Uso medico della cannabis: inquadramento normativo
Elisabetta De Bastiani Servizio Politiche del Farmaco e Assistenza farmaceutica
Premessa
La prescrizione di cannabis ad uso medico sul territorio nazionale è legale ormai da alcuni anni, grazie ad una serie di provvedimenti di deregolamentazione (box 1) con i quali il Ministero della Salute ha inteso mettere a disposizione dei cittadini un ulteriore strumento terapeutico per la terapia del dolore o di altre forme di disabilità fisica e mentale.
Solo di recente il Ministero della Salute, con il Decreto 9.11. 2015, più precisamente l’allegato tecnico, ha fornito una cornice normativa mirata a consentirne l’uso appropriato, ma soprattutto sicuro. Non ci troviamo infatti di fronte ad un medicinale di produzione industriale, come tale autorizzato all’immissione in commercio (AIC) e pertanto supportato da studi clinici, ma a preparazioni galeniche allestite in farmacia su prescrizione medica, in assenza di formulazioni di riferimento validate e dove le conoscenze sull’utilizzo dell’inflorescenza sono ancora scarse/poco diffuse presso i prescrittori (ma molto conosciute dai pazienti).
Il provvedimento sottolinea che l'uso medico della cannabis, almeno per il momento, non può essere considerato una terapia propriamente detta, bensì un trattamento sintomatico di supporto ai trattamenti standard nei casi di inefficacia della terapia o comparsa di effetti collaterali, e procrastina la definizione del profilo rischio/beneficio alla conduzione di ulteriori studi. Esso riporta quindi alcuni “impieghi” ove esistono maggiori conoscenze o l’uso è ormai consolidato, senza validarne l’utilizzo né limitarlo (non sono indicazioni terapeutiche autorizzate), ricordando che si tratta di un utilizzo off label:
analgesia in patologie che implicano spasticità associata a dolore (sclerosi multipla, lesioni del midollo spinale) resistente alle terapie convenzionali;
analgesia nel dolore cronico (con particolare riferimento al dolore neurogeno) in cui il trattamento con antinfiammatori non steroidei o con farmaci cortisonici o oppioidi si sia rivelato inefficace;
effetto anticinetosico ed antiemetico nella nausea e vomito, causati da chemioterapia, radioterapia, terapie per HIV, che non può essere ottenuto con trattamenti tradizionali;
effetto stimolante dell'appetito nella cachessia, anoressia, perdita dell'appetito in pazienti oncologici o affetti da AIDS e nell'anoressia nervosa, che non può essere ottenuto con trattamenti standard;
effetto ipotensivo nel glaucoma resistente alle terapie convenzionali;
riduzione dei movimenti involontari del corpo e facciali nella sindrome di Gilles de la Tourette, che non può essere ottenuta con trattamenti standard.
A fronte di dati che la comunità scientifica non ritiene ancora sufficienti e solidi per stabilire il ruolo terapeutico della cannabis, ossia il suo “place in therapy”, il Ministero ha quindi inteso raccogliere più informazioni possibili sul suo impiego per consentire alle autorità regolatorie (Agenzia Italiana del Farmaco) o alle istituzioni preposte (Istituto Superiore di Sanità) un’efficace attività di farmaco- e fitosorveglianza (box 2).
Poiché la prescrizione di cannabis è sottoposta alla normativa che regolamenta la prescrizione di medicinali galenici magistrali, all’impiego fuori indicazioni terapeutiche (legge 94/98 “Di Bella”) e alla normativa sui medicinali stupefacenti (DPR 309/90 - Tabella Medicinali - sez.B), essa può apparire gravata di numerose incombenze, sia per il prescrittore che per il preparatore. Tali incombenze, solo in apparenza burocratiche, contribuiscono all’obiettivo di salute di tracciarne l’utilizzo e consentire la sorveglianza (box 3).
Proprio in ragione di tali premesse, che sono alla base per riconoscere la fornitura dei medicinali a carico del Servizio Sanitario Nazionale (rimborsabilità), il trattamento non è incluso nei livelli essenziali di assistenza (LEA), ma è demandata alle Regioni la decisione di riconoscere gli ambiti di rimborsabilità. Con tale previsione si è creata pertanto una disparità di trattamento sul territorio nazionale (come avviene peraltro per altre forme di assistenza “aggiuntiva” ai LEA).
