Le infezioni trasmesse sessualmente sono comuni, specie nella fascia più giovane della popolazione (< 20 anni); quelle causate dalla Chlamydia trachomatis risultano in assoluto le più frequenti (all'incirca 3 milioni di nuove infezioni l'anno negli USA). Poiché sono per lo più asintomatiche e perciò difficilmente diagnosticate se non per caso e/o nel corso di studi epidemiologici di screening, non è possibile indicare con precisione la vera prevalenza di queste infezioni. La loro rilevanza clinica è notevole perché causano sindromi infettive acute che il medico di medicina generale deve saper riconoscere e trattare, sia perché possono dar luogo a complicazioni abbastanza gravi a carico dell'apparato riproduttivo nella donna.
Un aspetto caratteristico delle infezioni trasmesse per via sessuale è quello di presentarsi con sindromi infettive molto simili tra loro, ma ad etiologia molto varia (v.Tabella 1). La aspecificità dei segni e dei sintomi mette in difficoltà il medico (e il paziente stesso) nel formulare una diagnosi differenziale precisa poiché non si riesce a distinguere tra loro quadri infettivi che presentano gli stessi segni o sintomi, ma che risultano avere cause diverse e che quindi richiedono trattamenti diversi.
Nell'articolo cercheremo di descrivere le sindromi infettive più rilevanti per il medico di medicina generale separatamente per l'uomo e la donna, le loro complicazioni e indicheremo l'approccio terapeutico di scelta.
Le infezioni da Chlamydia trachomatis
Le clamidie sono batteri Gram-negativi intracellulari obbligatori (capaci cioè di sopravvivere solo all'interno delle cellule eucariote) che vengono "ingeriti" dalle cellule degli epiteli a colonna, si replicano nel citoplasma di tali cellule, provocandone la rottura e favorendo così il diffondersi dell'infezione.
La diagnosi.La diagnosi viene fatta sulla base di tecniche di immunofluorescenza ELISA o ibridizzazione su tamponi cervicali, nella donna, o uretrali, nell'uomo. Più recente è l'impiego della PCR (Polymerase Chain Reaction) da effettuarsi sulle urine. E' importante, però, che il medico di medicina generale conosca i più comuni quadri sindromici che entrano in diagnosi differenziale con le infezioni da clamidia. Richiamiamo qui rapidamente quelli più frequenti.
Le sindromi cliniche. La Tabella 2 illustra le diverse sindromi infettive da clamidia. Va subito detto che laChlamydia trachomatis non è il solo agente etiologico responsabile delle sindromi elencate (e ciò impone una corretta diagnosi differenziale) come pure non è la sola specie di clamidia responsabile di infezioni nell'uomo (basti pensare alla Chlamydia pneumoniae e alla Chlamydia psittaci responsabili di infezioni respiratorie quali polmonite interstiziale e bronchite).
I sintomi. Dipendono dalla localizzazione dell'infezione. Nella donna, l'infezione dell'uretra e del tratto genitale inferiore può provocare disuria, spesso associata a piuria sterile, perdite vaginali e sanguinamento dopo i rapporti sessuali. La localizzazione dell'infezione al tratto genitale superiore può causare sanguinamento uterino e dolori addominali o pelvici. Nell'uomo, invece, i sintomi più frequenti sono rappresentati da disuria e scolo ureterale chiaro configurando così la sindrome della uretrite non-gonococcica.
Le complicazioni. Nella donna, una infezione da Chlamydia trachomatis non trattata in modo adeguato può causare complicazioni anche gravi quale una malattia infiammatoria pelvica (PID), che, a sua volta, può avere come sequele infertilità, gravidanza ectopica e dolore cronico pelvico. Due/terzi dei casi di infertilità tubarica e un/terzo delle gravidanze ectopiche sono attribuibili alle infezioni da Chlamydia trachomatis. Non solo, ma una infezione che si verifichi in corso di gravidanza è in grado di causare parto prematuro, morte neonatale, rottura precoce delle membrane, endometrite post partum. Sempre in gravidanza, anche il neonato può essere danneggiato acquisendo dalla madre durante il parto l'infezione, che si manifesta con congiuntivite, nasofaringite e polmonite.
Nell'uomo, le principali complicazioni di una infezione non trattata, sono rappresentate da prostatite cronica, infertilità e stenosi uretrali.
