Il ruolo della Farmacoeconomia
Dati di costo-efficacia sono formalmente richiesti dalle autorità regolatorie e dalle agenzie di rimborso di molti paesi, ma la Farmacoeconomia non ha ancora il ruolo che ci si attendeva dovesse ricoprire. Nelle decisioni sulla rimborsabilità dei farmaci, per rendere comparabili i vari settori della Medicina, è necessario che i costi incrementali siano riferiti ad una comune unità di misura che non può essere che di utilità; non si è trovato di meglio che porre a denominatore del rapporto costo incrementale la differenza di efficacia (utilità) espressa in QALY (Quality-Adjusted Life Years), malgrado gli inconvenienti più volte evidenziati di tali misure composte.
Almeno in linea di principio, i risultati di analisi farmacoeconomiche, in termini di costi incrementali riferiti ai QALY, possono essere usati dal decisore di spesa in due modi alternativi:
- ordinando tutti i prodotti farmaceutici, dal più basso al più alto costo medio per ogni QALY guadagnato in più rispetto alla terapia standard (costo-efficacia incrementale, CEI), finanziando la spesa per i farmaci fino a che le risorse disponibili non siano esaurite; il CEI dell'ultimo farmaco rimborsato costituisce la soglia CEI di rimborsabilità;
- fissato un rapporto critico per la spesa sanitaria, lambda, rimborsare tutti i farmaci con un CEI < o = lambda.
Uno studio recente ha analizzato l'impatto delle evidenze economiche sul processo decisionale che porta al rimborso dei farmaci in Canada, paese che, com'è noto, è tra i più attenti alle valutazioni economiche1. Gli autori si sono posti due quesiti: a) se, nelle decisioni sul rimborso, sia possibile identificare una soglia, esplicita o implicita, in termini di costi incrementali riferiti ai QALY e b) se tale soglia sia differente per l'Oncologia.
L'importanza dello studio risiede nel fatto che, nonostante la richiesta formale di evidenze economiche strutturate da parte delle autorità regolatorie, c'è poca informazione al pubblico su come tali evidenze siano poi usate nel processo decisionale, in Canada e altrove. La letteratura sul decision-making in tema di rimborso dei farmaci mostra che l'evidenza clinica è di vitale importanza, mentre le analisi economiche giocano un ruolo limitato ed i modelli economici complessi non offrono un valore addizionale. Per giustificare questa situazione, recentemente sono stati sollevati problemi sulla qualità di tali analisi e sulla possibile presenza di bias, dato che la ricerca in tale settore è generalmente sponsorizzata dall'industria. Lo studio, che ha seguito tre strategie di valutazione indipendenti, rileva l'importanza di andare oltre la semplicità dei CEI. Quindi, per migliorare il processo decisionale sarebbe opportuno battere nuove strade, come ad esempio, costruire un sistema di pesi per gli outcome clinici e per quelli economici, in modo da esprimere, rispettivamente, la rilevanza in termini di salute e l'impatto sulla spesa sanitaria. Inoltre, soglie implicite o esplicite non sono state esattamente individuate, segno che si è in presenza di un eccesso di variabilità nelle decisioni non spiegabile con i soli risultati delle attuali analisi economiche. Infine, l'Oncologia ha un posto di riguardo, in quanto per essa si è disposti ad adottare soglie di rimborsabilità più alte. Non si può essere che d'accordo con le conclusioni degli autori, in quanto esiste una pluralità di motivi per cui i risultati delle analisi economiche, basate sui CEI riferite ai QALY, hanno ovunque un peso scarsamente rilevante nella decisione sulla rimborsabilità dei farmaci. Infatti, vi sono motivi etici (nessuna terapia efficace per la cura di una malattia grave può essere negata al paziente), sociali (pressioni di associazioni di malati, di lobby dell'industria farmaceutica), ma soprattutto ragioni legate all'affidabilità e rilevanza dei risultati degli studi clinici (criticità nel disegno e nella conduzioni degli studi, ricorso ad endpoint surrogati), e, soprattutto alla pesantezza, talora inaccettabile, delle ipotesi su cui si basano i modelli farmacoeconomici.
