Premessa
L'uso del principio attivo nella prescrizione e nella dispensazione dei farmaci è una realtà consolidata in alcuni Paesi europei, mentre in altri è iniziata da poco tempo. In Italia, è finora limitato:
alla prescrizione di farmaci non più coperti da brevetto, per i quali è possibile da parte del farmacista sostituire una specialità con brevetto scaduto con un'altra specialità o con un generico aventi lo stesso principio attivo, dose e forma farmaceutica (L. 425/96 e L. 405/2001);
alla dispensazione di farmaci di classe C in base alla cosiddetta "lista di trasparenza", ossia l'elenco che riporta per ogni farmaco a cari co del cittadino i corrispondenti medicinali equivalenti a minor prezzo (L. 149/2005).
Queste leggi non includono i farmaci coperti da brevetto, anche se nessuna disposizione in Italia vieta di prescrivere un farmaco indicandone solo la sua Denominazione Comune Internazionale (DCI), dose e forma farmaceutica. Nella pratica, tuttavia, un paziente che presenti in farmacia una prescrizione così formulata, potrebbe essere costretto a ritornare dal medico per modificare la ricetta qualora il farmacista non sappia di avere la facoltà di scegliere una specialità tra le varie esistenti per una stessa DCI. In un mercato ipertrofico dispecialità-copia, la nuova direttiva europea1 conferma ancora la possibilità del co-marketing e quindi non è pensabile che in un prossimo futuro il numero di specialità-copia si riduca.
Di fronte ad alcuni inconvenienti, facilmente superabili, esistono molti motivi che fanno auspicare un incentivo formale della prescrizione per DCI. La DCI
La DCI (o INN, International Nonproprietary Name) è stata creata nel 1953 sotto l'egida dell'Organizzazione Mondiale della Sanità con lo scopo di servire come linguaggio comune per identificare i farmaci con una nomenclatura internazionale e univoca2, utile nella prescrizione e distribuzione dei farmaci nonché per la comunicazione e gli scambi di informazioni fra operatori sanitari, ricercatori, autorità regolatorie e pazienti. Anche il sistema di classificazione Anatomica Terapeutico Chimica (ATC), creato negli anni '70, prevede che ai farmaci venga di norma attribuita la DCI.
La DCI, che identifica il principio attivo di un farmaco, viene attribuita in modo tale che una parte del nome del farmaco (prefisso, suffisso o la parte intermedia) sia comune a tutte le sostanze dello stesso gruppo terapeutico. La Tabella 1 sintetizza i vari modi in cui un farmaco può essere designato. In questo caso, sono stati considerati due farmaci: uno senza brevetto (nimesulide) ed uno ancora con brevetto (omeprazolo). Da notare che in Italia, per un farmaco come nimesulide, esistono ben 44 specialità diverse. Perché prescrivere per DCI? Prima ragione: conoscere meglio i farmaci
Pensare in termini di DCI, cioè in termini di principio attivo, richiama alla mente la categoria terapeutica a cui appartiene il farmaco. Pensare alla specialità richiama alla mente solo la ditta produttrice. La prescrizione per DCI permetterebbe di interrompere l'atto condizionato che attribuisce alla diagnosi di una malattia il nome registrato di un medicinale. Il ragionamento terapeutico, invece, dovrebbe passare dalla diagnosi alla valutazione di un eventuale trattamento (farmacologico o non) e, in caso di scelta di quello farmacologico, definire la classe terapeutica e il principio attivo. Il riconoscimento delle classi terapeutiche è importante anche per poter scegliere tra i principi attivi sostanzialmente equivalenti quello con il miglior profilo di costo/efficacia.
L'uso della DCI, inoltre, agevola l'uso di fonti di informazione indipendenti: in tutte le fonti d'informazione affidabili e indipendenti, negli studi clinici, nelle linee guida e nelle metanalisi viene usata la DCI.
Seconda ragione: un linguaggio comune
In ospedale le prescrizioni si fanno indifferentemente per DCI o utilizzando il nome commerciale. Le gare d'acquisto dei farmaci vengono gestite riferendosi al principio attivo, quando non addirittura alla classe terapeutica omogenea. L'adozione della DCI agevolerebbe, quindi, la comunicazione fra gli specialisti e i medici di medicina generale che potrebbero riappropriarsi della loro piena autonomia prescrittiva quando alla indicazione del principio attivo da parte dello specialista dovesse seguire quella del solo gruppo terapeutico.
L'uso della DCI, inoltre, offrirebbe maggiore chiarezza e assicurerebbe la continuità terapeutica (ad es. anche in caso di viaggi all'estero, situazione sempre più frequente per i cittadini di tutti i paesi o al momento del ricovero in ospedale). Questo perché non si verrebbero a creare condizioni di rischio o di vera e propria confusione legati a nomi commerciali simili, ma relativi a principi attivi completamente diversi.
