Premessa
L'utilizzo dell'aciclovir nella pratica di medicina generale ha ormai assunto proporzioni rilevanti. In Italia, nel corso del 1998 la spesa per prescrizioni extraospedaliere ha infatti superato i 100 miliardi di lire.
Mentre vi sono indicazioni certe all'impiego degli antivirali in alcune forme morbose sostenute dall'herpes simplex tipo 1 e 2 (herpes genitale, encefaliti, infezioni oculari, forme disseminate nei pazienti immunocompromessi, ecc.), lo stesso non può dirsi nell'herpes zoster. Al momento, il trattamento antivirale della malattia non è infatti ben definito, in particolare per quanto riguarda la forma più comune, e cioè lo zoster non oftalmico. L'articolo cercherà di fornire elementi utili, in primo luogo al medico di medicina generale, affinché la scelta di trattare o meno l'herpes zoster sia la più razionale possibile.
Nei paesi sviluppati il numero dei casi di herpes zoster è in costante aumento per l'allungarsi della vita media; si calcola che 1 individuo su 5, in qualche momento della sua vita, verrà colpito dalla malattia1.
L'incidenza annuale della patologia varia a seconda dell'età e dello stato del sistema immunitario. Per quanto riguarda il rapporto con l'età, l'incidenza va da 0,4-1,6 casi/anno per 1.000 soggetti sani di età inferiore a 20 anni, a 4,5-11 casi/anno per 1.000 soggetti di 80 anni ed oltre. Questo dato è stato confermato da uno studio epidemiologico con disegno retrospettivo condotto nel 1996 nel nostro paese: l'incidenza annuale è stata di 4,1-5,7 casi per 1.000 abitanti ed è risultata fortemente correlata con l'età2. Per quanto riguarda il rapporto col sistema immunitario, l'incidenza di herpes zoster è molto più alta nei pazienti con infezione da HIV o con cancro, e 50-100 volte superiore nei pazienti affetti da leucemia.
Decorso clinico e nevralgia posterpetica
Lo zoster è causato da una riattivazione del virus varicella-zoster presente allo stato latente nei gangli spinali posteriori, alla cui base vi è probabilmente una ridotta efficacia dell'azione di sorveglianza esercitata dalla immunità cellulo-mediata.
Le sequele dello zoster, relativamente rare, includono neuropatie motorie periferiche, paralisi dei nervi cranici, mieliti, encefaliti, trombosi cerebrovascolare, meningite asettica, sovrainfezioni cutanee e varie complicanze oculari. La principale e più frequente complicanza è la nevralgia posterpetica, caratterizzata da dolore spontaneo o provocato da movimenti banali e da alterazioni della sensibilità a livello del dermatomero interessato. Questo disturbo è frequente motivo di frustrazione per il paziente e per il medico perché, una volta manifestatosi, risulta essere di difficile controllo3. Si ritiene che, complessivamente, il 10-20% dei soggetti con herpes zoster possa sviluppare questa complicanza, che si manifesta quasi esclusivamente dopo i 60 anni con un rischio stimato intorno al 40-50%.
Resta irrisolto un problema di fondo e cioè che non vi è al momento una definizione di nevralgia posterpetica comunemente accettata: nei vari studi la complicanza è stata definita come la persistenza di sintomi sensitivi a distanza di 6 settimane, 1, 2, 3 e 6 mesi dallo zoster. Da altri autori invece viene definito come dolore associato allo zoster il periodo di tempo intercorso dall'esordio fino alla scomparsa della sintomatologia, includendo in tal modo le recidive che a volte possono verificarsi dopo un intervallo di tempo più o meno lungo libero da dolore. Questa mancanza di univocità costituisce un problema serio, in quanto gli studi clinici, non essendo omogenei, risultano di difficile comparazione e non consentono di valutare l'efficacia della terapia antivirale nella prevenzione della nevralgia posterpetica.
È utile una terapia antivirale?
La terapia antivirale è senza alcun dubbio indicata nel trattamento di tutte le forme di herpes nei pazienti con deficit immunitari di qualsiasi natura, al fine di prevenire l'estensione dell'esantema e l'interessamento viscerale4. In tali situazioni, specie nelle forme più severe o nei casi di grave immunodepressione (ad es. in pazienti affetti da malattia neoplastica o sottoposti a trapianto d'organo o di midollo), l'aciclovir deve essere somministrato per via endovenosa, dato che per via orale presenta una biodisponibilità inferiore al 20%.
