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Proprietà farmacologiche
Dapagliflozin ed empagliflozin sono i primi farmaci immessi in commercio in Italia appartenenti ad una nuova classe di ipoglicemizzanti in grado di ridurre i livelli plasmatici di glucosio agendo direttamente sui reni e sulla loro funzione di riassorbitori del glucosio eliminato dal nostro organismo. La loro azione si esplica attraverso l’inibizione del co-trasportatore sodio-glucosio di tipo 2 (SGLT2). Gli inibitori del SGLT2 agiscono a livello renale bloccando una proteina chiamata appunto SGLT2 presente quasi esclusivamente nel tubulo renale prossimale e responsabile del riassorbimento del 90% del glucosio filtrato. Il restante 10% viene riassorbito dal SGLT1, che è invece presente anche nell’orletto a spazzola dei villi intestinali ed è il trasportatore principale responsabile dell’assorbimento di glucosio nell’intestino. I due farmaci differiscono per la loro selettività nei confronti delle due proteine: dapagliflozin è oltre 1400 volte più selettivo per SGLT2 rispetto a SGLT1, mentre empagliflozin è 5000 volte più selettivo per SGLT2 rispetto a SGLT11,2.
Bloccando in modo selettivo e reversibile l'azione del SGLT2, questi farmaci determinano una riduzione del riassorbimento del glucosio ed una maggiore escrezione di glucosio a livello urinario, riducendo così i livelli glicemici nel sangue. Il meccanismo d’azione degli inibitori del SGLT2 è indipendente dalla funzione delle beta cellule e dall’azione dell’insulina e ciò determina un ridotto rischio di ipoglicemia. Inoltre, hanno il potenziale di poter essere usati a qualsiasi stadio della patologia. Grazie al loro unico meccanismo d’azione, questi farmaci possono essere usati in combinazione con qualsiasi altra classe di ipoglicemizzanti. L’escrezione urinaria di glucosio determina una perdita di calorie, associata a perdita di grasso corporeo e riduzione del peso. Oltre alla riduzione del peso corporeo queste molecole determinano una riduzione sia di massa grassa che di massa magra oltre che una perdita maggiore del grasso viscerale, rispetto a quello sottocutaneo. La glicosuria osservata con gli inibitori del SGLT2 è accompagnata da lieve diuresi, che può contribuire ad una riduzione moderata e sostenuta della pressione arteriosa. La riduzione della pressione arteriosa indotta dagli inibitori del SGLT2, associata alla perdita di peso, alla riduzione del GFR e del volume plasmatico suggeriscono un effetto simile a quello dei diuretici3.
Efficacia clinica
Dapagliflozin
Una metanalisi condotta su 12 studi clinici randomizzati che hanno analizzato l’efficacia di dapagliflozin in associazione con altri farmaci ipoglicemizzanti ha evidenziato una riduzione di HbA1c pari a -0,52% (IC 95% tra -0,60 e -0,45) con una riduzione del peso corporeo di -2,10 Kg (IC 95% tra -2,32 e -1,88)4.
In un’altra metanalisi di 10 trial clinici la riduzione dei livelli medi di emoglobina glicosilata è stata di -0,53% (IC 95% tra -0.58 e -0,47) con una riduzione del peso pari a -1,63 kg (IC 95% tra -1,83 e -1,43)5. Dagli stessi dati è emerso come la monoterapia con dapagliflozin non sia risultata associata a rischio di ipoglicemia (RR=1,44; IC 95% tra 0,86 e 2,41). Il rischio emergeva invece se il dapagliflozin era utilizzato in associazione con altri ipoglicemizzanti (RR=1,16; IC 95% tra 1,05 e 1,29). In soggetti con insufficienza renale il dapagliflozin non è risultato essere efficace nella riduzione dei livelli di HbA1c.
Ci sono invece pochi studi che hanno confrontato l’efficacia del farmaco verso un confronto attivo; in particolare, se confrontato con metformina, il dosaggio di 5 mg si è dimostrato avere una efficacia simile, mentre il dosaggio di 10 mg ha evidenziato una efficacia superiore a metformina6. Se confrontato con glipizide come terapia in aggiunta a metformina il trattamento con dapagliflozin per 52 settimane ha dimostrato una efficacia equivalente (-0,52% in tutte e due i bracci) con una riduzione significativa degli episodi di ipoglicemia (3,5% dei pazienti rispetto al 40,8% nei pazienti trattati con la sulfonilurea)7. Il dato di efficacia è stato confermato anche nella fase di estensione dello studio fino a 104 settimane8. Infine, è possibile trarre delle informazioni di tipo indiretto da una recente network metanalisi che ha valutato l’efficacia di diversi farmaci ipoglicemizzanti in associazione alla metformina dopo 1 anno di trattamento: il dapagliflozin è risultato avere una efficacia simile a quella degli inibitori del DPP-4 (-0,08%; IC 95% tra -0,25 e 0,10), dei glitazonici (-0,02%; IC 95% tra -0,24 e 0,21), e delle sulfoniluree (0%; IC 95% tra -0,16 e 0,16) ma una minore incidenza di ipoglicemie rispetto agli inibitori del DPP-4, ai glitazoni ed alle sulfoniluree9. Inoltre il dapagliflozin ha ridotto il peso corporeo di -2,74 Kg (tra -5,35 e -0,10) se paragonato agli inibitori del DPP-4 e di -4,67 kg (tra −7,03 e −2,35) rispetto alle sulfoniluree9.
