Negli ultimi anni sono stati ottenuti importanti progressi nel trattamento del carcinoma del colon-retto metastatico. Già prima dell'approvazione dei farmaci biologici, l'aggiunta di irinotecan o oxaliplatino al tradizionale schema a base di fluorouracile e acido folinico aveva determinato un miglioramento significativo della sopravvivenza mediana1.
Recentemente, l'FDA e l'EMEA hanno approvato due farmaci biologici per il trattamento del carcinoma del colon-retto metastatico: il cetuximab ed il bevacizumab.
Il cetuximab, un anticorpo monoclonale che inibisce specificamente il recettore dell'epidermal growth factor (EGFR), è stato approvato per tumori che esprimono tale recettore, in combinazione con irinotecan dopo fallimento di chemioterapia contenente irinotecan. L'FDA, ma non l'EMEA, ha approvato il cetuximab anche come monoterapia in pazienti che non tollerano l'irinotecan.
Il bevacizumab, un anticorpo monoclonale che inibisce il vascular endothelial growth factor (VEGF), è stato approvato dall'FDA come prima linea di trattamento del colon-retto metastatico in combinazione con un regime a base di fluorouracile, mentre l'EMEA lo ha approvato come prima linea di trattamento in combinazione con fluorouracile e acido folinico endovena o fluorouracile, acido folinico e irinotecan endovena.
Presentiamo una breve revisione critica della letteratura che ha portato a tali decisioni, non solo per consentire al lettore di esprimere una propria valutazione sull'argomento, ma anche per introdurre qualche considerazione sull'impatto che i due farmaci potranno avere sia nella pratica clinica, sia nel servizio sanitario nazionale. Cetuximab
Il farmaco è stato valutato, sia da solo sia in associazione ad irinotecan, in pazienti in progressione dopo trattamento con irinotecan. In tutti gli studi è stato adottato il seguente schema terapeutico: ad una prima dose di 400 mg/m2 infusa in 120 minuti, seguivano dosi settimanali di 250 mg/m2 infuse in 60 minuti.
Uno studio di fase II2 ha valutato il cetuximab da solo in 57 pazienti dopo progressione con schemi a base di irinotecan. E' stata osservata una risposta parziale in 5 pazienti (8,8%) ed una stazionarietà in 21 pazienti (36,8%). Le mediane della durata della risposta, del tempo alla progressione e della sopravvivenza erano, rispettivamente di 4,2, 1,4, e 6,4 mesi. Le risposte non erano correlate al grado di espressione dell'EGFR.
Più recentemente, altri studi di fase II hanno confermato che il cetuximab, utilizzato da solo, determina una percentuale di risposte, tutte parziali, intorno al 10% in pazienti resistenti all'irinotecan e all'oxaliplatino3.
Un altro studio di fase II ha valutato il cetuximab in combinazione con irinotecan sempre in pazienti in progressione dopo terapia con irinotecan. Sono stati arruolati 121 pazienti: 21 (17,4%) hanno ottenuto una risposta parziale e 37 (30,6%) una stazionarietà di malattia. La durata mediana della risposta è stata 2,8 mesi4.
Infine, uno studio di fase III aveva l'obiettivo di dimostrare, come suggerito dal precedente studio pilota, che il cetuximab può ripristinare la sensibilità del tumore all'irinotecan dopo progressione della malattia5. I pazienti in progressione dopo terapia con irinotecan sono stati randomizzati 1:2 a ricevere cetuximab da solo o associato a irinotecan, quest'ultimo utilizzato alle stesse dosi somministrate ai pazienti prima della progressione. Sono entrati nello studio 329 pazienti, il 63% dei quali aveva fallito in precedenza anche un trattamento con oxaliplatino. L'associazione si è dimostrata significativamente superiore al cetuximab da solo nella percentuale di risposte ottenute e nel tempo mediano alla progressione. Invece, la sopravvivenza mediana non è risultata significativamente differente tra i due trattamenti. Anche in questo studio la percentuale di risposte non è risultata significativamente correlata al grado di espressione dell'EGFR, mentre era significativamente correlata con la presenza di effetti collaterali a livello cutaneo del farmaco (risposte nel 25,8% vs 6,3% con la combinazione e 13% vs 0% con il cetuximab da solo).
