Gli inibitori della pompa protonica (PPI) sono in assoluto tra i farmaci più prescritti in Italia, con una spesa SSN territoriale di 849 milioni circa di euro (rapporto Osmed 2008) e nel mondo (con una spesa complessiva stimata relativamente al 2006 di 24 miliardi di dollari). Sebbene questi farmaci siano in generale considerati sicuri e ne sia stato approvato l'utilizzo a lungo termine, sono stati sollevati alcuni dubbi sulla loro sicurezza quando vengono utilizzati per lunghi periodi di tempo. Negli ultimi anni, potenziali eventi avversi come un aumentato rischio di infezioni respiratorie, infezioni da Clostridium difficile, e più recentemente fratture, sono stati identificati come associati all'uso a lungo termine dei PPI. Il rischio di sovrautilizzo e/o di utilizzo inappropriato rappresenta una criticità importante per questi farmaci. In effetti, sono molti gli studi che hanno evidenziato un utilizzo eccessivo di questi farmaci sia in pazienti ricoverati che a livello territoriale. E' stato dimostrato che il 50-60% circa delle prescrizioni in pazienti ospedalizzati non è appropriato. Effetti indesiderati dei PPI I PPI generalmente causano pochi effetti indesiderati (i più comuni sono mal di testa, nausea, dolori addominali, costipazione, flatulenza e diarrea), in genere di lieve entità, autolimitanti e non correlati al dosaggio o all'età. Tuttavia, recentemente, si è cominciato a porre maggior attenzione ai rischi connessi all'utilizzo a lungo termine di questi farmaci e sono numerosi gli studi in cui sono stati analizzati i possibili rischi connessi all'utilizzo prolungato dei PPI. Carenza di Vitamina B12 La vitamina B12 normalmente è ingerita sotto forma di complesso proteico; l'acidità gastrica condiziona la liberazione della vitamina permettendo il legame con la proteina R. Nel duodeno il complesso viene scisso dagli enzimi pancreatici e la vitamina libera si lega al fattore intrinseco e viene poi assorbita nell'intestino tenue. Le evidenze attualmente disponibili sull'associazione tra utilizzo di PPI e carenza di vitamina B12 derivano pressoché totalmente da case reports e studi non randomizzati retrospettivi di piccole dimensioni. Si tratta peraltro di dati non univoci e, dove l'uso a lungo termine di PPI si è associato a una carenza della vitamina, questa è stata di modesta entità e non si è associata a manifestazioni cliniche. In attesa che studi randomizzati di grandi dimensioni dimostrino con certezza che l'assunzione a lungo termine dei PPI si associa ad una riduzione dei livelli di vitamina B12 clinicamente significativa, il monitoraggio dei livelli della vitamina non è raccomandato. Carenza di Ferro Il ferro è presente nella dieta in forma eme e non eme. L'assorbimento del ferro non eme aumenta notevolmente con l'acidità gastrica. Molti studi hanno evidenziato che una diminuita secrezione acida gastrica, specialmente se prolungata, può determinare un malassorbimento di ferro clinicamente significativo. Un ridotto assorbimento della forma non eme è stato riportato nei pazienti con acloridria e in diverse condizioni associate a iposecrezione acida (es. resezione gastrica, gastrite atrofica, secondaria a vagotomia). In uno studio condotto su 109 pazienti con sindrome di Zollinger-Ellison trattati continuativamente per 6 anni con omeprazolo o per 10 anni con altri inibitori della secrezione acida gastrica, non è comparsa alcuna riduzione delle riserve di ferro endogene o carenza di ferro. Di conseguenza, la carenza di ferro secondaria sembra essere più un rischio teorico e il monitoraggio dei livelli di ferro non è necessario. Tuttavia, va sottolineato che la sindrome di Zollinger-Ellison è una condizione rara e questi risultati non possono essere trasferiti a tutti gli utilizzatori di PPI. Sono necessari ulteriori studi sulla sicurezza a lungo termine dei PPI per indicazioni più comuni, come la malattia da reflusso gastroesofageo. Carenza di calcio e rischio di osteoporosi La solubilità del calcio è importante per l'assorbimento e l'ambiente acido del tratto gastrointestinale facilita il rilascio di calcio ionizzato dai sali insolubili. Una significativa ipocloridria