Un tempo sarebbe sembrato, se non originale, eventualmente utile, collocare una riflessione editoriale nel vivo della attualità sanitaria e sociale, immaginando una apertura del tipo: "Si scrive mentre l'opinione pubblica è scossa ed occupata, al di là di quanto non lo sia il mondo medico-sanitario, per gli scandali a raffica delle ultime settimane, sui rapporti economici manifestamente scorretti tra produttori di beni sanitari e professionisti di tutti i livelli. ecc. ecc.". Le ragioni concrete non mancherebbero certo: dal Nord-Est al Nord-Ovest c'è solo l'imbarazzo della scelta tra produttori di farmaci, produttori di dispositivi, specialisti medici, specialisti chirurghi, medici di medicina generale...
Si potrebbe anche evocare intorno alle cronache italiane lo scenario della stampa internazionale, dal New York Times a Lancet: la giustizia risulta indaffarata su problemi simili, su scala più o meno uguale, con attori che coincidono (a volte anche nominalmente), da New-York, alla Germania, all'Olanda.
La tentazione di insistere specificamene su questi temi viene presto scacciata per motivi ovvi:
a. non ha nulla di nuovo: dejà vu (e la ragionevole probabilità di una futura ripetitività) che rimanda ad una serie di pubblicazioni sulle riviste più prestigiose, già riprese su queste pagine;
b. la campagna delle buone intenzioni "non lo farò più", "la vigilanza sarà la regola ferrea", ecc. ecc. è già in atto, con la stessa logica e credibilità con cui ci si esercita (con deliri di moralità-legalità molto più gravi e gravidi di conseguenza) sulla necessità di sicurezza, di punizioni, di controlli ogni volta che scappa un detenuto, o c'è un delitto "efferato", o si scoprono 1, 3, 28 "sospetti terroristi", magari islamici e certo extracomunitari;
c. si ha l'impressione (e ciò scaccia definitivamente la tentazione) che la gravità di questi scandali è in fondo squallida, ma banale: nient'altro, in fondo, che l'indicatore che lega la sanità alla società, segnalandone la continuità e la connivenza. La società che conta e che viene proposta è infatti articolata progressivamente su un (finto) gioco di guardie e ladri (rispetto al vecchio film i ladri hanno perso, purtroppo, la simpatia che faceva l'allegria del "ladro per creatività" che era Totò).
Se si evitano eccessi di cattivo gusto, l'economia (che è criterio incontrastabile di accreditamento sociale ed istituzionale) ha incorporato la "corruzione" (in tutte le sue versioni-traduzioni) tra le regole previste-permesse-dovute. La sanità non può essere da meno: deve solo evitare di violare in modo troppo rozzo e rumoroso il galateo, per evitare di essere richiamati per schiamazzo.
Il problema reale della medicina-sanità specificamente suo? è di fatto meno appariscente ma più profondo: non viola regole, anzi le rispetta e le applica tutte; non è "allarmante", perché tende a coincidere con la cultura corrente; non ha bisogno di essere giustificato, semplicemente si propone per quello che è, un dato di fatto, inevitabile (come tante altre cose, in fondo molto più spiacevoli e serie, dal conflitto di interessi, ai falsi in bilancio, alla diseguaglianza nell'accesso ai beni-benefici del mercato, "su su" , fino alla guerra).
Questo ultimo numero del 2002 è una buona guida a questa corruzione tranquilla ed accreditata, che non fa scandalo, anzi, si presenta legittimamente come:
[in]formazione controllata e critica, "evidence based";
risposta a problemi seri;
strumento per la difesa-garanzia-copertura dei diritti di quelli che più soffrono;
espressione dell'eticità-dedizione della ricerca a migliorare sempre più i profili di efficacia e sicurezza delle terapie;
contributo sostanziale al di là della [apparente] gravosità economica all'ottimizzazione dell'uso delle risorse, attraverso interventi per cui sono documentati profili di costo/efficacia/utilità/beneficio che ne renderebbero imperdonabile la non-accettazione o anche solo una critica malevola.
