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30 compresse 15 mg | € 23,69 |
Classe A del PTN
Proprietà farmacologiche
La fenelzina è inibitore delle monoaminossidasi (MAO), registrato dall’AIFA con procedura nazionale nel trattamento dei pazienti depressi che non rispondono agli altri farmaci disponibili. Si tratta di un “vecchissimo” farmaco: negli USA è in commercio dal 1961; in Italia lo è stato sino ai primi anni ’80 come Nardil, poi ritirato. Di fatto, non può essere considerato il primo del gruppo in quanto in Italia, da tempo immemorabile, è in commercio un altro MAO-inibitore, la tranilcipromina, associata ad un neurolettico, la trifluoperazina (Parmodalin).
I MAO-inibitori sono stati impiegati per la prima volta in psichiatria alla fine degli anni ’50. Le MAO sono enzimi che si trovano nei terminali nervosi, nel fegato, nella mucosa intestinale e in altri organi, che regolano la degradazione metabolica delle amine endogene (es. adrenalina, noradrenalina, dopamina e serotonina). Le MAO di origine epatica rivestono un importante ruolo difensivo nell’inattivazione delle monoamine circolanti o quelle, come la tiramina, che vengono ingerite e sono assorbite nel circolo portale1.
La fenelzina si lega direttamente al sito catalitico e inibisce in modo irreversibile le MAO determinando così un accumulo di neurotrasmettitori aminici. La fenelzina inibisce sia le MAO di tipo A, presenti soprattutto nelle terminazioni nervose serotoninergiche e noradrenergiche, e a livello intestinale, sia le MAO di tipo B presenti nelle piastrine1.
Ben assorbita dopo somministrazione orale, la fenelzina raggiunge il massimo delle concentrazioni plasmatiche in 3 ore circa2,3. Viene metabolizzata nel fegato ed eliminata con le urine pressoché interamente sotto forma di metaboliti2. L’inibizione massima viene di solito raggiunta in 5-10 giorni3, ma la risposta al trattamento può tardare 3 settimane o più e può richiedere ancora 1 o 2 settimane per raggiungere il suo massimo4. L’effetto clinico può durare sino a 2 settimane dopo la sospensione del farmaco3.
Efficacia clinica
Sulla base della esperienza clinica iniziale, i MAO-inibitori si sono ritagliati il profilo di farmaci “particolarmente efficaci (superiori ai triciclici) nel trattamento dei pazienti depressi con caratteristiche atipiche, ipocondriache, isteriche o fobiche”2,4. Nella depressione atipica i MAO-inibitori non sembrano, però, possedere una efficacia peculiare. In uno studio controllato, randomizzato, in doppio cieco, della durata di 10 settimane, condotto su 108 pazienti con depressione atipica (con ipersonnia, iperfagia, grave esaurimento fisico), nel tasso di risposta, valutato come punteggio £ 9 nella scala di Hamilton, la fenelzina si è dimostrata più efficace del placebo (28%), ma del tutto sovrapponibile alla terapia cognitiva (58%)5.
La non risposta ad un trattamento antidepressivo rappresenta un problema di frequente riscontro (riguarda più del 30% dei pazienti) e di difficile soluzione. Le strategie adottate vanno dall’aumento della dose dell’antidepressivo9 e/o della durata del trattamento alla combinazione di più farmaci con diverso meccanismo d’azione10, ma si tratta di scelte empiriche di efficacia non dimostrata11.
Alcuni piccoli studi non controllati, in aperto, realizzati negli anni ’80 e agli inizi degli anni ’90 avevano prospettato l’utilità dei MAO-inibitori nella depressione resistente ai triciclici9-11.
Gli studi randomizzati, controllati, che hanno valutato l’efficacia della fenelzina nei pazienti depressi non responsivi ad altri trattamenti sono solo tre, due dei quali realizzati in ambito ospedaliero, uno verso un altro anti-MAO, e riguardano complessivamente meno di 200 pazienti. Nel primo studio crossover, in doppio cieco, condotto nel 1993 su pazienti ambulatoriali con depressione cronica (associata a molti sintomi atipici), tra i 46 non responders a imipramina 31 (67%) hanno risposto a fenelzina, mentre tra i 22 non responders a fenelzina 9 (41%) hanno risposto a imipramina12. La differenza nelle percentuali di risposta è risultata statisticamente significativa.
