Nei pazienti oncologici sottoposti a chemio- o a radioterapia è fondamentale una efficace terapia antiemetica. La nausea e il vomito gravi associati a questi trattamenti possono causare ansia, anoressia, disidratazione, squilibri elettrolitici e insufficienza renale, possono demoralizzare il paziente e indurlo ad sospendere il trattamento1,2. Nel 1992, l'introduzione in commercio dell'ondansetron, il primo antagonista selettivo del recettore per la serotonina di tipo 3 (recettore 5-HT3), ha rappresentato un passo avanti importante nella prevenzione della nausea e vomito indotti dalla chemioterapia3. Oggi gli antiserotoninergici registrati sono molti. Questi farmaci vengono ampiamente prescritti nei pazienti sottoposti a trattamenti antineoplastici, ma non sempre in modo appropriato.
Sintomi indotti dalla chemioterapia
La comparsa di nausea e vomito in corso di chemioterapia dipende da fattori individuali legati al paziente (es. questi sintomi sono più comuni nelle donne, nei pazienti con nausea pregressa e in quelli in cui un precedente trattamento chemioterapico ha causato nausea e vomito), dai farmaci impiegati e dal loro dosaggio2,4.
I chemioterapici vengono spesso classificati in base al loro potenziale emetizzante. Il cisplatino (es. Platinex) è altamente emetizzante: senza un trattamento antiemetico, dosi singole superiori a 50mg/m2 causano vomito in quasi tutti i pazienti2,4,5. Tra i farmaci diversi dal cisplatino, la ciclofosfamide (Endoxan), a dosaggi superiori a 1.000mg/m2, e la dacarbazina (Deticene) sono anch'esse molto emetizzanti (es. provocano vomito in più del 90% dei pazienti). Con dosi inferiori di cisplatino o di ciclofosfamide, il rischio di vomito rimane ancora moderatamente elevato (60-90%); carboplatino (es. Paraplatin), doxorubicina (es. Adriblastina), ifosfamide (Holoxan), irinotecan (Campto) e metotrexato (es. Methotrexate) sono altri farmaci con un rischio emetizzante moderato o moderatamente elevato (variabile tra il 30% ed il 90%, a seconda del dosaggio). Fluorouracile (es. Fluorouracile Teva), etoposide (es. Vepesid) e taxani [docetaxel (Taxotere), paclitaxel (Taxol)] hanno un potenziale emetizzante da basso a moderato (10-30%), mentre la bleomicina (Bleomicina), il clorambucile (Leukeran) e gli alcaloidi della vinca [es. vinblastina (Velbe), vindesina (Eldisine)] sono classificati come a basso rischio (meno del 10% dei pazienti vomita dopo la somministrazione del farmaco)2,4,5. Con la polichemioterapia, il rischio di vomito è più alto rispetto alla monoterapia e viene generalmente determinato dai farmaci più emetizzanti presenti nell'associazione. Modalità di comparsa di nausea e vomito
La nausea e il vomito associati alla chemioterapia vengono suddivise in tre fasi: "acuta" (si verifica entro 24 ore dalla somministrazione della chemioterapia), "ritardata" (insorge dopo 24 ore dalla somministrazione e dura fino a 5-7 giorni) e "anticipatoria" (si manifesta nel giorno o nelle ore che precedono la chemioterapia)2,4,5. Nausea e vomito anticipatori compaiono in genere solo quando la precedente chemioterapia ha causato nausea e vomito gravi, e sono considerati una risposta condizionata1,2,5.
E' molto importante prevenire la nausea e il vomito acuti dopo la somministrazione della chemioterapia, dal momento che un controllo insoddisfacente dell'emesi nelle prime 24 ore aumenta considerevolmente l'incidenza della nausea e vomito sia ritardati che associati ai successivi trattamenti2. Nausea e vomito acuti conseguenti ad una chemioterapia altamente emetizzante, come quella con cisplatino, sono associati ad un marcato incremento dei livelli plasmatici di serotonina e, di conseguenza, dell'escrezione urinaria dell'acido 5-idrossiindolacetico, il suo principale metabolita6,7. Si ritiene che la chemioterapia induca il rilascio da parte delle cellule enterocromaffini del tratto gastrointestinale superiore di serotonina, che agisce localmente sui recettori 5-HT3, innescando impulsi che afferiscono al centro del vomito nel midollo allungato6. Gli antagonisti selettivi del recettore 5-HT3 agiscono bloccando questa via.