Sulla linea di critica all'esistente si colloca anche uno studio pubblicato alla fine del 20072che indaga sui criteri sottostanti le decisioni di rimborso di un nuovo farmaco, considerando che i tre criteri finora adottati, cioè
- valore terapeutico del farmaco, e quindi il suo profilo di efficacia e di tollerabilità rispetto alle alternative esistenti,
- il costo-efficacia del nuovo trattamento, in relazione alla terapia standard,
- il peso della malattia, utilizzato come criterio di equità, che porta generalmente a rimborsare almeno i trattamenti per le malattie più gravi,
non spiegano per intero la variabilità della decisione sulla rimborsabilità del nuovo farmaco.
Considerando, inoltre, che sia la soglia di rimborsabilità che lambda sono indipendenti dal volume dei farmaci acquistati, gli autori suggeriscono di aggiungere un quarto criterio: l'impatto budgetario del nuovo trattamento, il cui razionale si basa sul concetto di costo opportunità, cioè sulla valutazione del beneficio economico di utilizzare risorse in un modo piuttosto che in un altro.
Ad esempio, un nuovo trattamento, dimostratosi costo-efficace rispetto alla terapia standard, potrebbe avere un peso finanziario così alto da portare il decision-maker a non rimborsarlo. L'impatto di un nuovo trattamento sul budget della spesa sanitaria (o nel suo complesso, o limitata ad un campo di patologia) è oggi incluso nelle linee guida di valutazione economica di numerosi paesi (Canada, Inghilterra, Francia, ecc.)3. L'impatto budgetario si differenzia dall'analisi dei costi perché, mentre quest'ultima confronta i costi tra due interventi terapeutici, il primo confronta i costi fra due scenari definiti da un insieme di interventi: quello attuale e quello che, in aggiunta, include il nuovo trattamento. L'impatto budgetario considera inoltre i possibili cambiamenti nelle dimensioni della popolazione che potrebbe avvalersi del nuovo farmaco, fenomeno noto come "domanda indotta", e, quindi, come potrebbe modificarsi la spesa sanitaria, qualora la terapia standard fosse sostituita dal nuovo trattamento. Al momento la letteratura disponibile sull'impatto budgetario in oncologia è molto scarsa sia perché questa analisi è relativamente recente, sia perché l'industria farmaceutica ha preferito finora sottoporne i risultati direttamente al decision-maker piuttosto che pubblicarli in una rivista peer reviewed.
Sempre in tema di nuovi aspetti delle valutazioni economiche va segnalato un recente articolo in cui è esposta la valutazione del costo di malattia (Cost-of-illness, COI), un'analisi economica che stima il peso economico globale di una patologia, anziché considerare il solo costo del trattamento4. L'applicazione è incentrata sul cancro della prostata, ma segnaliamo l'articolo soprattutto perché la metodologia utilizzata può essere riprodotta. Malgrado il COI possa fornire importanti informazioni, la sua valutazione è stata criticata perché non permette di comprendere come giungere ad una priorità nell'utilizzazione delle risorse. Dai risultati si evince che il cancro della prostata è una malattia molto costosa in cui i costi indiretti rappresentano una larga parte dei costi totali, mentre l'ospedalizzazione ed i trattamenti costituiscono i più importanti aggregati dei costi diretti. Si tratta di una metodologia non ancora matura perché notevoli sono le differenze nei vari articoli pubblicati; tali diversità, che potrebbero portare a valutazioni assai differenti, richiedono una standardizzazione delle procedure. Farmacoeconomia dei nuovi farmaci
Alla fine del 2007 sono stati pubblicati i risultati di un'analisi farmaco-economica sul bevacizumab associato alla chemioterapia rispetto alla sola chemioterapia nella prima linea del cancro del colon retto metastatico5. L'analisi, commissionata dal NICE (National Institute for Health and Clinical Excellence), evidenzia che quando il bevacizumab è associato a irinotecan, fluorouracile e acido folinico il costo medio per ciascun QALY aggiuntivo è pari a £ 62.857 e quando è associato solo al fluorouracile e acido folinico è pari a £ 88.436. Fissando una soglia di £ 30.000 per QALY, la probabilità che l'aggiunta di bevacizumab si collochi al di sotto è praticamente nulla. Quindi, il bevacizumab non è un farmaco costo-efficace nel trattamento del colon retto disseminato.
