In un contesto di norme e di evidenze, di vincoli di legge e libertà prescrittiva, di diritto alla gratuità delle prestazioni e di attenzione ai costi, vengono presentati alcuni "casi" emblematici dei problemi che si possono incrociare nella pratica medica, esemplificativi di un quotidiano che nel nostro paese offre spunti di riflessione e solleva domande in attesa di risposte. I casi riguardano l'impiego profilattico delle eparine a basso peso molecolare in gravidanza, una condizione di per sé amplificatrice di atteggiamenti "difensivistici" da parte del medico di medicina generale, sia in termini clinici che economici.
Le evidenze esistono, le norme sono poco chiare
Caso A
La paziente ha 29 anni, è incinta e ha una storia di embolia polmonare. Il ginecologo che la segue, su indicazione del Centro Trombosi dell'ospedale locale, sospende l'anticoagulante orale che sta assumendo e le prescrive un trattamento profilattico con Fragmin 5.000 UI/die per tutta la gravidanza e il puerperio. La paziente si rivolge al proprio medico curante per la trascrizione dell'eparina sul ricettario del SSN che le consentirà di ritirare il farmaco in farmacia.
Cominciano le peripezie. Il medico di base:
"avendo delle perplessità non tanto sulla necessità di somministrare l'eparina a basso peso molecolare ad una paziente gravida a così alto rischio quanto sulla compatibilità che tale terapia preventiva così prolungata sia in regola con quanto previsto dal foglietto illustrativo del farmaco e quindi autorizzata dal Ministero della Salute"
contatta il Centro Trombosi spiegando che
"taletrattamentopreventivodeve essere considerato "off label" e che per avere il farmaco con il SSN si devono attivare le procedure previste dal Provvedimento CUF del luglio 2000 GU n. 32 del 4/10/2000". Il medico del Centro Trombosi che ha prescritto il Fragmin spiega per quali ragioni il trattamento non debba essere considerato "off label": A proposito della signora…. le confermo quanto detto per telefono. Le eparine a basso peso molecolare (dalteparina, nadroparina in particolare, così come le altre eparine a basso peso molecolare) sono utilizzabili in gravidanza per la prevenzione di TVP ed embolia polmonare in pazienti ad alto rischio di recidiva per pregresso episodio tromboembolico venoso. Pertanto non dovrebbe rientrare nelle indicazioni "off label": la gravidanza è situazione nota per quadruplicare il rischio tromboembolico a maggior ragione in pazienti che hanno già avuto un evento.
Le linee-guida SISET in Ostetricia e Ginecologia dicono che le eparine a basso peso molecolare non attraversano la placenta e sono pertanto sicure per il feto. Nel Manuale "Farmaci e Gravidanza" edito dall'AIFA nel 2005, consultabile online, si afferma le eparine a basso peso molecolare non attraversano la placenta, perché il loro peso si aggira tra i 4.200-4.500 daltons. Esiste anche una meta-analisi sulla sicurezza delle eparine a basso peso molecolare in gravidanza che mostra un profilo paragonabile alle donne che non la assumono. Spero che questo chiarimento la rassicuri e le permetta di prescrivere alla paziente l'eparina come da programma. Rimango a sua disposizione per eventuali ulteriori chiarimenti". Il medico di base, non convinto, si rivolge al Dipartimento Servizi Farmaceutici della propria ASL per chiedere lumi:
"In considerazione della delicatezza del problema e delle condizioni cliniche della paziente vorrei un suo cortese e sollecito parere in merito ai seguenti quesiti: • in questo caso è possibile prescrivere eparina a basso peso molecolare per così tanto tempo?
• tale trattamento preventivo è compatibile con quanto autorizzato dal Ministero della Salute ed inserito nella scheda tecnica del farmaco?" IlDipartimento Farmaceutico gli risponde a stretto giro di mail allegando le schede tecniche delle varie eparine a basso peso molecolare, interessando nel contempo anche il Dipartimento Cure Primarie della ASL:
"Le eparine a basso peso molecolare hanno indicazioni in scheda tecnica difformi a seconda della specialità. Alcune di esse possono essere somministrate in caso di generico rischio TVP (come il caso da Lei rappresentato) anche se, a seconda dei casi, sono richieste particolari cautele in gravidanza. Le riporto gli estratti da schede tecniche per queste eparine con le eventuali avvertenze in caso di gravidanza".