Nel secondo studio, 77 pazienti gravemente depressi (score = o > 14 sulla scala di Hamilton), ospedalizzati, che non avevano risposto ad un precedente trattamento con un triciclico o con fluvoxamina, dopo una settimana di wash out sono stati randomizzati a fenelzina o a tranilcipromina a dosi flessibili (da 20 a 100 mg al giorno per entrambi i farmaci) per 5 settimane13. La risposta al trattamento era definita come riduzione = o > 50% del punteggio sulla scala di Hamilton. Tra i 67 pazienti che hanno completato lo studio non sono state osservate differenze in termini di efficacia tra i due MAO-inibitori: 17 pazienti su 39 (44%) hanno risposto alla tranilcipromina e 18 su 38 (47%) hanno risposto alla fenelzina13. Nei due gruppi gli effetti indesiderati hanno avuto la stessa incidenza (21%) e si è trattato in particolare di capogiri, agitazione e insonnia.
29 anziani ospedalizzati con depressione maggiore non responsivi ad almeno un tentativo terapeutico con un antidepressivo triciclico o con venlafaxina sono stati arruolati in uno studio randomizzato in aperto, della durata di 6 settimane14. A 15 pazienti che assumevano nortriptilina o venlafaxina è stato aggiunto il litio (200 mg/die aumentabili sino a ottenere livelli ematici compresi tra 0,6 e 1,2 mmol/l); a 14 pazienti l’antidepressivo in corso è stato sostituito con la venlafaxina (15 mg/die per i primi 3 giorni, aumentati a 30 mg/die per 5 giorni e ulteriormente incrementati sino ad un massimo di 60 mg/die). A raggiungere la remissione (definita come un punteggio sulla scala MADRS < o = 10) che rappresentava l’end point principale è stato il 33,3% dei pazienti trattati con litio contro nessuno di quelli trattati con fenelzina. Dopo 2 anni di follow up, 5 pazienti trattati con l’aggiunta di litio contro 2 trattati con fenelzina hanno raggiunto la remissione14.
Effetti indesiderati
Gli effetti indesiderati più frequentemente associati al trattamento con fenelzina sono ipotensione posturale (specialmente negli anziani) e capogiri2,4. Altri eventi avversi comuni sono cefalea, secchezza della bocca, stitichezza e altri disturbi gastrointestinali (compresi nausea e vomito), edemi. Sonnolenza, debolezza e affaticamento sono frequenti, ma sono segnalati anche effetti eccitatori sul SNC come agitazione, nervosismo, irrequietezza motoria, insonnia e convulsioni2,4. In soggetti suscettibili possono essere indotti episodi psicotici con comportamento ipomaniacale o maniacale, confusione, allucinazioni e comportamenti suicidi. Possono anche comparire sudorazione, tremori muscolari, spasmi, iperreflessia, offuscamento della vista, nistagmo, ritenzione urinaria, difficoltà nella minzione, aritmie, rash cutanei, leucopenia, disturbi sessuali e aumento di peso con appetito anomalo. E’ stato segnalato ittero e, in rare occasioni, necrosi epatocellulare progressiva fatale. Possibile, in particolare negli anziani, una iponatriemia secondaria a inappropriata secrezione di ormone antidiuretico. La carenza di piridossina può causare parestesie e neuropatia periferica.
Controindicazioni
La fenelzina è controindicata in pazienti con feocromocitoma, disturbi cerebrovascolari, scompenso cardiaco, patologie epatiche o alterazioni dei test di funzionalità epatica.