Senza una profilassi efficace, nausea e vomito ritardati compaiono nel 20-93% dei pazienti dopo un trattamento con cisplatino a dosi elevate8. Il vomito ritardato è difficile da trattare e aumenta la probabilità di emesi sia acuta che ritardata nei successivi cicli di chemioterapia2. Diversamente dalla fase acuta, la nausea e il vomito ritardati non sembrano essere associati alla liberazione di serotonina e non ne è noto il meccanismo di base7. Tuttavia, dati recenti indicano che il rilascio di un neuropeptide, la sostanza P (che agisce legandosi ad uno specifico neurorecettore, la neurochinina 1) può essere importante nella genesi dell'emesi indotta dalla chemioterapia, soprattutto nella fase ritardata9. Nausea e vomito indotti dalla radioterapia
La gravità della nausea e del vomito indotti dalla radioterapia è correlata alla dose di radiazioni somministrata (per frazione e totale), alla localizzazione e alla dimensione del campo irradiato4,10. I sintomi sono più frequenti se l'irraggiamento coinvolge tutto il corpo, la parte superiore dell'addome o l'addome in toto, mentre sono meno comuni, ad esempio, dopo irraggiamento della pelvi, della mammella o degli arti4. L'emesi acuta conseguente a radioterapia si manifesta tipicamente dopo un periodo di latenza che va da 30 minuti a 4 ore ed è seguita da un recupero graduale10. Si può ripresentare dopo ogni trattamento (che in genere ha frequenza giornaliera) comportando potenzialmente un prolungamento dei sintomi10.
Come nel caso dell'emesi acuta successiva a chemioterapia, la nausea e il vomito che seguono la radioterapia possono essere indotti, almeno in parte, dalla serotonina (che è presente in concentrazioni elevate nell'addome superiore) rilasciata dai tessuti danneggiati e che agisce sui recettori 5-HT3 (localmente e a livello cerebrale)11. Gli antagonisti del recettore 5-HT3
Attualmente, in Italia, gli antagonisti selettivi del recettore 5-HT3 in commercio sono cinque: dolasetron (Anzemet), granisetron (Kytril), ondansetron (Zofran), tropisetron (Navoban) e palonosetron (Aloxi). Condividono il meccanismo d'azione e hanno un'elevata affinità e selettività per il recettore 5-HT3. Tutti possono essere somministrati per via orale o iniettiva (per l'ondansetron esiste anche una formulazione in supposte), fatta eccezione per il palonosetron (il più recente) che ha una più lunga durata d'azione (emivita plasmatica di 40 ore circa) e viene somministrato in una singola iniezione endovenosa prima della chemioterapia12. Ondansetron e granisetron sono registrati nella prevenzione e nel trattamento della nausea e vomito indotti da chemioterapia e radioterapia sia negli adulti che nei bambini; tropisetron è registrato nella prevenzione di nausea e vomito indotti da chemioterapia negli adulti e nei bambini, mentre dolasetron e palonosetron solo negli adulti. Nessuno di questi farmaci è registrato per il sollievo sintomatico della nausea e vomito da cancro non associati a terapia citotossica (cioè che si verifica dopo un periodo di tempo superiore a 7 giorni dall'ultimo trattamento). I dati a favore dell'impiego degli antiserotoninergici al di fuori delle indicazioni registrate sono scarsi e tale impiego può risultare rischioso. Efficacia nella chemioterapia Nausea e vomito acuti
