Impatto delle infezioni invasive pneumococciche Streptococcus pneumoniae è causa di quadri patologici diversi per gravità e caratteristiche epidemiologiche, che vengono distinti tra malattie non invasive - comprendenti soprattutto le infezioni delle vie aeree superiori e l'otite media acuta - e Malattia Invasiva Pneumococcica (MIP), definita dalla disseminazione batterica nel torrente circolatorio e/o nel sistema nervoso centrale. In pratica quest'ultima comprende la meningite, la batteriemia isolata, e quella associata a polmonite. Nell'adulto, il 60-87% dei casi di batteriemia pneumococcica si associa a polmonite1-3.
D'altra parte, il 10-25% dei casi di polmonite pneumococcica risulta associata a batteriemia. Soltanto in questi casi la polmonite viene considerata manifestazione di MIP.
La valutazione dell'impatto della MIP costituisce oggettivamente un problema complesso, per una serie di motivi:
- non esiste un sistema di sorveglianza delle polmoniti batteriche, peraltro non solo in Italia;
- il quadro clinico è relativamente aspecifico e non vi è consuetudine di ricercare l'agente eziologico tramite emocoltura;
- la frequenza della MIP in termini assoluti è contenuta, decisamente inferiore a quella della polmonite.
I dati disponibili indicano negli USA tassi di incidenza di MIP pari a 30-35/100.0004-5, con un aumento nelle fasce d'età più avanzate: 80-85/100.000 dopo i 65 anni di età. Oltre il 90% degli adulti che contraggono una MIP ha almeno uno dei fattori di rischio illustrati in Tabella 1, ivi compresa l'età superiore ai 65 anni. Tra i fattori favorenti la MIP rientra anche l'istituzionalizzazione ; S. pneumoniae è la causa più frequente delle polmoniti acquisite nelle strutture per anziani 6.
Per i paesi occidentali si stima un'incidenza di MIP inferiore, compresa fra 15 e 20/100.000 nella popolazione generale e pari a circa 50/100.000 negli anziani7.
In alcuni paesi sono stati condotti studi puntuali:
- in Danimarca : 17-27/100.000 nella popolazione generale8;
- in Scozia: un recente studio ha mostrato tassi per 100.000 abitanti pari a 11 nella popolazione generale, 45 nei soggetti ultrasessantacinquenni, 176-483 nelle persone con patologie croniche e 562-2.031 nei soggetti fortemente immunodepressi9;
- in Francia: circa 10 /100.000 abitanti10.
Anche uno studio scozzese ha confermato che la MIP colpisce soprattutto soggetti con fattori di rischio9. La letalità è stimata attorno al 20% nella popolazione generale9e al 40% negli anziani11,12.
Il vaccino polisaccaridico
Il vaccino contiene 23 antigeni capsulari purificati di S. pneumoniae, corrispondenti ai sierotipi responsabili dell'86-98% delle MIP nei paesi occidentali9, 13-15.
Immunogenicità
La Vaccinazione Antipneumococcica (VA) provoca una risposta specifica (aumento di almeno 2 volte della concentrazione anticorpale sierospecifica) in almeno l'80% dei soggetti sani adulti16-17. L'immunogenicità è di poco inferiore nei soggetti anziani e nei soggetti affetti da patologie croniche non marcatamente immunodepressive (Tabella 1, punto 2), mentre è decisamente inferiore nei soggetti immunodepressi (Tabella 1, punto 3), purtroppo gli stessi esposti al massimo rischio di MIP16,18,19.
Efficacia protettiva della vaccinazione
La discussione inerente l'efficacia protettiva della VA nei soggetti anziani e ad alto rischio è stata ed è ancora oggetto di pareri controversi20, legati alle difficoltà sopra richiamate a proposito della sorveglianza delle infezioni, ed anche al fatto che sostanzialmente il vaccino contiene 23 antigeni diversi, corrispondenti ad altrettanti sierotipi.
Esaminando nel dettaglio gli end-point valutati nei diversi studi, si distinguono due sostanziali capitoli: da una parte la prevenzione della MIP, e dall'altra tutti gli altri obiettivi via via considerati.
A. Prevenzione della MIP (batteriemia pneumococcica)
La VA si è mostrata efficace nella riduzione del rischio di batteriemia nella popolazione immunocompetente in più studi 22-27.
Alcuni studi hanno dimostrato l'efficacia della vaccinazione nella popolazione anziana o ad alto rischio, pur in misura inferiore a quella nella popolazione sana 14,21. In altre osservazioni non è stato confermato lo stesso risultato favorevole 33,24,30.
