Indicazioni approvate: Trattamento di pazienti adulti con leucemia mieloide cronica con cromosoma Philadelphia (bcr-abl) positivo di nuova diagnosi, per i quali il trapianto di midollo osseo non è considerato come trattamento di prima linea; trattamento dei pazienti con LMC in fase cronica dopo il fallimento della terapia con interferone alfa, o in fase accelerata o in crisi blastica. L'effetto di Glivec sul trapianto di midollo osseo non è stato determinato. Trattamento di pazienti adulti con tumori stromali del tratto gastro-intestinale (GIST) maligni, non operabili e/o metastatici, positivi per Kit (CD 117). Nei pazienti adulti, l'efficacia di Glivec si basa su valori globali di risposta ematologica e citogenetica e di sopravvivenza libera da progressione nella LMC, e su valori di risposta obiettiva nei GIST. L'esperienza con Glivec nei bambini è molto limitata. Non ci sono sperimentazioni cliniche controllate che dimostrano un beneficio clinico o un aumento della sopravvivenza per entrambe le patologie.
Proprietà farmacologiche
L'imatinib è un inibitore delle tirosino-chinasi associate con le proteine kit, ABL e con il recettore per il PDGF (platelet derived growth factor). Mentre la proteina ABL, prodotto del gene bcr-abl, è espressa dalle cellule leucemiche nella leucemia mieloide cronica (LMC), la tirosino-chinasi KIT è iperespressa nei tumori stromali dell'apparato gastrointestinali (GISTs, una rara patologia per la quale le terapie tradizionali si sono rivelate inefficaci13) e nel 70% circa dei pazienti con carcinoma polmonare a piccole cellule. Il recettore per il PDGF è implicato nella proliferazione incontrollata delle cellule dei gliomi, dei sarcomi e degli adenocarcinomi della mammella, del colon e della prostata14.
Dopo somministrazione per via orale l'imatinib viene rapidamente assorbito e raggiunge la massima concentrazione plasmatica in 2-4 ore. La biodisponibilità è del 98% circa . Assorbimento e biodisponibilità non sono influenzati dall'assunzione contemporanea di cibo. Circa il 95% del farmaco è legato alle proteine plasmatiche. L'imatinib è metabolizzato a livello epatico dal sistema del citocromo P450, principalmente dall'isoforma CYP3A4, ad un metabolita N-demetilato attivo. L'emivita dell'imatinib è di circa 16 ore, mentre quella del metabolita è di 40 ore circa, nei volontari sani. L'eliminazione avviene principalmente per via fecale13.
Efficacia clinica
La leucemia mieloide cronica (LMC) è un disordine maligno delle cellule staminali emopoietiche, caratterizzato clinicamente da una abnorme produzione di granulociti, marcata iperplasia mieloide del midollo e splenomegalia1. La LMC ha una incidenza annua di 1-2 casi ogni 100.000; in Italia si ammalano 800-1.000 persone all'anno. L'età mediana di presentazione è 53 anni2. Nel 40% dei casi, i pazienti sono inizialmente asintomatici e la diagnosi può essere casuale, in seguito ad un emocromo che rivela una conta anomala dei globuli bianchi (>25.000/ml) e una trombocitosi2. In altri pazienti, è l'approfondimento in presenza di sintomi non specifici come stanchezza, anoressia, perdita di peso, che porta alla diagnosi. Nel 95% dei pazienti con LMC, le cellule del midollo osseo sono portatrici di un cromosoma più corto, chiamato cromosoma Philadelphia, risultante da uno scambio di materiale genetico tra il cromosoma 9 e il 22. Questa traslocazione crea un gene di fusione, denominato bcr-abl, codificante una proteina anomala, la tirosina chinasi (un enzima), che tramite fosforilazione delle proteine effettrici favorisce la proliferazione incontrollata delle cellule emopoietiche1.