Prima dell'introduzione degli antiserotoninergici, avvenuta agli inizi degli anni '90, lo schema più efficace per prevenire nausea e vomito acuti associati alla chemioterapia era rappresentato dall'associazione dell'antidopaminergico metoclopramide (es. generico, Plasil), somministrato a dosaggi elevati, con desametasone (es. Soldesam) più lorazepam (es. generico, Tavor) o difenidramina (nessuna specialità in commercio in Italia)3,13. Successivamente, una metanalisi di 30 studi randomizzati, controllati (tutti pubblicati prima del 1996), ha dimostrato che gli antiserotoninergici (in genere somministrati in monoterapia, ma associati a desametasone in alcuni studi) sono più efficaci nel prevenire il vomito acuto indotto dalla chemioterapia rispetto alla metoclopramide ad alte dosi (con o senza desametasone ed altri antiemetici)14. Negli studi condotti su pazienti trattati con una chemioterapia altamente emetizzante come quella con cisplatino (15 studi, per un totale di 2.634 pazienti), un minor numero di pazienti nel gruppo trattato con un antiserotoninergico (granisetron, ondansetron o tropisetron) ha manifestato uno o più episodi di vomito, rispetto al gruppo trattato con alte dosi di metoclopramide (40% vs. 51%). Ciò significa che si devono trattare 9 pazienti (NNT) per prevenire il vomito in un paziente nelle prime 24 ore dopo la chemioterapia. Con una chemioterapia moderatamente emetizzante (11 studi, per un totale di 1.848 pazienti), a vomitare è stato il 32% dei pazienti trattati con un antiserotoninergico contro il 49% di quelli trattati con metoclopramide (ai dosaggi convenzionali) o con altri antiemetici (NNT 6)14.
Successivi trial randomizzati hanno confermato il vantaggio degli antiserotoninergici, come classe, sugli antidopaminergici e altri antiemetici. Gli antiserotoninergici attualmente disponibili proteggono il 50-80% circa dei pazienti contro il vomito acuto durante il primo ciclo di chemioterapia a base di cisplatino e prevengono la nausea acuta nel 40-70% circa dei pazienti4,9,15. Nei pazienti sottoposti a chemioterapia altamente emetizzante, un antagonista serotoninergico risulta generalmente meglio tollerato della metoclopramide ad alte dosi4,5. In particolare, non comporta gli spiacevoli effetti extrapiramidali (come la distonia acuta) e la sedazione associati al trattamento con metoclopramide.
Gli antiserotoninergici differiscono tra loro nell'affinità di legame ai recettori 5-HT3 e nella emivita plasmatica2. Tuttavia, quando somministrati ai dosaggi comunemente raccomandati, mostrano una efficacia simile nel prevenire nausea e vomito acuti indotti dalla chemioterapia4,5,15-17. I pazienti nei quali i sintomi acuti non sono controllati da un antiserotoninergico possono rispondere ad un altro farmaco della stessa classe durante i cicli successivi di terapia18,19. Alcuni pazienti metabolizzano rapidamente alcuni antiserotoninergici e ciò, in teoria, potrebbe comportare dei livelli plasmatici subottimali2,9. Poiché gli antiserotoninergici non seguono la stessa via metabolica, è possibile che cambiando principio attivo si riesca a ottenere un miglior controllo dei sintomi nei singoli pazienti.
Molti degli studi pubblicati sugli antiserotoninergici hanno valutato la loro efficacia limitatamente al primo ciclo di chemioterapia. Esistono dati contrastanti sul fatto che l'efficacia profilattica nei confronti di nausea e vomito acuti venga mantenuta del tutto durante i cicli successivi16,18,20 o tenda a ridursi21. Antiserotoninergici più desametasone
L'efficacia di un antiserotoninergico nel prevenire nausea e vomito acuti dopo la chemioterapia risulta significativamente aumentata dall'associazione col desametasone4,5,14. In una metanalisi di 11 studi randomizzati, controllati (su un totale di 2.119 pazienti), che hanno confrontato un antiserotoninergico con lo stesso farmaco associato al desametasone, un minore numero di pazienti nel gruppo trattato con l'associazione ha vomitato nelle 24 ore successive a chemioterapia altamente o moderatamente emetizzante (24% vs. 41%; NNT 6)14.