I fattori di rischio. Il principale fattore è l'età giovane (< 25 anni), ma anche il riscontro di partner sessuali multipli e il mancato impiego di contraccettivi di barriera, sono fattori di rischio riconosciuti. Detti fattori sono importanti in quanto guidano il medico nella scelta di proseguire o meno negli accertamenti diagnostici di screening nel paziente asintomatico o oligosintomatico.
Il trattamento. Il fatto che gran parte delle infezioni possa decorrere in modo asintomatico espone il paziente al rischio di subire le conseguenze dell'infezione, in particolare, nella donna, di quelle più temibili come la PID e le sue sequele sull'apparato riproduttivo. Si pone perciò come prioritaria la messa in atto di una strategia di screening volta ad identificare le infezioni asintomatiche od oligosintomatiche da trattare. Purtroppo, v'è ancora grande incertezza nell'identificare chi debba essere sottoposto a screening e con quale frequenza. Esistono, comunque, varie linee guida di società scientifiche e organizzazioni sanitarie pubbliche che possono servire da punto di riferimento e quasi tutte indicano l'esigenza di sottoporre a screening la popolazione più a rischio (donna di età <25 anni, attiva sessualmente con più partner, o gravidanza in atto) ogni 6-12 mesi.
La terapia della infezione da Chlamydia trachomatis dipende dalla sindrome infettiva diagnosticata (v. box).
Le infezioni gonococciche
Le infezioni gonococciche hanno una incidenza diversa in funzione della popolazione studiata, ma rappresentano un problema non infrequente nella pratica di medicina generale.
Le sindromi cliniche (v.Tabella 3). Come già ricordato, sia nell'uomo che nella donna le sindromi cliniche presentano aspetti similari a quelle da Chlamydia trachomatis e la diagnosi differenziale può essere stabilita con certezza solo con appropriati esami laboratoristici colturali. Non è infrequente la presenza concomitante dei due agenti infettivi.
Sia nell'uomo che nella donna l'infezione gonococcica può interessare qualsiasi parte del tratto genitale come sola localizzazione o in combinazione con altra localizzazione (es. orofaringe) o manifestarsi in forma disseminata. Nella donna è più frequente che nell'uomo l'evenienza di una infezione asintomatica (es. uretrite e infezione anorettale).
La diagnosi. Deve essere basata sugli accertamenti colturali da eseguire sempre al primo sospetto clinico. La coltura su terreno specifico rimane il "gold standard" per la diagnosi anche se sono disponibili altre tecniche sofisticate (DNA prober, Amplificazione DNA). Può essere opportuno prendere tamponi in più sedi anche in assenza di sintomi.
I sintomi. Dipendono dalla localizzazione dell'infezione e sono aspecifici, risultano cioè simili a quelli riscontrabili con altri agenti etiologici (es. Chlamydia trachomatis) ad identica localizzazione (es. uretrite non gonococcica, PID).
Trattamento. Vanno tenuti presenti, innanzitutto, alcuni aspetti generali comuni correlati al trattamento.
- Gli schemi di trattamento consigliati sono molti, spesso simili per il maschio e la femmina.
- Fattori importanti nella scelta di uno o più di tali schemi sono:
L'epidemiologia locale delle resistenze. E' il problema più importante. Penicilline e tetracicline sono da tempo inutilizzabili nella terapia delle infezioni gonococciche in quanto la stragrande maggioranza dei ceppi di Neisseria gonorrhoeae risulta resistente a tali farmaci. Inoltre, fenomeno assai più preoccupante, i fluorochinoloni inizialmente molto attivi non si possono impiegare come farmaci di prima linea in molte aree del mondo avendo la Neisseria sviluppato resistenza nei loro confronti. Tale fenomeno (presente oggi soprattutto nei paesi in via di sviluppo, ma anche in California) potrebbe estendersi in tutti i paesi privando così il medico di farmaci importanti. E' confortante il dato che sino ad ora non sia stata riportata resistenza alle cefalosporine.
La tipologia della sindrome infettiva. Faringite e malattia disseminata possono presentare più frequentemente problemi nel trattamento.
La consistenza e qualità dei dati clinici a sostegno della efficacia e tollerabilità dello schema.
La sospetta concomitanza di una infezione da Chlamydia trachomatis. Richiede un trattamento combinato che utilizza le tetracicline insieme alle cefalosporine. Spesso risulta indicata anche una terapia "empirica"; si tratta cioè il paziente per le due infezioni solo su base clinica (senza cioè dimostrazione microbiologica) data la elevata frequenza epidemiologica della doppia infezione.
