipovolemia e nefropatia cronica22.
Le conoscenze che si sono mano a mano acquisite sembrano indicare che la nefrotossicità degli inibitori selettivi della COX-2 è simile a quella dei FANS tradizionali23. Ne hanno fornito le prove gli studi clinici, i case-reports e l'analisi delle segnalazioni spontanee raccolte negli archivi internazionali di farmacovigilanza.
L'incidenza degli effetti indesiderati renali emersi nel corso degli studi CLASS e VIGOR è risultata bassa e simile per i due principi attivi (0,9% col celecoxib e 1,2% col rofecoxib). L'incidenza dell'aumento della creatinina e delle concentrazioni dell'azoto ureico è risultata leggermente più bassa nei pazienti che assumevano celecoxib che in quelli che assumevano ibuprofene o diclofenac. Risultati simili sono stati ottenuti in altri due studi clinici. Il primo ha confrontato il celecoxib col diclofenac nel trattamento a lungo termine dell'artrite reumatoide in 430 pazienti24. Si è avuto solo un lieve incremento della creatininemia (da 93,3 mmol/l a 95,5 mmol/l alla prima visita) e dell'azotemia (da 6,0 mmol/l a 6,4 mmol/l). Nei pazienti che assumevano diclofenac l'aumento è stato simile. Il secondo studio (su 1149 pazienti) ha confrontato il celecoxib col naproxene; nessuno dei due farmaci ha modificato la concentrazione plasmatica della creatinina25. Questi dati tuttavia vanno interpretati con cautela dal momento che i pazienti a maggior rischio di effetti indesiderati renali probabilmente sono stati esclusi dagli studi. Per contro, i dati provenienti da case-reports e da serie di casi hanno fornito maggiori delucidazioni sulla potenziale nefrotossicità associata agli inibitori della COX-2. Valutati complessivamente, questi case-reports suggeriscono che gli inibitori della COX-2, come i FANS non selettivi, producono effetti renali simili e costanti nei pazienti con uno o più fattori di rischio che rendono la funzionalità renale sempre più dipendente dalle prostaglandine (ad esempio pazienti con malattie renali e cardiovascolari o che assumono farmaci che possono interferire con la funzionalità renale, come ad esempio diuretici e ACE inibitori). Sono stati spesso riportati insufficienza renale acuta, alterazioni della volemia (edema, insufficienza cardiaca), acidosi metabolica, ipercalemia e iponatremia. Con gli inibitori della COX-2 sono occorsi da pochi giorni fino a 3-4 settimane di trattamento prima che si sviluppi una insufficienza renale clinicamente manifesta. La sospensione del farmaco e un trattamento di supporto hanno consentito nella maggior parte dei casi la risoluzione della disfunzione renale ma alcuni pazienti hanno dovuto ricorrere all'emodialisi23,26-30.
La sicurezza del rofecoxib e del celecoxib sotto il profilo della tossicità renale è stata valutata anche utilizzando l'archivio delle segnalazioni spontanee del Monitoring Center dell'OMS di Uppsala31. Si è constatato che, come con i FANS non selettivi, entrambi gli inibitori selettivi della COX-2 sono associati ad effetti indesiderati a livello renale (ritenzione idrica, alterazione della funzionalità renale, insufficienza cardiaca e ipertensione). Gli effetti indesiderati renali del rofecoxib sono da 2 a 4 volte più frequenti rispetto a quelli del celecoxib e quelli riportati risultano anche più gravi.
Gli studi basati sulle segnalazioni spontanee, tuttavia, hanno molti limiti e questi risultati devono perciò essere confermati da ulteriori studi epidemiologici che possano fornire informazioni più accurate sulle percentuali di incidenza e sui fattori di rischio per questi effetti indesiderati.
In conclusione, la potenziale tossicità renale degli inibitori selettivi della COX-2 in certi pazienti ad alto rischio sembra simile a quella dei FANS tradizionali per ciò che riguarda la capacità dei reni di regolare l'escrezione di sodio e la velocità di filtrazione glomerulare. Rimane da appurare se, nella pratica clinica, il celecoxib sia più sicuro del rofecoxib.
Quali sono le implicazioni cliniche di questi studi?
