Dalla medicina personalizzata alla medicina di precisione
Giampaolo Colecchia MMG, CSeRMEG
Nota della Redazione
Non c'è dubbio che il tema trattato in questo contributo sia tra quelli più frequentemente ricorrenti, sotto tanti nomi apparentemente diversi, in tanti discorsi, scientifici o politici, che cercano di rassicurare che la crescente lontananza della medicina dai bisogni inevasi delle persone non è reale: anzi! La medicina è in una crisi "evolutiva". Sta sempre più affinando le proprie capacità di fornire risposte "su misura".
La medicina di precisione (MP) si è trasformata in uno dei capitoli centrali degli investimenti di ricerca e delle pianificazioni economiche.
Poteva essere quasi obbligatorio, per una pubblicazione come IsF, mirata ad aggiornare sui farmaci, che sono una componente importante, ma molto specializzata, della MP, pensare ad un contributo di ricercatori specificamente coinvolti in questo settore.
La scelta di includere questo aggiornamento nella rubrica della MG, è sembrata tuttavia più interessante: come viene ricordato nel contributo, la MG è stata, più di ogni altra competenza medica, associata (e si è a sua volta molto volentieri titolata, con grande, più o meno giustificata enfasi od esclusività...) al termine più vicino, nell'immaginario come negli obiettivi, a quello di MP: la medicina personalizzata. L'obiettivo che ci si pone non è infatti quello di fornire una delle tante revisioni, sistematiche o narrative, della MP (il contributo rimanda a queste fonti). Si è optato per mettere in evidenza un aspetto più profondo di questa occupazione dello spazio della personalizzazione da parte di una precisione tecnologicamente definita. Ci si trova di fatto a gestire uno dei passaggi più critici per il rapporto tra le conoscenze scientifiche ed i bisogni, degli individui e delle collettività: è un passaggio culturale. Inevitabile. Necessario. Già presente. Che sarà anche economicamente decisivo per stabilire priorità e diritti. In un passaggio culturale, alle "evidenze" devono sempre corrispondere domande. E alle promesse i disincanti.
Ci sembra il senso di questo contributo, coerente con l'obiettivo di questa rubrica di IsF, che continua a pensare che la MG possa e debba avere un futuro (come una sanità degna di questo nome) non come erogatrice di prestazioni, ma come alleata ed espressione di persone-pazienti che hanno bisogno soprattutto di comprendere, dubitare, chiedere, partecipare: da soggetti di diritti e di autonomia, non destinatari, più o meno riconoscenti o rassegnati, di decisioni con altri, ben precisi, interessi.
I medici praticano da sempre una medicina personalizzata, intesa come utilizzo dell’esperienza professionale per adattare i migliori dati di letteratura al singolo paziente. A fine ottocento il medico canadese William Osler affermò il concetto con il celebre motto: “È molto più importante sapere quale tipo di paziente ha una malattia che quale malattia ha un paziente”. La scienza medica ha peraltro avuto un approccio prevalentemente di popolazione, privilegiando, soprattutto in ambito farmacologico, la risposta del “paziente medio” rispetto al caso particolare. I risultati sono stati complessivamente di grande valore, anche se ogni giorno milioni di persone assumono farmaci che hanno, nel loro caso, scarsa o nessuna efficacia, mentre sono esposti al rischio di eventi avversi. Secondo Nature, i dieci farmaci con il maggiore fatturato negli Stati Uniti funzionano, nel migliore dei casi, in un paziente su quattro, nel peggiore in uno su cinquanta, tanto che si parla di “medicina dell’imprecisione”1 .
La medicina di precisione (MP) si propone di analizzare tutte le dimensioni del singolo individuo, in modo da “cucire” il trattamento in base alle caratteristiche individuali. Essa può infatti avvalersi degli enormi sviluppi della biologia molecolare, che consente di oggettivare e quantificare la natura eterogenea della maggior parte delle malattie e la variabilità fenotipica dei singoli individui a livello di genomica, epigenomica, trascrittomica, proteomica e metabolomica, la cosiddetta “panomica” (vedi tabella 1).
Il termine MP è stato coniato inizialmente in ambito oncologico, a seguito del fatto che le neoplasie possono dipendere nel loro sviluppo da alterazioni genomiche, che possono diventare il bersaglio di trattamenti specifici ad azione inibitoria in grado di agire con un’alta probabilità di successo nei confronti della neoplasia e di provocare danni limitati per il malato2. L’individuazione di terapie più efficaci, in quanto mirate (targeted), nei confronti di pazienti portatori di sottotipi responsivi, evita infatti di esporre ad inutili effetti collaterali i soggetti non responsivi, con importanti implicazioni prognostiche, di sicurezza e di ricadute sui costi. Esistono attualmente moltissimi farmaci in sperimentazione e molti già in commercio utilizzati con queste modalità di approccio. Basti pensare all’imatinib per la terapia della leucemia mieloide cronica in presenza di mutazione BCR-ABL o al trastuzumab nelle neoplasie mammarie HER2 positive (vedi anche la tabella 2).