In un'altra metanalisi di 22 studi randomizzati (per lo più in doppio cieco, condotti su pazienti sottoposti a chemioterapia altamente emetizzante), condotti su un totale di 3.791 pazienti, l'associazione di un antiserotoninergico col desametasone ha aumentato la probabilità di non manifestare vomito acuto rispetto all'associazione tra un antiserotoninergico e placebo oppure al solo antiserotoninergico (NNT 6)22. Quale schema per la fase acuta?
Questi risultati indicano che l'associazione di un antiserotoninergico col desametasone fornisce una protezione ottimale nei confronti della nausea e del vomito acuti conseguenti a chemioterapia con un potenziale emetizzante da moderato ad elevato (cioè superiore al 30%)4,5. Per i pazienti sottoposti a terapia lievemente-moderatamente emetizzante (rischio di nausea e vomito compreso tra il 10% ed il 30%), il desametasone da solo (4-8 mg endovena prima della chemioterapia) assicura in genere una protezione completa4,5. Per i pazienti che ricevono una chemioterapia a basso potenziale emetizzante (inferiore al 10%), un antidopaminergico per via orale fornisce una protezione soddisfacente4. Il domperidone può rappresentare un'opzione migliore della metoclopramide perché causa meno frequentemente effetti indesiderati centrali.
Dosi singole per via orale o endovenosa di un antiserotoninergico, somministrate poco prima della chemioterapia, sembrano efficaci quanto gli schemi a più somministrazioni nelle prime 24 ore dopo la chemioterapia4,23,24. Inoltre, gli studi clinici sugli antiserotoninergici hanno rilevato modeste differenze di efficacia in un intervallo ampio di dosaggi; quindi nella maggior parte dei pazienti adulti sarà adeguato l'impiego di una singola dose bassa (es. 100 mg di dolasetron, 1-3 mg di granisetron, 4-8 mg di ondansetron, 250 mcg di palonosetron, 5 mg di tropisetron, per via endovenosa)4. Dosi maggiori possono essere indicate nei trattamenti ad elevato potenziale emetizzante nei pazienti con fattori di rischio individuali per emesi acuta.
In generale, la somministrazione orale ed endovenosa di un antiserotoninergico sembrano garantire un'analoga efficacia protettiva contro l'emesi acuta4,5. Non esistono studi che abbiano confrontato direttamente le due vie di somministrazione per ogni singolo antiserotoninergico, ma studi randomizzati in doppio cieco hanno dimostrato un'efficacia analoga tra il granisetron per via orale e l'ondansetron per via endovenosa nei pazienti sottoposti a chemioterapia altamente25 o moderatamente emetizzante26. Secondo alcune linee guida, la terapia orale sarebbe meglio accettata dai pazienti2,4, ma non ci sono prove che i pazienti sottoposti a chemioterapia potenzialmente emetizzante preferiscano assumere gli antiemetici per bocca. Inoltre, molti di loro avranno un accesso venoso temporaneo per la somministrazione dei farmaci citotossici e quindi possono preferire che gli antiemetici vengano somministrati per questa via. Nausea e vomito ritardati
Il trattamento con gli antiserotoninergici viene spesso proseguito per via orale per diversi giorni dopo la chemioterapia allo scopo di prevenire l'emesi protratta o ritardata. Il palonosetron rappresenta un'eccezione; per la sua lunga emivita, ne viene somministrata un'unica dose (per via endovenosa) 30 minuti circa prima della chemioterapia e non deve essere risomministrato prima di 7 giorni.