L'efficacia è documentata negli ultrasessantacinquenni e nelle persone affette da patologie croniche non marcatamente immunodepressive, (Tabella 1, punto 2). Praticamente tutti gli studi hanno dato invece esito insoddisfacente nella vaccinazione delle persone affette da malattie marcatamente immunodepressive (Tabella 1, punto 3).
Attualmente vi è consenso internazionale nel valutare complessivamente l'efficacia della VA nella prevenzione della MIP attorno al 50-80% 18, 31-33.
B. Prevenzione di altre patologie
Polmonite non specificata
L'evidenza di efficacia protettiva della VA nei confronti della polmonite non specificata è uno degli aspetti controversi. Generalmente i dati mostrano risultati negativi: in cinque studi comprendenti complessivamente quasi 8.000 anziani o pazienti ad alto rischio 29, 34-37, la vaccinazione è risultata non protettiva. Analogo riscontro si è avuto in un recente studio di coorte su circa 50.000 soggetti 21.
In altri studi, al contrario, si è avuta dimostrazione di efficacia, seppur contenuta 38, 39.
Polmonite pneumococcica
Alcuni studi su soggetti immunocompetenti hanno mostrato efficacia nella prevenzione di questa patologia22, 40-41.
Nei gruppi a rischio (anziani e pazienti con patologie croniche), invece, la vaccinazione non ha in genere mostrato vantaggi significativi28,34,42-45 .
Infezioni delle basse vie respiratorie
La VA non ha mostrato significativi vantaggi né nei gruppi a rischio né nei soggetti sani 34,40,41,43.
Vantaggi nei soggetti affetti da asma bronchiale
L'asma bronchiale non trattata con steroidi per via sistemica non costituisce un fattore di rischio per la MIP, mentre può esporre a infezioni non invasive. Gli studi condotti per valutare i vantaggi della vaccinazione delle persone asmatiche non hanno finora dimostrato particolari benefici46.
Morte per polmonite
In uno studio è stata dimostrata la riduzione del rischio per gli immunocompetenti 41, con un NNT calcolato di 21323.
La maggior parte degli studi non ha evidenziato protezione per gli anziani o i soggetti ad alto rischio 28,29,34-36,43,47.
In un recente studio di coorte è stato però evidenziato un effetto positivo sulla riduzione della mortalità per qualunque causa nella popolazione immunocompetente21 (OR 0,88).
Richiami
Da quanto detto sopra per la somministrazione di una sola dose, si intuisce che risulta difficoltoso definire la necessità di richiami. I dati desumibili dagli studi sierologici indicherebbero la necessità di richiami decennali, mentre alcuni dati clinici suggeriscono la persistenza della protezione anche a distanza di 10 anni dalla prima somministrazione 59.
I richiami sono ben tollerati. Non sono raccomandati di routine, ma soltanto nei soggetti affetti da asplenia chirurgica o funzionale o da nefropatia cronica (ogni 5 anni). I Centers for Disease Control (CDC) degli USA raccomandano il richiamo negli anziani ultrasessantacinquenni istituzionalizzati vaccinati da più di 5 anni prima e che al momento della prima somministrazione avevano meno di 65 anni 48. Nei soggetti ad altissimo rischio, quali le persone affette da sindrome nefrosica, i richiami sono raccomandati con frequenza anche maggiore14. Effetti indesiderati e controindicazioni
La VA non pone praticamente problemi di tollerabilità. Nel 30-50% dei casi compare una modesta reazione flogistica locale che scompare entro 48 ore. Sono rare le reazioni generali come febbre e mialgie. Non sono segnalate reazioni comportanti danni permanenti, né mortali. Il vaccino non è stato sperimentato in gravidanza.
È generalmente sconsigliata la rivaccinazione a meno di 5 anni dalla dose precedente, anche se negli anziani istituzionalizzati, con anamnesi vaccinale ignota, i CDC raccomandano comunque la vaccinazione48.