Nella prima fase della malattia (fase cronica, con eccessiva produzione di granulociti da parte del midollo), il trattamento di riferimento è rappresentato dall'interferone alfa (Intron A, Roferon) che induce una risposta ematologica completa (normalizzazione dei valori nel sangue periferico) nel 75% dei casi e una risposta citogenetica (riduzione o scomparsa delle cellule con cromosoma Philadelphia nel midollo) nel 35%, prolungando la sopravvivenza dei pazienti1. L'aggiunta di citarabina (Aracytin) aumenta il tasso di risposta, ma anche la tossicità3. Nella fase avanzata (fase accelerata o in fase blastica), le cellule blastiche immature rappresentano più del 50% delle cellule midollari e la malattia diventa estremamente aggressiva e non responsiva alla terapia (che è la stessa della fase acuta); la prognosi è infausta. Col trattamento tradizionale, la sopravvivenza mediana è di circa 5 anni, ma il range è molto ampio. In alcuni pazienti con forma aggressiva, l'aspettativa di vita è in termini di mesi, mentre in altri con LMC indolente, responsiva ai farmaci, la sopravvivenza è di 10 o più anni1. Nei pazienti più giovani (<40 anni), il trapianto allogenico di midollo tra fratelli HLA-identici rappresenta il trattamento risolutivo: è in grado di guarire il 60-70% dei pazienti con LMC in fase cronica1, il 15-25% dei pazienti in fase accelerata4 e una percentuale inferiore al 15% di quelli in fase blastica1,4.
L'imatinib inibisce in modo specifico la proteina oncogena bcr-abl, competendo con l'ATP (adenosintrifosfato), il ligando fisiologico della brc-abl, per lo stesso sito all'interno della proteina e impedendo alla tirosina chinasi di trasmettere alle cellule del midollo i segnali che causano iperproduzione di globuli bianchi1. In uno studio di fase 1 su pazienti con LMC in fase cronica non responsivi o intolleranti all'interferone alfa, si è ottenuta una risposta ematologica completa (dimezzamento del numero di globuli bianchi) in 53 dei 54 pazienti trattati con almeno 300 mg al giorno di imatinib5; nel 54% si è ottenuta una risposta citogenetica, che nel 13% dei pazienti è risultata completa5. In un altro studio simile di fase 1, 58 pazienti sono stati trattati con dosi crescenti da 300 a 1.000 mg al giorno; una risposta ematologica completa è stata raggiunta in 8 pazienti, 4 tra i 38 pazienti con LMC in fase blastica e 4 tra i 20 pazienti con CML in trasformazione linfoblastica o acuta positivi al cromosoma Philadelphia6. Nella maggior parte dei casi, le risposte sono state di breve durata; i pazienti con forma linfoide sono tutti recidivati nell'arco di 4 mesi6.
I tre studi di fase 2 sinora realizzati hanno arruolato più di 1.000 pazienti. In 532 pazienti con LMC in fase cronica nei quali l'interferone aveva fallito, l'imatinib (400 mg al giorno) ha indotto una risposta ematologica completa nel 95% e una risposta citogenetica completa nel 41% dei pazienti7. Su 235 pazienti con LMC in fase accelerata, (imatinib 400 mg/die nel 33% dei pazienti, 600 mg/die nel 67%) si è ottenuta una risposta ematologica completa nel 34% e una risposta citogenetica completa nel 17% dei pazienti8. Su 260 pazienti con LMC in fase blastica, (600 mg/die di imatinib nell'86%) solo il 7% ha presentato una risposta ematologica e citogenetica completa9.
Il tempo mediano per ottenere una risposta ematologica è stato di 4 settimane; nella maggioranza dei pazienti in fase cronica e accelerata, le risposte sono durate più di 6 mesi. A tutt'oggi non è, però, possibile stabilire la durata della risposta e gli effetti a lungo termine dell'imatinib, in considerazione della dimostrata capacità di resistenza dalle cellule neoplastiche del midollo10,11.
Il 2% dei pazienti in fase cronica o accelerata e il 5% di quelli in fase blastica hanno sospeso il trattamento a causa di effetti indesiderati gravi1. Gli effetti indesiderati hanno avuto una incidenza maggiore nella LMC avanzata, ma non è chiaro se questo derivi dalla fase della malattia o dalle dosi più elevate di imatinib utilizzate. I disturbi più frequenti sono stati nausea (58-71%) e vomito (30-55%), edemi (56-71%), crampi muscolari (26-50%), diarrea (37-53%), rash cutanei (34-43%), cefalea (26-30%)1. La nausea è meno frequente quando l'imatinib viene assunto con i pasti e un bicchiere di acqua. Gli edemi sono particolarmente fastidiosi; nel 3% dei pazienti con MLC in fase accelerata e nel 6% di quelli in fase blastica si sono osservati versamenti pleurici, ascite o edema polmonare con un decesso. Neutropenia (34-63%) e piastrinopenia (17-60%) possono richiedere l'interruzione del trattamento.
L'imatinib viene metabolizzato a livello epatico dal citocromo P450; l'assunzione contemporanea di farmaci induttori enzimatici come la fenitoina e la carbamazepina ne riducono i livelli plasmatici e l'efficacia1.
