Violando un poco il tradizionale primato che negli editoriali hanno le parole, sono i numeri ad essere questa volta il punto di partenza ed il centro dell'attenzione: latabella proposta per altro non potrebbe essere più classica o banale: lista della spesa del SSN nel 2001 nel settore farmaci. Di tabulazioni simili - presentate con le grafiche e le sottolineature più diverse - sono piene anche le cronache ed i commenti dei mass-media, dove, più o meno tecnicamente, la sanità è sempre di casa. I picchi di attenzione, e le sottolineature dei titoli, hanno accentuazioni occasionali in coincidenza con l'uno o l'altro "confronto" (legislativo e/o finanziario e/o politico) tra i diversi attori del settore farmaco: stato, regioni, industria, medici. Niente di più noto e più ripetitivo, nella sostanza; le asprezze più o meno artificiali dei "confronti" sono riconducibili in pratica a variazioni su pochi temi, secondo una logica ed una articolazione che richiamano i copioni della commedia dell'arte (ognuno deve giocarsi appieno la sua parte, che è perfettamente pre-determinata, come se fosse ogni volta del tutto nuova): "la spesa sale, il tetto si sfonda, l'intervento non deve essere punitivo dell'investimento di ricerca dell'industria, attenti a non irritare i cittadini con altri ticket, la responsabilità è di x, y, z... Il clamore dei numeri con i quali i diversi attori giocano sui diversi palcoscenici si è fatto particolarmente intenso nell'ultimo anno, tanto da provocare interventi legislativi come la legge 405, che ha formalmente aperto il tempo delle Regioni, (il suo art. 9 ter ha tutte le caratteristiche per entrare nella storia del non-senso normativo!) ed il più recente decreto governativo. Poichè questi riti di "confronto" con i numeri hanno buone probabilità di continuare, si è pensato fosse utile partire dalla concretezza esemplare di una tabella assolutamente banale per immaginare un pro-memoria capace di orientare tra i numeri che confondono e quelli che informano.
1. Le possibili letture della tabella sono tante. La prima è la più ovvia, ma la più dimenticata: i costi nascondono le persone: i pazienti, i prescrittori, i venditori. La spesa non è una variabile interpretabile per sé: è il prodotto di variabili, che giocano in modo diverso per ognuno (o quasi) dei capitoli di cui è fatta. I numeri che propongono costi (per quanto comparativi o longitudinali), senza esplicitare con molto rigore le variabili che li producono possono solo dis-informare. Concentrano l'attenzione, ripetitivamente, sul dito che indica la luna. La politica giocata sui numeri dei costi e delle spese è programmata per dis-informare: e può essere solo punto di partenza per decisioni che aumentano ulteriormente la rimozione delle variabili di fondo rimandando decisioni capaci di considerare [seriamente?] le realtà che stanno dietro i numeri.
2. Nello specifico contesto attuale, una delle variabili più macroscopiche è la variabilità delle spese regionali pro-capite. L'entità delle differenze è tale (e ben documentata da tanti dati assolutamente consolidati) che qualsiasi analisi o decisione (politica o istituzionale) che non ne tenga conto (in una logica di modificare le cose, non tanto per indicare buoni o cattivi) è programmaticamente senza senso.
3. Tra le persone "nascoste" nella variabile costi, le più elusive sono i prescrittori. Non perché non ne sia nota la variabilità (che non è solo, né prevalentemente interregionale, ma intraregionale, intra-ASL ... ), ma per il silenzio che i prescrittori (come categoria, come società scientifiche, come grandi organizzazioni) riescono da sempre a mantenere su questo tema. Al di là delle accuse reciproche e di rito tra MMG e specialisti di essere responsabili di "comandare" la spesa, tutto il dibattito sulla spesa farmaceutica si svolge senza una presenza seria ed organica dei prescrittori. I "numeri" che essi producono - di spesa, di prevalenza di uso, di appropriatezza etc. - sono lasciati all'interpretazione di altri: come se la lettura epidemiologica e di salute pubblica dei numeri relativi ai farmaci non dovesse essere parte di una responsabilità professionale, contrattuale, culturale. Eppure le poche esperienze di lettura collegiale hanno dimostrato di poter portare frutti, di intelligenza e di contenimento della spesa. Da sottolineare: le letture, e le conseguenze, positive non sono state quelle accompagnate dalla logica (assolutamente perversa) degli "incentivi", dati a chi spende "meno", o "meno di prima" o "meno della media" o "meno di un tetto". A quando una presenza attiva e responsabile, epidemiologica ed istituzionale, di MMG e specialisti nella gestione anche politica dei numeri dei farmaci? O continuerà il gioco di difendersi, utilizzando i primi numeri che fanno comodo, solo quando dati di spesa o di consumo sembrano mettere in discussione la capacità di autonomia professionale dagli interessi di mercato?