Zoltar
Indicazioni: Profilassi della trombosi venosa profonda (TVP) in chirurgia generale ed ortopedica e nei pazienti a rischio maggiore di TVP. Controindicazioni: Generalmente controindicato in gravidanza e nell'allattamento.
Fluxum
Indicazioni: Profilassi della trombosi venosa profonda (TVP) in chirurgia generale ed ortopedica e nei pazienti a rischio maggiore di TVP. Controindicazioni: Generalmente controindicato in gravidanza e nell'allattamento (vedere anche paragrafo "Gravidanza e allattamento")..... Gravidanza e allattamento: Gli studi nell'animale non hanno evidenziato alcuna attività teratogena o embriotossica, tuttavia non vi sono dati conclusivi sul passaggio della barriera placentare e sull'escrezione nel latte materno. Pertanto non essendo escluso il rischio di effetti dannosi a carico del feto e/o del lattante a seguito di assunzione/somministrazione di parnaparina, l'uso di Fluxum in gravidanza e/o nell'allattamento è da riservare, a giudizio del medico, ai casi di assoluta necessità
Clivarina
Indicazioni: Profilassi della trombosi venosa profonda (TVP) in chirurgia generale e ortopedica e nei pazienti a rischio maggiore di TVP. Controindicazioni: Controindicata in gravidanza e nell'allattamento (vedere anche paragrafo "Gravidanza e allattamento"). Gravidanza e allattamento: Gli studi nell'animale non hanno evidenziato alcuna attività teratogena o fetotossica. Allo stato attuale, la casistica clinica trattata in gravidanza, di cui si conosca l'evoluzione, è ancora limitata. Non vi sono dati conclusivi sul passaggio della barriera placentare e l'escrezione nel latte materno di reviparina sodica. Per misura precauzionale, l'uso del prodotto in gravidanza o durante l'allattamento risulta sconsigliato. "Inoltre altre eparine appaiono in indicazione per pazienti a rischi maggiori di TVP a condizione che vi siano in concomitanza altre condizioni (ad es. paziente allettato)".
Arixtra 1,5
Prevenzione degli Episodi Tromboembolici Venosi (TEV) in pazienti di pertinenza medica considerati ad alto rischio di TEV e che sono immobilizzati a causa di una patologia acuta quale insufficienza cardiaca e/o disturbi respiratori acuti e/o infezioni o patologie infiammatorie acute. Non esistono dati sufficienti provenienti dall'uso di fondaparinux in gravidanza. Gli studi sull'animale sono insufficienti per quanto riguarda gli effetti su gravidanza, sviluppo embrionale/fetale, parto e sviluppo post-natale a causa dell'esposizione limitata. Fondaparinux non deve essere prescritto a donne gravide a meno che non sia strettamente necessario. Fondaparinux è escreto nel latte del ratto ma non è noto se fondaparinux venga escreto nel latte umano. L'allattamento al seno non è consigliato durante il trattamento con fondaparinux. L'assorbimento orale da parte del bambino è comunque improbabile.
Clexane
Profilassi della trombosi venosa profonda (TVP) in chirurgia generale, in chirurgia ortopedica ed in pazienti non chirurgici allettati e a rischio di TVP. Gli studi condotti nell'animale non hanno dimostrato proprietà embriotossiche o teratogene. Nella femmina di ratto gravida, il trasferimento al feto di enoxaparina sodica marcata con 35S attraverso la placenta è minimo. Nella donna non vi è evidenza che enoxaparina sodica attraversi la barriera placentare durante il secondo trimestre di gravidanza. Non vi sono informazioni disponibili sul primo e terzo trimestre. Per tali ragioni e poiché gli studi su animali non sono sempre predittivi della risposta umana, questo farmaco dovrebbe essere usato in gravidanza solo se il medico ne ha verificato l'effettiva necessità. "Pertanto la scelta va condotta solo tra le eparine a basso peso molecolare che presentano indicazione in caso di generica prevenzione delle TVP senza altre clausole, valutando però - dato lo stato gravidico della paziente - che sia un caso di assoluta necessità".