Alla progressione, dei pazienti trattati con solo cetuximab 56 hanno continuato cetuximab con irinotecan, ottenendo in 2 casi una risposta. In questi, il tempo alla progressione è stato di 1,4 mesi.
Al di là delle possibili spiegazioni del perché l'aggiunta del cetuximab all'irinotecan superi la resistenza del tumore all'irinotecan da solo6, questo studio ha sollevato più problemi che fornito risposte sul ruolo del farmaco. Infatti, è uno studio di fase II randomizzato avente come end point primario la risposta obiettiva. Lo studio può fornire solo una risposta alla domanda se, nei pazienti in progressione dopo terapia con irinotecan, associando l'irinotecan al cetuximab si possa ottenere una percentuale di risposte significativamente superiore a quelle osservabili con il cetuximab da solo. La risposta è affermativa, ma lo studio elude i quesiti più rilevanti nella pratica clinica: nei pazienti resistenti all'irinotecan, qual è l'attività e l'efficacia del cetuximab da solo o associato all'irinotecan? Una risposta sarebbe potuta giungere solo da uno studio di confronto tra irinotecan + cetuximab (o cetuximab da solo) verso irinotecan da solo, o, visto che si tratta di pazienti resistenti a tale farmaco, verso oxaliplatino o verso la migliore terapia di supporto.
Nonostante ciò gli autori concludono che il cetuximab da solo può essere un'opzione per pazienti che non sono candidati a ricevere o che scelgono di non ricevere un trattamento con irinotecan. Sulla base dei soli dati di questo studio, la valutazione dell'attività del cetuximab da solo è non comparativa e, malgrado ciò, l'FDA lo ha autorizzato per tale indicazione. Inoltre, l'indicazione approvata dall'FDA e dall'EMEA di usare il cetuximab in associazione all'irinotecan in pazienti resistenti all'irinotecan richiederebbe una dimostrazione di efficacia attualmente mancante, in quanto, in tale studio, il confronto è inappropriato per tale scopo. Va detto, inoltre, che, avendo meno del 60% di potenza per evidenziare un miglioramento della sopravvivenza di 2 mesi tra i due trattamenti, lo studio non era pianificato per dimostrare una superiorità in termini di sopravvivenza e/o di qualità di vita7. Ne consegue che il Servizio Sanitario Nazionale rimborserà a caro prezzo8 un farmaco su cui non è stata condotta una sufficiente ricerca volta ad individuarne il ruolo nella pratica clinica. Bevacizumab
In uno studio di fase II, 104 pazienti sono stati randomizzati a ricevere acido folinico e fluorouracile secondo il regime del Roswell Park, da solo o associato a due diverse dosi di bevacizumab (5 e 10 mg/kg ogni 2 settimane)9. Nonostante la randomizzazione, si è riscontrato uno sbilanciamento dei fattori prognostici che avrebbe potuto avere un impatto, anche notevole, sui risultati. Ad esempio, nel gruppo con bevacizumab rispetto al gruppo di controllo, erano superiori le percentuali, sul totale, delle donne, che, com'è noto, hanno una sopravvivenza superiore rispetto ai maschi, e dei pazienti con miglior performance status. I risultati hanno evidenziato un'efficacia addizionale di 5mg/kg (ma non di 10mg/kg) di bevacizumab nella percentuale di risposte e nel tempo alla progressione, ma non nella mediana di sopravvivenza. Pertanto tale dose è stata poi utilizzata nei successivi studi.
In uno studio di fase III sono stati arruolati 923 pazienti, in prima linea di trattamento per carcinoma metastatico, destinati inizialmente ad essere randomizzati a ricevere uno dei seguenti 3 schemi: a) IFL (irinotecan 125 mg/m2, fluorouracile 500 mg/m2, acido folinico 20 mg/m2, alla settimana per 4 settimane consecutive; cicli ogni 6 settimane) + placebo; b) IFL associato a bevacizumab (5 mg/kg ogni 2 settimane); c)FL (acido folinico + fluorouracile secondo il regime del Roswell Park) più bevacizumab (5 mg/kg ogni 2 settimane)10.
