Ogni anno molte persone vengono morse da animali o da altre persone. Per lo più si tratta di ferite banali che non giungono all'osservazione del medico; in altre occasioni, tuttavia, vi sono elementi di gravità legati al trauma in sé oppure alla possibilità che al morso segua una infezione locale o generalizzata.
I cani sono responsabili della maggior parte delle ferite da morso di animale (80-90%); più raramente sono implicati gatti o altri animali. I morsi di animale interessano prevalentemente l'età infantile o adolescenziale: l'età media delle vittime è di 13,5 anni per i morsi di cane e di 19,5 anni per i morsi di gatto.
Microbiologia
Nel 90% circa delle ferite da morso vengono isolati microrganismi patogeni presenti quali flora abituale della bocca del cane o del gatto. Una precisa valutazione microbiologica delle ferite da morso umano o animale è tuttavia resa difficoltosa da fattori quali la non univocità nella definizione di ferita infetta, la possibilità di isolare germi patogeni anche da ferite recenti clinicamente non infette, la scarsità di studi prospettici specifici e l'incostante disponibilità di adeguate tecniche colturali1.
Le infezioni da morso di animale sono abitualmente polimicrobiche, spesso con una rilevante componente anaerobia. I germi più frequentemente implicati sono Pasteurella spp (in particolare P multocida),Staphylococcus spp, Streptococcus spp, Moraxella spp e Corynebacterium spp.
Particolarmente pericolose nei soggetti asplenici sono le infezioni da Capnocytophaga canimorsus. Le infezioni da Pasteurella multocida sono caratterizzate da una rapidissima comparsa di segni di flogosi (nel 70% dei casi già entro 24 ore).
Anche la microbiologia dei morsi umani è estremamente variabile. Nella maggior parte delle ferite possono essere isolate in media 5 diverse specie di germi, anche qui con un rilevante contributo di specie anaerobie2. I germi più frequentemente isolati comprendono Staphylococcus spp, Streptococcus spp, Corynebacterium spp e Eikenella corrodens. I morsi umani suscitano spesso apprensione anche in rapporto alla possibilità di trasmissione di virus quali Herpes simplex virus, virus dell'epatite C, virus dell'epatite B e virus dell'AIDS. Si veda a questo proposito il riquadro.
Valutazione e trattamento delle lesioni
Lo sviluppo di una complicanza infettiva in una ferita da morso dipende da molti fattori quali il tipo di ferita, il tempo trascorso dall'evento traumatico alla valutazione medica, la sede anatomica colpita, il tipo di animale coinvolto, l'entità dell'inoculo batterico, la presenza di materiale estraneo, il tipo di trattamento instaurato e la presenza di fattori locali o generali che compromettano la risposta immunitaria. Un numero così elevato di variabili rende ragione della assoluta carenza di studi clinici metodologicamente corretti che abbiano affrontato il problema del trattamento di questo tipo di ferite. In linea di principio valgono le seguenti considerazioni.
Tipo di ferita. Il rischio di infezione è più elevato per le ferite puntiformi che si chiudono rapidamente imprigionando numerosi microrganismi. Le ferite più estese tendono infatti a guarire più facilmente senza complicanze infettive.
Tempo trascorso. Più tempo passa tra il momento del morso e il suo trattamento, più alto è il rischio di infezione.
Sede anatomica. Le lesioni che si sviluppano in corrispondenza delle articolazioni metacarpofalangee della mano dominante in seguito a un pugno sferrato contro i denti dell' "avversario", apparentemente lievi (spesso sono inferiori al centimetro) o misconosciute, sono gravate da un elevato rischio di infezione per il frequente interessamento delle capsule articolari, delle ossa o dei tendini in uno spazio ristretto e scarsamente vascolarizzato quale quello della mano. Infatti quando la mano viene riaperta i tendini trasportano i germi in profondità lungo i piani anatomici5'6.
Animale coinvolto. A parità di altre condizioni, i morsi di gatto e quelli umani presentano un rischio di infezione doppio rispetto ai morsi di cane.