potrebbe teoricamente causare un malassorbimento di calcio, soprattutto negli anziani. Studi condotti nell'animale e nell'uomo hanno evidenziato che la terapia con PPI potrebbe ridurre l'assorbimento di calcio e la densità ossea. D'altra parte i PPI potrebbero ridurre il riassorbimento osseo per inibizione enzimatica. Sono diversi gli studi che hanno valutato i risultati di questi effetti contrastanti. In uno studio randomizzato, controllato, in doppio cieco, crossover, condotto in donne con più di 65 anni, una settimana di terapia con 20 mg/die di omeprazolo ha ridotto in modo significativo l'assorbimento di calcio. In un altro studio caso-controllo, di grandi dimensioni, condotto in Danimarca, la terapia con PPI nell'anno precedente è stata associata ad un aumentato rischio di fratture (OR per frattura d'anca 1,45) rispetto agli H2-antagonisti (OR 0,69). Anche in un altro studio - caso controllo - ben disegnato si è evidenziato un aumentato rischio di fratture d'anca nei pazienti trattati con PPI per più di 1 anno (OR aggiustata 1,44), soprattutto dove la posologia prescritta prevedeva più di una somministrazione giornaliera. Il rischio era significativamente aumentato nei pazienti trattati a lungo termine con dosaggi elevati (OR aggiustata 2,65; P<0,001). Non ci sono evidenze sufficienti per raccomandare il monitoraggio di tutti i pazienti in terapia a lungo termine, perché gli studi a supporto dell'associazione tra terapia con PPI e mancanza di calcio hanno il limite di essere retrospettivi, e l'unico studio prospettico è durato 1 settimana. Sulla base delle evidenze attualmente disponibili, non può essere raccomandato il monitoraggio dei pazienti in terapia a lungo termine con PPI per valutare se è presente osteoporosi. Rischio di infezioni L'acidità gastrica costituisce una importante difesa nei confronti dei patogeni ingeriti e l'aumento del pH gastrico oltre i valori normali sembra favorire la colonizzazione del tratto gastrointestinale superiore, normalmente sterile. I PPI e gli anti-H2 aumentano il pH gastrico e sembrano avere, inoltre, un'influenza sui leucociti. Questi fattori sembrano contribuire all'aumento segnalato del rischio di infezioni del tratto respiratorio ed enterico, inclusa la diarrea da Clostridium difficile, nei pazienti trattati con questi farmaci. Infezioni da Clostridium difficile Recenti studi suggeriscono che sia l'incidenza che la gravità delle diarree da C. difficile nei pazienti ospedalizzati sono in aumento. L'ipotesi che la diminuzione dell'acidità potrebbe essere rilevante per l'acquisizione dell'infezione è biologicamente plausibile, perchè, sebbene le spore siano piuttosto resistenti all'acidità, le forme vegetative sono molto sensibili. D'altra parte, poiché si ritiene che la modalità principale di trasmissione di C. difficile coinvolga le spore, che sono acido resistenti, la plausibilità biologica di un aumento del rischio di diarrea da C. difficile associato alla terapia con inibitori della secrezione acida gastrica è stata messa in discussione. Nelle cavie è stato dimostrato che il 75% delle spore ingerite si trasforma nello stato vegetativo entro 1 ora dall'ingestione, quando hanno già raggiunto l'intestino tenue. È possibile che nell'uomo, se il passaggio di C. difficile alla forma vegetativa avviene mentre le spore sono ancora nello stomaco, la sopravvivenza sia favorita da un elevato pH gastrico. Sono possibili anche altri meccanismi, alcuni mediati dall'effetto diretto della gastrina sulla mucosa, altri sulla funzione immunitaria. I primi studi hanno dimostrato una scarsa correlazione tra le infezioni da C. difficile e l'inibizione della secrezione acida gastrica. In uno studio retrospettivo (126 pazienti) è risultata un'associazione unicamente con l'utilizzo di antibiotici (P=0,0004), nutrizione enterale (P<0,0005) e ipoalbuminemia (P=0,01). Analogamente, in un altro studio è risultata una OR di 0,92 di infezione da C. difficile nei pazienti trattati con PPI. Studi recenti hanno suggerito un'associazione tra C. difficile e terapia con PPI. L'ipocloridria, più comune negli anziani, può contribuire all'elevata incidenza di C. difficile