Una revisione sistematica ha individuato 10 studi randomizzati, controllati, in doppio cieco, che hanno valutato l'efficacia degli antiserotoninergici somministrati per via orale per i 2-6 giorni successivi alle prime 24 ore dopo una chemioterapia moderatamente o altamente emetizzante15. L'ondansetron è il farmaco più studiato (7 studi). La metanalisi dei 10 studi (per un totale di 3.468 pazienti) ha dimostrato una superiorità statisticamente significativa, anche se modesta, degli antiserotoninergici rispetto al placebo nella prevenzione completa del vomito ritardato. La differenza assoluta nelle percentuali di risposta completa, del 4-5%, indica che occorre trattare 20-25 pazienti con un antiserotoninergico per prevenire il vomito ritardato in un paziente15.
L'efficacia degli antiserotoninergici, come classe, nei confronti di nausea e vomito ritardati dopo chemioterapia risulta, quindi, molto inferiore a quella che dimostrano nella fase acuta4,5,15. Ciò è in linea con l'osservazione che i livelli plasmatici di serotonina non risultano aumentati durante la fase ritardata7. Dati preliminari (basati su esiti secondari) provenienti da studi randomizzati, controllati, hanno suggerito che l'antiserotoninergico a più lunga durata d'azione, il palonosetron, potrebbe fornire una protezione nei confronti di nausea e vomito ritardati dopo chemioterapia moderatamente emetizzante12. Questi dati, però, richiedono conferma.
All'opposto, una metanalisi di 16 studi randomizzati (per un totale di 2.278 pazienti) ha dimostrato una netta superiorità del desametasone rispetto al placebo nei prevenire il vomito ritardato (NNT 6)22. Inoltre, in uno studio randomizzato, il desametasone in monoterapia è risultato significativamente più efficace nel prevenire nausea e vomito ritardati rispetto al granisetron27. In altri studi randomizzati, l'ondansetron si è dimostrato non superiore alla metoclopramide28 e meno efficace del domperidone29 nel prevenire nausea e vomito ritardati conseguenti a chemioterapia altamente emetizzante. Terapia di associazione per l'emesi ritardata?
I dati disponibili suggeriscono che, dopo chemioterapia altamente emetizzante, il desametasone in associazione con un altro antiemetico può essere più efficace del solo desametasone nel prevenire il vomito ritardato. Ad esempio, in uno studio randomizzato, condotto su 91 pazienti, nel gruppo trattato con desametasone più metoclopramide dal giorno 2 al giorno 5, meno pazienti hanno sviluppato vomito ritardato dopo chemioterapia con cisplatino rispetto al gruppo trattato col solo desametasone (48% vs. 65%)30. Al contrario, in uno studio randomizzato condotto su 708 pazienti sottoposti a chemioterapia moderatamente emetizzante, l'associazione tra desametasone e ondansetron non si è dimostrata più efficace nel prevenire il vomito ritardato rispetto al solo desametasone31.
Non sembrano esservi differenze significative di efficacia nella prevenzione del vomito ritardato tra l'associazione tra un antiserotoninergico e desametasone o un antidopaminergico e desametasone. In uno studio randomizzato, realizzato su 322 pazienti sottoposti a chemioterapia a base di cisplatino, l'associazione tra ondansetron (8 mg 2 volte al giorno) e desametasone (4-8 mg 2 volte al giorno) è risultata efficace quanto l'associazione tra metoclopramide (20 mg ogni 6 ore) e desametasone, prevenendo entrambe il vomito ritardato nel 60% circa dei pazienti8. Solo nel piccolo sottogruppo di pazienti (22% del totale) che avevano manifestato vomito acuto, l'efficacia nei confronti del vomito ritardato è stata leggermente superiore per l'associazione tra ondansetron e desametasone (28,6% vs. 8,8% con l'associazione tra metoclopramide e desametasone). Quale regime per il vomito ritardato?