Tipologia delle vittime. Il rischio infettivo aumenta nei pazienti immunocompromessi a livello generale (diabetici, cirrotici, asplenici, sottoposti a terapie immunosoppressive ecc) o a livello locale (per arteriopatie, insufficienza venosa cronica o alterato drenaggio linfatico come ad esempio nelle donne mastectomizzate).
Gli elementi essenziali della valutazione e del trattamento dei morsi umani ed animali sono sintetizzati nella tabella 17. Il tipo di animale in causa fornisce utili informazioni sul rischio infettivo, mentre davanti ad un morso umano va valutata la possibilità di trasmissione di agenti virali.
Elementi essenziali del trattamento sono una accurata pulizia ed una energica ed abbondante irrigazione e disinfezione delle ferite, in particolare di quelle puntiformi; in anestesia locale si procederà poi ad una attenta rimozione dei tessuti devitalizzati valutando nel contempo l'integrità di ossa, tendini e capsule articolari. E' necessario insistere sulla necessità di una accurata esplorazione in profondità della ferita ricorrendo ad una adeguata anestesia in soggetti poco collaboranti come i bambini.
La elevazione dell'arto colpito risulta determinante per ridurre il rischio di infezione, soprattutto per le ferite alla mano. L'immobilizzazione e l'elevazione verranno proseguite fino alla completa risoluzione dell'edema locale.
La sutura delle ferite da morso rimane a tutt'oggi un aspetto alquanto controverso, soprattutto per le ferite datanti da meno di 8 ore e per quelle clinicamente non infette. Alcuni autori8 riportano esperienze favorevoli nel suturare i morsi di cane recenti in rapporto al più basso rischio di infezione rispetto ai morsi di gatto o di uomo. Se non interessano zone importanti da un punto di vista estetico, le lesioni da morsi di gatto e di uomo devono sempre essere lasciate guarire per seconda intenzione anche se molto recenti.
Vi è consenso unanime sul non suturare le ferite alla mano, le ferite puntiformi, le ferite più vecchie di 24 ore e quelle clinicamente infette, indipendentemente dall' animale che le ha causate. A volte, in caso di ferite molto estese, una volta escluso il rischio di infezione, si possono rimandare sia la rivalutazione che la sutura della lesione.
Le ferite al volto o alla testa, dopo abbondante irrigazione, vengono frequentemente suturate per motivi estetici; i. risultati sono in genere soddisfacenti in rapporto all'eccellente afflusso di sangue, allo scarso sviluppo di edema locale ed all'uso di antibiotici in profilassi.
Indicazioni al ricovero: non esistono chiare linee guida per decidere la necessità o meno del ricovero. Le indicazioni principali possono essere sintetizzate secondo quanto riportato nella tabella 2.
PROFILASSI ANTITETANICA
In ogni paziente vittima di un morso animale o umano deve essere messa a punto la situazione immunitaria contro il tetano.
Queste le linee essenziali. Indipendentemente dalla presenza o meno di una ferita, gli adulti ed i bambini di più di 7 anni mai vaccinati devono ricevere un ciclo completo di tre dosi di anatossina diftotetanica in formulazione per adulti, contenente cioè una minore quota di tossoide difterico (es DifTetAll).
In occasione di una ferita a rischio, la astensione dalla immunizzazione, la sola immunizzazione attiva o la immunizzazione attivo-passiva viene decisa sulla base di variabili quali il numero di richiami precedenti, gli anni trascorsi dall'ultima dose ed il tipo di ferita (Tabella 3 e Tabella 4).
PROFILASSI ANTIRABBICA
Per quanto attiene la profilassi antirabbica postesposizione occorre subito dire che grazie ai programmi veterinari di sorveglianza della rabbia animale il fenomeno in Italia è tenuto sotto controllo e ormai da molti decenni non sono riportati nel nostro paese casi di rabbia umana.