Altra indicazione al trattamento (meglio se iniziato entro 48-72 ore dalla comparsa dell'esantema) è rappresentata dallo zoster oftalmico. La terapia è infatti in grado di ridurre le complicanze oculari secondarie alla infezione: in questi casi, purché il soggetto non presenti deficit immunitari, è possibile utilizzare la via orale (aciclovir, 800 mg 5 volte al dì per 7 giorni)4.
In soggetti immunocompetenti l'indicazione al trattamento dell'herpes zoster interessante gli altri distretti non è invece del tutto definita.
I criteri di valutazione di efficacia del trattamento utilizzati in diversi studi sono da considerarsi inappropriati dal punto di vista clinico: la riduzione del periodo di insorgenza di nuove vescicole o del tempo di comparsa delle croste, pari rispettivamente a 1,2 giorni e 1,7 giorni, ottenute con l'aciclovir orale5, non rappresentano un beneficio reale per il paziente. Anche il miglior controllo del dolore nella fase acuta che si otterrebbe con l'aciclovir non rappresenta una risposta ad un problema clinico rilevante, in quanto gli analgesici attualmente disponibili sono in grado di alleviare in maniera significativa questa forma di dolore.
L'utilità della terapia antivirale dell'herpes zoster nel soggetto immunocompetente va invece valutata utilizzando come parametro clinico la prevenzione della nevralgia posterpetica. La malattia, una volta instauratasi, risulta infatti difficile da trattare e spesso richiede l'ausilio di più approcci terapeutici, con risultati complessivamente insoddisfacenti.
La mancanza di terapie efficaci ha spinto a ricercare la strategia più idonea a prevenire l'insorgenza di tale complicanza. Tra gli studi che hanno valutato la terapia antivirale nella prevenzione della nevralgia posterpetica pochi hanno avuto una impostazione volta ad esaminare l'azione dei farmaci sul dolore tardivo. Una metanalisi6 condotta su 4 studi ha indicato come la terapia con aciclovir riduca sia la durata della neurite acuta (28 giorni nei trattati verso 32 giorni con placebo) che la persistenza del dolore 3-6 mesi dopo l'insorgenza dell'esantema (dimezzamento dei casi di nevralgia posterpetica). Gli studi originali non erano giunti a tali conclusioni, sia perché sottodimensionati dal punto di vista numerico, sia perché il dolore non era considerato uno degli end-point clinici. Un successivo studio metanalitico ha confermato l'efficacia del trattamento antivirale nel ridurre i casi di nevralgia posterpetica a distanza di 6 mesi (-46%)7. Queste conclusioni vanno però giudicate con una certa prudenza, per il limite dell'approccio statistico della metanalisi e, nel caso specifico, per la difficoltà nel valutare in modo omogeneo i casi effettivi di nevralgia posterpetica, soprattutto per quanto riguarda intensità e durata dei sintomi, ed i benefici ottenuti con la terapia. Risulta ad esempio curioso il fatto che in due degli studi presi in esame dalla metanalisi non siano emerse differenze nell'uso di analgesici tra i pazienti trattati con aciclovir e quelli trattati con placebo, nonostante una netta preponderanza di dolore in questi ultimi. D'altra parte vi sono altri autori che ritengono la terapia antivirale inefficace nel ridurre l'insorgenza della nevralgia posterpetica8, o giudicano inconsistenti i vantaggi ottenibili 9.
Uno studio recente, randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo, condotto nella medicina di base su pazienti ultra60enni, ha valutato l'utilità dell'impiego dell'amitriptilina a basso dosaggio (25 mg al giorno), iniziata precocemente (entro 48 ore dalla comparsa dell'esantema), e protratta per 3 mesi, nella prevenzione della nevralgia posterpetica10. Ai medici era lasciata facoltà di decidere se utilizzare o meno l'aciclovir. Dopo 6 mesi, solo l'11% dei pazienti (1 su 9) trattati con aciclovir e amitriptilina presentava una nevralgia posterpetica contro il 47% (8 su 17) di quelli trattati con aciclovir e placebo. La differenza è risultata statisticamente significativa. L'analisi, anche se effettuata a posteriori, su un ridotto numero di pazienti, non assegnati in modo randomizzato all'aciclovir, indica un possibile, quanto importante, ruolo degli antidepressivi nel trattamento dell'herpes zoster acuto che andrà meglio indagato con altri studi11.
Alcuni studi in doppio cieco hanno dimostrato che i corticosteroidi, a fronte di un beneficio sul dolore acuto, non hanno effetti sulla nevralgia posterpetica3. Il blocco nervoso con farmaci anestetici si è rivelato anch'esso efficace nella fase acuta ma non è stato valutato con idonei studi clinici nella riduzione del dolore posterpetico3.