In un’analisi pre-specificata su 12 trial di 24 settimane controllati con placebo il trattamento con dapagliflozin era associato ad una riduzione di pressione sistolica e diastolica media di 4,4 e 2,1 mmHg, rispettivamente10. Della stessa entità erano anche i risultati di un’altra metanalisi specifica sulla valutazione dell’effetto degli inibitori del SGLT2 sui livelli pressori; in particolare il dapagliflozin era associato ad una riduzione della pressione sistolica di 3,78 mmHg (IC 95% tra -4,49 e -3,07) e della diastolica di 1,41 mmHg (IC 95% tra -1,80 e -0,96)11. Infine, il dapagliflozin sembra non induca alcun cambiamento nei parametri lipidici anche se in alcuni trial è stata osservata una riduzione dei trigliceridi e un aumento del colesterolo HDL.
Effetti indesiderati
Ipoglicemia
Gli inibitori del SGLT2 non causano ipoglicemia. Gli episodi di ipoglicemia emersi durante le diverse sperimentazioni dipendevano essenzialmente dal tipo di terapia di base utilizzata in ogni studio. Terapie di associazione con sulfonilurea e con insulina hanno avuto una più alta incidenza di ipoglicemia. Il dato è stato confermato anche da una recente network metanalisi da cui non emerge un aumento significativo del rischio di ipoglicemie degli inibitori del SGLT2 rispetto al placebo. Nel confronto con altri farmaci ipoglicemizzanti, il trattamento con insulina, nateglinide o sulfoniluree era associato con un rischio più elevato di ipoglicemia rispetto a dapagliflozin o empagliflozin (range di RR tra 4,14 e 22,93)14.
Infezioni genitali e urinarie
Le infezioni genitali sono state riportate nel 4,8% e nel 4,1% dei pazienti trattati con dapagliflozin ed empagliflozin, rispettivamente. In particolare, rispetto al placebo o ad altri ipoglicemizzanti il rischio correlato al trattamento con empagliflozin è triplo (OR=3,31; IC 95% 1,55-7,09)12. Nella maggior parte dei casi, le infezioni sono state lievi o moderate, e curabili con trattamento antimicrobico standard. Tali infezioni si sono verificate più frequentemente nelle donne (soprattutto vulvovaginiti) rispetto agli uomini (prevalentemente balaniti) e in soggetti con una storia pregressa di infezione ricorrente.
L’associazione degli inibitori del SGLT2 con le infezioni urinarie è meno evidente. In particolare, nei diversi studi con dapagliflozin è stato riscontrato un aumento nell’incidenza di casi di infezioni urinarie (5,7% dei casi di pazienti trattati con dapagliflozin 10 mg, 4,3% dei casi nei trattati con dapagliflozin 5 mg vs 3,7% dei casi trattati con placebo)15. Il trattamento con empagliflozin invece non era associato ad un aumento di tali eventi. Le infezioni delle vie urinarie osservate con empagliflozin sono state segnalate più frequentemente nei pazienti con una storia di infezioni delle vie urinarie croniche o ricorrenti, e nei pazienti anziani.
Deplezione volemica
Sono state segnalate reazioni correlate alla deplezione volemica (disidratazione, ipovolemia o ipotensione) nello 0,8 e 0,4% dei soggetti trattati rispettivamente con dapagliflozin 10 mg e placebo e nello 0,5% dei pazienti trattati con empagliflozin verso lo 0,3% dei trattati con placebo.
L’incidenza di questi eventi è risultata più elevata nei pazienti di età pari o superiore a 75 anni trattati con empagliflozin 10 mg (2,3%) o empagliflozin 25 mg (4,4%) rispetto ai pazienti trattati con placebo (2,1%).
Sicurezza cardiovascolare
I primi dati sulla sicurezza cardiovascolare provengono dalle analisi degli eventi avversi verificatisi nei singoli trial; non sembra esserci un aumento del rischio di eventi quali infarto, ictus e mortalità cardiovascolare associati all’uso di dapagliflozin (HR=0,82; IC 95% 0,58-1,15)1. Il dato è stato confermato da un’ulteriore metanalisi che includeva tra gli end-point anche le ospedalizzazioni per angina instabile (HR=0,789; IC 95% 0,579-1,070)16.