Proviamo a riconoscere queste tipologie nei diversi contributi.
a. Il profilo sulla sicurezza dei COX-2 inibitori è l'aggiornatissimo pro-memoria che il mercato è stato creato e fiorisce, senza bisogno che le promesse di innovatività siano mantenute. Cosa ancor più interessante:
- non è in corso né prevista alcuna verifica del beneficio-attribuibile da parte di coloro che più usano, nei modi più diversi, questi farmaci "promettenti" (cioè i MMG);
- la epidemiologia delle prescrizioni continua a sostituire la permanente carenza della epidemiologia dei problemi, dei pazienti, delle popolazioni. La conoscenza è prodotta non importa dove e da chi: come capita a tutto ciò che si acquista al super-mercato per giustificare i beni da vendere, molto meno per rispondere a domande.
b. Una [altrettanto accurata ed aggiornata] revisione della letteratura riguarda la terapia per la patologia maniaco-depressiva, una condizione clinica che è all'altro estremo della precedente per tipologia, frequenza attesa, responsabilità-completezza di presa in carico (pag. 148). Il "problema" (non grave, reale) è lo stesso: la epidemiologia delle prescrizioni, e quella delle "raccomandazioni", documenta che la vecchia terapia sta per essere scalzata, da "novità" che - in pieno tempo di EBM sono [state] studiate con criteri che non possono essere [stati] casualmente inadeguati. Tutto in rigorosa assenza di una epidemiologia delle frequenze, distribuzioni, esiti. Farmaci che non trovano spazi per la propria indicazione (v. lamotrigina) vengono così promossi sul campo a nuove indicazioni: vere? gonfiate? anticipatrici? Chi dovrebbe rispondere a queste domande? E se nessuno risponde, è pensabile di basarsi, per la produzione di conoscenza, sull'assenza di dati affidabili, come motivo "inevitabile" per affidarsi a quello che c'è, non importa da chi e come e perché è stato prodotto e pubblicato?
c. La Bussola (diventa sempre più difficile farne una sezione "attraente per novità"!) permette di estendere le osservazioni ad aree più decisamente "specialistiche" .
- Alla sclerosi multipla le autorità di registrazione europee regalano un altro prodotto, che non ha nulla a che fare farmacologicamente con gli interferoni, ma vanta gli stessi effetti clinici, e gode dello stesso confortevole stato di rimborsabilità. Sembrerebbe il candidato ideale (con gli interferoni: entrambi giocano da anni tra ricercatori e riviste scientifiche) per studi di confronto che guardano anche ai meccanismi d'azione (la malattia, ed i malati, continua[no] ad essere così orfani di fatto!), a studi di efficacia combinata, di accettabilità-sicurezza comparativa... Il quesito (per cui è garantita una non risposta): "a chi tocca preoccuparsi di ciò?" e le domande sulle radici dei silenzi-assensi sugli snodi conoscitivi fondamentali si potrebbero ripetere. (N.B.: la rilettura recentissima degli studi sugli interferoni da parte della Cochrane Collaboration ri-propone domande di fondo sulla loro rilevanza rispetto alla malattia - dato che nessuno ha dubbi sul loro protagonismo nell'epidemiologia della prescrizione -. E, a proposito, chi sa che cosa significa la grande "riservatezza sui dati" di tutti coloro che hanno "sorvegliato" questa epidemiologia della prescrizione rimborsabile? Sia a livello locale, che regionale, che nazionale, sarebbe decisamente interessante sapere che esiti hanno prodotto i costi certi: per curiosità scientifica, per combinare farmacoeconomia e outcomes, senza nessun sottinteso...
- Tutto il ragionamento è peraltro riproponibile - alla lettera, per contenuti, metodi, implicazioni per l'altro prodotto "innovativo" che è il bosentan, nato come uno degli antiipertensivi, innovativi, ma come tale abortito, adottato perciò per una patologia orfana, e come tale trasformato magicamente in un prodotto dal prezzo "molto" raro, con profilo di efficacia comparabilmente "molto" incerto come quello dei suoi simili-per-indicazione.