La compliancedel pazienteal trattamento. Risulta essere di fondamentale importanza e viene meglio garantita da schemi terapeutici in dose unica e somministrabili in presenza del medico.
Il costo. Può rappresentare un problema per alcuni pazienti.
La tollerabilità. Fatta salva la possibile storia di allergie ai beta-lattamici, non si riscontrano generalmente problemi rilevanti. Non v'è necessità di prelevare colture di controllo se la compliance del paziente è sicura.
Le vaginiti infettive
La presenza di segni e sintomi vulvo-vaginali di varia natura (es. perdite, disuria, prurito, flogosi localizzata) è evenienza frequente nella donna e causa di ricorso al medico o all'automedicazione. Detta sintomatologia è però aspecifica e non consente di porre una diagnosi etiologica a meno di ricorrere ad accertamenti laboratoristici adeguati. Critici a tal proposito sono quelli eseguiti sul secreto vaginale [es. aspetto, pH, KOH test, citologico ("clue cells"), colture] che consentono di distinguere le vaginiti di origine infettiva tra di loro e nei confronti delle altre malattie sessualmente trasmesse più sopra illustrate. L'articolo si limiterà a considerare le tre forme di vaginite infettiva di più comune riscontro e cioè: la vaginosi batterica, le vulvo-vaginiti da candida e quelle daTrichomonas.
Vaginosi batterica
E' la causa principale di vaginite in età fertile. Consiste in una modifica complessa della flora batterica vaginale caratterizzata da una riduzione della flora costituita da lattobacilli che viene sostituita da una flora mista caratterizzata da Gardnerella vaginalis, Mycoplasma hominis e molti anaerobi Gram-negativi (Prevotella, Porphyromonas, Bacteroides) e Grampositivi (Peptostreptococchi). Le cause di tale variazione ecologica non sono note. Fattori di rischio sono i partner sessuali multipli e i contraccettivi intrauterini. Il 50% circa delle pazienti non presenta sintomi. Possibili complicazioni della vaginosi batterica includono endometrite, infezioni post-partum, post isterectomia e post-aborto. La diagnosi di certezza si basa sull'esame del secreto vaginale che presenta un odore "di pesce" caratteristico. La coltura vaginale è inutile.
Terapia. La vaginosi batterica può risolversi spontaneamente e perciò il trattamento va limitato alle pazienti sintomatiche o a quelle asintomatiche in caso di gravidanza o aborto (prevenzione infezioni post-procedura). Il trattamento si basa su numerose opzioni terapeutiche quali metronidazolo 500 mg, per os, 2 volte/die per 7 giorni, oppure clindamicina 2% crema, una applicazione vaginale/notte per 7 giorni, oppure metronidazolo gel 0,75%, 2 applicazioni vaginali/die per 5 giorni oppure metronidazolo, per os, 2 g, in unica somministrazione. Va comunque ricordato che:
- il farmaco più efficace e meglio documentato rimane il metronidazolo;
- la scelta tra via orale e topica è indifferente e va tenuto conto delle preferenze della paziente;
- la dose orale singola risulta meno efficace (recidiva);
- altre terapie proposte includono: sulfamidici, topici, tetracicline, macrolidi, lavande vaginali con clorexidina, ampicillina. Sono, però, da evitare in quanto di minore efficacia;
- in caso di recidiva (30% delle pazienti a 3 mesi), il trattamento va prolungato per 2 settimane;
- alcune pazienti necessitano di una terapia soppressiva a lungo termine con metronidazolo gel 0,75% per 10 giorni seguito da 2 applicazioni/settimana per 3-6 mesi.
Vulvite e vulvovaginite da Candida
La Candida albicans è l'agente etiologico più frequente, ma sembra evidente un incremento della candida non albicans (glabrata). Fattori di rischio sono rappresentati da trattamenti con antibiotici, contraccettivi orali e uso di dispositivi intrauterini. I sintomi più frequenti sono prurito, disuria, irritazione locale. La diagnosi si basa sul pH vaginale (4-4,5) e l'esame microscopico e colturale, ma va tenuto conto che l'esame microscopico è negativo nel 50% delle pazienti sicuramente affette da candidosi vulvo-vaginale. Il trattamento varia a seconda che si tratti di candidosi non complicata o di una forma complicata.