4. Tra le cose ovvie della tabella banale c'è la documentazione che i farmaci cardiovascolari sono responsabili del 28,9% della spesa; gli antibiotici del 10,8%; i gastrointestinali del 6,9%; gli antiasmatici attorno al 5,7%; i "nuovi" antidepressivi, da soli, del 2,5%; i "nuovi" coxib, da soli, del 2,0%. Sarebbe un passo importante (a livello istituzionale -centrale, regionale, locale-, e da parte dei prescrittori) non citare più questi numeri come percentuali di spese/consumi, e usarli sempre e solo in un quadro epidemiologico: esplorando -senza pregiudizi- il rapporto tra bisogni attesi e risposte appropriate. Verificando magari: come mai i calcio antagonisti che hanno accumulato evidenze di non essenzialità siano sempre tra i cardiovascolari più prescritti, così come gli antibiotici non di prima scelta, gli antiasmatici in combinazioni a dosi fisse; quali sono i risultati in termini di "nuovo" benessere dell'esplosione degli antidepressivi e dei coxib.
5. La proposta di una epidemiologia come base della lettura delle prescrizioni, e come strumento imprescindibile dell'informazione e degli interventi non è certo nuova [v., tra l'altro: Per una informazione con radici epidemiologiche. Informazioni sui Farmaci 1997; 21: 93-94; i rapporti del CINECA (Centro di Calcolo Interuniversitario dell'Italia Nord-Orientale) sulla prescrizione in generale e la pediatria (Progetto ARNO: Osservatorio sulla prescrizione farmaceutica, Rapporto 2000. Progetto ARNO: Osservatorio sulla prescrizione farmaceutica pediatrica, Rapporto 2000)]. Il contributo più importante di questa lettura è quello di rendere visibili e protagonisti da una parte le popolazioni e gli individui; dall'altra i bisogni evasi ed inevasi: per i problemi più frequenti (ricordati al punto precedente) e per quelli meno frequenti e a più alto costo. Per ognuna di queste aree le strategie di analisi e (eventualmente) di intervento devono essere ben differenziate. Non si lavora/informa/interviene sui cardiovascolari con una logica e secondo modalità simili a quanto richiesto per antibiotici o antidepressivi. Incrociata con la sottolineatura delle variabilità (v. sopra, punti 2 e 3), la lettura epidemiologica è quella che, sola, può permettere un uso dei "numeri" non solo descrittivo, o di denuncia, o di presa d'atto, o di interventi più o meno restrittivi, ma come strumento per "confronti" che abbiano almeno un sapore di sanità (pubblica ed individuale). Il problema non è infatti la diminuzione della spesa complessiva: nella sua globalità questa è un indicatore di mercato, e deve essere trattata (e valutata) secondo regole di mercato, nella formazione dei prezzi, nel quadro di politiche sanitarie-assistenziali, industriali, etc. La mescolanza dei criteri (usare numeri con radici e sembianze sanitarie per mascherare variabili e disegni "altri") può portare solo alla cronicizzazione dei problemi, e al degrado [ulteriore] della coscienza-cultura-pratica sanitaria.
Per concludere. Questo pro-memoria è verosimilmente non meno banale della tabella da cui si è partiti. Ricorda cose già note. Rimanda al -già noto- interrogativo su chi deve cominciare a percorrere (non solo con studi ben fatti) questa strada. Peccando magari di irrealismo, penso che tocchi, come espressione di identità professionale e di responsabilità civile, ai "silenziosi" attori del punto 3. Se il loro silenzio continua, continuerà il gioco dei tetti e dei ticket: ed il copione della commedia dell'arte potrà continuare, con i numeri che più converranno al quadro politico-economico del momento.