I progressi della MP si sono estesi anche ad altri ambiti, ad esempio in cardiologia hanno consentito di scoprire 46 variabili differenti di scompenso cardiaco con funzione sistolica preservata, popolazione notoriamente disomogenea, identificando tre specifici gruppi che hanno mostrato esiti clinici estremamente diversi3.
Limiti della medicina di precisione
Soprattutto in ambito oncologico, la disponibilità di test molecolari per un numero elevato di biomarcatori ha prodotto nuovi farmaci potenzialmente utili, ma anche un numero maggiore di sottotipi di malattie neoplastiche da trattare. In pratica, come affermato dagli epidemiologi F. Trotta e G. Traversa, attraverso una progressiva segmentazione, anche tumori ad alta prevalenza sono trattati oggi come malattie rare. Ciò fa riflettere sull’utilità stessa della MP e comunque sulla necessità di porre un limite all’applicazione della biologia molecolare alla pratica clinica.
Gli autori si chiedono infatti fino a che punto valga la pena di caratterizzare la malattia neoplastica tanto da renderla così rara da mettere a rischio la fattibilità di studi clinici per validare un trattamento. In pratica, per la progressiva segmentazione, anche tumori ad alta prevalenza sono trattati come malattie rare. Inoltre, spesso, i biomarcatori coinvolti nel meccanismo di azione di un singolo farmaco sono numerosi e quindi più di uno è predittivo dell’efficacia clinica. In pratica il farmaco diventa non targeted ma multi-targeted. L’eterogeneità dei loci implica inoltre un’espansione degli algoritmi decisionali per la predittività di vie fisiopatologiche anomale nella traduzione in malattie. Nel caso delle cosiddette laminopatie (gruppo di patologie ereditarie rare, clinicamente eterogenee, accomunate da mutazioni del gene lmna che codifica per la pre-lamina A e per la lamina C, principali componenti della lamina nucleare della membrana nucleare interna), la mutazione di un singolo gene può infatti causare patologie completamente diverse, quali cardiomiopatie, distrofia muscolare, lipodistrofia e progeria4. Secondo alcuni autori, la possibilità di individuare specifiche mutazioni genetiche in grado di guidare il trattamento riguarda un numero estremamente limitato di pazienti e i risultati ottenuti finora dalla farmaco genomica non hanno portato a miglioramenti sostanziali in termini di sopravvivenza. Infine, il numero di mutazioni che caratterizzano ogni tumore è talmente elevato che è difficile pensare di poter agire in modo mirato su ognuna di queste. Molti limiti della medicina di precisione sono ben individuati da F. Perrone5 e sintetizzati di seguito:
Quale senso assegnare alle informazioni che il sequenziamento genetico produce, tenendo conto della mutevolezza dell’espressione genetica e del dinamismo delle cellule tumorali, capaci di trasformarsi e difendersi rendendosi resistenti; quale significato attribuire al “rumore di fondo”, ai possibili artefatti?
Quale affidabilità e impatto hanno i diversi sistemi di lettura dei test di sequenziamento massivo?
Su quali prove arrivare alla registrazione di nuovi farmaci?
Quale sostenibilità per una accessibilità equa alle innovazioni terapeutiche?
Quali informazioni ai pazienti? Come evitare aspettative ingiustificate, in grado di deludere pazienti e familiari?
Infine, l’elevato prezzo dei farmaci antitumorali, in assenza di una strategia finalizzata al loro abbassamento, sarà difficilmente sostenibile. Il timore di molti esperti è che i finanziamenti per la MP (l’amministrazione Obama ha stanziato 215 milioni di dollari per il 2016 nella Precision Medicine Initiative) possano penalizzare le strategie di sanità pubblica, individualizzando ciò che dovrebbe essere una sfida a livello sociale6.
La necessità di nuove metodologie
La MP richiede nuove metodologie sia per valutare efficacia, esiti, sicurezza, sostenibilità, sia per quanto riguarda l’impatto culturale in termini di formazione/informazione del personale sanitario e dei cittadini7. Gli studi classici, fondamentali per evidenziare l’efficacia dei farmaci a livello di popolazione, non si conciliano con la MP. Sono necessarie metodologie diverse quali ad esempio lo studio a ombrello (umbrella trial) e lo studio a canestro (basket trial). Nella prima, i pazienti con un certo tipo tipo di neoplasia sono studiati per valutare la presenza di una serie di biomarcatori e su questa base distribuiti nei bracci di trattamento con i farmaci corrispondenti, cioè ciascun farmaco è associato allo specifico biomarcatore. Nella seconda metodologia i malati sono reclutati solo sulla base delle caratteristiche molecolari e quindi anche tumori che hanno origine in organi diversi vengono allocati negli stessi bracci di trattamento. Per superare i limiti di numerosità dovuti alla bassa prevalenza di molti marcatori molecolari, vengono inoltre impiegati i cosiddetti master protocol che prevedono l’uso di batterie di test diagnostici per assegnare i pazienti ad una rete di trial in corso. Peraltro, questi nuovi disegni di studio sono ritenuti utili soprattutto nella fase precoce dello sviluppo dei farmaci. Per la dimostrazione dell’efficacia clinica il disegno del trial clinico tradizionale rimane lo standard di riferimento8,9.