in questo tipo di pazienti. Inoltre, il fatto di bypassare la barriera acida gastrica è compatibile con il riscontro che la nutrizione enterale postpilorica si associa a diarrea da C. difficile con una OR di 11,4 (95% IC 1,3-103,7), mentre la nutrizione prepilorica con una OR di 3,5 (95% IC 0,19-66,5). In uno studio caso-controllo di grandi dimensioni, l'OR aggiustata per la diarrea da C. difficile è stata di 2,9 durante il trattamento con PPI e una recente revisione sistematica ha concluso che la terapia antisecretiva si associa ad un aumento del rischio di infezione (OR cumulativa 1,94; 95% IC 1,37-2,75; OR per PPI: 1,96, 95% IC 1,28-3,00 e OR per gli anti-H2 1,40, 95% IC 0,85-2,29). Altre infezioni enteriche L'attività battericida della barriera gastrica sembra dipendere principalmente dal basso pH. Si è suggerito che una prolungata ipocloridria secondaria ad inibizione dell'acidità gastrica rappresenti un fattore di rischio per infezioni gastrointestinali gravi. Dati recenti relativi alla popolazione pediatrica hanno indicato un aumento del rischio di gastroenterite acuta (OR 3,58; 95% IC 1,87-6,86) e polmonite (OR 6,39; 95% IC 1,38-29,70) con l'utilizzo di farmaci che inibiscono la secrezione acida gastrica. Una revisione sistematica ha evidenziato un aumento del rischio di enteriti nei pazienti trattati con inibitori della secrezione acida (OR 2,55, 95% IC 1,53-4,26). Il rischio era maggiore con i PPI, rispetto agli anti-H2. Polmonite Nelle unità di terapia intensiva si ricorre spesso alla soppressione della secrezione acida gastrica con antagonisti H2 e PPI come profilassi delle ulcere da stress. Ci si è sempre preoccupati che questo potesse comportare un aumentato rischio d'infezioni del tratto respiratorio, come la polmonite, soprattutto nei pazienti con ventilazione assistita. Vari studi hanno confermato l'associazione tra soppressione acida e polmonite, specialmente in pazienti critici. La profilassi delle ulcere da stress è stata recentemente messa in discussione, in quanto i dati disponibili avrebbero evidenziato che l'uso di inibitori della secrezione acida non riduce il rischio di sanguinamento nei pazienti chirurgici ad alto rischio a fronte invece di un aumento del rischio di infezioni polmonari. Alcuni studi hanno evidenziato un aumento del rischio di diversi tipi di infezioni con la terapia a lungo termine con PPI. Tuttavia, i risultati devono essere interpretati con cautela perché si tratta di studi retrospettivi e di piccole dimensioni. Sebbene si sia ipotizzato che la soppressione della secrezione acida gastrica sia responsabile dell'aumentato rischio di infezioni, non va dimenticato che nessun PPI mantiene veramente il pH gastrico > 4 per 24 ore, infatti tutti i PPI in commercio somministrati una volta al giorno mantengono il pH gastrico > 4 per 9-15 ore. Finché non saranno disponibili studi prospettici di grandi dimensioni, il rischio di infezioni di vario genere, in particolare da C. difficile ed altre enteriti, di polmoniti associato all'uso a lungo termine di PPI non può essere stabilito con certezza. Polipi del fondo gastrico e cancro allo stomaco I polipi del fondo gastrico sono la forma più comune di poliposi gastrica. Hanno una prevalenza che può arrivare all'1,9% nella popolazione generale e all'84% nei pazienti con poliposi adenomatosa familiare. Sono lesioni benigne; al massimo può essere riscontrato un basso grado di displasia (neoplasia intraepiteliale). Tuttavia, nei soggetti con poliposi adenomatosa familiare, sono stati segnalati casi di polipi del fondo gastrico con displasia grave e che hanno dato origine ad adenocarcinomi gastrici. La potenziale associazione tra poliposi del fondo gastrico e uso dei PPI è da lungo tempo oggetto di dibattito. Nel 1992 sono stati segnalati 3 casi di poliposi del fondo gastrico sviluppatisi dopo 1 anno di terapia con PPI. Successivamente, da uno studio caso-controllo su pazienti con adenopoliposi familiare è risultato che l'uso di PPI si associa ad un aumentato rischio di displasia dei polipi del fondo gastrico. Gli autori hanno concluso che nei pazienti in trattamento con PPI a lungo termine va monitorato di