La dimostrazione che la tossicità gastrointestinale degli inibitori selettivi della COX-2 è inferiore a quella dei FANS tradizionali proviene, almeno in parte, dallo studio VIGOR, mentre lo studio CLASS non è riuscito a dimostrare un vantaggio significativo in termini di sicurezza rispetto ai farmaci con cui è stato confrontato. Nonostante la dimostrazione di una minore tossicità gastrointestinale rispetto ai FANS non selettivi, alcuni punti meritano attenzione:
i risultati di questi grandi studi hanno bisogno di ulteriori conferme. Infatti, nonostante la numerosità dei pazienti studiati, il numero degli effetti gastrointestinali gravi osservati è stato relativamente basso; la probabilità che si manifesti una complicanza gastrointestinale in un paziente in trattamento con un FANS dipende dai fattori di rischio preesistenti, che con tutta probabilità influiscono in modo rilevante sulla comparsa degli effetti gastrointestinali indotti dai COX-2 inibitori;
la popolazione selezionata per gli studi clinici e il tipo di trattamento utilizzato (ad esempio la sua durata, se intermittente o continuo) possono non rappresentare appieno i pazienti che il medico incontra nella pratica quotidiana; i risultati degli studi devono perciò essere verificati nella pratica clinica;
i rispettivi ruoli delle due cicloossigenasi non sono completamente noti; c'è ancora molto da imparare sui rischi potenziali dell'inibizione delle COX-2 sia a livello dell'apparato gastrointestinale che di altri organi o apparati. In particolare, va seriamente considerato il rischio di inibire le COX-2 nell'intestino crasso in pazienti con malattia infiammatoria cronica intestinale. Il danno arrecato da un inibitore selettivo delle COX-2 all'intestino in presenza di infiammazione intestinale dipenderà da quanto la COX-2 è diventata la fonte predominante di prostaglandine. Non sono ancora disponibili, tuttavia, dati sulla sicurezza degli inibitori della COX-2 in pazienti con malattia infiammatoria intestinale;
è indispensabile considerare il profilo generale di sicurezza di questi nuovi farmaci. Entrambi i tipi di cicloossigenasi esercitano importanti ruoli fisiologici e sono coinvolti in diverse patologie per cui gli effetti benefici di una inibizione selettiva della COX-2 a livello dello stomaco possono venire annullati dal rischio che la stessa inibizione potrebbe comportare in altri organi o processi fisiologici. La competizione fra gastroprotezione e cardioprotezione con i FANS tradizionali e con i nuovi inibitori selettivi delle COX-2 ne è un esempio significativo. Rimane incerto se l'impiego di questi farmaci sia appropriato nei pazienti affetti da malattie cardiovascolari. I pazienti che hanno avuto un evento cardiovascolare maggiore dovrebbero essere trattati con aspirina a basse dosi (se indicata). Per questi pazienti probabilmente non fa nessuna differenza utilizzare un inibitore selettivo della COX-2 o un FANS tradizionale. In ogni caso è d'obbligo un attento controllo della pressione arteriosa. I COX-2 inibitori, infine, come gli altri FANS devono essere usati con cautela nei pazienti con malattie predisponenti (ad esempio ridotta funzionalità renale, scompenso cardiaco, insufficienza epatica) o nei pazienti che stanno assumendo altri farmaci (ACE-inibitori, diuretici).
Bibliografia 1. Silverstein FE, Faich G, Goldstein JL, Lee SS, Pincus T, Whelton A, Makuch R, Eisen G, Agrawal NM, Stenson WF, Burr AM, Zhao WW, Kent JD, Lefkowith JB, Verburg KM, Geis GS. Gastrointestinal toxicity with celecoxib vs nonsteroidal anti-inflammatory drugs for osteoarthritis and rheumatoid arthritis. The CLASS study: a randomised controlled trial. J Am Med Assoc 2000; 284: 1247-55. 2. Bombardier C, Laine L, Reicin A, Shapiro D, Burgos-Vargas R, Davis B, Day R, Bosi Ferraz M, Hawkey CJ, Hochberg MC, Kvien TK, Schnitzer TJ. Comparison of upper gastrointestinal toxicity of rofecoxib and naproxen in patients with rheumatoid arthritis. New Engl J Med 2000; 343: 1520-8. 3. Goldestein JL, Silverstein FE, Agrawal NM, Hubbard RC, Kaise J, Maurath CJ, Verburg KM, Geis GS. Reduced risk of upper gastrointestinal ulcer complications with celecoxib, a novel COX-2 inhibitor. Am J Gastroenterol 2000; 95: 1681-90. 