Riflessioni conclusive
La MP rappresenta una novità in grado di determinare grandi cambiamenti a livello sperimentale e clinico, ad esempio di ridurre sprechi e rischi iatrogeni. Sono peraltro numerose le domande che dovranno trovare risposta, per quanto riguarda le implicazioni cliniche (“dal laboratorio di genetica al letto del paziente”), ma anche legali, etiche, economiche, politiche. Soprattutto la Medicina Generale, disciplina ontologicamente orientata alla complessità, al “vero” olismo, caratterizzata da un approccio tendenzialmente de-medicalizzante, è in grado di evidenziare i limiti della MP. Ad esempio, le nuove tecnologie molecolari, attraverso le enormi informazioni disponibili nelle banche dati, mediante il riconoscimento di pattern altrimenti non rilevabili con i comuni procedimenti clinici e diagnostici, possono consentire una ridefinizione della nosografia medica10 e la costruzione di nuove malattie o comunque di innumerevoli sottotipi delle stesse (dalla targeted therapy alla targeted research of diseases). Ciò consentirà di utilizzare terapie mirate ed altamente efficaci, ma in alcuni casi il prezzo da pagare sarà una espansione della medicalizzazione, una sorta di “medicalizzazione olistica”. I cittadini dovranno essere pertanto informati su limiti e potenzialità del diverso approccio scientifico, a volte difesi da una “prevenzione di precisione”, basata su impronte digitali molecolari che possono degenerare in una predizione fine a se stessa, senza risvolti pratici ma con enormi effetti psicologici e sociali. È già stato coniato il termine genocondriaco!
Un altro aspetto fondamentale è che la MP si basa essenzialmente su una prospettiva tecno-scientifica. Le stesse altre sue possibili applicazioni, ad esempio la tecnologia delle cartelle cliniche elettroniche, dei dispositivi medici e dei sensori indossabili, le informazioni derivanti dai social media e da altre fonti11 sono in grado di fornire una importante mole di dati per realizzare una sorta di “avatar medico” di ciascun cittadino, ma l’esperienza quotidiana insegna che un’assistenza “precisamente” ritagliata sull’individuo deve comprendere anche (soprattutto?) le circostanze di vita soggettive del paziente, la sua ability to cope, i suoi valori, la sua personalità, i suoi timori e speranze, dimensioni difficilmente trasferibili in un database. Per condividere un’attenzione sempre maggiore alla comprensione dell’individuo, che deve peraltro assicurarne una considerazione globale, oltre la biologia di base, concordiamo con R. Ziegelstein, che ha proposto di aggiungere il suffisso -omics alla parola persona, coniando il termine personomics12. La pretesa di realizzare una scienza sempre più esatta della vita delle persone per oggettivarla e “calcolarla”, in un’ottica in realtà sempre più riduzionistica, rischia di andare oltre la auspicabile personalizzazione delle cure, verso un determinismo fenotipico complesso ma al tempo stesso “banalizzante” e fatalista, in ultimo demotivante per il singolo individuo.
Bibliografia
Come principale riferimento bibliografico è stato utilizzato il supplemento di Recenti Progressi in Medicina interamente dedicato alla medicina di precisione www.forward.recentiprogressi.it, di cui si consiglia la lettura 1. Schork NJ. Personalized medicine. Time for one-person trials. Nature 2015; 520: 609-11. 2. De Braud F. Precisione, speranze, rischi e obiettivi possibili (intervista). www.forward.recentiprogressi.it 3. Pitt GS. Cardiovascular precision medicine: hope or hype ? Eur Heart Journal 2015; 36: 1842-43. 4. Jameson JL, Longo DL. Precision medicine-Personalized, problematic, and promising. NEJM 2015; 372: 2229-2234. 5. Perrone F. Le incognite di un viaggio nella conoscenza. www.forward.recenti.progressi.it 6. Bayer R, Galea S. Public health in the precision medicine era. New Engl J Med 2015; 373: 499-501. 7. Hunter DJ. Uncertainty in the Era of Precision Medicine. New Engl J Med 2016; 375: 711-13. 8. Trotta F, Traversa G. La ricerca di precisione tra ombrelli e cestini. www.forward.recentiprogressi.it 9. Biankin AV, et al. Patient-centred trials for the therapeutic development in precision oncology. Nature 2015; 526: 361-70. 10. Miernezami R. Preparing for Precision Medicine. New Engl J Med 2013; 366; 6: 489-91. 11. Parikh R, et al. Beyond Genes and Molecules - A Precision Delivery Initiative for Precision Medicine. New Engl J Med 2017; 376: 1609-12. 12. Ziegelstein RC. Personomics. JAMA Intern Med 2015; 175: 888-9.