Allo stato attuale delle conoscenze, il desametasone (es. 4 mg 2 volte al giorno nei giorni 1-3) rappresenta il farmaco più efficace in monoterapia per la prevenzione di nausea e vomito ritardati. Dopo chemioterapia altamente emetizzante risulta appropriato il suo impiego in associazione con un altro antiemetico. Tuttavia, non sembrano esservi vantaggi nell'utilizzare un antiserotoninergico al posto di un antidopaminergico (domperidone o metoclopramide), che ha un costo inferiore4,5,15. E' dimostrato che il controllo dell'emesi ritardata dipende in larga parte da un buon controllo della nausea e del vomito nelle prime 24 ore dopo la chemioterapia2. Nausea e vomito anticipatori
Una profilassi ottimale della nausea e del vomito acuti e ritardati, all'inizio della chemioterapia, costituisce il modo più efficace di prevenire la comparsa di nausea e vomito anticipatori durante i cicli successivi1,4. Sembra che le benzodiazepine (es. lorazepam o alprazolam) somministrate il giorno prima o il mattino stesso della chemioterapia, i diversi tipi di terapia comportamentale o cognitiva, l'ipnosi e le tecniche di rilassamento muscolare siano in grado di migliorare i sintomi1,32. Non vi sono dati che dimostrino l'utilità degli antiserotoninergici per i sintomi anticipatori. Efficacia nella radioterapia
Gli studi randomizzati, controllati, volti a valutare l'efficacia antiemetica degli antiserotoninergici nei pazienti sottoposti a radioterapia sono pochi. Una revisione sistematica ha individuato solo 5 studi (per un totale di 399 pazienti valutabili) di qualità adeguata e senza fattori di confondimento come una chemioterapia concomitante33. In uno degli studi di maggiori dimensioni, effettuato su 109 pazienti sottoposti ad irradiazione dell'addome, l'ondansetron è risultato più efficace del placebo nel garantire un controllo completo del vomito nel "giorno peggiore" successivo al trattamento (NNT 4), ma non è stato efficace contro la nausea34. Un altro studio ha confrontato l'ondansetron con la metoclopramide, somministrati entrambi per via orale prima di una singola seduta di radioterapia alla parte superiore dell'addome, poi tre volte al giorno35. Nel giorno 1, un maggior numero di pazienti nel gruppo trattato con ondansetron, rispetto al gruppo trattato con metoclopramide, non ha manifestato vomito (97% vs. 46%) e nausea (73% vs. 41%)35. Nei primi 3 giorni successivi al trattamento, considerati nel loro complesso, l'ondansetron è risultato significativamente più efficace nel controllare il vomito35. In un altro studio, condotto su 135 pazienti sottoposti ad irradiazione dell'addome, l'ondansetron si è dimostrato più efficace della proclorperazina (Stemetil) nel prevenire il vomito (ma non la nausea)36. Altri studi randomizzati, di più piccole dimensioni, hanno evidenziato un'efficacia dell'ondansetron (vs. placebo) o del granisetron (vs.metoclopramide in associazione con desametasone e lorazepam) nei pazienti adulti sottoposti ad irradiazione di tutto il corpo37,38.
Le linee guida pubblicate raccomandano la profilassi con un antiserotoninergico (in genere associato a desametasone) prima di ogni dose di radioterapia e almeno per le 24 ore successive, se si considera elevata la probabilità di nausea e vomito dopo il trattamento (ad esempio quando questo coinvolge aree del corpo ad "alto rischio" come l'addome superiore)4. Efficacia nei bambini
Nei bambini e negli adolescenti sottoposti a chemioterapia, il trattamento antiemetico tradizionale basato su farmaci come gli antidopaminergici o le fenotiazine, risulta solo modestamente efficace e provoca spesso effetti indesiderati fastidiosi, soprattutto di tipo extrapiramidale (es. reazioni diatoniche acute) e sedazione5,39. Gli studi controllati, randomizzati condotti in età pediatrica sono molti meno di quelli effettuati negli adulti, ma i dati disponibili indicano che, nei bambini, gli antiserotoninergici sono significativamente più efficaci dei vecchi farmaci nel prevenire la nausea e il vomito nelle 24 ore che seguono una chemioterapia con farmaci altamente o moderatamente emetizzanti e risultano molto meglio tollerati16,40,41. Come negli adulti, la loro efficacia profilattica viene aumentata se vengono associati al desametasone42.