In un contesto di co-marketing ipertrofico sarebbe più facile gestire un sistema con DCI anche per il farmacista, permettendogli di ridurre gli stock di farmaci-copia.
Terza ragione: medici e farmacisti, ad ognuno il proprio compito
Con la prescrizione del principio attivo, specificando la via di somministrazione e il dosaggio, il medico potrebbe smettere di preoccuparsi di nomi, confezioni e aspetti burocratici o tecnici come la concedibilità. Sarebbe compito del farmacista scegliere la confezione più appropriata a quanto prescritto e alle regole del sistema di sanità pubblica. Anche il farmacista ritornerebbe così a svolgere i compiti che gli sono propri con il vantaggio di ridurre le scorte.
Quarta ragione:migliorare la comunicazione fra medici e pazienti
Non dovendo memorizzare nomi, confezioni e aspetti amministrativi, il medico avrebbe più tempo per parlare della cura con il paziente; per quest'ultimo sarebbe più semplice rendersi conto del trattamento che riceve rafforzando così un rapporto di alleanza terapeutica. Quando prescrivere per DCI
Nella prescrizione per DCI si possono distinguere due diverse situazioni: la prescrizione di farmaci per trattamenti acuti e quella per trattamenti cronici. Nel caso di trattamenti acuti basta scegliere un principio attivo e un dosaggio senza tener conto delle abitudini terapeutiche del paziente né modificare i valori plasmatici del farmaco già stabilizzati. Questa è la situazione ideale perché permette al paziente di capire come viene trattato e di identificare la sostanza. Anche quando si deve iniziare un trattamento di lunga durata, come nel caso precedente, si può scegliere un principio attivo e un dosaggio, verificando che non ci siano rischi correlati ad un determinato eccipiente od ostacoli di tipo psicologico da parte del paziente e prescrivere per DCI.
Se invece il trattamento cronico è già in corso e si deve cambiare la specialità, è importante tener presente i limiti farmacologici riportati nel Box 1. Altre considerazioni Gli eccipienti
A volte gli eccipienti possono avere un ruolo importante: ad esempio nei bambini il sapore di uno sciroppo può determinare l'accettazione o meno di un trattamento. Ci sono sapori che non sono facilmente tollerati. In questi casi il medico o il farmacista possono facilitare la scelta della specialità adeguata. In altri casi, per motivi culturali, religiosi o di altro tipo, certe forme farmaceutiche sono più accettabili di altre. Anche certe confezioni possono comportare delle difficoltà (ad esempio, flaconi difficili da aprire). Il medico e il farmacista devono tener conto anche di tali questioni pratiche. Inoltre, alcuni eccipienti (saccarosio, alcool etilico, sodio, potassio, solfiti) o certi conservanti possono generare intolleranze. In questi casi, la DCI non può definire il farmaco adatto ai bisogni del paziente, è necessario essere più precisi e la cosa più semplice è scegliere una specialità che non presenti simili inconvenienti.
I fattori psicologici
Ci sono una serie di fattori che possono generare nel paziente diffidenza sul trattamento prescritto per DCI, mettendo a rischio la continuità del trattamento. Quando le reticenze sembrano insuperabili è preferibile prescrivere una specialità, oppure è meglio che il farmacista, davanti ad una prescrizione per DCI, scelga la specialità che è ben accetta dal paziente. A volte, nelle persone anziane o nei pazienti con disturbi psichiatrici, il cambiamento di una specialità può comportare dei rischi (confusione, non accettazione). In questi casi, bisogna informare il paziente e valutare quanto questo può compromettere la continuità del trattamento. Lo stesso problema si pone anche quando la specialità che si assume da tempo cambia confezione, forma, colore, ecc. In tutti i casi bisogna informare adeguatamente e coinvolgere il paziente.
La scelta del paziente
Tra tutte le specialità che corrispondono ad una stessa sostanza, forma farmaceutica e dosaggio, sarebbe normale che il paziente potesse scegliere il farmaco in funzione delle sue preferenze (di forma, sapore, prezzo). Questo avviene frequentemente per gli analgesici o per gli antibiotici. In simili circostanze, dove non ci sono particolari rischi farmacoterapeutici, non ci sarebbe motivo per rifiutare le richieste. Questo, tuttavia, potrebbe porre al farmacista un problema di stoccaggio delle specialità simili quando la prescrizione per DCI dovrebbe invece ridurre le scorte. In tali casi, un dialogo col paziente può aiutare a trovare dei compromessi ragionevoli. La prescrizione per DCI in altri paesi europei
Per contrastare la crescita della spesa farmaceutica, molti governi hanno intrapreso politiche di agevolazione delle prescrizioni di generici, con una buona crescita delle aziende del settore. Molte aziende farmaceutiche hanno, però, adottato strategie volte ad allungare la copertura brevettale delle specialità attraverso modifiche, anche lievi, della formulazione. Per contrastare tale scelta, la direttiva UE 27/2004 - il cui termine di recepimento scadeva nel 2005 - modifica la definizione di generico prevedendo che "i vari sali, esteri, eteri, isomeri, miscele di isomeri, complessi o derivati di una sostanza attiva sono considerati la stessa sostanza attiva se non presentano differenze significative delle proprietà relative alla sicurezza e/o efficacia".
