Quadro di riferimento
Tra le diverse aree di possibile interesse per una riflessione-proposta di aggiornamento-ricerca per e da parte del mondo infermieristico, il primo capitolo è quello che riguarda l’insieme dei contenuti e delle pratiche dell’assistenza alle popolazioni delle RSA, ed in modo indiretto di quelle che, in contesti più o meno comparabili di permanenza-degenza possono essere loro assimilate1-2. L’interesse, culturale, assistenziale, metodologico di questa situazione può essere riassunto in due osservazioni importanti:
1. L’area RSA rappresenta –concretamente e simbolicamente– il contenitore nel quale finiscono (inevitabilmente, in un mondo che vede nelle novità attraenti, dal punto di vista scientifico ed economico, delle nuove molecole il criterio chiave degli investimenti di attenzione e ricerca) popolazioni assegnate, a prescindere dai loro problemi, ad essere oggetto di assistenza: nel senso più complessivo di questo termine. Alle popolazioni RSA l’immaginario collettivo, culturale ed istituzionale, pensa come le rappresentanti perfette della cronicità, della irreversibilità, del contenimento degli effetti indesiderati e dei rischi. Non ci sono per loro progetti di miglioramento clinico-sanitari sostanziali. Il massimo-ragionevole dovuto –ma solo nei limiti del possibile– è per loro un accompagnamento.
2. È chiaro che questa situazione –variamente documentata nei sempre più frequenti, periodici, ripetitivi esercizi di epidemiologia descrittiva delle prescrizioni e delle pratiche– corrisponde di fatto anche ad una “diagnosi” di che cosa è diventata la medicina negli ultimi decenni3. Gli obiettivi di tutte le discipline sono quelli di migliorare quantità e qualità di vita con risultati misurabili, e vendibili, come economicamente compatibili con le risorse disponibili, e la soddisfazione, più che dei soggetti, dei paganti. Contesti come le RSA (o assimilabili) sono chiaramente all’opposto di questi scenari. La probabilità di investimenti in termini culturali ed economici è molto bassa. Questo quadro di riferimento suggerisce che il problema da esplorare è soprattutto il contesto: le terapie ed i farmaci sono, una variabile fortemente dipendente.
Metodi
Sono stati organizzati due focus group, con 13 infermiere/i di 9 RSA della provincia di Milano e 12 della provincia di Brescia. Si tratta di un campione di convenienza, che si ritiene però rappresentativo delle RSA in quanto include complessivamente più di 2.500 posti letto. Gli incontri si sono tenuti nella sede dell'Istituto Don Orione a Milano e del Gruppo di Ricerca Geriatrica (GRG) di Brescia. Per assicurare il massimo del contenuto informativo, i dati sono stati raccolti combinando tecniche sia quantitative che qualitative.
Focus group: i gruppi sono stati condotti da due coordinatrici e la richiesta fatta alle partecipanti era di elencare quali fossero i problemi legati alle terapie incontrati nella realtà quotidiana e le domande aperte. I contenuti emersi durante gli incontri sono stati raccolti con note scritte e sintetizzati collegialmente.
Narrazione di casi. Alle partecipanti è stato chiesto di inviare nel corso di 15 giorni in forma scritta 2 o 3 casi esemplari per meglio illustrare i problemi riportati.
Epidemiologia delle terapie. Per avere un quadro delle terapie effettivamente somministrate e dei relativi problemi è stato chiesto di segnalare in una giornata scelta a caso le terapie dei primi due e degli ultimi due ospiti del “giro terapia”, segnalando i farmaci assunti, i dosaggi, via e orari di assunzione, le terapie che richiedevano la triturazione e gli eventuali motivi di non somministrazione.
Risultati
Sono emersi numerosi problemi che, come in parte atteso, non riguardano tanto il farmaco come molecola quanto i problemi per cui viene prescritto e aspetti più tecnici relativi alle modalità di somministrazione, in particolare nei pazienti con demenza che ormai rappresentano una popolazione importante nelle RSA italiane.
La somministrazione di farmaci a persone disfagiche
Molti anziani in RSA hanno per la malattia (prevalentemente demenza, ma anche ictus, Parkinson…) o per l’età, problemi di deglutizione. Le compresse vengono quindi triturate, in alcuni contesti fino al 60% delle terapie per os. Il problema era già stato sottolineato in un recente studio4. In uno dei reparti di una grossa RSA milanese, su 39 degenti solo 5 non avevano problemi di deglutizione. Capita che i farmaci triturati vengono somministrati con dello zucchero, anche ai pazienti diabetici, per coprirne il sapore, altrimenti rifiutano la terapia. I libri di testo propongono dei percorsi lineari, che sono ben lontani dalla realtà delle RSA: tritapastiglie per singolo paziente, elenco perentorio delle categorie di farmaci che non vanno triturati (gastroresistenti, somministrazioni retard), somministrazione di un farmaco per volta per evitare interazioni. La realtà è ben diversa: mancano i tritapastiglie personalizzati, la triturazione della terapia per 10 o molti più pazienti richiede tempi lunghi, tanto che la terapia arriva a durare ore; gli infermieri si ingegnano a trovare stratagemmi per far assumere i farmaci (sciolti nel latte, nell’aranciata, aggiunti al cibo) ma gli ospiti percepiscono un sapore diverso e sputano o rifiutano il cibo, oppure al momento della terapia si rifiutano di aprire la bocca, e in alcuni casi la terapia viene somministrata solo in parte, o non viene affatto somministrata. È lecito domandarsi se e quanto l’epidemiologia delle prescrizioni nelle RSA corrisponda a quella delle terapie effettivamente somministrate.