Interazioni
Con farmaci
Oltre ad inibire le monoaminossidasi e determinare un accumulo di neurotrasmettitori aminici, la fenelzina inibisce anche il metabolismo di alcune amine farmacologiche come i simpaticomimetici ad azione indiretta (es. efedrina, pseudoefedrina, fenilefrina) presenti in molti medicinali di automedicazione per la tosse e il raffreddore e ne potenzia l’azione vasocostrittrice col rischio di crisi ipertensive. E’ importante avvertire i pazienti di non acquistare farmaci da banco prima di essersi consultati col medico o col farmacista su eventuali loro interazioni con la fenelzina. Va evitata anche l’associazione con destrometorfano: sono segnalati casi con esito letale15.
La fenelzina non deve essere somministrata contemporaneamente o subito dopo altri antidepressivi o altri farmaci che potenziano la trasmissione serotoninergica, incluso il buspirone. La combinazione può provocare una crisi ipertensiva o una sindrome serotoninergica: convulsioni, febbre, marcata sudorazione, eccitazione, delirio, tremori, coma e collasso respiratorio. Sono state riportate reazioni gravi (ipertermia, rigidità, movimenti mioclonici e morte) in caso di somministrazione concomitante di inibitori del reuptake della serotonina (SSRI) o della serotonina/noradrenalina (SNRI) e MAO-inibitori15. Occorre, perciò, lasciar passare un periodo di tempo sufficiente (2 settimane; 5 settimane se si tratta di fluoxetina) per la clearance di questi farmaci prima di iniziare un trattamento con fenelzina. Dopo la sospensione della fenelzina, è necessario attendere almeno 2 settimane prima di iniziare un altro antidepressivo (3 settimane se si tratta di clomipramina o imipramina).
La somministrazione di fenelzina va sospesa 14 giorni prima di interventi chirurgici che richiedono l’uso di anestesia generale.
Con alimenti
Nei pazienti in trattamento con fenelzina, l’assunzione di alimenti con alto contenuto di tiramina può comportare un pericoloso aumento della pressione arteriosa per l’accumulo in circolo dell’amina vasoattiva. Una cefalea pulsante può essere un sintomo precoce di allarme. La tiramina è presente in elevate concentrazioni nel formaggio stagionato, negli insaccati (compresa la bresaola), nel vino rosso e nella birra (anche quella analcolica), nelle fave, nella selvaggina, nei calamari, nel caffè, nel the, nel cioccolato. Carne, pesce o legumi trattati mediante processi di liofilizzazione, conservazione in scatola o sott’olio, affumicazione, possono contenere livelli elevati di tiramina derivante dalla tirosina come risultato di questi processi. Secondo la scheda tecnica, questi cibi devono essere evitati15. Poiché la possibilità di una crisi ipertensiva è legata all’ingestione di elevate quantità di tiramina15, laddove si ritenesse irrinunciabile l’impiego del farmaco, considerata la larga diffusione degli alimenti soggetti a divieto e le difficoltà a rispettare una simile restrizione dietetica, forse sarebbe più ragionevole (e meglio accetto) raccomandare moderazione nell’assunzione dei singoli alimenti, spiegando al paziente di non abbinare più alimenti ricchi di tiramina ai pasti.
Dosaggio: 15 mg 3 volte al giorno. Dopo 2 settimane, il dosaggio può essere incrementato sino a 60 mg al giorno. Dosi sino a 2 compresse (30 mg) 3 volte al giorno possono essere usate in ospedale.
Costi
Un trattamento della durata di 6 mesi con fenelzina alla dose media di 60 mg al giorno ha un costo di circa 569 euro. Essendo l’unico farmaco riservato al trattamento di pazienti non responders, non sembra opportuno/corretto proporre confronti di costo-terapia con altri antidepressivi.
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Bibliografia
1. Goodman & Gilman’s. The Pharmacological Basis of Therapeutics. McGraw-Hill, Inc, New York 2001.
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4. Inibitori delle monoaminossidasi (IMAO). Guida all’uso dei farmaci. AIFA 2007; pag. 171.
5. Jarrett RB et al. Treatment of atypical depression with cognitive therapy or phenelzine: a double-blind, placebo-controlled trial. Arch Gen Psychiatry 1999; 56:431-7.
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15. Margyl. Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto.
Data di redazione 08/2009