Provvedimenti Regionali
In Italia le Regioni/Province autonome che hanno emanato leggi sull’uso terapeutico dei cannabinoidi a carico dei relativi Servizi Sanitari (sia dei medicinali disponibili in commercio, come i cannabinoidi sintetici e il Sativex®, che delle preparazioni galeniche magistrali) sono 13: Campania, Lazio, Puglia, Toscana, Liguria, Veneto, Marche, Sicilia, Umbria, Emilia Romagna, Abruzzo e Basilicata e la Provincia Autonoma di Trento.
Le leggi, per essere applicabili, prevedono l’ulteriore emanazione di decreti attuativi e ad oggi non tutte le Regioni vi hanno provveduto. Alcune ad esempio hanno mutuato provvedimenti già approvati. Altre hanno invece aggiornato nel tempo la normativa, in particolare dopo l’entrata in vigore del Decreto 9.11. 2015. Altre ancora hanno disciplinato la materia avvalendosi di apposite commissioni/gruppi tecnici che hanno applicato la metodologia dell’Evidence Based Medicine.
Per l’individuazione delle indicazioni terapeutiche rimborsabili, la Toscana ad esempio si è avvalsa di un’apposita “commissione”. La Regione del Veneto ha istituito un apposito “gruppo tecnico” che inizialmente ha limitato gli ambiti di concedibilità (nel solo trattamento dei pazienti affetti da grave spasticità da lesioni midollari che non hanno risposto alle terapie raccomandate), per poi ampliarli grazie ad una revisione della letteratura (nel dolore neurogeno ed oncologico). La Provincia autonoma di Trento nel corso del 2016 ha approvato la concedibilità di cannabis ad uso medico con una deliberazione giuntale che, per quanto in ritardo rispetto ad altre Regioni, ha da subito regolamentato la rimborsabilità grazie alla rilevazione dei fabbisogni terapeutici e la valutazione di un apposito gruppo di lavoro.
I provvedimenti regionali, sia per quanto riguarda le indicazioni terapeutiche rimborsabili che le modalità erogative delle preparazioni galeniche, sono tra loro simili, ma non speculari.
Per quanto riguarda la rimborsabilità, alcune Regioni non hanno posto limitazioni, altre hanno fatto riferimento alle patologie richiamate nel Decreto 9.11.2015, altre sono state prudenti (vedi box 4).
Per quanto riguarda l’erogazione, la maggior parte prevede ad esempio di assicurare la concedibilità dell’inflorescenza in ambito ospedaliero e nella continuità ospedale-territorio, su Piano Terapeutico di specialisti dipendenti o accreditati individuati dalla Regione, consentendo al medico di medicina generale di proseguire la prescrizione su Piano Terapeutico specialistico. In alcune Regioni è ora riconosciuta anche la prescrizione su decisione terapeutica del medico di medicina generale.
Considerazioni
Nonostante la pubblicazione di numerosi studi, anche di buona qualità, ancora oggi la comunità scientifica ha pareri contrastanti (stigma?) sulla rilevanza terapeutica della cannabis. Le formulazioni impiegate negli studi (anche quelli che rispondono ai criteri EBM) sono tra loro difficilmente confrontabili (spray orali, estratti mono o pluricomponenti, capsule, fumo ecc.) e comunque diversi dai “prodotti vegetali”.
Per le formulazioni vegetali, quelle che le associazioni di malati chiedono di poter ottenere, non è possibile fornire indicazioni “certe” sul dosaggio in quanto, a causa delle notevoli differenze tra soggetto e soggetto nella risposta terapeutica, il dosaggio deve obbligatoriamente essere trovato per mezzo di una titolazione del farmaco sul paziente.
Nelle intenzioni del Ministero, il Gruppo di lavoro sul protocollo sperimentale per la produzione/coltivazione delle “infiorescenze” avrebbe dovuto pubblicare apposite “schede tecniche” con indicazione delle indicazioni terapeutiche e posologia, che ad oggi non sono ancora state realizzate. Rimaniamo pertanto in attesa che le attività formative nei confronti dei prescrittori e le informazioni sull’impiego dell’inflorescenza, anche quelle raccolte tramite le vie istituzionali, ne migliorino l’appropriatezza d’uso.