Per quanto riguarda l’empagliflozin, in una metanalisi prospettica, pre-specificata, condotta su eventi cardiovascolari di 12 studi, non è stato riscontrato alcun aumento del rischio cardiovascolare.
La valutazione della sicurezza di tale classe di farmaci sarà tuttavia valutata solo alla conclusione di studi di grandi dimensioni su outcome cardiovascolari: lo studio DECLARE TIMI 58 (The Dapagliflozin Effect on Cardiovascular Events), che prevede di reclutare circa 27000 pazienti ad alto rischio cardiovascolare e dovrebbe concludersi nel 2019, e lo studio EMPA-REG OUTCOME (The Empagliflozin Cardiovascular Outcome Event Trial in Type 2 diabetes Mellitus)17 che ha reclutato 7020 pazienti ad alto rischio cardiovascolare (pregresso infarto del miocardio, patologia coronarica, angina instabile, ictus o vascolopatia periferica occlusiva). I dati di quest’ultimo trial sono stati recentemente pubblicati e presentati in occasione del congresso europeo EASD e suggeriscono, per la prima volta per un farmaco antidiabetico, un’efficacia dell’empagliflozin in aggiunta alla terapia standard nella riduzione del 14% degli eventi cardiovascolari (mortalità cardiovascolare, infarto del miocardio e ictus) (HR=0,86; IC 95% 0,74-0,99). La differenza riscontrata nell’endpoint principale è dovuta essenzialmente all’effetto del farmaco sulla riduzione della mortalità cardiovascolare e per tutte le cause (HR=0,62; IC 95% 0,49-0,77 e HR= 0,68; IC 95% 0,57-0,82, rispettivamente) e nel minor rischio di ospedalizzazione per scompenso cardiaco (HR=0,65; IC 95% 0,50-0,85)18.
Fratture
Nonostante non ci siano forti evidenze sull’associazione tra uso di inibitori del SGLT2 e fratture, le autorità regolatorie hanno richiesto ulteriori studi di farmacovigilanza per accertare tale assenza di associazione.
Tumori
Negli studi sul dapagliflozin sono stati osservati alcuni casi di tumore alla vescica; tuttavia, nonostante al momento sia stata esclusa una relazione causale tra dapagliflozin e incidenza di tumore alla vescica, in misura precauzionale, dapagliflozin non è raccomandato in pazienti trattati in concomitanza con pioglitazone.
Chetoacidosi
Lo scorso 12 Giugno l'Agenzia europea per i medicinali (EMA)19 ha avviato una revisione di canagliflozin, dapagliflozin e empagliflozin per la valutazione del rischio di chetoacidosi diabetica in seguito al verificarsi di 101 casi a livello mondiale di chetoacidosi diabetica in pazienti con diabete di tipo 2 in trattamento con inibitori del SGLT2. L’evento è comparso nella metà dei casi nei primi due mesi di terapia. L’eventuale iperchetonemia e la conseguente acidosi durante trattamento con SGLT2 potrebbero non essere sospettati o potrebbero essere riconosciuti in ritardo per la mancanza di una concomitante marcata iperglicemia, anomalia metabolica tipica della classica chetoacidosi diabetica.
Avvertenze
Dal momento che tali farmaci per poter agire in modo efficace hanno necessità di una adeguata filtrazione glomerulare, possono essere utilizzati in soggetti con funzionalità renale normale o con lieve insufficienza renale. Non dovrebbero essere utilizzati in pazienti con eGFR <60 ml/min/1,73 m2. Inoltre, se in trattamento con empagliflozin e in caso di eGFR costantemente inferiore a 45 ml/min/1,73 m2 il farmaco deve essere interrotto. Nei pazienti anziani, seppure non è richiesto alcun aggiustamento di dosaggio, occorre valutare la funzione renale e il rischio di deplezione di volume. Nei pazienti di età ≥ 75 anni per dapagliflozin e ≥ 85 per empagliflozin non è raccomandabile iniziare la terapia a causa della limitata esperienza clinica.
Dosaggio. In monoterapia e terapia di associazione aggiuntiva (add-on) la dose raccomandata è di 10 mg di dapagliflozin una volta al giorno.
Costi
Cosiderando il prezzo al pubblico, Il costo di un anno di trattamento con dapaglifozin 10 mg, sia in monoterapia sia con l’associazione precostituita con metformina, è di 685€, mentre con empaglifozin è di 772€ [con tutta probabilità rimarrà lo stesso anche per l’associazione precostituita con metformina (Synjardy) già autorizzata dall’EMA]. I costi sono assimilabili a quelli delle gliptine.
Bibliografia
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Data di Redazione 6/2015