Il medico referente del Dipartimento Cure Primarie contatta a sua volta il medico del Centro Trombosi il quale, "per condividere una possibile soluzione", per posta elettronica gli invia una relazione sull'uso delle eparine a basso peso molecolare in gravidanza (che si riporta integralmente rappresentando una revisione puntuale dell'argomento sia dal punto di vista clinico che normativo) e le ragioni che l'hanno indotto a scegliere la dalteparina: "La gravidanza rappresenta una condizione di trombofilia acquisita, con aumentato rischio di eventi trombotici (trombosi venosa profonda e/o embolia polmonare). L'incidenza del tromboembolismo venoso (TEV) è stimata a 0,76-1,72 per 1.000 gravidanze, ciò che rappresenta dei valori 4 volte più alti rispetto al rischio tromboembolico nelle donne non incinte. Una metanalisi ha mostrato che circa 2 terzi delle trombosi venose profonde accadono nel periodo antepartum, con distribuzione relativamente uguale fra i tre trimestri della gravidanza1. Gli episodi di embolia polmonare accadono in proporzione di 43-60% nel puerperio (ibidem). L'aumento del rischio trombotico è molto più marcato durante la gravidanza e il puerperio nelle donne con trombofilia congenita e/o con precedenti eventi trombotici nell'anamnesi personale1,2,4,10. Le linee guida nazionali (SISET)4 ed internazionali (ACCP, 2008)5 raccomandano l'uso delle Eparine a Basso Peso Molecolare (EBPM) per la profilassi e per la terapia del tromboembolismo in gravidanza e puerperio, ritenute delle condizioni ad alto rischio trombotico.
Fra le indicazioni di impiego clinico della reviparina (Clivarin) e di parnaparina (Fluxum) viene specificata "la profilassi della trombosi venosa profonda TVP in chirurgia generale ed ortopedica e nei pazienti a rischio maggiore di TVP". Certamente, la gravidanza rappresenta una condizione di rischio trombotico, che aumenta quando la donna è affetta da una condizione di trombofilia congenita, alla quale si aggiunge la trombofilia acquisita passeggera indotta dalla gravidanza stessa. Le suddette EBPM sono però controindicate in gravidanza e allattamento, come chiaramente espresso dai relativi foglietti illustrativi del farmaco, registrati e approvati dal Ministero della Salute. Per l'esattezza, ecco quanto recitano le relative schede tecniche delle due eparine a basso peso molecolare sopra citate:
Fluxum (parnaparina) è generalmente controindicato in gravidanza e nell'allattamento. Gli studi nell'animale non hanno evidenziato alcuna attività teratogena o embritossica, tuttavia non vi sono dati conclusivi sul passaggio della barriera placentare e sull'escrezione nel latte materno. Pertanto, non essendo escluso il rischio di effetti dannosi a carico del feto e/o del lattante a seguito di assunzione/somministrazione di parnaparina, l'uso di Fluxum in gravidanza e/o allattamento è da riservare, a giudizio del medico, ai casi di assoluta necessità"17.
Clivarin (reviparina) "è controindicato nei bambini, in gravidanza e durante l'allattamento. Gli studi sugli animali non hanno evidenziato alcuna azione teratogena o fetotossica. Allo stato attuale, la casistica clinica trattata in gravidanza, di cui si conosca l'evoluzione, è ancora limitata. Non vi sono dati conclusivi sul passaggio della barriera placentare e l'escrezione nel latte materno di reviparina sodica. Per misura precauzionale, l'uso del prodotto in gravidanza o durante l'allattamento risulta sconsigliato"18.
Rifacendoci al principio secondo il quale qualsiasi somministrazione terapeutica durante la gravidanza e l'allattamento deve rispondere al concetto "primum non nocere", con riferimento sia alla salute della madre, sia alla salute ed integrità embrio-fetale o del lattante, nelle circostanze che rendono necessaria la somministrazione delle EBPM a scopo profilattico e terapeutico nelle donne incinte dovrebbero essere utilizzate le EBPM che non possiedono specifiche controindicazioni in proposito e che dispongono di prove di evidenza di efficacia e sicurezza clinica provenienti da studi clinici condotti in donne in stato di gravidanza. In questo senso, la dalteparina rappresenta la molecola in assoluto più studiata in gravidanza, insieme all'enoxaparina e alla tinzaparina, uniche molecole peraltro citate dalle linee guida internazionali pubblicate come ACCP nel 2008 su CHEST4,5. Alleghiamo la bibliografia specifica recente3,6-9,11-12, nonché le raccomandazioni delle linee guida SISET e ACCP4,5 .