Dopo l'arruolamento di 303 pazienti, un'analisi ad interim, pianificata, dimostrava una accettabile tollerabilità del braccio con IFL + bevacizumab (combinazione in precedenza non testata), per cui è stato interrotto il braccio (c). Il lavoro pubblicato ha riportato i risultati relativi agli 813 pazienti randomizzati a ricevere IFL da solo (411 pazienti) o in associazione con bevacizumab (402 pazienti). L'aggiunta di bevacizumab ad IFL aumenta significativamente la sopravvivenza mediana di 4,7 mesi, oltre all'incidenza (+ 10%) e durata (+ 4,4 mesi) delle risposte, ed al tempo mediano alla progressione (+ 2,6 mesi).
Rispetto ai risultati di altri studi di confronto tra farmaci biologici in associazione alla chemioterapia versoquest'ultima da sola, quelli forniti della ricerca suddetta sono indubbiamente più solidi ed eclatanti; sarebbe stato, quindi, opportuno eseguire immediatamente uno studio di conferma che, però, dopo l'approvazione della FDA, appare difficilmente realizzabile.
Al momento non vi è evidenza che il farmaco prolunghi la sopravvivenza quando è utilizzato da solo, pertanto va sempre usato in associazione.
Quando sono apparsi i risultati di questo studio controllato (giugno 2004), non erano disponibili dati sull'associazione del bevacizumab con altri regimi terapeutici più frequentemente utilizzati in Europa; nel 2005, però, ne sono stati pubblicati 3, mentre i risultati di un quarto studio sono stati presentati all'ASCO 2005.
Tanto per non sprecare nulla, il primo ha esposto i risultati ottenuti nei 110 pazienti arruolati nel braccio (c) [acido folinico più fluorouracile più bevacizumab] dello studio di fase III sopra descritto, confrontandoli con i 100 pazienti che avevano ricevuto IFL da solo (a) prima della sospensione del braccio di trattamento11. Lo studio evidenzia una differenza di efficacia non significativa tra i due trattamenti.
Sorprendentemente, ma non tanto, gli autori concludono che, poiché il regime acido folinico, fluorouracile e bevacizumab sembra efficace quanto IFL, e con accettabile tossicità, esso costituisce un trattamento alternativo attivo per pazienti con carcinoma del colon-retto metastatico non trattati precedentemente, e non candidati a ricevere irinotecan o che non lo tollerano (si osservi che non sono questi i pazienti su cui è stata condotta la sperimentazione!). Di fatto, con questo studio gli autori hanno cercato di raccomandare un trattamento per la prima linea del carcinoma metastatico del colon-retto utilizzando i dati dei pochi pazienti arruolati nel braccio acido folinico, fluorouracile e bevacizumab che volontariamente la ditta produttrice aveva deciso di interrompere, impedendo così qualsiasi valutazione seria dell'efficacia di questo regime. Inoltre, gli autori si sono ben guardati dal sottolineare i limiti dello studio e, nella discussione, si difendono da possibili critiche sostenendo che, malgrado il confronto tra acido folinico, fluorouracile e bevacizumab con IFL non fosse stato l'end point principale dello studio, l'analisi eseguita era stata comunque condotta utilizzando dati di efficacia e tollerabilità raccolti prospetticamente. Da un punto di vista metodologico, lo studio non solo trascura la disuguaglianza di Bonferroni, per cui, eseguendo più confronti sullo stesso materiale sperimentale, si altera automaticamente il livello di significatività, ma manca anche ogni valutazione di potenza. Inoltre, vi sono notevoli sbilanciamenti nei due gruppi a confronto, relativi al sesso e, soprattutto, al performance status che avvantaggiano nettamente il gruppo dei pazienti trattati con bevacizumab. Infine, data l'interruzione precoce, vi potrebbero anche essere problemi connessi con un diverso impatto nei gruppi di una ridotta durata di follow up. Suggeriamo alla casa produttrice di irinotecan di eseguire uno studio di confronto tra i 110 pazienti trattati con (c) ed i 103 arruolati prima dell'interruzione in (b), dimostrando così che l'aggiunta di irinotecan migliora l'efficacia del trattamento.