Commento
La valutazione di efficacia della vaccinazione antipneumococcica ha posto molti e rilevanti problemi metodologici, ancora oggi non completamente risolti. 1. Gli studi valutano in pratica contemporaneamente l'efficacia di 23 vaccini diversi, ciascuno efficace nei confronti di un numero di casi molto limitato (le infezioni sostenute da quello specifico sierotipo): è evidente che, essendo il numero dei casi di malattia più contenuto rispetto ad altre patologie, risulta difficoltoso acquisire dati con significatività statistica. 2. Questo problema è ulteriormente accentuato quando la popolazione viene stratificata sia per età sia per altri fattori di rischio, proprio per l'esiguità della popolazione inclusa. Sono infatti numerosi gli studi in cui l'assenza di dimostrazione dell'efficacia protettiva della vaccinazione in sottogruppi di popolazione è legata a scarsa precisione delle stime (limiti fiduciali troppo ampi) e ad una assenza di significatività statistica, influenzata anche dalle ridotte dimensioni della popolazione in studio. Questo limite emerge chiaramente anche dalla lettura delle metanalisi sull'argomento, basate su RCTs. Le diverse metanalisi hanno fornito valutazioni non sempre sovrapponibili, anche se generalmente negative sull'efficacia della vaccinazione negli anziani e nelle persone ad alto rischio di MIP23,24,26,49. Tuttavia, gli RCTs in soggetti ad alto rischio oggetto di tali revisioni avevano limiti importanti di dimensioni della popolazione in studio. Al riguardo, riportiamo integralmente il commento dello Scottish Intercollegiate Guidelines Network, contenuto nel documento di Linee Guida scozzesi33, a nostro avviso approfondito e rigoroso (vedi box).
Ormai non solo la citata Scozia, ma molti altri Paesi raccomandano la vaccinazione antipneumococcica ai soggetti a rischio per età e/o per patologia18. In Europa ricordiamo fra gli altri: Svezia, Norvegia, Danimarca, Finlandia, Francia52, Germania, Regno Unito53, Belgio.
Negli U.S.A. la vaccinazione delle persone di età superiore ai 65 anni è stata valutata favorevolmente anche sotto il profilo economico, poiché consentirebbe di risparmiare risorse, in analogia con due soli altri interventi sanitari sulla popolazione della stessa fascia d'età: la vaccinazione antinfluenzale e il PAP-test per le donne 20,54. Uso della VA per la prevenzione della polmonite nosocomiale
Sebbene S. pneumoniae non costituisca la causa principale di polmonite associata ai trattamenti sanitari, è tuttavia l'agente eziologico di gravi infezioni polmonari e di batteriemie55. I fattori di rischio individuali sono gli stessi enunciati per la popolazione generale.
La VA rientra fra le misure raccomandate negli Stati Uniti per la prevenzione della polmonite associata ai trattamenti sanitari, con la seguente considerazione: "Dato che almeno i due terzi dei pazienti con malattia pneumococcica importante sono stati ricoverati almeno una volta nei cinque anni precedenti la malattia pneumococcica, sarebbe opportuno offrire la VA direttamente negli ospedali, al momento della dimissione" 55.
Con la stessa enfasi i CDC hanno recentemente confermato tali indicazioni, estendendo la raccomandazione a definire politiche di intervento anche alle strutture residenziali ("long-term care facilities")56.
Conclusioni
Come si è visto, la valutazione dell'efficacia clinica della VA presenta importanti problemi, al momento attuale non ancora risolti. Approcci diversi al problema portano a decisioni operative opposte, avallate da una parte e dall'altra da autorevoli supporti teorici, anche se, come già sottolineato, molti paesi europei sulla base delle evidenze disponibili hanno comunque deciso di raccomandare la vaccinazione antipneumococcica ai soggetti a rischio per età e/o patologia.
La discussione rimane quindi aperta, anche se, sulla base dei dati riassunti in questa nota, è possibile indicare alcuni punti condivisi. 1. Nell'ambito di una campagna di vaccinazione antipneumococcica, l'obiettivo minimo del programma vaccinale è rappresentato dalla prevenzione della MIP57 (e non della polmonite di per sé). 2. Le campagne di vaccinazione su larga scala possono prendere in considerazione diversi fattori di rischio, singolarmente o in associazione, riconducibili a quelli illustrati in Tabella 1. Sostanzialmente sono possibili tre tipi di scelte:
a. Offrire la VA a tutti coloro che hanno superato una data soglia di età (65, 75 anni,...), soprattutto se istituzionalizzati; b. Offrire la VA a chi presenta fattori di rischio patologici (e non anagrafici); c. Offrire la VA a chi presenta i fattori di rischio associati (patologia ed età superiore ad una certa soglia), e a chi è comunque affetto da patologie ad altissimo rischio (splenectomia, ecc.).
La valutazione in merito alla scelta della politica di vaccinazione è legata a diversi criteri, fra i quali il guadagno in salute atteso e le risorse disponibili.
Per quanto riguarda l'Emilia-Romagna, la Regione sta valutando l'ipotesi di offrire gratuitamente la vaccinazione alle persone affette da patologie a rischio e agli anziani istituzionalizzati, cioè a coloro fra i quali l'incidenza di malattia invasiva è maggiore.
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