Il rispetto del digiuno
In RSA spesso lavora un solo infermiere che deve occuparsi della terapia di 30-60 ospiti; il primo ospite riceve la terapia alle 8.00 ma l’ultimo magari alle 10.00, dopo aver fatto colazione, e spesso non è possibile rispettare gli orari per la somministrazione dei farmaci ad intervalli, né rispettare le somministrazioni a digiuno. Sarebbe ottimale poter organizzare il giro della terapia somministrando i farmaci che vanno dati a digiuno a tutti prima di colazione, e poi ricominciare il giro con le altre terapie, ma occorrerebbe che ci fossero meno pazienti (o più personale). Molte delle infermiere che hanno partecipato ai focus group sono responsabili di 30-60 anziani (e di notte, i numeri aumentano) e in molti casi sono coadiuvate solo da Operatori sociosanitari (OSS).
Il rispetto degli orari e delle “regole” di corretta somministrazione
Con alcuni ospiti è complesso rispettare gli orari delle terapie, che andrebbero sempre adattate alle abitudini ed agli orari degli anziani: ad esempio ad alcuni anziani con demenza si riesce a far assumere i farmaci solo al momento dei pasti. Gli orari delle terapie devono tenere conto ed essere adattati anche alle routine del reparto. Ad esempio le terapie delle 20.00 vengono somministrate molto prima dell’orario stabilito perché alle 20.00 gli anziani vengono messi a letto. L’insulina pronta dovrebbe essere somministrata mezz’ora prima del pasto. Nelle persone con demenza questo non è fattibile: se si somministra l’insulina ed il paziente non consuma il pasto (perché chiude la bocca, lo rifiuta) si rischia di provocargli un’ipoglicemia. Quindi l’insulina viene somministrata dopo il pasto.
Aerosol, puff e colliri
A molti anziani con demenza è praticamente impossibile far fare aerosol, somministrare farmaci tramite puff e spesso persino i colliri. I pazienti chiudono gli occhi finchè l’infermiere non si allontana. Ha senso/è efficace somministrare una tantum la terapia per il glaucoma? Sarebbe utile fare una riflessione sull’efficacia e l’utilità di prescrivere alcune terapie, sia per il problema dei costi che del tempo/infermiere necessario per tentare-spesso inutilmente- di somministrarle.
La gestione del sonno
Somministrare sedativi o antipsicotici a volte è una scelta forzata. Se c’è tempo si riescono a trovare strategie alternative, che hanno in molti casi successo. Ad esempio, è stato citato il caso di un ospite posizionato su una sedia basculante o portato in medicheria per evitare che agitasse gli altri ospiti, ma nella maggior parte dei casi non è possibile fermarsi con un ospite perché si lasciano senza assistenza gli altri, e quindi lo si seda, anche per evitare che una persona che urla o ha wandering, agiti e mandi in subbuglio tutto il reparto. Alcuni partecipanti si sono domandati se in alcuni casi sarebbe preferibile una contenzione fisica o ambientale invece della sedazione che lascia strascichi e altera i ritmi. Per illustrare in parte anche i problemi sopra citati, nel riquadro sottostante vengono riportati, senza commento, alcuni dei casi inviati. Si tratta di situazioni non necessariamente esemplari, ma purtroppo frequenti, che completano il profilo quali-quantitativo dei problemi segnalati.