Sempre riguardo al NICE, uno dei fatti più discussi in campo oncologico quest'anno è la sua posizione circa la non costo-efficacia dei quattro nuovi trattamenti approvati dall'EMEA per il carcinoma del rene disseminato: sunitinib, sorafenib, temsirolimus e bevacizumab, farmaci che pur non essendo salvavita, possono però aumentare la sopravvivenza. Questa scelta è stata fortemente criticata dalla stampa inglese che è arrivata a definire il direttore esecutivo del NICE "Dr. Morte"6. Noi crediamo che, oggi, i processi di Health Technology Assessment siano sempre più necessari per definire ciò che un Sistema Sanitario Nazionale possa o non possa permettersi. Pensiamo però anche che la questione della sostenibilità dei nuovi farmaci, il cui elevatissimo costo non ha spesso una convincente giustificazione, sia un problema per la cui soluzione sia essenziale il coinvolgimento degli oncologi così da effettuare le scelte più giuste per i nostri pazienti. Ciò implica, anzitutto, un uso critico di quanto già disponibile sul mercato, dettato più da motivazioni scientifiche che da impulsi emotivi. Miscellanea
Anzitutto, si suggerisce la lettura di due analisi costo-efficacia pubblicate nella rivista PharmacoEconomics inerenti il trattamento dell'anemia con agenti stimolanti l'eritropoiesi ed il trattamento delle metastasi ossee con acido zoledronico7,8. Sono due revisioni della letteratura interessanti più per la ricchezza di informazioni riportate che per le loro conclusioni. In questa sede, ciò che desideriamo discutere è il principio che una delle due più prestigiose riviste di Farmacoeconomia possa pubblicare revisioni "critiche" della letteratura supportate dalle aziende produttrici. Già le analisi farmacoeconomiche sono fortemente criticate perché spesso impostate per rispondere positivamente al quesito di costo-efficacia o costo-utilità di un farmaco, ma che una rivista giunga a pubblicare articoli che hanno più un sapore di marketing che di ricerca scientifica, ne diminuisce il prestigio e la credibilità (c'era una volta PharmacoEconomics?).
Infine, per farci un po' di pubblicità, segnaliamo un nostro recente lavoro sul costo dei trattamenti antiemetici in cui, oltre a definire il costo medio per paziente dei trattamenti antiemetici in Italia, vengono analizzate le fonti di variabilità dei costi giungendo a definire implicitamente una ricetta per un sicuro risparmio9. Qualità di vita Comunicare i risultati della ricerca
In un recente editoriale ci si chiede perché solo raramente i risultati di studi sulla qualità di vita condizionino la decisone clinica
Dimenticando i problemi del management degli studi sulla qualità di vita (soprattutto legati alla scarsa compliance dei pazienti), gli autori focalizzano l'attenzione sulla comunicazione dei risultati che non sempre sono informativi ed hanno un chiaro significato per il paziente, per i clinici e per i decisori di spesa. In particolare i test statistici, di norma incentrati sulle differenze medie tra i gruppi di pazienti, forniscono risultati difficili da interpretare concretamente. In letteratura gli approcci adottati sono sostanzialmente due:
si cerca di individuare la differenza minima clinicamente rilevante, in riferimento al contesto in cui è eseguita l'analisi, ponendo in relazione i punteggi con caratteristiche oggettivabili (ad esempio, condizioni del paziente, stadio della malattia). Così, se la differenza tra le medie osservata eccede la differenza minima clinicamente rilevante, allora si può concludere che uno dei due trattamenti modifica in modo sensibile la qualità di vita dei pazienti;
si dividono le differenze tra le medie per la loro deviazione standard, così da esprimere i risultati in termini di size effect. Al riguardo, è fissata una soglia, in quanto è abbastanza accettato che, se la suddetta differenza eccede la metà della deviazione standard, essa può ritenersi clinicamente rilevante.
