Classe A PT/PTH.
Prescrizione soggetta a diagnosi e piano terapeutico da parte di strutture cardiologiche territoriali od ospedaliere.
Indicazioni registrate: trattamento sintomatico dell’angina pectoris cronica stabile in pazienti con normale ritmo sinusale che abbiano una controindicazione o una intolleranza ai beta-bloccanti.
Proprietà farmacologiche
Ivabradina è un derivato del verapamil in grado di ridurre la frequenza cardiaca attraverso una inibizione selettiva della corrente pacemaker specifica If che controlla la depolarizzazione spontanea del nodo del seno e regola la frequenza cardiaca. Gli effetti cardiaci sono specifici per il nodo del seno senza effetti sui tempi di conduzione intra-atriale, atrioventricolare o intraventricolare, né sulla contrattilità miocardica o sulla ripolarizzazione ventricolare1.
Dopo somministrazione orale, l’ivabradina viene rapidamente assorbita e raggiunge il picco delle concentrazioni plasmatiche in circa un’ora, in condizioni di digiuno. La biodisponibilità è di circa il 40% a causa di un primo passaggio epatico. Il cibo ritarda l’assorbimento di un’ora e ne aumenta le concentrazioni plasmatiche del 20-30%. Viene estesamente metabolizzata nel fegato e nell’intestino mediante ossidazione catalizzata dal citocromo P450 isoenzima CYP3A4, con formazione di un metabolita principale attivo demetilato. L’emivita è di circa 11 ore. L’eliminazione dei metaboliti avviene in parti uguali con le feci e le urine1.
Efficacia clinica
Uno studio di dose-finding della durata di 2 settimane, in doppio cieco, controllato con placebo, realizzato su 360 pazienti, ha dimostrato un effetto dose-dipendente dell’ivabradina sui parametri di tolleranza allo sforzo alle dosi impiegate di 2,5 mg, 5 mg e 10 mg due volte al giorno2.
Studi a breve termine
L’efficacia a breve termine dell’ivabradina è stata valutata in tre studi randomizzati, in doppio cieco, in pazienti adulti con una storia di angina cronica stabile da almeno 3 mesi, senza angina a riposo. Negli studi, la misura di esito principale consisteva nella variazione della durata dell’esercizio misurata in secondi al treadmill o al cicloergometro. End point secondari erano rappresentati dal tempo di comparsa di angina e di angina limitante e dal tempo di comparsa all’ECG di un sottoslivellamento del tratto ST di almeno 1 mm durante il test ergometrico.
Nel primo studio, 939 pazienti sono stati randomizzati a ivabradina 5 mg 2 volte al giorno o ad atenololo 50 mg/die per 4 settimane, poi a ivabradina 7,5 mg (n=300) o 10 mg 2 volte al giorno (n=298) e ad atenololo 100 mg una volta al giorno (n=286) per ulteriori 12 settimane3. Al termine dello studio, la durata dell’esercizio fisico è aumentata di 87 e 92 secondi nel gruppo ivabradina (7,5 e 10 mg per 2/die) e 79 secondi nel gruppo atenololo 100 mg rispetto al basale di 595 e 578 secondi. Il margine di "non inferiorità", fissato in 35 secondi di differenza, veniva soddisfatto. L’ivabradina è risultata non inferiore all’atenololo ai due dosaggi e in tutti gli end point. Il numero di attacchi anginosi si è ridotto di 2/3 con entrambi i farmaci.
Il secondo studio, condotto su 1.195 pazienti, ha confrontato ivabradina 7,5 mg (n = 400) e 10 mg due volte al giorno (n = 391) con amlodipina 10 mg una volta al giorno (n = 404)4. Dopo 3 mesi di trattamento, la durata totale dell’esercizio è aumentata di 28 e 22 secondi nel gruppo ivabradina (7,5 e 10 mg per 2/die) e di 31 secondi nel gruppo amlodipina. Sulla base del margine predefinito di non inferiorità di 30 secondi, l’ivabradina è risultata statisticamente "non inferiore" all’amlodipina. Non inferiore all’amlodipina è risultata anche negli end point secondari.
Nel terzo studio, della durata di 3 mesi, condotto su 728 pazienti, l’aggiunta di ivabradina (5 o 7,5 mg 2 volte al giorno) ad una terapia di base con amlodipina (10 mg/die) non si è dimostrata superiore all’aggiunta di placebo nel miglioramento della durata dell’esercizio fisico5.
Studi a lungo termine
L’efficacia a lungo termine della ivabradina è stata valutata come misura di esito secondaria in due studi randomizzati, in doppio cieco, della durata di 1 anno5.
Il primo ha confrontato ivabradina (10 mg per 2/die) con atenololo (100 mg/die) in 318 pazienti e non ha rilevato differenze tra i due farmaci nella frequenza degli attacchi di angina e nell’uso di nitroderivati al bisogno. Nel secondo (n=386), non sono emerse differenze tra due diverse dosi di ivabradina (5 mg 2 volte al giorno e 7,5 mg 2 volte al giorno) negli stessi parametri.