Le novità valaciclovir e famciclovir
Una delle ipotesi sulla ridotta efficacia dell'aciclovir nel prevenire la nevralgia posterpetica è che le concentrazioni di farmaco nei gangli spinali non sarebbero sufficienti per inibire la moltiplicazione del virus a livelli tali da impedire che si instauri un qualche grado, anche minimo, di flogosi. Se ciò fosse vero, i due nuovi antivirali valaciclovir (Talavir, Zelitrex), pro-farmaco dell'aciclovir ed il famciclovir, pro-farmaco del penciclovir, dotati di una migliore biodisponibilità e di una più lunga emivita intracellulare, potrebbero determinare una significativa riduzione dell'incidenza della nevralgia posterpetica.
Dopo somministrazione orale, il valaciclovir presenta una biodisponibilità del 54% circa contro il 12-20% dell'aciclovir; per via orale (2 g ogni 6 ore) permette infatti di raggiungere la stessa concentrazione di aciclovir ottenuta utilizzando la via endovenosa al dosaggio di 10 mg/kg ogni 8 ore12. Oltre ad alcuni piccoli studi di confronto con placebo, il valaciclovir è stato oggetto di uno studio multicentrico, randomizzato, in doppio cieco, comparativo con l'aciclovir13 e di uno studio di farmacoeconomia14. Il primo studio ha coinvolto 1.141 pazienti con herpes zoster e di età superiore ai 50 anni, suddivisi in tre gruppi ad ognuno dei quali era assegnato un diverso trattamento: valaciclovir 1 g 3 volte al giorno per 7 giorni, valaciclovir allo stesso dosaggio per 14 giorni e aciclovir al dosaggio tradizionale di 800 mg 5 volte al giorno per 7 giorni. Lo studio ha rilevato una sostanziale equivalenza tra i due farmaci nella riduzione della durata dell'esantema, ma il valaciclovir, indipendentemente dalla durata del trattamento, è risultato statisticamente superiore nell'accelerare la risoluzione del dolore associato all'herpes e nel ridurre la durata della nevralgia posterpetica intesa come presenza di dolore dopo 6 mesi (19,3% vs 25% con aciclovir). Non sono emerse differenze tra i due antivirali per quanto riguarda l'intensità del dolore e la qualità di vita dei pazienti né per la specifica indicazione del trattamento dello zoster oftalmico. Nella sostanza, il valaciclovir risulta dotato dello stesso profilo di sicurezza dell'aciclovir, è più efficace, verosimilmente in virtù della migliore biodisponibilità e deve essere pertanto considerato il farmaco di scelta nel trattamento dell'herpes zoster.
Per il famciclovir (non ancora disponibile in Italia) è stata segnalata un'efficacia pari a quella dell'aciclovir15.
Conclusioni
L'aciclovir rimane il farmaco di scelta nel trattamento di alcune forme morbose sostenute dall'herpes simplex tipo 1 e 2 (es. herpes genitale, encefaliti, infezioni oculari, forme disseminate nei pazienti immunocompromessi). Ad eccezione delle forme gravi che richiedono la somministrazione endovenosa, l'aciclovir orale verrà sostituito, per la maggiore biodisponibilità e comodità di assunzione, dal valaciclovir.
Per quanto riguarda il trattamento dell'herpes zoster non oftalmico in soggetti immunocompetenti di età inferiore ai 60 anni non vi sono attualmente indicazioni al trattamento antivirale.
Nei soggetti immunocompetenti di età superiore ai 60 anni l'indicazione al trattamento generalizzato, ancorché suggerita da alcuni autori, non sembra al momento sostenibile in maniera univoca: la terapia antivirale è in grado di migliorare aspetti clinici marginali (durata dell'esantema, durata del dolore acuto), ma sulla prevenzione della nevralgia posterpetica i dati riguardanti l'aciclovir non sono al momento pienamente convincenti. Se verranno confermati i primi studi, col valaciclovir si potranno probabilmente ottenere risultati migliori, in particolare se trattamenti con dosaggi superiori manterranno lo stesso profilo di sicurezza mostrato con la posologia attualmente consigliata di 1 g ogni 8 ore per 7 giorni. A questo dosaggio, nei soggetti trattati l'incidenza di nevralgia posterpetica rimane intorno al 15-20%: resta da vedere se una maggiore concentrazione di farmaco antivirale già presente nelle prime fasi della malattia sarà in grado di prevenire l'insorgenza della nevralgia posterpetica, essendo possibile che all'origine di tale complicanza vi possano essere meccanismi ancora non definiti ma indipendenti dalla replicazione del virus herpes varicella-zoster.
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