L'imatinib si è dimostrato efficace anche nel trattamento del sarcoma stromale gastrointestinale chemioresistente, un tumore raro che presenta una tirosino-chinasi (c-kit) simile al bcr-abl12. In uno studio randomizzato in aperto multicentrico (l'unico al momento pubblicato interamente) è stata valutata l'efficacia dell'imatinib 400 o 600 mg/die in 147 pazienti con GIST avanzato. Nel 54% dei pazienti trattati si è avuta una risposta parziale, misurata come diminuzione del diametro delle lesioni (follow-up medio 288 giorni). Nel 28% dei pazienti si è avuta la stabilizzazione della malattia e la sopravvivenza stimata ad 1 anno è stata dell'88%. Risultati simili in termini di risposta sono stati ottenuti anche in uno studio dose-effetto di piccole dimensioni (35 pazienti, nel quale la risposta tumorale oggettiva era una misura di esito secondaria13 ) e in uno studio di fase II (disponibile solo come abstract) su 36 pazienti affetti da GIST inoperabile o metastatico c-kit positivo, che ha valutato la sicurezza e l'efficacia dell'imatinib14. L'imatinib è stato utilizzato ed è in corso di studio in altri tipi di tumori maligni (es. polmonari, prostatici, cerebrali). In questi tipi di tumori solidi la tirosino-chinasi mutata o sovraespressa sembra però essere meno importante nel processo di proliferazione cellulare4.
Effetti indesiderati
Nausea, vomito e diarrea sono stati gli effetti indesiderati che più frequentemente si sono manifestati nei pazienti arruolati negli studi clinici (rispettivamente 51-61%; 22-41% e 20-33%). Tali effetti sono attribuibili all'azione irritante dell'imatinib sulla mucosa gastrointestinale (come già dimostrato da studi condotti nell'animale). Frequente è stata anche la comparsa di edema, principalmente nella regione periorbitale (26-37% dei casi), facciale (7-13%) e agli arti inferiori (12-23%). Circa il 7-13% ha manifestato ritenzione idrica, con effusione pleurica, edema polmonare e asciti. Secondo la scheda tecnica del farmaco, la ritenzione di fluidi è stata rilevante nell'1-2% dei pazienti trattati. Nel 5-39% circa dei pazienti trattati si sono manifestati crampi muscolari, mialgia ed artralgia. Si sono verificati rash cutanei nel 21-26% dei pazienti, nel 3% in forma grave. Il 2-5% ha presentato anomalie della funzionalità epatica mentre nello 0,4-1% dei casi il trattamento ha causato insufficienza renale15.
Mancano dati sulla sicurezza d'impiego a lungo termine (> 6 mesi). Studi condotti nell'animale da esperimento suggeriscono che il farmaco possa dare tossicità epatica, renale e immunosoppressione.
Avvertenze
L'imatinib può provocare ritenzione idrica, occasionalmente grave. La probabilità che tale evenienza si verifichi aumenta all'aumentare del dosaggio ed è maggiore nei pazienti con età superiore ai 65 anni. Il farmaco è irritante per la mucosa gastrointestinale pertanto dovrebbe essere assunto ai pasti e con un abbondante bicchiere d'acqua per minimizzare la comparsa di effetti indesiderati gastrointestinali. Il trattamento con Glivecè spesso associato con neutropenia e trombocitopenia. Tale evento è più frequente nei pazienti con LMC in fase accelerata o in crisi blastica.
Gravidanza e allattamento: l'imatinib è teratogeno ed embriotossico nell'animale da esperimento, pertanto, mancando studi adeguati nell'uomo, è controindicato in gravidanza. Non è noto se il farmaco passi nel latte materno umano, tuttavia, studi condotti nel ratto dimostrano che, in questa specie, il farmaco, a dosaggi simili a quelli utilizzati in terapia, è escreto in misura apprezzabile nel latte16.
Interazioni
Il ketoconazolo, un inibitore del CYP3A4, provoca un aumento dei livelli sierici dell'imatinib mentre la fenitoina, un induttore del CYP3A4, ne provoca la riduzione. L'imatinib provoca un aumento dei livelli sierici della simvastatina e sembra probabile che una tale evenienza si possa verificare anche con altri farmaci metabolizzati dal CYP3A417.
E' stato segnalato un caso di insufficienza epatica con esito fatale per somministrazione concomitante di imatinib e paracetamolo, probabilmente dovuta ad un aumento di biodisponibilità del paracetamolo dovuto all'interazione con l'imatinib15.
E' stato segnalato un caso di emorragia del SNC attribuibile all'interazione di warfarin (metabolizzato dal CYP2C9) ed imatinib15.
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