d. La proposta di ricerca sugli antipsicotici atipici introduce ad un altro capitolo che documenta la prassi-che-sembra-consolidarsi di farmaci esentati dall'avere un profilo di efficacia-sicurezza sufficientemente studiato per ragioni di solidarietà con i pazienti (in questo caso poi: si tratta di anziani, con in più problemi di comportamento). Il capitolo prescrittivo da cui parte il breve contributo non varrebbe la pena di essere citato come altro esempio di corruzione accreditata - (che si è detto essere più importante di quella banale che ruba), se non avesse al suo centro un tentativo di non accettare la regola del silenzio come assenso: all'assenza di dati un gruppo clinici in carico dei pazienti, ASL, competenze gestionali ed informative sui farmaci ha deciso di:
- esplicitare le domande e le perplessità;
- formulare delle ipotesi e delle attese;
- render conto di quello che fa, e perché lo fa;
- seguire le storie dei pazienti (dei loro contesti di vita, cura, oltre che della loro clinica);
- valutare dove si arriva, e renderne conto, alla collettività assistenziale, a quella medico-scientifica, a quella dei pazienti.
All'assenza di conoscenze non si cercano surrogati; si assume la strada-ovvia, dovuta, per responsabilità e specificità professionale, e per il rispetto minimo per le/i pazienti di provare a produrre una conoscenza per quanto possibile più affidabile, e di cui in ogni caso, ci si fa carico in modo trasparente. L'iniziativa riproduce la trama di una "ricerca". Riconoscere l'assenza di conoscenze ha come unica alternativa, per coloro che lavorano in MG e nei servizi, quella di produrne di migliori in collaborazione e attraverso le/i pazienti di cui si è responsabili. é inopportuno-inutile fermarsi a lamentarsi di ciò che non c'è. La unica ECM (che deve avere percorsi e strumenti diversi per ogni contesto: esattamente il contrario delle tendenze-pratiche attuali) è quella che identifica i buchi, grigi o neri, di conoscenza per accettare la responsabilità di produrre conoscenza. é la sola educazione cui deve essere garantita una continuità!
Un esempio di risultati ottenibili con questa strategia di ricerca - ECM prodotta insieme da MMG e specialisti, è proposto nel contributo sulla valutazione di risultati dell'assistenza diabetologica.
Per concludere
1. E' ragionevole ritenere che l'unica uscita dalla trappola strutturale del conflitto di interessi di cui è portatrice la medicina è quella di professioni che si assumono in proprio la responsabilità di produrre conoscenze, a partire dalla esplicitazione e non dalla copertura delle ignoranze/incertezze/conoscenze-false-per-parzialità.
2. La praticabilità di questa via è certa. é certa anche la sua rilevanza per tante aree della terapia (solo casualmente tra le più controverse e costose?). Che a questa possibilità-obbligatorietà non corrisponda una probabilità immediata di implementazione su vasta scala non cambia il ragionamento né l'esigenza.
3. Mentre allo "schiamazzo" o alla "mancanza di galateo" dei ladri-che-fanno-scandalo, possono opporsi altri accorati gridi dell'etica (e, a volte, occasionalmente e casualmente, quelli dei giudici), la corruzione del non-senso che si è qui ricordata (con tutti i suoi "aloni" di una cultura dell'arroganza, del piccolo cabotaggio, del dire-non-dire, del non dialogo aperto con pazienti-cittadini) può cambiare se le si toglie il terreno su cui cresce, riconoscendo che la produzione di conoscenza (sui farmaci e su tutto) è compito primario e non delegabile di chi ha in carico i pazienti-cittadini. Non è area né privilegiata né prioritaria dell'industria.
4. Per produrre una conoscenza, che è dovuta ai pazienti ed alla dignità professionale, l'elemento determinante non sono le risorse "in più" (incentivi, rimborso-per-paziente, ecc.). La corruzione banale e inevitabile di cui si parlava sopra propone infatti come regola di non accettare neppure di pensare a "produrre conoscenze", se non si sa prima "chi paga". E tanti comitati "etici" ("i più seri!") sono così poco preoccupati di sapere se e quanto ci sono tentativi di risposta a bisogni inevasi, che non esaminano neppure le domande, se prima non sono pagati.
5. Si dovrà proprio chiedere alla Commissione ECM di dare crediti solo a coloro che documentano la propria incertezza-ignoranza con tanto rigore, da produrre (come certificato per meritare crediti) il razionale per un percorso (anch'esso accreditabile) che vuol cercare-produrre risposte come modo normale di esprimere la responsabilità professionale.