Il contesto
Diabete di tipo 2 e malattia renale cronica spesso coesistono, aumentando in modo indipendente l'uno dall'altra il rischio di eventi cardiovascolari e di insufficienza renale terminale1. Il trattamento intensivo dei fattori di rischio convenzionali come l'ipertensione arteriosa e l'ipercolesterolemia è in grado di ridurre le complicanze cardiovascolari fatali e non fatali e di rallentare la progressione dell'insufficienza renale2-4.
Alcuni studi osservazionali avevano indicato come l'anemia potesse essa stessa rappresentare un ulteriore fattore di rischio, risultando bassi livelli di emoglobina associati ad una maggiore incidenza di eventi cardiovascolari e renali, soprattutto nei pazienti diabetici5-7. L'anemia in corso di malattia renale cronica è dovuta, in larga parte, alla ridotta produzione renale di eritropoietina e alle anormalità dell'omeostasi del volume extracellulare.
Sinora non era noto, però, se stimolando l'eritropoiesi e aumentando i livelli di emoglobina si potesse ridurre tale rischio. Oggi si può affermare che il trattamento con eritropietine è più dannoso che utile: uno studio controllato, randomizzato, in doppio cieco, di ampie dimensioni, condotto su pazienti diabetici con insufficienza renale e anemia ha infatti dimostrato che l'uso di darbepoetina aumenta significativamente il rischio di ictus.
Lo studio
Lo studio controllato, randomizzato, in doppio cieco, sponsorizzato dalla Amgen, è stato condotto in 24 paesi (tra cui l'Italia) e denominato TREAT (Trial to Reduce Cardiovascular Events with Aranesp Therapy). E' stato pubblicato sul numero 21 del New England Journal of Medicine del 19 novembre: 4.038 pazienti diabetici (da circa 15 anni) di età compresa tra 60 e 75 anni, con insufficienza renale (GFR 20-40 ml/min/1,73m2, mediana 33-34) e anemia moderata (emoglobina 11 g/dl) sono stati randomizzati a darbepoietina alfa (n=2.012) per raggiungere una emoglobina target di 13 g/dl o a placebo (n=2.026) con un impiego rescue di darbepoietina in presenza di livelli di emoglobina inferiori a 9 g/dl8.
Al momento dell'arruolamento, il 57% circa dei pazienti risultava in trattamento con un ipoglicemizzante orale, il 49% con insulina; l'80% assumeva un farmaco interagente sul sistema renina-angiotensina (ACE-inibitore o "sartano"), il 10% l'ACE-inibitore e il "sartano" insieme; il 49% dei pazienti prendeva un beta-bloccante, il 58% una statina; il 42% era in trattamento con aspirina a basse dosi o un altro antiaggregante piastrinico (6%), il 42% con ferro per via orale.
Le misure di esito principali erano rappresentate da due end points compositi, la morte per qualsiasi causa o la comparsa di un evento cardiovascolare (infarto miocardico non fatale, insufficienza cardiaca congestizia, ictus, ospedalizzazione per ischemia miocardica), e la morte o l'insufficienza renale terminale (vedi Tabella). Lo studio ha avuto un follow up di circa 2 anni e mezzo (mediana 29,1 mesi).
Le evidenze
Nel gruppo darbepoietina alfa, 632 pazienti sono morti o hanno avuto un evento cardiovascolare contro 602 pazienti del gruppo placebo (HR 1,05 con 95% IC 0,94-1,17; p=0,41). I decessi o i casi di insufficienza renale terminale sono stati 652 nei pazienti trattati con darbepoietina e 618 nei pazienti trattati con placebo (HR 1,06 con 95% IC 0,95-1,19; p=0,29).
101 pazienti trattati con darbepoietina hanno avuto un ictus fatale o non fatale contro 53 assegnati al placebo (HR 1,92 con 95% IC 1,38-2,68; p<0,0001).
Emotrasfusioni si sono rese necessarie in 297 pazienti del gruppo darbepoietina e in 496 pazienti del gruppo placebo. Nei pazienti trattati con darbepoietina si è osservato solo un leggero miglioramento dell'affaticamento rispetto a quelli trattati con placebo.
Conclusioni
Nei pazienti diabetici con malattia cronica renale e anemia moderata non dializzati, l'uso di darbepoietina alfa non riduce nessuno dei due end point primari (morte, evento cardiovascolare o renale) ed è associato ad aumentato rischio di ictus. Questo rischio annulla tutti i possibili benefici del trattamento.
Bibliografia 1. Booth GL et al. relation between age and cardiovascular disease in men and women with diabetes compared with non-diabetic people: a population-based retrospective cohort study. Lancet 2006; 368:29-36. 2. Turnbull F et al. Effects of different blood pressure-lowering regiments on major cardiovascular events in individuals with and without diabetes mellitus: results of prospectively designed overviews of randomized trials. Arch Intern Med 2005; 165:1410-9. 3. Baigent c ET AL. Efficacy and safety of cholesterol-lowering treatment: prospective meta-analysis of data from 90,056 participants in 14 randomized trials of statins. Lancet 2005; 366:1267-78. 4. Gaede P et al. Effect of a multifactorial intervention on mortality in type 2 diabetes. N Engl J Med 2008;358:580-91. 5. Vlagopoulos PT et al. Anemia as a risk factor for cardiovascular disease and all-cause mortality in diabetes: the impact of chronic kidney disease. J Am Soc Nephrol 2005; 16:3403-10. 6. Tong PCY et al. Hematocrit, independent of chronic kidney disease, predicts adverse cardiovascular outcomes in Chinese patients with type 2 diabetes. Diabetes Care 2006; 29:2439-44. 7. Keane WF et al. The risk of developing end-stage renal disease in patients with type 2 diabetes and nephropathy: the RENAAL study. Kidney Int 2003; 63:1499-507. 8. Pfeffer Ma et al for the TREAT Investigators. A trial of darbepoietina alfa type 2 diabetes and chronic kidney disease. N.England J Med 2009; 361: 2019-32