Tuttavia in relazione alla variabilità della epizoologia della rabbia silvestre sul territorio nazionale ed alla necessità di ottemperare a disposizioni ministeriali in materia (Circolare Min. Sanità n° 36 del 10/9/93) per decidere se vaccinare o meno un soggetto morsicato occorre prendere in considerazione numerosi elementi quali la Regione italiana in cui è avvenuta l'esposizione, il tipo di animale (domestico o selvatico), il suo stato clinico o vaccinale nei confronti della rabbia (un cane o un gatto adeguatamente vaccinati molto difficilmente contraggono la malattia). la possibilità o meno di tenerlo sotto osservazione veterinaria per 10 giorni, le circostanze in cui è avvenuta l'esposizione ed infine la natura del contatto o della lesione.
Il trattamento viene condotto presso Centri antirabbici appositamente individuati (in genere presso i Servizi di Igiene Pubblica) e deve includere, nei contatti ad alto rischio, la somministrazione combinata di vaccino e immunoglobuline umane specifiche. Queste ultime, quando necessarie, vengono somministrate in ragione di 20 UI/ Kg per via intramuscolare, la metà della dose viene infiltrata attorno alla ferita.
Una delle possibili schedule vaccinali prevede 4 dosi di vaccino allestito su cellule diploidi umane (HDCV); le prime 2 vengono somministrate nella prima seduta, una iniezione in ciascun deltoide, le 2 dosi successive vengono somministrate, sempre per via i.m. deltoidea, dopo 7 e dopo 21 giorni.
In tabella 5 vengono fornite alcune linee guida per la profilassi antirabbica postesposizione nel nostro paese.
La scelta di un trattamento profilattico o terapeutico per una ferita da morso è resa difficile dalla mancanza di studi adeguati in grado di dare indicazioni attendibili circa la scelta del farmaco, la via di somministrazione, la posoìogia o la durata del trattamento10. Mancano inoltre indagini randomizzate su larga scala che abbiano studiato ferite simili per localizzazione o gravità.
La terapia antibiotica di una ferita da morso umano o animale con chiari segni di infezione è ovviamente fuori discussione; in alcuni casi il trattamento deve essere condotto per via venosa al fine di assicurare adeguati livelli tessutali di farmaco. In vitro, l'associazione amoxicillina-acido clavulanico possiede una buona attività contro la flora mista presente in queste infezioni e in uno studio si è dimostrata clinicamente superiore ad una associazione di penicillina + dicloxacillina11. Nei pazienti allergici alla penicillina o che non tollerano l'associazione amoxicillina-acido clavulanico, una tetraciclina, il cotrimossazolo, una cefalosporina (es. cefixima, cefuroxima axetil, cefoxitina) o un chinolonico a spettro allargato (es. levofloxacina) costituiscono delle valide alternative terapeutiche. Occorre però sottolineare che la attività di queste ultime molecole è stata valutata soprattutto in vitro e i dati clinici che ne supportano l'utilizzo sono molto scarsi.
La durata della terapia dovrebbe essere di 7-14 giorni. I trattamenti più prolungati andranno riservati alle ferite a maggior rischio di gravi complicanze locali o generali12. Le artriti settiche e le osteomieliti necessitano di trattamenti ancora più lunghi.
La capacità di una profilassi antibiotica di prevenire l'infezione dopo un morso è anch'essa un elemento controverso. Vi è accordo generale sul fatto che le ferite "minori" non richiedono la profilassi antibiotica; purtroppo i dati pubblicati aggiungono poco a questa generica raccomandazione. In 5 di 8 studi randomizzati riportati in letteratura, la profilassi ha ridotto il rischio di infezione, ma nel solo studio in cui è stata utilizzata l'associazione amoxicillina-acido clavulanico il risultato è stato statisticamente signifcativo13.
Una profilassi antibiotica con amoxicillina -acido clavulanico dovrebbe essere presa in considerazione per i morsi recenti a più alto rischio di infezione quali quelli alle mani o quando vi sia il dubbio di una lesione ossea o articolare, per i morsi di gatto, per le ferite puntiformi profonde, quelle che interessano il volto, quelle che richiedono la riparazione chirurgica e quando il paziente sia immunocompromesso (diabete, cirrosi, trattamento steroideo, asplenia, mastectomia, ecc). La durata raccomandata della profilassi è di 3-5 giorni.
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