4. Boers M. NSAID and selective COX-2 inhibitors: competition between gastroprotection and cardioprotection.Lancet 2001; 357: 1222-3. 5. Hrachovec JB, Mora M. Reporting of 6-month vs 12-month data in a clinical trial of celecoxib. J Am Med Assoc 2001; 286: 2398. 6. Wright JM, Perry TL, Bassett KL, Chambers GK. Reporting of 6-month vs 12-month data in a clinical trial of celecoxib. J Am Med Assoc 2001; 286: 2398-400. 7. Mukherjee D, Nissen SE, Topol EJ. Risk of cardiovascular events associated with selective COX-2 inhibitors. J Am Med Assoc 2001; 286: 954-9. 8. Sanmuganathan PS, Ghahramani P, Jackson PR, Wallis EJ, Ramsay LE. Aspirin for primary prevention of coronary heart disease: safety and absolute benefit related to coronary risk derived from meta-analysis of randomised trials. Heart 2001; 85: 245-6. 9. Fleming M. Cardiovascular events and COX-2 inhibitors. J Am Med Assoc 2001: 286: 2808. 10. Burnakis TG. Cardiovascular events and COX-2 inhibitors. J Am Med Assoc 2001; 286: 2808. 11. Konstam MA, Demopoulos LA. Cardiovascular events and COX-2 inhibitors. J Am Med Assoc 2001; 286: 2809. 12. Grant KD. Cardiovascular events and COX-2 inhibitors. J Am Med Assoc 2001; 286: 2809. 13. Haldey EJ, Pappagallo M. Cardiovascular events and COX-2 inhibitors. J Am Med Assoc 2001; 286: 2808-13. 14. McGeer PL, McGeer EG, Yasojima K. Cardiovascular events and COX-2 inhibitors. J Am Med Assoc 2001;286: 2810. 15. White WB, Whelton A. Cardiovascular events and COX-2 inhibitors. J Am Med Assoc 2001; 286: 2811-12. 16. Konstam MA, Weir MR, Reicin A, Shapiro D, Sperling RS, Barr E, Gertz BJ. Cardiovascular thrombotic events in controlled clinical trials of rofecoxib. Circulation 2001; 104: 1-9. 17. Johnson AG, Nguyen TV, Day RO. Do nonsteroidal anti-inflammatory drugs affect blood pressure? A meta-analysis. Ann Intern Med 1994; 121: 289-300. 18. Whelton A. Renal and related cardiovascular effects of conventional and COX-2-specific NSAIDs and non-NSAIDs analgesics. Am J Ther 2000; 7: 63-74. 19. Collins R, Peto R, MacMahon S, Hebert P, Fiebach NH, Eberlein KA, Godwin J, Qizilbash N, Taylor JO, Hannekens CH. Blood pressure, stroke, and coronary heart disease. Part 2. Short-term reductions in blood pressure: overview of randomised drug trials in their epidemiological context. Lancet 1990; 335: 827-38. 20. Whelton A, Maurath CJ, Verburg KM, Geis GS. Renal safety and tolerability of celecoxib, a novel cyclooxygenase-2 inhibitor. Am J Ther 2000; 7: 151-2. 21. Whelton A, Fort JG, Puma JA, Normandin D, Bello AE, Verburg KM. Cyclooxygenase-2-specific inhibitors and cardiorenal function: a randomized, controlled trial of celecoxib and rofecoxib in older hypertensive osteoarthritis patients. Am J Ther 2001; 8: 85-95. 22. Dunn MJ. Are COX-2 selective inhibitors nephrotoxic? Am J Kidney Dis 2000; 35: 976-7. 23. Perazella MA, Tray K. Selective cyclooxygenase-2 inhibitors: a pattern of nephrotoxicity similar to traditional nonsteroidal anti-inflammatory drugs. Am J Med 2000; 111: 64-7. 24. Emery P, Zeidler H, Kvien TK, Guslandi M, Naudin R, Stead H, Verburg KM, Isakson PC, Hubbard RC, Geis GS. Celecoxib versus diclofenac in long-term management of rheumatoid arthritis: randomised double-blind comparison. Lancet 1999; 354: 2106-11. 25. Simon LS, Weaver AL, Graham DY, Kivitz AJ, Lipsky PE, Hubbard RC, Isakson PC, Verburg KM, Yu SS, Zhao WW, Geis GS. Anti-inflammatory and upper gastrointestinal effects of celecoxib in rheumatoid arthritis: a randomised controlled trial. J Am Med Assoc 2000; 283: 1961-2. 26. Boyd IW, Mathew TH, Thomas MC. COX-2 inhibitors and renal failure: the triple whammy revisited. Med J Aust 2000; 274: 173-5. 27. Perazella MA, Eras J. Are selective COX-2 inhibitors nephrotoxic? Am J Kidney Dis 2000; 35: 937-40. 28. Pfister AK, Crisalli RJ, Carter WH. Cyclooxygenase-2 inhibition and renal function. Ann Intern Med 2001: 134: 1077. 29. Graham MG. Acute renal failure related to high-dose celecoxib. Ann Intern Med 2001; 135: 69-70. 30. Wolf G, Porth J, Stahl RAK. Acute renal failure associated with rofecoxib. Ann Intern Med 2000; 133: 394. 31. Zhao SZ, Reynolds MW, Lefkowith J, Whelton A, Arellano FM. A comparison of renal-related adverse drug reactions between rofecoxib and celecoxib, base on the World Health Organization/Uppsala Monitoring Centre safety database. Clin Ther 2001; 23: 1478-91.