Francia
Nel 2004, la Francia ha recepito la direttiva UE ed ha definito una serie di provvedimenti (progressiva riduzione da 15 a 10 anni della copertura brevettale, revisione del prontuario terapeutico, diminuzione dei prezzi) con l'obiettivo di raggiungere entro il 2007 il 30% come quota dei generici sul totale dei farmaci rimborsati3,4. LaRevue Prescrire ha lanciato, nell'ottobre 2005, una campagna a favore della prescrizione per DCI, ma non sono ancora disponibili i risultati.
Belgio
La prescrizione per DCI è possibile sia per i farmaci con brevetto che per quelli senza. Questo tipo di prescrizione è recente e non sono ancora disponibili i dati delle prescrizioni per DCI. Non ci sono incentivi al farmacista per la dispensazione per DCI.
Germania
La prescrizione per DCI è possibile sia per i farmaci senza che per quelli con brevetto. I farmacisti, per dispensare un farmaco, devono applicare la normativa "aut diem" ovvero scegliere il medicinale tra i (tre) più economici. Si osservano alcuni meccanismi di "disturbo" da parte di certe ditte produttrici che offrono incentivi per la prescrizione del marchio oppure attraverso software sponsorizzati che aggiungono direttamente il marchio quando il medico prescrive per DCI.
Spagna
La Spagna ha incluso la prescrizione per principio attivo nel piano di politica farmaceutica per la razionalizzazione dei consumi attuato nel 2004 dal Ministero della Salute e dalle Comunità autonome5. Dal 2001, la Regione autonoma dell'Andalusia ha avviato una campagna sulla prescrizione per DCI. La campagna prevede incentivi ai farmacisti e al pubblico per favorire la dispensazione per DCI; attualmente la prescrizione per DCI rappresenta circa l'80% del totale delle prescrizioni.
Inghilterra
L'80% circa delle prescrizioni è fatto per DCI (dati 2003). I farmacisti hanno un incentivo per la dispensazione di farmaci generici, ma non possono sostituire una prescrizione fatta col nome della specialità.
Lettera a La Repubblica di venerdì 27 maggio 2005
Solo il principio attivo? Io, medico, dico sì.
Lamberto Pressato(medico di medicina generale, Azienda ULSS 13 di Mirano, ex Presidente Ordine dei Medici Venezia)
"Il decreto sui farmaci è ottimo" ha dichiarato nei giorni scorsi il presidente dell'antitrust Antonio Catricalà, "ma può essere migliorato in Parlamento, per esempio immaginando di introdurre l'obbligo per il medico di indicare nelle ricette solo il principio attivo e non il nome commerciale del farmaco. Così si eviterebbe al malato l'imbarazzo di dover comprare soltanto quelle medicine che hanno costi più alti".
Una parte del mondo dei medici ha reagito con fastidio se non con ribellione. Personalmente dico: perché no? Primo. Una corretta terapia ispirata ai principi scientifici non è mai stata riferita a "nomi commerciali" e la ricerca scientifica non ha mai pubblicato che principi attivi. Secondo. Agli studenti in medicina vengono insegnati proprio i principi attivi e non i nomi commerciali dei farmaci. Terzo. In Europa ci si trova di fronte a nomi differenti di identici farmaci. Infine: il medico ha da sempre la possibilità di scrivere su ricetta "farmaco non sostituibile". Questa è l'unica osservazione che mi permetto di fare al presidente dell'Antitrust. La "obbligatorietà del principio attivo" decade solo quando configge con la insostituibilità indicata dal medico.
Bibliografia 1. GU n. 142 del 21.06.2006. 2. La DCI: un language commun, intelligibile et international. Rev Prescr 2000; 209: 607-8 Rev Prescr 2002; 22 (234 suppl): 892-3. 3. Priorité à la DCI entre soignants et patients. Rev Prescr 2005; 265: 706-8. 4. Francia: i nuovi incentivi ai generici. News 1/2004, notiziario Federfarma. 5. Farmaci, così Madrid ha tagliato la spesa. Il Sole 24 ore Sanità del 22.02.2005: 35.