Il foglietto illustrativo di Fragmin (dalteparina) riporta solo un generico invito alla prudenza nell'uso in gravidanza, e non un avvertimento deciso come nelle altre due molecole: "Nel caso di uso della dalteparina durante la gravidanza, la possibilità di danno fetale sembra minima. Tuttavia, poiché tale possibilità non può essere totalmente esclusa, la dalteparina deve essere usata durante la gravidanza soltanto se effettivamente necessario"16.
Un aspetto ulteriore per niente trascurabile è il fatto che le molecole di eparina a basso peso molecolare sono tutte diverse le une dalle altre, per peso molecolare, farmacocinetica e farmacodinamica: non è mai consigliata la sostituzione di una molecola con una diversa durante l'utilizzo, a causa della possibilità di reazioni immunitarie crociate anomale e indesiderate. Tale concetto viene specificato nelle schede tecniche di tutte le EBPM.
Un altro aspetto importante è legato alla fisiopatologia e la funzionalità renale durante la gravidanza, che impone l'utilizzo di farmaci con dimostrata sicurezza e tollerabilità clinica, senza rischio di variazioni pericolose della concentrazione sanguigna in funzione della variabilità del filtrato glomerulare GFR. Nello specifico il bioaccumulo con l'incremento dei valori plasmatici di inibitore del fattore Xa comporta il sovradosaggio con conseguente rischio emorragico. La dalteparina (Fragmin) dispone di dati clinici di sicurezza e tollerabilità anche in pazienti con funzione renale alterata13-15.
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Nel frattempo, in attesa che i vari interlocutori si mettano d'accordo e trovino una soluzione perché possa utilizzare il farmaco a carico del SSN, la paziente ha già iniziato il trattamento con la dalteparina acquistandola in farmacia di tasca propria.
Le osservazioni "documentate e condivisibili" del medico del Centro Trombosi vengono portate in sede di Comitato Etico locale dove viene discusso il caso. Da più componenti viene sottolineata la contraddittorietà di molte linee-guida. L'orientamento di alcuni clinici, condiviso dal rappresentante legale è che le evidenze scientifiche debbano superare la burocrazia della indicazione registrata e la via d'uscita per evitare che la paziente sostenga i costi del trattamento pare essere individuata nella erogazione del farmaco da parte dell'ospedale in file F (ndr: l'ospedale eroga il farmaco alla paziente e il costo viene fatturato alla ASL).
In realtà, a fronte di indicazioni equiparabili (tutte le eparine a basso peso molecolare prevedono l'impiego in pazienti a rischio maggiore di TVP), esiste effettivamente una difformità nelle avvertenze riguardanti l'uso in gravidanza. La controindicazione riportata da alcune schede tecniche riflette, di fatto, l'assenza di studi specifici. La dalteparina (insieme all'enoxaparina) è la molecola che dispone delle maggiori evidenze di efficacia e sicurezza in gravidanza. Lo scrupolo legittimo e motivato del medico curante ha ingenerato tutta una serie di coinvolgimenti a catena che hanno ritardato l'erogazione del farmaco alla paziente. Esistono, infatti, sia i presupposti clinici che le indicazioni registrate perché l'uso della dalteparina possa avvenire in ambito del SSN, con ricettazione da parte del medico di medicina generale.
Le evidenze mancano, ma l'uso "off label" è a carico del SSN
In un altro contesto geografico, per ragioni di risparmio, la ASL ha definito un iter che prevede la "distribuzione diretta" dei farmaci ad alto costo e/o destinati a trattamenti di lunga durata (le eparine a basso peso molecolare sono tra questi) da parte del Servizio di Farmacia. E' presso questa sede che il paziente, con la ricetta del medico di medicina generale e/o dello specialista, deve rivolgersi per ritirare gratuitamente il farmaco.