Effetti indesiderati
Gli effetti indesiderati più frequenti degli antiserotoninergici sono la stitichezza e la cefalea. La stitichezza causata dagli antiserotoninergici può essere accentuata dall'impiego concomitante di oppiacei o di altri farmaci costipanti, e può comportare seri problemi nei pazienti oncologici quando, per esempio, una patologia preesistente predisponga il paziente al rischio di ostruzione intestinale. Pertanto, è molto importante non somministrare gli antiserotoninergici più a lungo di quanto indicato, né utilizzarli "empiricamente" per attenuare la nausea e il vomito non correlati a radio- o chemioterapia. Gli altri eventi avversi risultano generalmente di lieve entità e transitori: si tratta di vertigini, dolore addominale, stanchezza e alterazioni asintomatiche degli enzimi epatici. Con gli antiserotoninergici sono state riportate modificazioni ECGrafiche, compreso un prolungamento dell'intervallo QT, ragione per cui è necessario prestare attenzione prima di prescrivere questi farmaci in pazienti con preesistenti difetti della conduzione cardiaca o con una storia di disturbi del ritmo cardiaco. Conclusioni
Gli antagonisti selettivi del recettore 5HT3 hanno migliorato in modo significativo il controllo della nausea e del vomito acuti associati alla chemioterapia e radioterapia anticancro. Gli studi indicano una sostanziale equivalenza in termini di efficacia e tollerabilità tra dolasetron, granisetron, ondansetron e tropisetron, ma le indicazioni registrate sono diverse. L'esperienza col palonosetron è più limitata. Negli adulti o nei bambini che vengono sottoposti a chemioterapia fortemente o moderatamente emetizzante (es. in grado di indurre nausea e vomito in più del 30% dei pazienti) durante le prime 24 ore dopo il trattamento (la fase acuta), è raccomandata la profilassi con un antiserotoninergico, somministrato per via orale o endovenosa come singola dose prima della chemioterapia, associato al desametasone. In caso di chemioterapia con basso-moderato potere emetizzante (10-30% dei pazienti), la profilassi col solo desametasone risulta generalmente adeguata per prevenire la nausea e il vomito acuti. L'uso di un antiserotoninergico a distanza di 24 ore dalla chemiotearapia per prevenire nausea e vomito nei 2-5 giorni successivi (la fase ritardata) nella migliore delle ipotesi offre benefici marginali. Il desametasone da solo o associato al domperidone o alla metoclopramide, sembra l'opzione più vantaggiosa sotto il profilo del rapporto costo/efficaciadopo il primo giorno di chemioterapia con uno schema emetizzante. I pazienti sottoposti a radioterapia in grado di causare vomito (es. quella diretta all'addome superiore) possono beneficiare della profilassi con un antiserotoninergico, somministrato sotto forma di dose singola (usualmente col desametasone) prima di ogni seduta radioterapica.
Gli antiserotoninergici possono causare stitichezza anche grave. Per questa e per altre ragioni, non devono essere utilizzati al di fuori delle indicazioni registrate, per esempio, come trattamento empirico della nausea, né più a lungo di quanto indicato. Bibliografia 1. Fallowfield LJ. Behavioural interventions and psychological aspects of care during chemotherapy. Eur J Cancer1992; 28A (suppl 1): S39-41. 2. Schnell FM. Chemotherapy-induced nausea and vomiting: the importance of acute antiemetic control.Oncologist 2003; 8: 187-98. 3. Ondansetron to prevent chemotherapy-induced vomiting. DTB 1992; 30: 21-3. 4. Gralla RJ et al. Recommendations for the use of antiemetics: evidence-based, clinical practice guidelines. J Clin Oncol 1999; 17: 2971-94. 5. Antiemetic Subcommittee of the Multinational Association of Supportive Care in Cancer (MASCC). Prevention of chemotherapy- and radiotherapy-induced emesis: results of Perugia Consensus Conference. Ann Oncol 1998; 9: 811-9. 6. 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Articolo adattato da Drug and Therapeutics Bulletin 2005; 44:57-62.