Vi è però un modo più efficace - sostengono gli autori - per comunicare il risultato: la percentuale dei pazienti che migliorano o peggiorano la propria qualità di vita. Tali dati, se da un lato aiutano nella comprensione di ciò che è accaduto, dall'altro producono una perdita di informazione. Il suggerimento sembra più che accettabile, sebbene non vediamo controindicazioni nel fornire i risultati anche nel modo tradizionale. In tal caso, però, potremmo trovarci a dover giustificare un eccesso di percentuale di "migliorati" a fronte di un minor punteggio medio, ma non è mai opportuno fasciarsi la testa prima di essersela rotta. Qualità di vita nella pratica clinica
L'utilità di incorporare valutazioni della qualità di vita dei pazienti oncologici ambulatoriali nella pratica clinica routinaria è l'argomento di un recente studio11. Sembra che, durante la compilazione di tradizionali questionari di qualità di vita, usando computer touch-screen, la discussione sugli argomenti delineati nel questionario con gli infermieri, accresceva significativamente la consapevolezza di questi ultimi sui reali problemi della qualità di vita dei pazienti. Invece, solo modesto è stato trovato l'effetto di tale valutazione sulla sopportabilità degli effetti collaterali della chemioterapia e nessun effetto è stato osservato né sulla soddisfazione dei pazienti, né sulla modificazione della loro qualità di vita nel tempo.
L'argomento dell'utilità di valutazioni della qualità di vita nella pratica clinica è anche al centro di una review che, partendo dai risultati di lavori pubblicati sull'argomento, coglie l'occasione non solo per elencare quanto ci si possa attendere da tale valutazione, ma anche per definire come dovrebbe essere condotta12. Le conclusioni del lavoro sono state discusse in due interventi pubblicati nella stessa rivista13,14. Non sarà che questo fervore di trovare altre utilizzazioni dei questionari di qualità di vita, insieme alla relativa scarsità delle applicazioni per cui sono stati progettati (cioè di fornire risultati su uno dei due soli endpoint di efficacia dei trattamenti parallelamente a studi clinici randomizzati), riflettano una loro intrinseca incapacità di ottenere informazioni utili?
Ma non ci sono solo i questionari psicometrici a fornire informazioni al medico sulle condizioni di salute del paziente: esistono anche i PRO (Patient-Reported Outcome). Purtroppo però, nemmeno i PRO hanno finora dato una buona prova di sé. Una revisione della letteratura ha evidenziato che molti dei 34 articoli selezionati presentavano problemi metodologici e l'impatto di tali strumenti sulla pratica clinica era veramente limitato15. Qualità dei lavori pubblicati
Una recente revisione della letteratura, firmata anche da Tannock, è incentrata sulla qualità della presentazione dei risultati di studi randomizzati di fase III, con endpoint principale o secondario la qualità di vita di pazienti con neoplasia metastatica, pubblicati tra il 1994 e il 200316. Un'accurata ricerca ne ha selezionati 182, di cui, solo 112 incontravano i criteri fissati dagli autori (in particolare, 58 furono esclusi perché condotti su un numero di pazienti troppo esiguo: < 150, 6 perché pubblicati due volte, e 6 non erano veramente trial clinici randomizzati: a proposito di esiguità del numero di applicazioni!). Dei 112 studi, solo il 15% soddisfacevano almeno 5 dei 10 criteri elencati nella checklist; un miglioramento della metodologia e della struttura della presentazione dei risultati è però riscontrabile nel decennio considerato.
Un secondo lavoro sull'argomento, riferito al questionario QLQ-C30 dell'EORTC, analizzando 82 lavori conclude con toni trionfalistici: il 70% è stato trovato di alta qualità, cioè soddisfacevano almeno 8 degli 11 criteri stabiliti dagli autori17.