routine l'eventuale sviluppo di polipi mediante gastroscopia. Da un altro studio caso-controllo su 599 pazienti è emerso che i pazienti trattati per lunghi periodi (> 1 anno) con PPI hanno un rischio più alto di sviluppare polipi del fondo gastrico (OR 2,2; 95% IC 1,3-3,8) rispetto ai pazienti che li assumono per brevi periodi (OR 1,0; 95% IC 0,5-1,8). Lo sviluppo di displasia nei polipi del fondo gastrico durante il trattamento con PPI è un'evenienza rara, nonostante il riscontro di polipi sia frequente. Una soppressione consistente dell'acidità gastrica porta a un'ipergastrinemia in quasi tutti i pazienti. Nei ratti, una prolungata ipergastrinemia come risultato di una soppressione dell'acidità gastrica porta a un'iperplasia delle cellule enterocromaffini, da cui può originare un carcinoide gastrico; questo effetto, però non è mai stato documentato in altre specie. Nell'uomo un'iperplasia diffusa, lineare o micronodulare delle cellule enterocromaffini è stata osservata nel 10-30% degli utilizzatori cronici di PPI. Questo riscontro è più frequente nei pazienti H. pylori positivi con un marcato aumento dei livelli di gastrina. Nei pazienti in terapia a lungo termine con PPI, non sono mai stati descritti displasia o carcinoma invasivo e il trattamento per lunghi periodi non costituisce un'indicazione per il monitoraggio di questi pazienti. Più recentemente l'interesse si è spostato sui PPI e i cambiamenti associati alla gastrite piuttosto che sull'ipergastrinemia. Dove la secrezione acida è intatta, l'H. pylori colonizza prevalentemente l'antro gastrico; la colonizzazione è associata a gastrite prevalentemente antrale. L'infiammazione della mucosa antrale stimola la secrezione di gastrina che mantiene la produzione acida a livelli normali/elevati, mantenendo l'omeostasi. Nei soggetti in cui la produzione acida per qualsiasi causa, incluso l'uso di PPI, è ridotta, l'H. pylori colonizza anche il corpo gastrico portando ad una gastrite prevalente del corpo dello stomaco. L'infiammazione della mucosa del corpo compromette ulteriormente la secrezione di acido. La compromissione della funzionalità delle cellule parietali che si associa alla gastrite del corpo aumenta l'azione acido-soppressiva dei PPI. Molti studi hanno evidenziato che una soppressione spinta della secrezione acida si può associare ad una crescita eccessiva di batteri diversi dall'Helicobacter nello stomaco. La crescita batterica è stata associata ad una maggior gravità della gastrite e ad un aumento dei livelli delle citochine. L'importanza clinica di questo dato resta da valutare; in particolare non è noto se la sovracrescita batterica negli utilizzatori di PPI è una conseguenza della gastrite atrofica o è un fattore eziologico favorente. Le conseguenze a lungo termine, in particolare relativamente al rischio di sviluppare cancro gastrico richiedono ulteriori studi, di potenza e durata adeguati. Da un'analisi del database di medicina di base Olandese, che contiene la cartella clinica informatica di oltre 500.000 pazienti, emerge che su 27.328 pazienti con almeno 1 prescrizione di PPI, in 8 anni di follow up 45 hanno sviluppato un cancro gastrico rispetto ai 22 casi su 358.000 soggetti che non hanno usato PPI e sono stati seguiti per almeno 1 anno. La terapia con PPI influenza lo sviluppo e la gravità della gastrite da H. pylori e accelera la perdita delle ghiandole del corpo dello stomaco. Attualmente non ci sono evidenze che suggeriscono che questo aumenti il rischio di cancro gastrico; ci sono comunque dati limitati che una gastrite persistente del corpo gastrico con atrofia sia un fattore di rischio per lo sviluppo di cancro gastrico. L'eradicazione di H. pylori può parzialmente prevenire o far regredire questo effetto senza compromettere il trattamento della malattia da reflusso. Per questa ragione il gruppo di consenso di Maastricht nel 2005 ha indicato di prendere in considerazione l'eradicazione dell'H. pylorinei pazienti che richiedono una terapia a lungo termine con PPI. Cancro del colon L'ipocloridria porta ad un aumento della secrezione di gastrina dall'antro gastrico. La gastrina ha un effetto trofico sul tessuto