Discussione e prospettive
Molte domande sul senso/appropriatezza di alcune terapie, sulla possibilità di ridurre il carico di farmaci in questi contesti, sull’evitabilità di alcuni problemi richiederebbero una discussione più articolata e non vengono riportate in questo contributo. Questo è un problema purtroppo noto, lungi dall’essere risolto5. Le domande più tecniche a cui si dovrebbe poter trovare una risposta, che coniughi la teoria (alcuni farmaci non vanno tritati) alla pratica (il paziente non deglutisce, ma ha una terapia che può essere somministrata solo per os, ad esempio il KCL retard) non pretendono di essere condotte ad una discussione immediata. Le riportiamo nel riquadro a fianco così come sono state formulate. Le domande avranno una risposta nei prossimi contributi. Questo primo rapporto rimanda però ad alcune riflessioni più generali, già richiamate in parte nella premessa:
• i principali problemi riguardano la somministrazione dei farmaci, che è fortemente collegata alla rilevanza di alcune prescrizioni, e quindi rimanda anche alla razionalizzazione delle terapie in questi contesti, in particolare nei pazienti con demenza6, ma non solo3;
• sono pochi i lavori che producono conoscenze su popolazioni complesse che, per una serie di situazioni (anziani, complessi, cronici...), sono marginali nella medicina, nella progettazione sanitaria e nella produzione di conoscenze. Un’epidemiologia del monitoraggio dei problemi deve tenere conto non solo dei dati quantitativi (cosa viene fatto, cosa è scorretto) ma anche qualitativi- perché è stata scelta questa soluzione: è il caso che deve essere al centro del problema e non il giudizio di appropriatezza;
• le domande formulate sopra potrebbero sembrare riduttive: non si tratta solo di problemi di somministrazione di farmaci ma di procedure di gestione di problemi (che hanno una risposta anche nei farmaci, ma non solo) le cui fondamenta scientifiche vanno valutate;
• un esercizio di riflessione (come altri esercizi più articolati e pubblicati anche su questa rivista5,6) ha fatto emergere una prospettiva diversa sui problemi di somministrazione delle terapie. In quel caso i dati originavano da un protocollo predefinito di osservazione periodica dei contesti: anche in questo caso, un’osservazione periodica dovrebbe produrre dati che non siano finalizzati solo a rispondere alle importanti domande tecniche generate (ci saranno sempre situazioni in cui somministrare più terapie o farmaci triturati, e che continueranno a porre problemi), ma soprattutto a discutere la gestione, anche farmacologica, dei problemi dei pazienti in RSA.
Bibliografia
1. Tognoni G. Caregiver: una domanda aperta a medicina, sanità e società. Assist Inferm Ric 2010; 29:201-5.
2. Donne del collettivo di vita e lavoro, che operano a Roma e Bastia: Anna Maria, Daniela, Delba, Lucia, Paula, Regina, Sabina. Il mondo degli AmA (Anziani molto Anziani): si può misurare l’efficacia di un intervento? Assist Inferm Ric 2013; 32:46-53.
3. Onder G, Vetrano DL, Cherubini A, Fini M, Mannucci PM, Marengoni A, et al. Prescription drug use among older adults in Italy: a country-wide perspective. J Am Med Dir Assoc 2014; 15:531.e11-5.
4. Boeri C. et al. la somministrazione di farmaci tritati e camuffati in RSA: prevalenza e implicazioni pratiche. Evidenze 2013; 5:e100060.
5. Scott IA, Hilmer SN, Reeve E, Potter K, Le Couter D, Rigby D, et al. Reducing inappropriate polipharmacy. The process of deprescribing. JAMA Intern Med 2015; 175:827-34.
6. Tija J, Briesacher BA, Peterson D, Liu Q, Andrade SE, Mitchell SL. Use of medication of questionable benefit in advanced dementia. JAMA Intern Med 2014; 174:1763-71.
7. Saiani L, Di Giulio P, Brolis R, Zambiasi P, Palese A. I problemi legati a farmaci e presidi in RSA e distretto. 1° parte. Informazioni sui farmaci 2007; 31:116-121; 2° parte. Informazioni sui farmaci 2007; 31:137-42.
Data di Redazione 06/2016
*Gruppo di lavoro RSA-Terapie
Provincia Brescia. E. Aliprandi, Fondazione le Rondini, Lumezzane; A. Bernardelli, Fondazione istituto Bregoli, Pezzaze; A. Cardoni, Azienda Speciale Comune di Concesio; C. Cesari, Fondazione Guerini, Orzivecchi; N.L. Cumpanasu, Fondazione Pio Ricovero Inabili, Castanedolo; A. Konci. Villaggio S. Francesco, Villanuova S/Clisi; A. Moniga, Fondazione Residenza degli Ulivi, Salò; S. Montorio, Casa di Soggiorno per Anziani Onlus, Bedizzole, A. Negretti, Fondazione S.Angela Merici Desenzano; P. Robazzi, Fondazione Casa di Riposo, Manerbio; C. Zani, Fondazione Lucini Cantù, Rovato; M. Zanini, Fondazione di Cura, Gardone Val Trompia. Provincia Milano. B. Castelli, RSA Maria Ausiliatrice, Milano; S. Cassano, RSA Edos, Gorla Minore; F. De Carlo, RSA Istituto Palazzolo Fondazione don Gnocchi, Milano; A. Fasolino, Istituto Martinitt e Stelline, Milano; F. Fusilli, RSA Mater Fidelis, Milano; A. Mazon, RSA Mater Fidelis, Milano; T. Milicevic, Provincia Religiosa S.Marziano di don Orione, Milano; A. Otelli, RSA Istituto Palazzolo Fondazione don Gnocchi, Milano; V.C. Pailina, RSA S. Giuseppe, Milano; E. Toci, RSA S. Marta Gruppo Segesta, Milano; M. Tupita, RSA Gianetti, Saronno.