Si noti che in quest'ultimo articolo sono stati considerati anche gli studi in adiuvante e, nel 61% dei casi, non è stata precisata la fase dello studio. Comunque, al di là di differenze che certamente non spiegano la fortissima discordanza dei risultati, sarebbe opportuno che si raggiungesse un accordo su una checklist e, soprattutto, che questa fosse diffusa tra i ricercatori, così da garantire una qualità accettabile dei risultati pubblicati. Miscellanea
Com'è noto, la valutazione uni- o multidimensionale della qualità di vita può essere condotta anche con l'analogo visivo lineare (Visual Analogue Scale, VAS). Anzi, a fronte dei problemi che presentano i questionari attualmente più diffusi, proprio il VAS potrebbe costituire uno strumento idoneo per uscire dall'impasse, a condizione, però, di aumentare la ricerca di base sull'argomento18. Per il Lettore che volesse sapere di più sui VAS si segnala l'articolo Hauser K et al. Visual Analogue Scale and Assessment of Quality of Life in Cancer. J Support Oncol 2008; 6: 277-82.
Uno studio osservazionale sulla qualità di vita produce stime che non possono essere sic et simpliciter esportate a realtà differenti, perché ogni valutazione dipende, oltre che dal trattamento, anche dal paziente. La sua maggiore utilità sta quindi nella possibilità di studiare le relazioni tra i risultati ottenuti ed alcune caratteristiche legate al paziente, al setting di trattamento, alla patologia. Bibliografia 1. Rocchi A et al The role of economic evidence in Canadian Oncology Reimbursement Decision-Making: to lambda and beyond. Value in Health 2008; 11: 771-83. 2. Cohen J et al. The increasingly complex fourth hurdle for pharmaceuticals. PharmacoEconomics 2007; 25: 727-34. 3. Shih Y-C T et al. Economic evaluations of medical care interventions for cancer patients: how, why, and what does it means? CA Cancer J Clin 2008; 58: 231-44. 4. Molinier L et al. Methodologial considerations in cost of prostate cancer studies: a systematic review. Value in Health 2008; 11: 878-85. 5. Tappenden P et al. The cost-effectiveness of bevacizumab in the first-line treatment of metastatic colorectal cancer in England and Wales. Eur J Cancer 2007; 43: 2487-94. 6. Hawkes N. Why is the press so nasty to NICE? BMJ 2008; 337: 788. 7. Duh MS, et al. Management of anaemia. A critical and systematic review of the cost effectiveness of erythropoiesis-stimulating agents. PharmacoEconomics 2008; 26: 99-120. 8. McKeage K et al. Zoledronic acid. A pharmacoeconomic review of its use in the management of bone metastases. PharmacoEconomics 2008; 26: 251-8. 9. Ballatori E et al. The cost of chemotherapy-induced nausea and vomiting in Italy. Support Care Cancer 2007;15: 31-8 10. King MT et al. Making quality-of-life results more meaningful for clinicians. BMJ 2008; 371: 709-10. 11. Hilarius DL et al. Use of health-related quality-of-life assessments in daily clinical oncology nursing practice.Cancer 2008; 113: 628-37. 12. Halyard MY et al. Quality of life assessment for routine oncology clinical practice. J Support Oncol 2008; 6: 221-9. 13. Farrell B. From research to practice: quality of life assessment in medical oncology. J Support Oncol 2008; 6:230-1. 14. Knight SJ. Patient-reported QOL assessment: sufficient for clinical decision-making? J Support Oncol 2008;6: 231-3. 15. Valderas JM, et al. The impact of measuring patient-reported outcomes in clinical practice: a systematic review of the literature. Qual Life Res 2008; 17: 179-93. 16. Joly F, et al. Quality of life and/or symptom control in randomized clinical trials for patients with advanced cancer. Ann Oncol 2007; 18: 1935-42. 17. Cocks K et al. Quality, interpretation and presentation of European organization for Research and Treatment of Cancer quality of life questionnaire core 30 in randomized controlled trials. Eur J Cancer 2008; 44: 1793-8. 18. Ballatori E, et al. Is there still a role for the uniscale assessment of Quality of Life? Tumori 2007; 93: 78-81.