Il secondo è uno studio di fase II randomizzato con la sopravvivenza come end point principale, iniziato contemporaneamente allo studio di fase III (agosto-settembre 2000), in cui si confronta acido folinico, fluorouracile e bevacizumab verso acido folinico e fluorouracile in 104 + 105 pazienti non candidati a ricevere irinotecan (età avanzata, basso performance status, bassi livelli plasmatici di albumina)12. La contemporaneità dei due studi potrebbe essere letta come incertezza sullo sviluppo del farmaco, ma vi sono ben altri documentati problemi. Lo studio non solo è anomalo, in quanto, pur essendo di fase II, ha la sopravvivenza come end point principale, ma presenta anche alcuni limiti. Anzitutto, sono stati arruolati 209 pazienti in 2 anni in 60 centri pari ad una media di 1,6 paziente per anno per centro, violando così, probabilmente, il principio di consecutività dell'arruolamento. In secondo luogo, la randomizzazione ha avvantaggiato il braccio sperimentale sia per una più alta percentuale di donne (+ 5%), sia per una maggior prevalenza di pazienti con un unico sito metastatico (+ 8%). Lo studio evidenzia che il bevacizumab aumenta significativamente la sopravvivenza libera da progressione mediana (+ 3,7 mesi), ma non la sopravvivenza globale, né la percentuale di risposte obiettive. Inoltre, l'incidenza di ipertensione almeno di grado 3 è stata nettamente superiore nel gruppo sperimentale (3% vs 16%). Sulla base di questi risultati, concludere che "l'aggiunta di bevacizumab ad acido folinico e fluorouracile in pazienti non candidati ad una prima linea con irinotecan procura un beneficio clinicamente significativo inducendo un miglioramento del tempo mediano alla progressione statisticamente significativo" è almeno azzardato.
Nello stesso numero del Journal of Clinical Oncology, gli stessi autori pubblicano il terzo lavoro che è un'analisi combinata dell'efficacia del bevacizumab aggiunto all'acido folinico e al fluorouracile eseguita mettendo insieme i pazienti dei tre studi in cui tale schema è stato utilizzato9,11,12. Le conclusioni dello studio sono che "l'aggiunta del bevacizumab all'acido folinico e al fluorouracile determina un beneficio statisticamente significativo e clinicamente rilevante in pazienti con carcinoma del colon-retto precedentemente non trattato"13.
Ora, mettere insieme pazienti che hanno partecipato a studi diversi presenta sempre problemi le cui conseguenze nella metanalisi, ad esempio, sono ridotte in quanto si considera un effetto random per gli studi selezionati. Nel caso del presente lavoro, invece, tutto è fatto semplicisticamente, senza prevedere la valutazione, nemmeno generica, di fonti di variabilità diverse dai trattamenti. In particolare, i pazienti non sono omogenei: in uno studio, ma non negli altri due, i pazienti non erano eleggibili per un trattamento contenente irinotecan; i pazienti del gruppo di controllo sono stati ottenuti mettendo insieme regimi differenti. Inoltre, lo studio pubblicato nel 2003 forse è stato considerato solo per "far numero" (sarebbe stato disdicevole lavorare solo con due studi); nello studio, infatti, non solo i gruppi erano poco numerosi, ma il loro sbilanciamento rispetto ad alcuni fattori prognostici era risultato significativo.
Da ultimo, al congresso ASCO del 2005, in sessione plenaria, è stato presentato il quarto studio che ha valutato il bevacizumab da solo o in combinazione con il regime FOLFOX4, a dosi di 10 mg/kg endovena ogni 2 settimane, rispetto al FOLFOX4, come terapia di seconda linea in 829 pazienti con carcinoma del colon-retto metastatico pretrattati con fluoropirimidine ed irinotecan14. Il bevacizumab associato al FOLFOX4 era significativamente superiore al FOLFOX4 da solo in termini di percentuali di risposte obiettive (21,8% vs 9,2%), di tempo mediano alla progressione (7,2 vs 4,8 mesi) e di sopravvivenza mediana (12,9 vs 10,8 mesi). D'altro canto, il bevacizumab da solo forniva risultati inferiori al FOLFOX4 in termini di risposte (3,0 vs 9,2) e di tempo mediano alla progressione (2,7 vs 4,8 mesi), mentre la sopravvivenza era all'incirca la stessa. Ovviamente, è necessario attendere la pubblicazione dello studio per valutarne meglio i risultati, sebbene esso sembri suggerire, in linea con lo studio randomizzato, che il bevacizumab renda la malattia più facilmente aggredibile dalla chemioterapia. Il costo/mese del trattamento con farmaci biologici
La storia del costo di acquisizione dei farmaci utili nel trattamento del colon-retto metastatico in un paziente con superficie corporea di 1,7 m2 è probabilmente paradigmatica per l'intera oncologia. Fino alla fine degli anni '90, il costo medio per mese di trattamento dello schema MAYO era di 96,45 euro, mentre quello dello schema De Gramont era di 143 euro. Fino alla metà del 2005, il costo medio per mese di trattamento si attestava intorno ai 729 euro per il FOLFOX4 e ai 1.224 euro per il FOLFIRI, registrando così un incremento medio di oltre il 700%. Con l'introduzione dei nuovi farmaci, si passa a circa 3.300 euro per il FOLFOX4 + bevacizumab, 3.800 euro per FOLFIRI + bevacizumab, 5.000 euro per irinotecan + cetuximab, con un ulteriore incremento medio di 3-5 volte rispetto all'ultimo periodo e di circa 30-50 volte rispetto a fine anni '90. A ciò si aggiunga il costo per il controllo degli effetti indesiderati aggiuntivi indotti dalle nuove terapie.