I due casi che seguono rappresentano l'incrocio nel quale, in assenza delle evidenze, l'organizzazione sanitaria messa in piedi per contenere i costi, di fatto finisce col finanziare un uso "off label" a carico del SSN. Ad oggi, non esistono infatti studi randomizzati, controllati, che abbiano dimostrato l'efficacia delle eparine a basso peso molecolare nella prevenzione della preeclampsia e dell'anidramnios, le due condizioni specifiche che riguardano i casi in questione. Le due storie sono stringate, essenziali, circoscritte a nome e cognome della paziente, anamnesi e diagnosi, tipo di eparina, dosaggio e durata del trattamento: tutto quanto compare nelle prescrizioni. Prescrizioni che talora, quando di provenienza specialistica, non contengono addirittura diagnosi né anamnesi. In questi frangenti, il medico di medicina generale, di fronte alle indicazioni dello specialista, non ha mostrato lo stesso scrupolo professionale e non si è preoccupato della congruità delle indicazioni terapeutiche.
Caso B
La paziente, 30enne, è incinta di 7 settimane. Nella precedente gravidanza ha presentato una gestosi ipertensiva con eclampsia. Il ginecologo le ha prescritto un trattamento con Clexane 4.000 UI/die sino al termine della gravidanza. La paziente si rivolge al proprio medico curante che trascrive la prescrizione sul ricettario personale; la paziente ritira gratuitamente il farmaco presso il Servizio di Farmacia del proprio distretto.
Caso C
La paziente ha 37 anni ed è alla 17a settimana di gravidanza. Nel referto specialistico si legge che la signora ha gruppo sanguigno A Rh negativo (il marito 0 Rh negativo) e l'anno precedente è stata sottoposta ad aborto terapeutico per anidramnios persistente. L'ecografia e l'amniocentesi non rilevano nulla di anormale. Le viene prescritto Clexane 4.000 UI/die sino al termine della gravidanza. La signora appartiene alla stessa ASL del caso precedente e segue la stessa modalità per l'approvvigionamento del farmaco.
Prevenzione della preeclampsia
La preeclampsia interessa il 5% circa delle donne gravide, generalmente quelle affette da ipertensione arteriosa o con patologie vascolari preesistenti (es. diabete), obesità o età avanzata. Le manifestazioni consistono in ipertensione con albuminuria o edema; le complicanze sono il parto pre-termine, il distacco placentare e la morte fetale. L'eclampsia rappresenta l'evenienza più grave culminante in crisi epilettiche: si sviluppa in una paziente preeclamptica su 200. Un'anamnesi positiva per preeclampsia aumenta il rischio di ipertensione e relative conseguenze nella successiva gravidanza1. Uno stretto monitoraggio clinico della paziente e l'aspirina a basse dosi in casi selezionati rappresentano attualmente la strategia di riferimento1. E' stata l'associazione rilevata tra preeclampsia e disfunzione endoteliale e piastrinica a far ipotizzare l'utilità di un trattamento antiaggregante piastrinico a scopo preventivo. Alcune revisioni sistematiche indicano che gli antiaggreganti piastrinici (in particolare l'aspirina a basse dosi) sono in grado di ridurre del 15%-20% il rischio relativo di preeclampsia2,3. Mediamente si devono trattare 68 donne per evitare un caso di eclampsia; 18 se sono ad alto rischio, 188 se a rischio moderato3. Il trattamento si traduce anche in una riduzione statisticamente significativa della incidenza di morte fetale e neonatale3. L'aspirina a basse dosi rappresenta attualmente il farmaco raccomandato dall'American College of Chest Physicians (ACCP) nelle donne considerate ad alto rischio di preeclampsia4.