La vaginite non complicata è caratterizzata da 4 elementi: sintomatologia soggettiva di modesta entità, frequenza sporadica, riscontro di una Candida albicans all'esame microscopico o colturale e da un ospite immunocompetente. I regimi terapeutici proposti sono basati sull'uso di antimicotici per via orale o topica con schemi in monosomministrazione o posologia ripetuta. I farmaci orali più documentati sono il clotrimazolo, il miconazolo, il tioconazolo e il terconazolo, somministrabili topicamente e il fluconazolo (somministrabile in dose unica per via orale). La via sistemica è controindicata in gravidanza. Con questi farmaci la percentuale di guarigione è superiore all'80% e sarà perciò la paziente a decidere quale formulazione usare, se orale o topica.
La vaginite complicata è caratterizzata dai seguenti 4 elementi: sintomatologia grave, ricorrenza dell'infezione, presenza di Candida non-albicans, ospite immunocompromesso.
I regimi terapeutici proposti sono costituiti da un antimicotico azolico topico per 14 giorni oppure dal fluconazolo per via orale, 150 mg, 2 dosi distanziate di 3 giorni l'una dall'altra.
In caso di infezioni ricorrenti, la somministrazione dell'antimicotico topico o del fluconazolo va seguita da una terapia soppressiva con fluconazolo, 150 mg per via orale, 1 volta alla settimana oppure da clotrimazolo, 500 mg, candelette vaginali, 1 volta /settimana sino a che la paziente è asintomatica.
Trichomoniasi
E' la terza più frequente causa di vaginite. L'agente etiologico è il Trichomonas vaginalis, che viene trasmesso sessualmente. Spesso v'è coinfezione con altri patogeni trasmessi sessualmente (Chlamydia). Il quadro clinico varia da una asintomaticità ad una infiammazione acuta, anche grave (secrezione purulenta, prurito, bruciore, disuria). I sintomi sono aspecifici e non consentono una diagnosi etiologica. Le complicazioni riguardano la paziente in gravidanza dove l'infezione si associa a prematurità. La diagnosi è certa al riscontro del protozoo mobile nelle secrezioni. Il trattamento è indicato sia nella donna che nel suo partner e consiste nell'impiego di metronidazolo, 500 mg, per via orale, 2 volte/die per 7 giorni oppure metronidazolo, 2g per os, in dose singola.
- Esistono dati a favore di un trattamento topico, ma la via orale va preferita in quanto il farmaco per via sistemica raggiunge l'uretra e le ghiandole preuretrali dove si localizza il Trichomonas. La via topica, non garantendo tale diffusione, causa spesso una ricorrenza dell'infezione.
- Il tinidazolo ha una documentazione di efficacia minore.
- In caso di fallimento, il trattamento consiste in metronidazolo, 500 mg per os, 2 volte al giorni per 7 giorni. In caso di nuovo fallimento metrodinazolo 2 g/die, per via orale, per 2-5 giorni.
Conclusioni
La diagnosi e il trattamento delle infezioni trasmesse sessualmente sono alla portata del medico di medicina generale, che se ne può fare pienamente carico. La similarità della sintomatologia e del quadro clinico di infezioni così diverse nella loro etiologia mettono tuttavia a dura prova le conoscenze del medico e la sua capacità diagnostica. Questo fatto ha favorito una impostazione terapeutica spesso errata, cioè quella dell'approccio empirico a tali infezioni. Anche se ciò è giustificato in talune occasioni, questa strategia terapeutica non va incoraggiata se si vuole ottenere dalla terapia il massimo beneficio. A conforto del medico di medicina generale sta la possibilità di utilizzare poche molecole molto efficaci e relativamente ben tollerate, che può gestire autonomamente.
Il ricorso allo specialista deve essere mirato (in caso di incertezza diagnostica o mancata risposta terapeutica). Rimane invece responsabilità dell'autorità sanitaria pubblica il monitoraggio della epidemiologia di queste infezioni e le eventuali iniziative di screening rivolte alla identificazione della popolazione "a rischio" spesso asintomatica.
Il trattamento farmacologico non esaurisce la strategia terapeutica. Altre sono le misure da porre in atto quali:
estendere il trattamento farmacologico anche al partner o ai partners, se più d'uno. Trascurare questa misura in molti casi facilita la ricorrenza dell'infezione;
estendere le indagini diagnostiche alla ricerca di altra affezione trasmessa sessualmente;
tenere presente l'opportunità di discutere con il paziente gli aspetti correlati alla possibile acquisizione di una infezione da HIV;
istruire il paziente all'impiego di contraccettivi di barriera.
Bibliografia
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- Jones RB, Batteiger BE. Chlamydia trachomatis. In Mandell G.L. Principles and Practice of Infectious Diseases. 5th Ed. 2000.