Oltre alla considerazione che i costi attuali sono difficilmente sostenibili da qualsiasi Servizio Sanitario Nazionale (SSN), va riguardata anche l'entità dei benefici addizionali che non sembra paragonabile alla spesa aggiuntiva che, se protratta a lungo, è destinata a sacrificare altri settori dell'oncologia e, in generale, della sanità pubblica. Al momento, il SSN ha deciso di rimborsare sia il cetuximab che il bevacizumab. Ancora una volta, sta all'oncologo che ha a cuore le sorti del SSN di usarli correttamente nell'interesse non solo del paziente, ma anche dell'intera comunità. Bibliografia 1. Kelly H, Goldberg RM. Systemic therapy for metastatic colorectal cancer: current options, current evidence. J Clin Oncol 2005; 23: 4553-60. 2. Saltz LB et al. Phase II trial of cetuximab in patients with refractory colorectal cancer that express the epidermal growth factor receptor. J Clin Oncol 2004; 22: 1201-8. 3. Mancuso A, Sternberg CN. Colorectal cancer and antiangiogenic therapy: what can be expected in clinical practice? Crit Rev Oncol Hematol 2005; 55: 67-81. 4. Saltz L et al. Cetuximab (IMC-C225) plus irinotecan (CPT-11) is active in CPT-11 refractory colorectal cancer that express epidermal growth factor receptor. Proc ASCO 2001; 20: 3a. 5. Cunningham D et al. Cetuximab monotherapy and cetuximab plus irinotecan in irinotecan-refractory metastatic colorectal cancer. N Engl J Med 2004; 351: 337-45. 6. Elis LM, Hoff PM. Targeting the epidermal growth factor receptor: an important incremental step in the battle against colorectal cancer. J Clin Oncol 2004; 22: 1177-9. 7. Erlichman C, Sargent DJ. New treatment options for colorectal cancer. N Engl J Med 2004; 351: 391-2. 8. Schrag D. The price tag on progress chemotherapy for colorectal cancer. N Engl J Med 2004; 351: 317-9. 9. Kabbinavar F et al. Phase II randomized trial comparing bevacizumab plus fluorouracil (FU)/ Leucovorin (LV) with FU/LV alone in patients with metastatic colorectal cancer. J Clin Oncol 2003; 21: 60-5. 10. Hurwitz H et al. Bevacizumab plus irinotecan, fluorouracil and leucovorin for metastatic colorectal cancer. N Engl J Med 2004; 350: 2335-42. 11. Hurwitz HL et al. Bevacizumab in combination with fluorouracil and leucovorin: an active regimen for first-line metastatic colorectal cancer. J Clin Oncol 2005, 23: 3502-8. 12. Kabbinavar FF et al. Addition of bevacizumab to bolus fluorouracil and leucovorin in first-line metastatic colorectal cancer: results of a randomized phase II trial. J Clin Oncol 2005; 23: 3697-705. 13. Kabbinavar FF et al. Combined analysis of efficacy: the addition of bevacizumab to fluorouracil/leucovorin improves survival for patients with metastatic colorectal cancer. J Clin Oncol 2005; 23: 3706-12. 14. Giantonio BJ et al. High-dose bevacizumab improves survival when combined with FOLFOX 4 in previously treated advanced colorectal cancer: results from the Eastern Cooperative Oncology Group (ECOG) study E3200.Proc ASCO 2005; 23:1s.
L'articolo è stato tratto da Técne (2005; 9:161-5) per gentile concessione degli autori.