dell'intero tratto gastrointestinale. Elevati livelli di gastrina si associano alla crescita e proliferazione delle cellule di carcinoma del colon in coltura. Nei pazienti con ipergastrinemia secondaria a sindrome di Zollinger-Ellison è stata dimostrata un'iperplasia della mucosa rettale. I pochi dati disponibili sulla associazione tra trattamento prolungato con PPI e carcinoma del colon provengono da 3 studi caso-controllo, uno dei quali ha riguardato 457.000 pazienti che assumevano PPI. In base ai risultati non emerge alcun aumento del rischio di sviluppare un cancro del colon nei pazienti che fanno uso di questi farmaci, né sulla frequenza, crescita o grado istologico dei polipi adenomatosi. Di fatto, nonostante esistano presupposti teorici e dati in vitro che suggeriscono la possibilità che elevati livelli di gastrina si associno ad un aumento del rischio di carcinoma del colon retto, non si è evidenziato un aumento clinicamente significativo del rischio di cancro né un effetto sul numero o la dimensione dei polipi. Conclusioni I PPI sono farmaci molto efficaci e hanno rivoluzionato l'approccio alla terapia dei disordini legati all'acidità gastrica negli ultimi 2 decenni. L'uso cronico dei PPI sembra avere un elevato margine di sicurezza, ma sono stati sollevati dubbi su possibili rischi legati ad un loro utilizzo a lungo termine. Sebbene parecchi studi abbiano indagato il potenziale effetto della terapia con PPI sull'assorbimento della vitamina B12, non può essere stabilita un'associazione certa e ad oggi il monitoraggio dei livelli di vitamina B12 nei pazienti in terapia a lungo termine con PPI non può essere raccomandato. Nonostante le considerazioni teoriche, ci sono relativamente pochi dati sull'associazione tra carenza di ferro e trattamento con PPI. Non ci sono evidenze che l'uso di PPI nelle normali condizioni cliniche porti a carenza di ferro e il monitoraggio dei livelli di ferro non è raccomandato. Tuttavia, particolare attenzione dovrebbe essere posta alla prescrizione di PPI in pazienti già sideropenici e in questi casi dovrebbe essere considerata una adeguata supplementazione. Gli studi che hanno esaminato gli effetti del trattamento con PPI sull'assorbimento del calcio hanno parecchi limiti, incluso l'utilizzo di metodi indiretti per valutare l'assorbimento del calcio e la presenza di condizioni che possono influenzarne il metabolismo, come l'insufficienza renale. Allo stesso modo, l'associazione tra terapia a lungo termine con PPI e aumentato rischio di fratture è scarsamente documentata. Come tutti gli altri farmaci, anche i PPI dovrebbero essere utilizzati per indicazioni e in dosi appropriate. Pertanto non è possibile al momento raccomandare di interrompere la terapia a causa di potenziali rischi di osteoporosi quando questa è appropriata. Una recente revisione sistematica sui farmaci che inibiscono la secrezione gastrica ha evidenziato un aumentato rischio d'infezioni enteriche, anche da Clostridium difficile. Tuttavia, gli studi sono stati condotti per lo più su pazienti ospedalizzati e una scelta non adeguata dei controlli potrebbe aver contribuito alla discrepanza dei risultati. L'utilizzo di questi farmaci dovrebbe essere sempre valutato con cautela, specialmente nei pazienti ospedalizzati. Per l'aumentato uso dei PPI, l'invecchiamento della popolazione, la preoccupante crescita di patogeni multiresistenti, la ricerca continua in questo settore è fondamentale. Analogamente, l'aumento teorico del rischio di tumore gastrico o del colon associato all'utilizzo a lungo termine di PPI non ha trovato conferma negli studi randomizzati prospettici e sono necessari ulteriori studi per stabilire con certezza se esiste o meno un'associazione. Fino ad allora, non si può ritenere che i PPI si associno ad un incremento del rischio di tumori maligni. Comunque è necessario minimizzare l'utilizzo non necessario e inappropriato di questi farmaci per ridurre i potenziali rischi associati e i costi sanitari. Tradotto ed adattato da :Ali T et al. Long-term safety concerns with Proton Pump Inhibitors. Am J Medicine2009; 122:896-903. Informazioni sui Farmaci, Anno 2009, n. 5 |