Effetti indesiderati Effetti cardiaci
Negli studi di confronto diretto, l’incidenza di eventi coronarici gravi è stata più alta con ivabradina rispetto ad atenololo (3,8% vs. 1,5%) e più bassa con ivabradina rispetto ad amlodipina (1,8% vs. 2,5%)5. Le aritmie severe sono state più frequenti con ivabradina che con atenololo (1,3% vs. 0,7%) e amlodipina (0,6% vs. 0,2%). La bradicardia sinusale ha avuto una incidenza simile con ivabradina e atenololo (5,7 vs. 5,1%), ma è risultata più frequente nei pazienti trattati con ivabradina rispetto a quelli trattati con amlodipina (8,5% vs. 1,7%)5. La scheda tecnica sostiene che l’ivabradina non deve essere somministrata nei pazienti con bradicardia a riposo (<60 battiti al minuto), con malattia del seno, in pazienti portatori di pacemakers, con blocco AV di 3° grado e insufficienza cardiaca grave (NYHA III-IV)1.
Disturbi visivi
Il 17% dei pazienti trattati con ivabradina ha lamentato la comparsa di disturbi visivi (vs. 3-7% dei gruppi trattati coi farmaci di confronto). Nel 14,5% dei casi si è trattato di fenomeni luminosi (fosfeni), descritti come una aumentata luminosità transitoria in un’area limitata del campo visivo5. I fosfeni si sono manifestati generalmente entro i primi 2 mesi di terapia e nella maggioranza dei casi (76%) si sono risolti durante il trattamento. Meno dell’1% dei pazienti ha dovuto sospendere il farmaco per questo effetto indesiderato. In animali trattati con ivabradina sono state osservate variazioni reversibili della funzione retinica, da attribuire alla interazione del farmaco con la corrente Ih attivata per iperpolarizzazione, presente nella retina, omologa con la corrente pacemaker cardiaca If. Uno studio specifico condotto su volontari sani, in doppio cieco, verso placebo, non ha rilevato una influenza negativa dell’ivabradina sulla capacità di guida, ma è difficile estrapolare alle condizioni di guida reale in pazienti più anziani un risultato sperimentale ottenuto con l’aiuto di un simulatore in soggetti giovani in buona salute5. Ad oggi non vi è evidenza di un effetto tossico sulla retina, ma non si conoscono gli effetti sulla funzione retinica a lungo termine; i dati sono limitati a trattamenti non superiori ad un anno. L’EMEA ha richiesto alla ditta produttrice studi post-marketing sulla funzione visiva5.
Interazioni
L’ivabradina viene metabolizzata dal citocromo CYP3A4. Secondo la scheda tecnica, l’uso concomitante di potenti inibitori del CYP3A4 come gli antimicotici azolici, i macrolidi, gli inibitori della proteasi HIV (nelfinavir, ritonavir) è controindicato (aumentano la concentrazione plasmatica dell’ivabradina di 7-8 volte)1. Deve essere anche evitata l’associazione dell’ivabradina con diltiazem o verapamil che sono moderati inibitori del CYP3A4 e riducono la frequenza cardiaca1. Un’altra associazione sconsigliata è quella con farmaci che prolungano il QT sia cardiovascolari (es. chinidina, sotalolo, amiodarone) che non (es. pimozide, sertindolo, meflochina)1.
Dosaggio
La dose abituale iniziale è di 5 mg due volte al giorno. Dopo 3-4 settimane può essere aumentata a 7,5 mg due volte al giorno.
Costi
Un anno di trattamento con ivabradina (5 mg due volte al giorno) ha un costo di 1.024 euro. Un analogo trattamento con amlodipina (generico, 10 mg una volta al giorno) è di 171 euro, con verapamil (Isoptin e generici, 240 mg/die) di 134 euro.
Nei pazienti con angina stabile, l’ivabradina ha un profilo beneficio/rischio meno favorevole di quello dell’atenololo. Nei casi in cui un beta-bloccante sia controindicato o non tollerato, l’ivabradina non è più efficace dell’amlodipina, ha un minor effetto protettivo nei confronti delle gravi aritmie e causa disturbi visivi con sequele a lungo termine ignote. Nel trattamento di seconda linea, i calcio antagonisti diidropiridinici come l’amlodipina e non diidropiridinici come verapamil e diltiazem rimangono le alternative migliori ai beta-bloccanti. Questa gerarchia terapeutica emersa dalla ricerca clinica rischia di essere stravolta dallo studio di valutazione post-marketing che, in assenza di più rigorosi criteri di selezione dei pazienti, finirà con favorire l’impiego dell’ivabradina in seconda linea.
Bibliografia 1. Procoralan. Riassunto delle caratteristiche del prodotto. 2. Borer JS et al. Antianginal and antiischemic effects of ivabradine, an If inhibitor, in stable angina. Circulation 2003; 107:817-23. 3. Tardif JC et al. Efficacy of ivabradine, a new selective If inhibitor, compared with atenolol in patients with chronic stable angina. Eur Heart J 2005; 26:2529-36. 4. Ruzyllo W et al. Antianginal efficacy and safety of ivabradine compared with amlodipine in patients with stable effort angina pectoris: a 3-month randomized, double-blind, multicentre, noninferiority trial. Drugs 2007; 67:393-405. 5. EMEA. Committee for Human medicinal Products. European Public Assesment Report (EPAR). Corlentor. Scientific Discussion. www.emea.europa.eu/humandocs/humans/EPAR/corlentor/htlm.