L'effetto anti-apoptotico dell'eparina ha costituito, invece, il presupposto biologico per il suo impiego profilattico in questa condizione5. L'apoptosi dei trofoblasti viene ritenuto un evento chiave nell'insorgenza della preeclampsia. Tuttavia, ad oggi l'uso delle eparine a basso peso molecolare risulta poco e male documentato: i dati disponibili derivano pressoché totalmente da valutazioni retrospettive di piccole coorti di pazienti con trombofilia congenita e storia di preeclampsia, i cui limiti metodologici inficiano i risultati, peraltro contraddittori. Un primo studio osservazionale condotto su 58 donne con fattori di rischio tromboembolico non ha rilevato differenze nell'incidenza di preeclampsia tra il gruppo trattato con l'aspirina a basse dosi più eparina a basso peso molecolare e il gruppo trattato con la sola aspirina a basse dosi6. In un altro studio retrospettivo, le 31 pazienti trattate con l'associazione eparina a basso peso molecolare più aspirina a basse dosi hanno mostrato esiti clinici migliori in termini di peso neonatale alla nascita e di incidenza di preeclampsia rispetto alle 23 pazienti trattate con la sola aspirina7. Una analisi retrospettiva di 110 gravidanze di 43 donne con trombofilia congenita ha indicato una sostanziale equivalenza tra aspirina a basse dosi e dalteparina nella riduzione del rischio di preeclampsia e un effetto additivo dell'associazione8. L'unico studio randomizzato pubblicato ha valutato l'effetto delle eparine a basso peso molecolare sugli esiti della gravidanza in 80 donne senza fattori di rischio tromboembolico considerate a rischio di preeclampsia sulla base di una storia precedente e di un polimorfismo inserzione/delezione a carico del gene codificante per l'enzima di conversione dell'angiotensina (ACE) ritenuto un fattore favorente la comparsa di preeclampsia: 41 sono state assegnate al trattamento con dalteparina 5.000 UI/die, 39 al non trattamento (gruppo di controllo)9. Nelle pazienti trattate con dalteparina si è osservata una riduzione del 74% della incidenza di preeclampsia rispetto al gruppo di controllo, ma non è chiaro se l'effetto preventivo possa essere generalizzato a tutte le donne a più alto rischio di preeclampsia per la sola storia pregressa o per la presenza di altri fattori di rischio di tipo clinico.
Secondo le linee-guida dell'ACCP, nelle donne con una storia di preeclampsia non dovrebbero essere impiegate eparine a basso peso molecolare a scopo profilattico nelle successive gravidanze4.
Prevenzione delle complicazioni placentari
La mancanza di liquido amniotico (anidramnios) si configura come una situazione ad altissimo rischio di complicanze quali grave ritardo di crescita intrauterina, rottura prematura delle membrane, anomalie congenite del tratto urinario del feto. Quando l'anidramnios insorge molto precocemente in gravidanza, la prognosi è spesso negativa: infatti basta poco liquido per un corretto sviluppo polmonare, ma se il liquido è del tutto assente nelle settimane critiche in cui si sviluppano i polmoni (16a-26a settimana) si può verificare una "ipoplasia polmonare" con difficoltà respiratoria che può portare alla morte neonatale. Nella maggior parte dei casi, le cause dell'anidramnios non sono note e non esiste un trattamento specifico: il riempimento della cavità amniotica con soluzione fisiologica (amnioinfusione) è usata più per definire la causa (ad esempio valutazione dell'anatomia renale o di una sospetta perdita di liquido vaginale) che non per effettuare terapia. Non esiste nemmeno un trattamento preventivo.
In letteratura sono pubblicati due studi randomizzati nei quali le eparine a basso peso molecolare sono state impiegate per prevenire possibili complicanze di origine placentare in donne senza storia di fattori di rischio tromboembolico o trombofilia congenita. I risultati devono essere considerati del tutto preliminari. Nel primo studio controllato, 340 donne con ricorrente aborto spontaneo senza una causa identificabile sono state randomizzate ad enoxaparina 20 mg/die o a nessun trattamento sino alla 34a settimana di gestazione10. Durante le prime 13 settimane, tutte le pazienti hanno assunto acido folico, 0,5 mg/die. Il completamento della gravidanza, che rappresentava la misura di esito principale, è risultato più favorevole nel gruppo trattato con enoxaparina: l'incidenza di aborti spontanei precoci e tardivi è stata rispettivamente 4,1% vs. 8,8% e 1,1% vs.2,3% nel gruppo di controllo. Tra i due gruppi non sono emerse differenze nella incidenza di preeclampsia, rottura placentare, parto cesareo e sanguinamento intraparto.
Nel secondo studio 116 donne alla 16a settimana di gestazione senza trombofilia né anamnesi positiva per preeclampsia, con precedenti gravidanze contraddistinte da morte intrauterina o distacco placentare sono state randomizzate ad una dose profilattica/die di dalteparina o a nessun trattamento11. Tra le 110 donne incluse nell'analisi finale, la dalteparina si è associata ad una minore incidenza dell'end point primario composito (grave preeclampsia, distacco placentare, peso alla nascita £5° percentile): 5,5% vs. 23,6% nel gruppo di controllo. Non sono stati segnalati problemi emorragici o casi di trombocitopenia.
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